Recensione Max Payne 2: the Fall of Max Payne

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Recensione Max Payne 2: the Fall of Max Payne
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Disponibile per
  • PS2
  • Xbox
  • Pc
  • Max Payne. Già il nome è una garanzia: un
    gioco di parole e pronuncia (gli anglofoni non avranno faticato ad accorgersene)
    che significa “Massimo Dolore”. Questo titolo è stato uno dei pochi per i quali
    una lunga gestazione non è coincisa con una delusione, come ormai accade
    regolarmente. Anzi, ha ottenuto un buon successo e ottime ed unanimi critiche da
    stampa e pubblico, grazie ad un buon motore grafico ed una giocabilità
    caratterizzata dall'introduzione del “bullet time”, la possibilità di
    rallentare il tempo eseguendo azioni stile “Matrix”. In questo nuovo capitolo,
    la Remedy ha mantenuto praticamente immutata l'impostazione del precedente; le
    novità introdotte a livello di gameplay non sono sostanzialmente molte. Ciò che
    invece ha subito una innovazione più evidente sono stati la grafica e il motore
    fisico.

    Cosa è
    cambiato?

    In primis, chi ha giocato il primo episodio non può non notare che il
    volto di Max è cambiato: non è più quello di uno dei programmatori (scelto per
    problemi di casting) bensì quello dell'attore americano Timothy Gibbs. Questo
    cambio ha reso il protagonista un uomo dall'aspetto più serio e maturo,
    sicuramente più in linea con l'atmosfera del gioco. La struttura della storia è
    rimasta la medesima: essa consta di tre parti (divise a loro volta in numerosi
    capitoli, ovvero i livelli da affrontare), ciascuna delle quali è introdotta da
    un prologo. Questi ultimi fortunatamente non sono più sezioni simil-platform,
    che stonavano con il resto del gioco anche per colpa di una gestione poco
    precisa dei salti; sono invece fasi in cui l'esplorazione e l'interazione con
    l'ambiente hanno un peso maggiore rispetto agli altri livelli, e questo senza
    che l'azione venga meno. Quando invece si vivono gli incubi o i deliri di Max,
    il tutto è reso confuso da un effetto di motion blur decisamente azzeccato. La
    trama è sempre narrata tramite scene all'interno dei livelli, gestite dallo
    stesso motore grafico del gioco, e da tavole a fumetti tra un capitolo e
    l'altro. Il bullet time, già caratteristica peculiare del primo episodio
    (consiste nella possibilità di rallentare il tempo e così i movimenti dei
    nemici, mantenendo però inalterata la velocità del mirino di Max), è stato
    mantenuto e potenziato. Ora Max, oltre a poter effettuare tuffi e capriole al
    rallentatore, ha la possibilità di eseguire una sorta di “bullet combo” con la
    quale ricaricare all'istante le proprie armi. Il bullet time non è infinito:
    esso è rappresentato da una clessidra che si svuota man mano che si utilizza
    questa abilità, e si ricarica uccidendo i nemici disseminati nei livelli.
    Inoltre, quando viene utilizzato, le immagini diventano un po' sgranate e di
    color seppia. Altra aggiunta interessante è la possibilità di sparare anche
    sdraiati a terra una volta concluso il tuffo, cosa che elimina quel lasso di
    tempo in cui si era estremamente vulnerabili al fuoco nemico. Le armi sono
    rimaste sostanzialmente immutate: sono state eliminate quelle prettamente da
    combattimento corpo a corpo (che non capiterà mai di usare) a favore di un
    maggior numero di fucili e mitragliatori. I programmatori si sono inoltre
    sforzati di garantire una maggiore varietà al gioco: oltre a Max, capiterà di
    controllare anche Mona Sax, un altro dei personaggi principali. Le movenze sono
    le medesime, ma la possibilità di giocare una parte della storia vista da
    un'altra prospettiva, aumenta l'interesse, così come la situazione in cui la
    stessa Mona, appostata sul tetto di un palazzo, deve coprire Max uccidendo i
    nemici con un fucile da cecchino.

    Grafica e motore fisico

    Il gioco è mosso da un engine grafico di
    ottima qualità. La fluidità è sempre alta e i rallentamenti praticamente nulli.
    Gli ambienti sono ricchi di particolari e i tocchi di classe numerosi (i fori
    sulle pareti, gli schizzi di sangue, i bossoli che cadono per terra ... senza
    contare le fiamme di colore diverso a seconda della sostanza incendiata). Le
    animazioni sono fluide e i modelli poligonali ben realizzati, compresi quelli
    dei nemici e dei personaggi puramente di contorno. I livelli sono ambientati per
    la maggior parte in spazi chiusi, ma il motore grafico compie in modo eccellente
    il proprio dovere anche nella gestione degli spazi aperti. Tutto ciò non è
    purtroppo esente da difetti: a ben vedere, talvolta si verificano alcune piccole
    intersezioni tra poligoni (soprattutto tra la mano del personaggio e l'arma
    impugnata) e alcune textures sono poco definite, ma il risultato finale è di
    alto livello. I programmatori della Remedy hanno implementato un motore,
    denominato Havok, che gestisce la fisica e gli urti. Il risultato è quanto di
    più verosimile si sia visto fino ad ora: le scatole rotolano in modo realistico
    se spinte giù per le scale, gli oggetti vengono scaraventati in modo verosimile
    da un'esplosione, e via dicendo. Gli esempi da fare sono davvero numerosi.
    Inoltre, i cadaveri dei nemici cadono al suolo e si flettono sulle pareti (senza
    entrarci dentro, come accadeva ad esempio in Splinter Cell) in modo naturale. Il
    gran numero di scatole presente nel gioco darà modo di sperimentare spesso la
    qualità di questo motore fisico.

    Giocabilità e longevità

    Il sistema di controllo è preciso e gli
    scontri a fuoco, sebbene vadano gestiti con una certa perizia tattica (è
    sconsigliabile gettarsi a capofitto sui nemici stile Rambo), non diventano mai
    frustranti, complice anche la possibilità di salvare ogni qualvolta lo si
    desideri (a livelli di difficoltà maggiori i salvataggi sono limitati in quanto
    a numero, ma la posizione in cui salvare è scelta arbitrariamente da chi gioca).
    I nemici, anche a livello di difficoltà base (l'unico inizialmente disponbile),
    che si attesta su uno standard medio / basso, si riparano dal vostro piombo,
    fuggono se feriti, usano lo scenario a proprio vantaggio per nascondersi e si
    uccidono accidentalmente tra di loro. Finendo il gioco una prima volta, si
    sblocca un ulteriore livello di difficoltà (che, completato, dà luogo alla
    comparsa di un terzo livello di difficoltà) e due modalità aggiuntive. Nella
    prima, chiamata “Dead Man Walking”, bisogna cercare di resistere il più a lungo
    possibile in apposite arene, con munizioni e antidolorifici limitati e nemici
    che piovono da ogni parte. La seconda modalità consente di rigiocare le missioni
    cercando di completarle nel minor tempo possibile. Queste due aggiunte sono atte
    ad aumentare una longevità che non si attesta su livelli troppo alti: il gioco
    si completa, a livello base, mediamente in 8 / 9 ore di gioco. La
    "rigiocabilità" è decisamente soggettiva: non tutti, infatti, possono aver
    voglia di terminare altre due volte il gioco, completando nuovamente i medesimi
    livelli con una storia già nota.

    Commento
    finale

    Max Payne 2 si conferma un titolo valido su
    quasi tutti i fronti, escluso quello della longevità, che però è aumentata da
    modalità aggiuntive e dallo sblocco di nuovi livelli di difficoltà. Il gioco
    diverte grazie ad un bullet time potenziato, che a ben vedere è un'arma a
    doppio taglio: se da un lato consente di eseguire tuffi al rallentatore e azioni
    spettacolari, dall'altro diminuisce la difficoltà globale del gioco ed aiuta ad
    uscire più o meno indenni in molte situazioni. La trama è affascinante e
    coinvolgente, e il titolo è caratterizzato da un taglio cinematografico che gli
    conferisce un aspetto da film noir decisamente intrigante. Anche il sonoro si
    attesta su livelli decisamente alti, con musiche d'atmosfera e un ottimo
    doppiaggio. In definitiva Max Payne 2 è un ottimo titolo, che però dura solo
    poche ore, anche se molti possono essere invogliati a giocarlo nuovamente con i
    livelli di difficoltà superiori, stimolati da una sfida più impegnativa.

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