Manhunt 2 sbarca in Europa: la nostra recensione

Finalmente il gioco Rockstar è uscito. E' valsa tutta questa attesa?

Manhunt 2 sbarca in Europa: la nostra recensione
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Disponibile per
  • PS2
  • Wii
  • Psp
  • Qualcuno, forse, si era addirittura dimenticato che doveva ancora uscire.

    Riassumere tutte le controversie di cui il suddetto titolo è stato protagonista, necessiterebbe di un articolo a parte. Ricordare tutte le vicissitudini legate alla sua progettazione e pubblicazione nei vari mercati, richiederebbe una timeline intricata e piena di “date da ricordare”.
    Se non altro Manhunt 2 è servito come ennesima conferma su quelle che sio le prerogative dell’opinione pubblica del nostro paese, sempre pronta a mobilitarsi nei confronti del medium videoludico solo quando è fonte di scandali o quando mostra il fianco per ricoprire il ruolo di capro espiatorio ideale per il fatto di cronaca nera di turno.
    Si è parlato a lungo di libertà di espressione, del potere della censura, dell’efficacia del PEGI, del rapporto del videogioco in relazione alle altre forme d’arte e di tantissimi altri argomenti simili. Fortunatamente, quindi, Manhunt 2 ha lanciato un altro chiaro segnale: il medium sta crescendo e con esso i problemi che dovrà affrontare prima della finale accettazione sociale. Prima che un videogame il titolo Rockstar è dunque una sorta di rito di passaggio, un discriminante sociale che insieme a tanti altri sta trasformando il medium da passatempo a oggetto culturale.
    Ma, tirando le somme, Manhunt 2 come funziona Wiimote alla mano? E’ anche un valido videogames, uno di quelli da sventolare compiaciuti sono i nasi degli scandalizzati benpensanti, o è bene ricordarlo per altri fattori, non certo quelli legati a gameplay e level design?

    Amnesie e istituti medici: vince il cliché fatto in casa.

    La vicenda narrativa prende il via in una notte tempestosa all’interno del Dixmor Hospital, vero e proprio manicomio per criminali. Un momentaneo black-out getta la casa di cura nel caos più totale: le celle contenenti i “pazienti” si aprono dando così il via a un’incontrollata e violenta evasione di massa. Tra i tanti fuggiaschi Danny Lamb e Leo Kasper, protagonisti del gioco. Sebbene si tratti di un seguito, dovrete dimenticarvi completamente di James Earl Cash e il folle reality ideato dal regista psicopatico Starkweather. In questa seconda iterazione della saga, infatti, la tematica che fa da sfondo a questo action/stelth, tenta di distaccarsi dal tono al limite del parodistico del primo Manhunt. Ecco allora una trama che cerca di essere più matura e interessante, cadendo, tuttavia, nel duplice cliché dell’esperimento scientifico e dell’amnesia. Danny, infatti, non ricorda nulla del suo passato. Sa solo che deve scappare dal manicomio e capire, in qualche modo, cosa gli è accaduto. Ciò non solo gli servirà a titolo personale per riappropriarsi della propria identità, ma anche per comprendere perché Il Progetto lo vuole morto. Per buona parte dell’avventura, sentirete spesso questo nome senza sapere di cosa si tratti esattamente, ma grazie a un paio di flash back, dove tra l’altro prenderete il controllo di Leo, e una serie di indagini sul campo, dissolverete ogni dubbio. Tuttavia, prima di giungere alla conclusione, attraverserete una quindicina di livelli capaci di restituire l’idea di trovarsi in una città completamente posseduta dalla corruzione, dalla violenza e dalla perversione.
    Qualitativamente la sceneggiatura di Manhunt 2 raggiunge un buon livello. Sebbene i colpi di scena non siano molti e spesso sia facilmente intuibile dove la vicenda voglia andare a parare, i dialoghi sono efficaci, taglienti e con la giusta dose di volgarità. Plausibile anche la regia delle cut-scene dove si è optato per una camera nervosa capace di rendere con efficacia le sensazioni di panico, urgenza e precarietà. I costanti zoom e i repentini cambi di campo strizzano anche l’occhio alle produzioni trash e più in generale a quelle amatoriali, cosa tutt’altro che disprezzabile, visto che potenzia ulteriormente l’atmosfera che si respira nel titolo.

    Un Danny docile come un agnellino.

    I primi livelli del gioco saranno legati a un gameplay di stampo fortemente stealth. Fronteggiare due nemici contemporaneamente a viso scoperto, nella stragrande maggioranza dei casi, si tramuterà in un prematuro game over. Per eliminare le varie guardie, dunque, dovrete fare unicamente affidamento sulle vostre capacità nell’assassinio silenzioso e furtivo. Innanzi tutto dovrete imparare a conoscere ciò che il vostro personaggio può e non può fare. Come ormai in tutti i giochi di questo genere, potrete strisciare lungo le pareti, produrre rumori con il solo intento di attrarre le guardie, camminare senza fare rumore e arrampicarvi su alcuni elementi dello scenario. Secondariamente sarà fondamentale imparare a conoscere il luogo d’azione e il pattern dei nemici: solo così potrete capire dove e quando sferrare l'attacco mortale. Altra cosa importantissima sarà individuare le zone buie. All’interno di questi spazi, infatti, sarete invisibili per la maggior parte dei vostri avversari. Di tanto in tanto, tuttavia, una guardia particolarmente scaltra, avvicinandosi a voi, potrebbe essere in grado di individuarvi ugualmente. Per evitare di essere scoperti, vi sarà sufficiente tenere il più immobile possibile il Wiimote durante il breve QTE che si avvierà di volta in volta. Infine, una volta tenuto conto di tutti questi fattori, non vi rimarrà altro da fare che uccidere l’avversario.
    Nella parte inferiore dello schermo, sarà sempre visibile un radar. Questo sarà in grado di mostrarci i nemici solo quando produrranno un qualche genere di rumore. Ciò si traduce, spesso, in misteriose sparizioni delle icone dallo strumento e in momenti di panico per l’impossibilità di comprendere se stiamo per essere scoperti o meno. Capiterà, infatti, di ritrovarsi improvvisamente nel campo visivo di un nemico rendendo così una sana scazzottata l’unico modo per togliersi dai guai. In questi frangenti l’agitare il duo Wiimote e Nunchaku sarà necessario per parare e menare fendenti all’oppositore. Nonostante non sia richiesto un alto grado di precisione, nei corpo a corpo il sistema di controllo convince e riesce a rendere l’idea di un furioso scontro.
    Tuttavia saremo molto più gratificati e facilitati nel nostro compito se uccideremo le guardie utilizzando le esecuzioni. Muovendoci senza far rumore alle loro spalle e premendo il pulsante A nel momento in cui Danny cambia postura, daremo il via a una sequenza animata dove noi saremo richiamati a riprodurre via Wiimote e Nunchaku una serie di movimenti che mimano quelli compiuti dall’avatar digitale durante l’assassinio. Più a lungo terremo premuto il tasto A, maggiore sarà il livello di violenza dell’esecuzione. Ed è proprio in questo frangente che la censura ha colpito più duramente Manhunt 2. Piatto forte di questa iterazione, Rockstar ha dovuto inserire un filtro rosso durante le esecuzioni, rendendo quasi impossibile capire esattamente cosa stia accadendo sullo schermo. Come facilmente ipotizzabile, diversa sarà l’arma che teniamo in mano, diversa sarà l’esecuzione, ma in ogni caso non avremo mai possibilità di scelta: i comandi su schermo ci ordineranno come muoverci non lasciandoci alcuna liberta circa i colpi da inferire.

    Kasper il fantasma del gioco.

    Ogni volta che controlleremo Danny, Leo continuerà a fornirci consigli e a commentare le nostre azioni, tramite una voce fuori campo. Fantasma in-game di queste sezioni (e pensando al nome è possibile accostarlo a un altro Casper del grande schermo e dei fumetti), egli diventerà protagonista di alcuni livelli, che segneranno un netto cambiamento nel gameplay.
    Costretto dagli eventi, Leo dovrà abbandonare l’approccio silenzioso e ragionato del “collega”, per impugnare armi da fuoco e aprirsi la strada a suon di piombo. Nascondersi nell’ombra sarà tuttavia sempre consigliato. Prendere di sorpresa un gruppo di nemici facendone fuori velocemente uno e trovandosi in una posizione di vantaggio rispetto agli altri è sempre consigliabile, vista l’immutata fragilità del nostro alter ego. Escluso poi il fucile da cecchino, da controllare inclinando nella direzione scelta il Wiimote e non tramite puntamento, le altre armi da fuoco hanno una scarsa gittata. Uccidere un nemico molto distante non sarà possibile se non svuotando diversi caricatori, dettaglio da non sottovalutare nel caso in cui si giochi ai livelli di difficoltà superiori. E’ quindi anche importante muoversi sul campo di battaglia, spostandosi sempre alla ricerca di un miglior riparo che consenta facili headshot.
    Insomma con l’introduzione di pistole e fucili, l’approccio a Manhunt 2 cambia sensibilmente, trasformando il titolo in un action game abbastanza profondo. E se gli amanti dello steath puro storceranno sicuramente il naso, è indubbio che queste sezioni siano utili per ravvivare un titolo che avrebbe rischiato, dopo appena qualche livello, di annoiare.

    Anche fare l’assassino ha i suoi risvolti negativi.

    Ma il fantasma della noia non è del tutto allontanato. Le esecuzioni sono divertenti, certo, e la possibilità di effettuarne alcune servendosi non solo delle armi in nostro possesso, ma anche di determinati oggetti dello scenario puntualmente segnati sul nostro radar, da ulteriore slancio al gioco. Tuttavia è innegabile che il gameplay delle parti stealth risulti viziato da alcune scelte. Fare rumore mentre siete nel buio per attirare una guardia, per esempio, è una tecnica troppo efficace. Sebbene sia lo stesso Leo, nel tutorial, a spingervi a farlo, poter eliminare tutti i nemici in questo modo sicuramente abbassa il livello di sfida e non invoglia il giocatore a migliorarsi o a cercare una soluzione alternativa.
    Le sezioni con Leo evitano il sopraggiungere della noia, ma anche queste soffrono di un grosso difetto. Se, infatti, il Wiimote si comporta ottimamente nelle fasi stealth, in quelle in cui è richiesto l’uso delle armi da fuoco si presenta qualche problema. Per puntare l’arma, infatti, sarà necessario premere il pulsante C e, similmente a quanto già visto in RE4, la visuale si sposterà verso la spalla dell’avatar mostrandoci il mirino. I problemi giungono quando dovremo puntare qualcosa più in basso o più in alto rispetto al punto di vista iniziale. Se nel gioco Capcom era sufficiente muovere lo stick analogico, qui non è possibile farlo vista la possibilità di sparare mentre ci si muove. Ecco allora che si rende necessaria la pressione del tasto Z e il conseguente puntamento del Wiimote verso il bordo inferiore o superiore dello schermo per muovere la testa dell’avatar. Il sistema in questione si rivela a dir poco incapace di gestire la situazione. Colpire un nemico posto a una diversa altitudine rispetto alla nostra è un'operazione spesso difficile, lunga e frustrante. Certo, la pratica aiuta a limitare i danni, ma il sistema di controllo, c’è poco da fare, resta poco reattivo e mal calibrato.

    Una regia disturbata.

    Tecnicamente parlando, al di là degli indubbi meriti della regia e di una sceneggiatura che pur con tutti i suoi limiti appassiona, si nota comunque una qualità che non spinge al massimo la console Nintendo.
    Manhunt 2 nella sua versione per Wii, risulta troppo simile alla controparte per Ps2 ed è impossibile non denunciare la cosa. Il livello generale resta comunque sufficiente. I modelli poligonali infatti sono degnamente modellati e dettagliati, così come le texture, mai troppo sgranate. Anche le ambientazioni convincono. I livelli mostrano una certa varietà e tutti ben esprimono la decadenza e la violenza che permea il gioco. Anche il level design non è affatto deprecabile, per quanto lasci meno libertà di movimento di quanto si possa pensare. Un applauso, invece, va fatto alle animazioni: credibili e ben collegate tra loro. Va inoltre segnalata la presenza di un filtro, disattivabile, che durante le fasi in-game tende a disturbare lievemente l’immagine. L’intento sembra sempre quello: avvicinare in qualche modo la vicenda di Danny e Leo a un film amatoriale con tanto di qualità della ripresa non eccelsa.

    Buono invece il sonoro. I brani musicali sono quasi del tutto assenti: appaiono in determinate situazioni come quando si viene scoperti dalle guardie o quando la tensione sale. Svolgono il loro lavoro, ma non brillano mai né per intensità né in senso estetico. Ottimi invece gli effetti sonori e il doppiaggio in lingua inglese. Capire la distanza di una guardia solo dal livello di voce vi salverà spesso la vita, mentre durante le esecuzioni, pur non potendo vedere chiaramente cosa accade a causa del filtro rosso, gli effetti sonori galvanizzeranno comunque tutti gli amanti dello splatter.
    Infine, per quanto riguarda la longevità, la lunghezza delle missioni è ben bilanciata e il loro numero (circa quindici), garantirà almeno una dozzina di ore di sano divertimento gore. Certo, volendo si può completare il gioco una seconda volta per ottenere una missione bonus, ma quanti di voi saranno realmente spinti a ripercorrere nuovamente l’avventura di Danny?

    Manhunt 2 Manhunt 2Versione Analizzata Nintendo WiiManhunt 2, come il suo predecessore, ha basato molto del suo fascino intorno alla violenza fine a sé stessa. L’atmosfera di un mondo corrotto e perverso si respira a pieni polmoni, ma la censura ha sicuramente danneggiato l’opera Rockstar. Ed oltre ai problemi legati ai filtri grafici, bisogna riconoscere che, a livello ludico, pochissimo è l'apporto del "gore" esagerato e dello splatter: per quanto cruente siano, le esecuzioni rimangono un divertimento effimeto, che non trova sfogo in un gameplay curato, vario e davvero divertente. Manhunt 2, al di là del fattore violenza, non mostra quasi nulla. La trama è ben strutturata è un plauso va anche fatto alla regia digitale, ma le meccaniche di gioco sono ancorate a stilemi ed elementi che Solid Snake e Sam Fisher hanno già esplorato anni fa e con maggiore efficacia. Sicuramente Manhunt 2 farà la felicità di tutti i fan del primo capitolo e di chi ama i contesti cruenti, inoltre potrebbe farsi apprezzare dagli innamorati del genere steath, anche se indubbiamente questi concorderanno nell’affermare di aver già giocato a rappresentanti migliori della categoria. Tutti gli altri, tutti quelli che speravano che si potesse sventolare compiaciuti una copia di Manhunt 2 sotto i nasi degli scandalizzati benpensanti, rimarranno delusi. Il prodotto Rockstar è un gioco che divertirà e appassionerà una stretta cerchia di videogiocatori, ma è incapace di raggiungere picchi qualitativi tali da diventare memorabile per fattori esterni alla sua controversa pubblicazione.

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