La recensione di Lightning Returns Final Fantasy XIII

L'ultimo saluto di Lightning ai suoi tormentatissimi fan

Lightning Returns: Final Fantasy XIII
Recensione: PlayStation 3
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Giunge così al termine l'epopea di Lightning, bistrattata eroina della tredicesima fantasia finale. Nell'attesa di un quindicesimo capitolo che vuole avvicinarsi ancor più insistentemente a dinamiche da movimentato Action RPG, ecco che Lightning Returns: Final Fantasy XIII arriva su Xbox 360 e PlayStation 3, per chiudere la "trilogia interna" che ha spaccato la fanbase.
    Tornata nelle vesti di salvatrice, la nostra protagonista dai capelli rosa ha il non facile compito di salutare i suoi sostenitori con un'ultima avventura che lasci un buon ricordo e proietti la saga verso nuovi orizzonti. Da una parte parte, quindi, Lightning chiama a supportarla alcuni dei personaggi più amati degli ultimi capitoli, dall'altra cerca di superare quegli aspetti più spigolosi, come un'eccessiva linearità della progressione, che fin da subito le furono imputati. Impossibile però tradire la propria natura, riscrivere da zero le dinamiche di gioco: l'ultimo Final Fantasy XIII resta quindi collocato nel solco della sua tradizione, spettacolarizzato e iperaccelerato. Ne esce fuori un prodotto che mescola un fan service a volte desolante con degli spunti sinceramente solidi, in un impasto eterogeneo e non sempre ben amalgamato ma, in un ultima analisi, comunque corposo.

    Questione di tempo

    La trama di Lightning Returns vede un salto di 500 anni rispetto a Final Fantasy XIII-2, che già con i suoi viaggi del tempo aveva creato un bel po' di scompensi in quanto a timeline della trilogia. Non solo: il mondo di gioco, l'arcipelago di Nova Chrystalia, ha appena 13 giorni di vita prima che l'apocalisse lo inghiotta. La fine è vicina, e Lightning è ripescata dalla divinità della luce Bhunivelze proprio per salvare le anime degli abitanti e traghettarle nel nuovo universo che nascerà da questo Ragnarok in stile Square-Enix.
    In verità la finalità della nostra eroina è quella di barattare tutte le anime che avrà salvato con quella della sorella Serah, per cancellare una volta per tutte quella cicatrice che ancora squarcia i suoi ricordi.
    Nelle prime ore dell'avventura il titolo non fa nulla per nascondere un esibito fan service. La fanciulla dai capelli rossicci non è l'unico personaggio a fare ritorno diecimila anni nel futuro: con lei ci sono un ringiovanito Hope, "grillo parlante" di Lightning nell'asettica e atemporale Arca, e Snow, ora signorotto di Yusnaan, una delle quattro ambientazioni di gioco. Il problema vero è che nel riportare sulle scene questi personaggi, Lightning Returns perde fin da subito un po' di coerenza, giustificando anche gli eventi e le connessioni più improbabili come il volere di divinità capricciose. Della trilogia di Final Fantasy XIII questo episodio conclusivo è insomma il più "metafisico", non tanto relativamente ai dialoghi, quanto piuttosto nei contenuti proposti e nelle giustificazioni che si danno agli elementi chiave del gameplay.
    L'intreccio, in ogni caso, si fa spesso troppo rarefatto, altre volte molto pretestuoso, e proprio non ce la fa ad ingranare, trascinandosi dietro complicazioni e qualche buco di troppo. Un vero peccato che questo guazzabuglio di situazioni non riesca mai a trovare una sua forma più compiuta, perché una volta portata a termine l'avventura non si potrà non avvertire il senso delle occasioni sprecate. La parte finale, che non ha certo il merito di dare al giocatore tutte le spiegazioni che vorrebbe, si dimostra una sequenza trascinante, ben diretta e con un buon ritmo. La conclusione è, in questo suo ribadire un amore incondizionato per il misticismo, persino coraggiosa, e sa declinare in maniera tutto sommato personale un prevedibilissimo Happy Ending.

    Complessivamente non si può dire che quella di Lighting Returns sia una bella storia: è più che altro un complesso intreccio di scene, momenti, ricordi; dal quale ogni fan trarrà i suoi preferiti per conservarli nella memoria. L'idea è quella che davvero fosse difficile far meglio, costretti a rapportarsi con le urgenze narrative di una trilogia forse non prevista sin dall'inizio.
    Molto buono, invece, il lavoro fatto sui dialoghi e sulla caratterizzazione del mondo. Lo stile nipponico emerge da ogni battuta come dalle esatte proporzioni architettoniche, proiezioni esse stesse dei sentimenti che attraversano questo mondo contrastato. Considerata anche una presenza divina la cui personalità raccoglie innumerevoli dettami dello shintoismo, l'episodio resta quindi intriso di uno spiccato simbolismo, nonché di un pregnante senso di decadenza: ogni personaggio esibisce un suo lato oscuro, caricato dalle energie negative che naturalmente nascono in un mondo prossimo al collasso. Purtroppo tutto questo va anche condiviso con un gusto a volte troppo stucchevole per i lustrini, gli effetti speciali, gli ormai noti "costumi" ed una buona dose di stereotipi nipponici (basta vedere certi aspetti della caratterizzazione di Lumina). Quello di Lightning Returns, avrete capito, è insomma uno strano impasto, in cui si mescolano il talento e le stramberie dei designer giapponesi. Square-Enix non ha lavorato male, ma si è trovata probabilmente incastrata in un setting criticabile su più fronti, costretta a confermare questo fare spicciolo e leggero che tanto allontana i capitoli della Fabula Nova Chrystallis da quelli più riusciti.

    Rifarsi il guardaroba

    Uno degli aspetti che fin da subito viene messo in mostra da Lightning Returns è l'ossessione per il tempo che passa, che a molti potrebbe ricordare in qualche modo il diversissimo Majora's Mask. La nostra eroina, come abbiamo detto, ha solo 13 giorni prima della fine del mondo, e mentre all'interno dell'Arca può dedicarsi ad attività di ogni tipo (persino ripetere le battaglie più impegnative senza l'assillo del cronometro), quando si teletrasporterà nel mondo di gioco dovrà stare ben attenta a quello che fa: ogni azione compiuta, dal dialogo con un NPG ad un combattimento, costa di fatto preziosi minuti, e le giornate sembrano scorrere davvero molto in fretta. Ogni mattina Hope riporterà forzatamente Lightning alla base, per fare un bilancio delle sue azioni. Idealmente il giocatore viene quindi messo di fronte ad un dilemma: attardarsi nelle ambientazioni di gioco per aiutare gli NPC in difficoltà, oppure procedere spedito verso il finale dell'avventura, dedicandosi in linea di massima alla main quest?
    Si tratta in verità di un falso problema, dal momento che tutte le "buone azioni" di Lightning ci permettono non solo di migliorare le nostre statistiche, ma anche di accumulare "Eradia", una forma d'energia mistica con cui compiacere Bhunivelze e far rifiorire l'albero della vita, facendo guadagnare qualche giorno in più al mondo di gioco.
    Il consiglio che vi diamo, nell'affrontare il titolo per la prima volta, è quello di non sentirvi mai troppo incalzati dal tempo che passa: Lightning Returns vi darà lo spazio che vi serve per svolgere senza patemi tutta la settantina di quest secondarie, lasciandovi anche qualche "giorno libero" per girovagare nelle città alla ricerca di preziosi tesori nascosti. Non è facile, purtroppo, sentirsi pienamente sereni -soprattutto al primo playthrough- ed a chi piace attardarsi senza preoccupazioni nel mondo di gioco questo sistema darà qualche grattacapo (non tanto a livello pratico, quanto per il costante senso di oppressione che ne deriva).
    Sulle prime non è facile capire la scelta di strutturare un'avventura "a scadenza fissa", proprio perchè l'urgenza di dover prendere delle decisioni, tralasciando certe quest in favore di altre, si perde irrimediabilmente, e l'unica cosa che resta è un'ansia onnipresente. Per molti le moderate gioie di questo sistema cominceranno solo dopo aver raggiunto gli Ending Credit: è solo accettando la sfida dell'hard mode e dei suoi tremendi boss che questa "corsa" diventa veramente stimolante, "intrappolandoci" in un loop di giorni tutti uguali che sfuggono lentamente. E' insomma il New Game + che sembra giustificare la struttura di questo Final Fantasy, pensato per essere soprattutto ri-giocato, in barba ad una durata complessiva non certo ai livelli di altri capitoli (sarà stata la fretta, ma noi l'abbiamo finito la prima volta in poco più di 30 ore).
    Anche in questo aspetto, insomma, il titolo sembra rivolgersi ai fan di vecchia data piuttosto che agli avventori occasionali: chi sa già in partenza di avere il tempo e la dedizione per sviluppare al massimo la propria eroina e non si fermerà dopo la scena finale, scoprirà un sistema tutto sommato stimolante. Chi invece si accontenterà di vivere la storia una sola volta, potrebbe rimanere un po' scottato dal numero esiguo di ambientazioni così come da un incedere che fa di tutto per mettergli fretta.

    A livello di Combat System, il titolo mostra molte diversità rispetto ai vecchi capitoli. Tutto il gameplay si basa integralmente sugli 'Schemi': dietro questo termine, si celano le combinazioni di Abito, Armi, Scudi, Accessori e Ornamenti che conferiranno a Lightning i diversi bonus e set di abilità utilizzabili durante gli scontri. In modo analogo al sistema di Paradigm Shift conosciuto nel primo capitolo della serie, potremo scegliere tre degli Schemi a nostra disposizione come 'set base' da portare in battaglia e, tramite i tasti dorsali del joypad, switchare in modo immediato tra ognuno di essi. Attacchi e magie, assegnati ai tasti frontali, potranno essere utilizzati in tempo reale tramite il consumo di preziose porzioni dell'indicatore ATB, in costante ricarica con il passare del tempo e diverso per ognuno degli Schema. Quest'ultima, in particolare, risulta essere una delle caratteristiche più interessanti del combat system: grazie alla capacità di rigenerare punti ATB anche quando il rispettivo Schema non è utilizzato, infatti, raramente vivremo momenti in cui Lightning si ritroverà senza possibilità di attacco durante gli scontri, rendendoli un flusso molto dinamico di stili di combattimento, mosse e contromosse. Sulle prime il sistema fatica ad ingranare, e sembra persino limitante: di fatto contro i nemici più semplici da abbattere ci si trova a tenere permuto un singolo pulsante, cambiando poi "al volo" i completi grazie ai tasti dorsali. Poco a poco, però, il gioco sa rivelare una sua complessità. Ad esempio una più accentuata componente action all'interno delle battaglie è percepibile nella presenza di una parata, che va usata con cura ed al momento giusto, onde evitare che la barra della vita venga intaccata pesantemente.
    Ben presto si scopre anche che per sconfiggere i nemici più tosti sarà fondamentale comprendere le dinamiche di "Crisi", utilizzando quelle tipologie di attacchi più efficaci.
    Il sistema non è profondo e neppure riuscito come quello di tanti vecchi episodi, e di nuovo si avverte quella volontà di sopravvalutare la spettacolarizzazione ed il dinamismo che rappresenta uno degli aspetti più criticabili della trilogia. Eppure il gameplay non è neppure banale, e qualche soddisfazione potrebbe davvero regalarla, a chi ci si avvicini con la mente aperta.
    E' un peccato poi che ci siano molte limitazioni da tenere in debito conto: un sistema del genere, ad esempio, rischia di diventare noioso e lineare proprio quando si affrontano le battaglie regolari, coi nemici di base, e ci sono momenti di forte smarrimento proprio a causa di questo problema.
    La crescita del personaggio, sfortunatamente, è veramente limitata, e passa soltanto dall'acquisto o il reperimento di abiti, scudi e oggetti ornamentali, mentre le statistiche salgono in maniera automatica quando si portano a termine le quest. Non che sia strettamente necessario un sistema efficace come quello delle Materie o come la Sferografia, ma in questo Final Fantasy è difficile sentirsi veramente partecipi nella crescita del proprio alter ego: piuttosto bisogna stare attenti a dotare Lightning di una buona varietà di magie e strategie d'attacco, cercando insomma di "specializzare" ogni completo, ma per molti questo potrebbe non essere abbastanza.

    Infine, bisogna tenere a mente alcune leggerezze in fase di design, come la gestione del menù degli oggetti (che mette in pausa lo scontro in maniera davvero poco elegante), o l'impossibilità di fuggire da uno scontro evidentemente impari se non aspettando la sconfitta (molto interessante l'idea di barattare la possibilità di proseguire con un'ora di vita del mondo di gioco, ma non vediamo perché si sia costretti necessariamente ad aspettare il Game Over, "intrappolati" nella battaglia).
    Anche analizzando il comparto ludico, insomma, non si può far altro che mordersi le mani: Lightning Returns avrebbe potuto essere un titolo studiato un po' meglio, soprattutto sul fronte del sistema di crescita e del bilanciamento degli scontri di base: così, invece, alterna momenti troppo lineari, che procedono quasi con l'autoplay, ad altri di forte esaltazione, che coincidono quasi sempre con l'arrivo dei cattivissimi e stimolanti boss.

    Passando infine al comparto tecnico, troviamo nuovamente il Crystal Engine, che ha sempre mostrato performance convincenti per ciò che concerne le texture e gli elementi di contorno, ma certamente non potrà più essere la base per i progetti futuri del colosso nipponico, che infatti si è già attrezzata con il Luminous Engine intravisto in Final Fantasy XIV: A Realm Reborn ed i futuri Final Fantasy XV e Kingdom Hearts III.
    Questo capitolo mette in luce tutti i limiti del motore, presentando un impatto visivo sicuramente meno efficace rispetto a quello dei due vecchi episodi. Si tratta di un dettaglio tutto sommato comprensibile, proprio perchè gli ambienti di gioco sono immensamente più vasti rispetto a quelli a cui la saga di Lightning ci aveva abituati. Quando gli scenari si aprono, tuttavia, la qualità grafica cala evidentemente: il framerate inciampa, l'aliasing sporca la scena, ed anche a livello di dettaglio poligonale le ambientazioni più estese non sono certo memorabili. La differenza fra gli scontri e l'esplorazione in campo aperto, insomma, balza all'occhio. Non sappiamo se con un lavoro di ottimizzazione più attento il colpo d'occhio avrebbe potuto apparire più in forma, ma forse sarebbe stato davvero troppo chiedere a Square-Enix di investire altre risorse in un titolo che arriva a fine generazione, ultimo capitolo di una trilogia enormemente contrastata dai fan. Dal momento che complessivamente il gioco non sfigura, anche grazie al lavoro di regia dei dinamicissimi scontri, sarà meglio fare di necessità virtù.
    Difficile da mandar giù, invece, la generale inconsistenza dell'accompagnamento sonoro. Le tracce sono "competenti", ma piane e regolari, e a parte un paio di temi veramente azzeccati, manca qui il respiro dei grandi brani di Uematsu. Molto emotivo ed espressivo il doppiaggio inglese.

    Lightning Returns: Final Fantasy XIII Lightning Returns: Final Fantasy XIIIVersione Analizzata PlayStation 3Con Lightning Returns si chiude una tormentata parentesi della saga di Final Fantasy, questa Fabula Nova Chrystallis che ha diviso nettamente i fan del brand. L'ultimo capitolo della trilogia non sembra sanare tutte le “cicatrici”: non lo fa di certo a livello narrativo, con un plot che oscilla dall'epico all'inconsistente, ma pure sul fronte del gameplay il titolo tentenna, “intrappolato” dai limiti di una struttura non pienamente convincente. Il combat system, quindi, mostra una sua discreta efficacia proprio in quelle situazioni in cui bisogna tirar fuori le unghie, ma fallisce nel rendere stimolanti i momenti più regolari. Il problema si risolve parzialmente avvicinandosi all'Hard Mode e più generalmente entrando nel “circolo” del New Game Plus, dove assume finalmente consistenza anche la scelta di strutturare un'avventura “a tempo”. Eppure anche in quel caso permangono i limiti legati ad un sistema di crescita sostanzialmente lineare e su cui il giocatore quasi non ha modo di influire. L'idea complessiva è quella di un titolo pensato soprattutto per i fan di Lightning, che cerca comunque di percorrere nuove vie invece di restare ancorato all'impostazione precedente. Forse, con un po' più di studio, Lightning Returns avrebbe potuto persino essere migliore dei suoi predecessori, scacciando quella generale stanchezza artistica e stilistica che è impossibile non avvertire dopo due episodi. Così come è presentato, resta consigliato solo agli appassionati del genere, quelli che sono già convinti di non fermarsi al primo playthrough, e sono disposti a chiudere un occhio su certe leggerezze.

    7

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