Recensione Medal of Honor

Operazioni speciali a portata di pad: recensito l'FPS di EA Los Angeles

Medal of Honor
Recensione: Xbox 360
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Nella generazione oramai consacrata ai First Person Shooter, al giocatore non resta che aspettare il “prossimo della lista” per saggiare con mano quali terreni si possono ancora esplorare in un panorama che, se ancora non ha detto tutto, ormai è molto vicino ad esaurire l'ispirazione genuina.
    Il primo ad apparire sugli scaffali in quest’autunno videoludico ricco di sparatorie sarà Medal Of Honor, reboot in chiave attualissima della storica serie legata al secondo conflitto mondiale.
    Gli sviluppatori di EA Los Angeles, in collaborazione con DICE (responsabile del multiplayer), hanno voluto intraprendere, con questa produzione, uno sviluppo di tipo leggermente diverso.
    Mantenendosi in costante contatto con numerosi consulenti militari pensano infatti di essere stati in grado di ricreare, dal punto di vista delle sensazioni audio-visive ed emotive, l’esperienza più realistica mai vista su console, forti anche di un setting attualissimo come l’Afghanistan.
    Il titolo, molto atteso sin dai primi teaser trailer, è in uscita il 15 Ottobre per Xbox 360, PC e Playstation 3.

    Tier 1 Operator

    Medal Of Honor, a differenza della stragrande maggioranza dei titoli sui generis presenti sul mercato, non presenta una vera e propria “trama” a fare da sfondo alla progressione.
    Il team ha infatti preferito ricreare, grazie alla collaborazione di diverse unità speciali dell’esercito americano, un setting attuale e credibile, nel quale indirizzare il giocatore lungo una serie di missioni che prevedono “semplicemente” la lotta al terrorismo medio-orientale sul territorio.
    Nessuna improbabile invasione degli Stati Uniti, nessun super-ricercato da rintracciare, nessun ordigno nucleare rubato da disinnescare, ma la semplice opera di “messa in sicurezza” del territorio che l’esercito a stelle e strisce era stato incaricato -ai tempi- di portare a compimento.
    Il titolo è accomunato però agli altri shooter bellici da una visione episodica delle vicende, che vedrà spostare il punto di vista dell'utente lungo l’intero reparto delle forze speciali (e non manca qualche piacevole cross-over).
    Ci troveremo dunque nei panni dello Specialista Dante Adams (1° Battaglione, 75° Reggimento Rangers), del Capitano Brad Hawkins (pilota di Apache) e dei nomi in codice “Rabbit” e “Duce”, appartenenti rispettivamente ai DEVGRU (unità speciale della marina) e al 1° SFOD-D (la Delta Force specializzata nelle azioni “invisibili”).
    Nel corso della campagna, della durata di 7/9 ore (a seconda della difficoltà impostata), ci renderemo conto di quanto sia stata alta l’attenzione infusa nella riproduzione d’ogni particolare, dalle divise all’equipaggiamento, dal modus operandi dei militari alle comunicazioni; una cura capace di garantire un notevole senso d’immersione, aumentando la caratura dell’opera.
    Nonostante l’assenza di trama per come siamo abituati a considerarla, troveremo comunque un minimo di contorno e di continuità nelle azioni a schermo, amalgamate da non troppo entusiasmanti cut-scene, durante le quali verremo a conoscenza dei rapporti tra il comando dislocato sul territorio e la difesa a Washington.

    "Scripta" che ti passa

    Dal punto di vista del gameplay la nuova produzione made in Los Angeles non si scosta dal trend avviato dai capostipiti -almeno in questa generazione- del genere d’appartenenza, ovvero Call Of Duty e Battlefield: Bad Company.
    Sorvolando tranquillamente la questione “controlli”, oramai identici in ogni produzione di questo tipo, possiamo invece parlare di uno sviluppo dell’azione che recupera le caratteristiche salienti dei citati capolavori, riamalgamandole con il cemento di un setting molto più credibile e donando loro un pizzico di dinamicità in più.
    Medal Of Honor varierà infatti costantemente l’azione, modificando, a volte in maniera repentina, anche il punto di vista. Nel corso della campagna, nonostante la progressione risulti estremamente lineare, ci troveremo ad assaltare un villaggio, resistere ad un assalto e rastrellare un accampamento a bordo di un Apache nella stessa missione; dovremo assumere, a volte, addirittura due ruoli nel giro di pochi minuti, ad esempio nel salvare da morte certa uno dei quattro protagonisti utilizzandone un altro (una sezione davvero intrigante presentata a campagna inoltrata).
    L’ampissima varietà d’azione, ottenuta grazie all’alternarsi di fasi a terra (interne ed esterne), sparatorie "on-rail" dagli elicotteri, momenti stealth ed episodi di guida, verrà dunque appoggiata da una dinamicità del tutto nuova in ambito FPS, coadiuvata, per quanto possa sembrare strano, da piccolissimi particolari come la gestione delle munizioni.
    I compagni (quasi) sempre al nostro fianco, oltre a muoversi ed agire in maniera molto credibile, saranno sempre in grado di riempire completamente i nostri caricatori, consentendoci dunque una progressione più ritmata ed incalzante, che indugerà solo sul conteggio delle granate.
    Il tutto, lo ribadiamo, filtrato da un realismo visivo davvero senza paragoni su console, che si traduce non tanto in bellezza grafica o estetica (di cui parleremo poi), ma in una credibilità della dotazione (interfacce dei velivoli, caratteristiche dei mirini telescopici, funzionamento delle armi), dei comportamenti e delle animazioni (ricarica, maneggio armi) che pecca soltanto nella presenza di proiettili infiniti (a qualsiasi difficoltà) per la pistola, sulla quale potremo contare in ciascuna missione.
    Tale realismo, purtroppo, non si rifletterà sempre anche nelle meccaniche di gioco, che mostreranno la parte più vicina al Bad Company 2 conosciuto in single player. La connotazione arcade verrà sciorinata, in particolare, da due aspetti fondamentali: la presenza della proverbiale barra della salute invisibile per i nemici, che centrati al petto o alle gambe da “qualche proiettile” di M60 (che prevede, ricordiamolo, proiettili calibro 7.62 mm) si rialzeranno come colpiti da una pietra, e il sistema di mira, sul quale una parentesi è doverosa. Due in questo senso le "storture" principali: la prima concerne il meccanismo stesso di mira che, in diverse situazioni, è risultato leggermente impreciso, soprattutto a medie/lunghe distanze (le sensazioni sono proprio quelle di Bad Company 2, in cui pur certi di aver centrato il bersaglio si finiva con un buco nell’acqua). La successiva è legata all'influenza del vento e della gravità sulla traiettoria dei proiettili, che è totalmente assente. Lo dimostrano le diverse sezioni di tiro dalla lunga distanza, nelle quali vi troverete impegnati in colpi da oltre quattrocento metri messi a segno con una poco credibile traiettoria rettilinea.
    Si tratta in ogni caso di piccolezze assolutamente non in grado d’inficiare una buonissima esperienza ludica, ma capaci comunque di far storcere il naso (specie ai puristi) se raffrontate alla qualità dei dettagli già elencati.
    Meno trascurabile, invece, la qualità dell’intelligenza artificiale nemica che, come troppo spesso accade (l’unica vera eccezione è Halo), si comporterà in maniera estremamente scriptata e prevedibile. Se in un frangente sarà previsto il ripiego delle truppe alleate l’IA assalterà il gruppo, in caso contrario si limiterà ad un rateo di fuoco nemmeno troppo preoccupante e ad uno sfruttamento delle coperture banale e totalmente statico.
    A conti fatti le cose non miglioreranno nemmeno al massimo livello di difficoltà dove, al solito, il nemico risulterà semplicemente più resistente; se non altro non assisteremo alla pioggia di granate di World at War.
    Riguardo agli script, comunque, non tutto il male vien per nuocere: Medal Of Honor, come insegna Call Of Duty, si avvarrà costantemente di ingegnosi script, capaci di rendere più coinvolgenti e spettacolari (a patto di non violarli) le fasi stealth, gli accerchiamenti e, in generale, le situazioni ove il giocatore verrà messo sotto pressione.
    Non fossimo soddisfatti del livello di sfida offerto dalla campagna “normale” potremo sempre ripiegare sulla variante Tier 1, una seconda versione nel corso della quale saremo chiamati a rispettare il cosiddetto PAR.
    Le regole consisteranno in un intervallo di tempo da non oltrepassare e nell’impossibilità di selezionare il livello di difficoltà e ricevere proiettili dai commilitoni.
    In nostro aiuto un sistema di bonus che consentirà di bloccare il cronometro per un certo numero di secondi effettuando un’uccisione corpo a corpo, inanellando una veloce serie di eliminazioni o centrando i nemici alla testa; contro di noi, oltre al tempo e ai nemici, l’assenza di checkpoint tra una missione e l’altra, che costringerà a ricominciare da capo in caso di decesso.
    Al termine di ciascun incarico guadagneremo medaglie, punteggi e riconoscimenti che classificheranno in una speciale leaderboard la nostra competenza militare.
    Un’alternativa piuttosto efficace alla non eccelsa longevità, nonchè un vero toccasana per i cosiddetti hardcore gamer.

    Multi è meglio

    Avviata la modalità competitiva il tocco di DICE, responsabile unicamente del multiplayer, si vede subito: ognuna delle due fazioni (Marines e Milizia Afghana) avrà a disposizione tre classi tra le quali scegliere il proprio alter ego.
    Il Soldato, armato di fucile d’assalto equipaggiato con lanciagranate e pistola, il Guastatore, dotato di mitragliatrice leggera e lanciarazzi e il Cecchino, forte del fedelissimo fucile di precisione e del proverbiale C4, declinato in forme diverse a seconda dell’allineamento bellico.
    Ogni classe prevederà, alla stregua di Bad Company 2, un percorso diverso, fatto di punti esperienza, traguardi da raggiungere ed accessori da sbloccare per personalizzare la dotazione: il Soldato, ad esempio, al secondo livello d’esperienza otterrà il Red Dot (il mirino a punto rosso), disponibile già dall’inizio per il Cecchino che, allo stesso punto, potrà beneficiare di un’ottica telescopica decisamente più avanzata.
    Prima di proseguire, tra le altre schermate, notiamo anche la classica sezione dedicata alle ricompense, dove medaglie e gradi militari risultano inizialmente oscurati, dandoci comunque l’idea di quanto dovremo impegnarci per poter essere annoverati tra i migliori, di cui, poco più in là, possiamo già osservare -grazie alle classifiche- le statistiche.
    Anche le modalità ricalcano, seppur non in maniera pedissequa, quanto visto nell’ultimo episodio di Battlefield: troviamo infatti Mission, nella quale verremo divisi in team d’attacco e difesa per distruggere/preservare le proverbiali casse ai punti chiave della mappa, e Team Assault, un deatmatch a squadre con l’unico limite fissato nell’intervallo di tempo.
    La prova con mano, al di là di classi, location e quant’altro, ha dimostrato sin dall’inizio quello che sarà probabilmente un incerto compromesso tra Bad Company 2 e Modern Warfare 2. Il ritmo di gioco è infatti più veloce, ma la globalità dell'azione appare meno incalzante e corale, dato il leggero taglio ai mezzi di trasporto presenti e la limitazione del loro raggio d’azione. Vista anche la vastità non esagerata delle ambientazioni, il gameplay sembra molto più simile a Modern Warfare anche per quanto riguarda immediatezza ed accessibilità, con tutti i giocatori (dai veterani ai novellini) immediatamente -o quasi- efficaci al centro dell’azione, senza conoscere ogni angolo ed ogni remoto spot d’appostamento.
    Ingegnosa, da questo punto di vista, anche l’iniziale limitazione per i cecchini, che dovranno sudare qualche livello prima di potersi appostare comodamente a chilometri dal fulcro dell’azione. Tiratori scelti depotenziati anche per quel che concerne la dotazione bellica, con l’epurazione del mortaio finito tra le ricompense per la serie di uccisioni.
    Alla stregua di Call of Duty, infatti, Medal of Honor consentirà, dopo tre uccisioni in fila, di attivare l’intelligence (ovvero la ricognizione UAV) o il bombardamento tramite mortai: nel primo caso noteremo sul radar a schermo, per un determinato raggio attorno alla nostra posizione, indicatori lampeggianti raffiguranti posizione e movimenti avversari; nel secondo, attraverso il classico binocolo, potremo puntare una determinata zona e scaricarvici tutta la potenza di fuoco dei mortai. Serie di uccisioni più lunghe daranno accesso a potenziamenti diversi, ed al giocatore sarà sempre concessa la scelta fra una tattica offensiva o difensiva, che aumenti semmai anche i bonus di tutta la squadra. Il gameplay, insomma, pare voler incoraggiare e premiare l’attacco frontale, scoraggiando in maniera decisa il cosiddetto “camping”; il titolo, almeno per quanto concerne il multiplayer, si rivela dunque più arcade ma anche più immediato rispetto a Bad Company 2. Un peccato per l'evidente downgrade grafico, che incide su un motore di gioco già zoppicante, e per gli evidenti problemi di Hitbox, che già affliggevano Bad Company 2 e che non sono stati affatto risolti da DICE.

    Frostbite where are you?

    Dal punto di vista tecnico, ed in particolar modo grafico, Medal Of Honor si presenta -purtroppo- come una delle produzioni più altalenanti di questa generazione.
    I modelli poligonali dei personaggi a schermo, delle armi e, in generale, la modellazione dei fondali rasentano lo stato dell’arte e presentano una cura nei particolari assolutamente lodevole. La stessa riposta nelle animazioni, che mostrano un comportamento a schermo tra i più credibili visti di recente.
    Il motore grafico viene però meno, almeno in parte, nel momento in cui si analizzano le texture. Fintanto che l’azione proseguirà a ritmi pedestri (dunque a piedi), gli elementi a schermo si mostreranno ben definiti e lo spazio per le critiche assottigliato solo nel caso ci si avvicini davvero tanto agli oggetti. In questi frangenti il giocatore beneficerà di un notevole colpo d’occhio, caratterizzato da una discreta profondità di campo ed una gestione dell’illuminazione decisamente azzeccata, alla quale si aggiunge quell’effetto “abbagliamento” (HDR) capace di donare, nelle transizioni dall’interno all’esterno, un pizzico di realismo in più.
    Tuttavia, nei frangenti in cui la scena verrà “messa in moto” dall’utilizzo di questo o quel mezzo di locomozione (terrestre o aereo non ha importanza), ogni dettaglio scomparirà improvvisamente, dando luogo ad un pesante appiattimento della scena, un pop-up nella definizione delle texture del tutto inaccettabile e, non bastasse, un calo di frame rate decisamente non trascurabile.
    In poche parole due giochi diversi, uno probabilmente figlio dell’inesperienza nell’ottimizzazione del motore grafico.
    Al di là di quest’assurda trasformazione possiamo denotare qualche stonatura anche nel comparto effetti particellari, che, nonostante l’elevata spettacolarità della produzione, risultano per la maggior parte poco credibili.
    Infine, in diversi frangenti, si denota un marcato effetto tearing, caratterizzato dalla perdita del vertical sync nell'immagine a schermo.
    Molto diverso, invece, il comparto sonoro, che mostra eccelse qualità timbriche nella riproduzione degli effetti ambientali (paragonabili alla versione “Nastri di Guerra” di Bad Company 2) ed un doppiaggio completamente in italiano sempre coerente ed accettabile.

    Medal of Honor Medal of HonorVersione Analizzata Xbox 360Tirando le somme possiamo tranquillamente dire di non essere di fronte al titolo tripla A che tutti attendevamo, ma nemmeno ad un prodotto mediocre da abbandonare alla prima prova. Grazie ad una campagna molto varia e dinamica, ed adatta (con la complicità della variante Tier 1) a tutti i gusti e ad un focus fortemente improntato al realismo “odierno”, Medal Of Honor va classificato come un godibilissimo First Person Shooter, che saprà tenere incollati alla sedia per l’intera durata del single player. Non dimentichiamo poi che, a differenza di molti congeneri, che considerano il multiplayer solo un "riempitivo", qui aleggia la mano di DICE, sviluppatore esperto in grado di garantire un’esperienza -se non innovativa- comunque appagante, dove l’immediatezza “alla CoD” si unisce al carattere tipico di Battlefield. Un prodotto consigliato dunque a tutti gli amanti del genere.

    8.4

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