Recensione Megaman Starforce

Megaman dà lezioni di riciclaggio (di idee).

Recensione Megaman Starforce
Articolo a cura di
Disponibile per
  • DS
  • Affezione da software house

    Nel moderno mercato dei videogiochi si è sempre più restii ad abbandonare brand redditizi e relativi personaggi popolari, e Capcom è uno degli sviluppatori più inclini allo sfruttare fino in fondo i suoi marchi. Megaman è un personaggio storico della suddetta casa giapponese e tra serie originali e vari spinoff, ognuno con diversi capitoli pubblicati, vanta un cospicuo numero di titoli a lui dedicati. Una delle ultime saghe edite da Capcom è stata Megaman Battle Network, che nel 2001 portò su Game Boy Advance un gameplay del tutto nuovo in un originale gioco di ruolo. Il titolo ebbe un buon successo, soprattutto in giappone, e ne seguirono infatti altri 5 episodi, la cui qualità è migliorata fino a raggiungere l’apice nel terzo capitolo, per poi perdere smalto coi successivi. Col sesto episodio si è chiusa questa saga, insieme al ciclo vitale del GBA, ma Capcom non ha intenzione di cambiare la squadra che vince e ha preparato per Nintendo DS un altro titolo che di nuovo ha ben poco: Megaman Starforce.

    ...dove ci siamo già visti?

    In un remoto futuro la tecnologia delle reti di computer si è ulteriormente evoluta grazie ad un sistema avanzato di comunicazione via onde elettromagnetiche. Queste nuove tecnologie potenziano una vasta gamma di apparecchi elettronici, dai grandi apparati informativi ad uso pubblico ai più piccoli dispositivi portatili personali, tra i quali sono particolarmente diffusi i “transer”, dei terminali da polso in grado di effettuare chiamate verso altri dispositivi simili, interfacciarsi tramite apposite schede con i macchinari elettronici per manovrarli con estrema facilità e infine di ospitare una “personal page”, ovvero un profilo personalizzabile contenente una serie informazioni riservate che il proprietario stesso può decidere di (e se) redigere (qualcosa di molto vicino dunque ai moderni blog). Le pagine personali possono essere visibili solo dai transer delle persone con cui il proprietario della pagina ha stabilito una “brotherband”, ovvero una funzione apposita che dà accesso alle informazioni riservate, operazione che in questa società ha ormai acquisito il valore simbolico di gesto atto a confermare una consolidata amicizia.
    Ma ciò che segna davvero una svolta in questa epoca è la ricezione di un segnale proveniente da coordinate sconosciute della galassia che sembra provare inequivocabilmente l’esistenza di una razza extraterrestre. Viene subito organizzata una spedizione per stabilire un contatto con le forme di vita intelligente sconosciute e formare con dei loro rappresentanti una simbolica brotherband.
    Dopo qualche tempo, però, si perdono le tracce della squadra inviata in missione, i cui componenti vengono dati per dispersi. Due anni dopo, Geo Stelar risente ancora dello shock subito dalla perdita di suo padre, uno dei membri della missione di ricerca, e finisce così per chiudersi completamente in sé stesso, evitando qualsiasi contatto con la gente che gli sta attorno per paura di poterli perdere in seguito proprio com’è successo con il genitore. Ma presto la sua vita sarà sconvolta dall’incontro con Omega-Xis, un alieno proveniente dal pianeta FM in fuga dai suoi stessi simili, deciso ad impossessarsi della chiave di Andromeda che ha rubato, un artefatto in grado di risvegliare una bestia misteriosa con cui il re del pianeta FM intende sottomettere le altre civiltà galattiche, tra cui lo stesso genere umano!
    Gli FMiani, creature formate interamente da onde elettromagnetiche, riescono a scatenare al massimo livello i propri poteri fondendosi con un essere umano nel cui cuore alberga la solitudine, traendo potere proprio dall’angoscia dell’ospite, servendosi del quale riescono a mettere in subbuglio la pacifica cittadina di Echo Ridge nel tentativo di stanare Omega-Xis. Ma anche l’alieno fuggitivo ha dei poteri, e unendosi con Geo si trasforma in una nuova entità: Megaman! Insieme i due protagonisti saranno in grado di esplorare il mondo parallelo delle onde elettromagnetiche per sventare i piani dei cattivi e difendere la terra dalle minacce provenienti da FM.
    La trama di Megaman Starforce avanza a passo lento, proponendo situazioni banali e tematiche affrontate con superficialità, dialoghi scialbi e inutilmente prolissi che rivelano spesso la loro natura di meri riempitivi, ed un cast di personaggi che daranno una forte sensazione di deja vu a chi ha giocato almeno un titolo della saga di Megaman Battle Network. Come per quanto riguarda la serie da cui trae ispirazione, si tratta di un prodotto destinato ad un pubblico giovane, eppure la sceneggiatura, tra prevedibilità e piattume, lascia molto a desiderare.

    Jac...pulse in!

    Le giornate di Geo si dividono tra il mondo reale e quello dell’etere. Seguendo la successione degli eventi del caso, guideremo il protagonista facendolo interagire con gli altri abitanti di Echo Ridge, nel classico stile da gioco di ruolo orientale; ma quando scendono in campo gli Fmiani coi loro loschi piani è il momento di entrare in azione per il “blue bomber”! In determinati angoli della città sono nascosti dei vortici di energia invisibili all’occhio umano (Geo può individuarli indossando degli occhiali speciali ereditati dal padre), presso i quali il protagonista può effettuare un “pulse in”, ovvero un lancio nel waveworld previa fusione con Omega-Xis, trasformandosi in Megaman. Si giunge così nel mondo delle onde, un piano parallelo formato da strade intersecate ed arzigogolate su cui viaggiano le onde elettromagnetiche (rappresentate come innocue ed amichevoli creature), che trasportano le informazioni attraverso questo labirinto sospeso a mezz’aria che si estende sopra ogni area delle città. Ma il waveworld è tutt’altro che sicuro, Megaman infatti finirà spesso per imbattersi, durante le sue scorribande, in gruppi di virus ostili che potrà superare solo ricorrendo alla forza. Ogni volta che si incappa in un virus - mediante un sistema ad incontri casuali - il giocatore viene portato in un’area speciale completamente tridimensionale: nello schermo superiore, su un piano formato da pannelli quadrati contigui, lungo 5 unità e largo 3, sono collocati i virus da combattere. Il nostro eroe è situato nella zona più vicina al bordo inferiore dello schermo, inquadrato in terza persona in modo da poter tenere d'occhio tutto il campo di battaglia. Sul touch screen sono raffigurate 6 piccole illustrazioni, ciascuna corrispondente ad una battlecard, ovvero delle armi utilizzabili una volta per combattimento con cui attaccare direttamente i nemici - ogni carta ha un valore numerico che ne misura la potenza - o modificare il campo di battaglia. Possono essere scelte due o più carte a piacere, purché appartengono alla stessa colonna o siano tutte copie della stessa carta, dopodichè lo scontro ha inizio: si assume il controllo di Megaman in tempo reale, schivando gli attacchi dei nemici muovendosi lateralmente tramite la croce direzionale o attivando uno scudo per parare i colpi, mentre premendo A si usa una delle battlecard precedentemente selezionate e premendo B si possono sparare, utilizzando il megabuster, dei colpi caricati o delle scariche di attacchi deboli ma rapidi utili a disturbare il nemico. L'uso del megabuster non è governato da carte di sorta, e si rivela indispensabile per continuare l'offensiva in mancanza di battlecard. Non essendo possibile il movimento in profondità sul campo di gioco, l’attacco con armi a corto raggio su nemici lontani è consentito da un sistema di lock-on: premendo in basso si attiverà la ricerca di bersagli e non appena un nemico si troverà in una casella frontale al protagonista (o in una delle due caselle diagonali più vicine) verrà agganciato; dopodichè basterà premere A e Megaman gli si teletrasporterà automaticamente di fronte colpendolo. Mentre lo scontro infuria una barra sul margine destro dello schermo si riempirà automaticamente con lo scorrere del tempo; una volta piena sarà possibile premere L o R per mettere in pausa il gioco e selezionare altre carte tra le sei casualmente assortite sullo schermo inferiore. Il combattimento prosegue finchè tutti i virus non sono stati eliminati o megaman sconfitto (i suoi punti vita, riportati nell’angolo a sinistra, scendono a zero); prima di tornare all’esplorazione viene assegnato allo scontro appena vinto un busting level, cioè un voto da 1 a 10 corrispondente all’ultima performance, da cui dipenderà la qualità del premio ottenuto, che può essere una piccola somma di zenny, la valuta locale, o una battlecard relativa ad uno dei nemici affrontati.
    Le 6 battlecard selezionabili all’inizio di ogni “turno” vengono pescate a caso dal “folder” equipaggiato, ovvero un set di card da 30 pezzi che possono essere sostituiti liberamente, senza alcuna restrizione, dal giocatore; tra queste, 6 devono essere impostate come “preferite” e in combattimento saranno selezionabili insieme a qualunque altra combinazione di carte.
    In una fase avanzata del gioco il protagonista incontrerà delle entità aliene che gli conferiranno parte del loro potere, grazie al quale Megaman si può trasformare temporaneamente ed acquisire nuovi potenti attacchi per il megabuster.
    Inizialmente l’idea di rinnovare il sistema di combattimento può sembrare ottima, ma fin da subito ci si rende conto che in realtà non c’è nulla di nuovo, se non delle semplificazioni che limitano fortemente il gameplay. L’impossibilità di avanzare o indietreggiare sul campo di battaglia rende necessario l’uso dell’agganciamento automatico dei nemici, ma questo finisce per rendere troppo efficaci le armi a corto raggio, che perdono il loro unico punto debole. La gestione del folder poi non è regolata da nessuna limitazione, quindi il giocatore finisce per aggiungere battlecard sempre più potenti man mano che ne trova, senza dover pensare prima ad una strategia. Il sistema di combattimento originario, dinamico e impegnativo, ne esce stravolto: in Megaman Starforce il livello di sfida è quasi sempre irrisorio e gli stimoli a creare folder completamente nuovi basandosi su combo di carte sono nulli, rendendo gli scontri sempre più monotoni.

    Un mondo dalle leggi instabili

    Dire che Megaman Starforce trae ispirazione dai suoi predecessori è riduttivo, dato che in realtà attinge dagli episodi GBA a piene mani rivedendo pochi elementi (per di più in maniera deludente). L’unica vera novità apportata è nell’ambientazione; oltre allo scontato rinnovamento totale del cast, cambia il presupposto di fondo: i protagonisti non esplorano più il mondo di internet, bensì il piano parallelo delle onde elettromagnetiche. Non si tratterebbe in effetti di una cattiva idea, se solo non fosse che il WWW ed il waveworld si somigliano decisamente troppo. Si tratta di un cambiamento utile solo come pretesto per rendere il titolo un minimo diverso da Battle Network, dato che risulta palese fin dalle prime sessioni di gioco quanto ne ricalchi pedissequamente la struttura.
    Come se ciò non bastasse, basta prestare un minimo di attenzione ai dettagli per rendersi conto di quanto la pigrizia dei programmatori abbia generato incongruenze non da poco. Lo stesso modo in cui il mondo di Geo e il waveworld possono interagire è instabile e confuso, e sembra variare di volta in volta in base alle esigenze della scialba sceneggiatura. Si degenera spesso quindi in rovinose forzature e serie di particolari poco coerenti tra loro. Un esempio: il protagonista usa le battlecard come armi per combattere i virus delle onde magnetiche (la cui esistenza è già di per sé poco sensata), ma com’è possibile che queste siano regolarmente vendute nei negozi se lui è l’unico in grado di utilizzarle direttamente?
    L’avvicendarsi degli eventi che scandiscono l’avventura, ricalca la stessa struttura da “cattivo della settimana” di Battle Network: dopo brevi parentesi pacifiche, Echo Ridge viene sconvolta puntualmente dagli attacchi degli FMiani, che ogni volta mettono in pericolo gli abitanti nella loro ricerca della chiave di Andromeda. Dopo i primi giorni pacifici dunque, in cui Geo deve parlare coi suoi concittadini per attivare eventi chiave e proseguire nella storia, arriverà il momento di dare la caccia al cattivo di turno per salvare Echo Ridge ed il mondo. Dopo essersi lanciati nel waveworld bisogna raggiungere il nemico, che nel frattempo si è rintanato in qualche dispositivo elettronico, all’interno del quale dovremo attraversare un dungeon infarcito di semplici enigmi e prove di abilità (idea come al solito mutuata da Battle Network) che fanno da diversivo alle solite fasi esplorative e di combattimento, tentando di implementare, anche se in maniera grezza e minimale, l’uso del touchscreen.
    Opzionalmente è possibile acquisire delle missioni secondarie, ottenendo un premio in caso di successo, spiando nei transfer degli abitanti di Echo Ridge, accedendovi come Megaman attraverso il waveworld. Questo permette di estendere la longevità oltre la durata della sola avventura principale, ma già il solo attivare ogni missione costringe il giocatore ad un noioso backtracking forzato, con tutti i frequenti incontri coi virus che ne conseguono. L’interesse per queste sidequest quindi scema facilmente dopo poco.
    Megaman Starforce gode del supporto Nintendo Wi-Fi, ma al contrario di quanto molti si aspetterebbero, non si possono organizzare sfide con altri giocatori, funzione disponibile esclusivamente per il multiplayer locale, senza gamesharing. Online ci si può solo inviare messaggi, scambiare battlecard e stabilire delle brotherband. Nell’avventura in single player si può infatti creare una propria personal page con tanto di immagine e messaggio personalizzato; questa può essere visibile solo dai propri amici coi quali si è stabilita una brotherband, dai quali si otterranno automaticamente anche dei potenziamenti per il nostro eroe e delle card extra da usare in combattimento, corrispondenti a quelle impostate come preferite dagli altri giocatori.
    Il gioco è disponibile in 3 versioni: Pegasus, Leo e Dragon. L’unica trascurabile differenza tra queste è la forma alternativa in cui ci si può tramutare più avanti nel gioco.

    Riutilizzo superficiale

    Megaman Starforce alterna scenari bidimensionali per le sessioni d’avventura ad ambienti tridimensionali per i combattimenti. Gli sfondi e gli sprite utilizzati conservano lo stesso stile che caratterizzava la vecchia serie a cui si ispirano, ma non sono allo stesso modo ricchi di dettagli e di animazioni, e considerando che su una console più capace del Game Boy Advance ci si aspetterebbe di più, il risultato delude fortemente. La controparte 3D invece colpisce per i modelli dei personaggi ben disegnati e per il pregevole effetto cell shading, ma anche qui le animazioni sono spesso troppo approssimate e gli effetti speciali soffrono spesso di una realizzazione spartana.
    Anche la definizione del comparto audio tiene fede alla politica di trarre ispirazione (leggasi “riciclare”) dalla vecchia saga per Game Boy Advance: sia gli effetti sonori che i temi musicali sembrano presi direttamente da Battle Network. Le nuove tracce però non hanno nulla a che fare con le buone colonne sonore della serie precedente, anzi, hanno quasi sempre un’aria troppo generica e poco incisiva, oltre che ripetitiva.

    Megaman Starforce Megaman StarforceVersione Analizzata Nintendo DSMegaman Starforce è stato ideato col solo scopo di sfruttare l’onda di successo di Battle Network e sfornare un titolo per la console portatile Nintendo senza impiegare troppe risorse o inventare qualcosa di nuovo. Tutto in Starforce, in maniera a volte velata e a volte sfacciata, sembra preso direttamente o quasi da GBA; ma ciò che ancora più delude è il fatto che le meccaniche di gioco sono state appiattite e semplificate, rendendo il tutto solo più monotono, a scapito del fattore sfida. Per quanto riguarda grafica e colonna sonora poi, il risultato è appena sufficiente e non si attesta nemmeno ai livelli del suo padre spirituale. Un gioco del tutto sconsigliabile, anche e soprattutto ai fan della saga per GBA, che resteranno ancora più frustrati nel notare il netto calo di qualità rispetto ai predecessori.

    5

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