Recensione Mistery Detective

Investigatori in erba, in punta di pennino

Recensione Mistery Detective
Articolo a cura di
Disponibile per
  • DS
  • Due schermi verso il passato

    Le potenzialità di un’interfaccia sensibile al tocco sono molte ed assolutamente inedite per una console. Di più, sono quanto di più simile si possa immaginare ad un mouse, motivo per cui, fin dalle primissime indiscrezioni sulle funzionalità del ‘nuovo’ portatile Nintendo, i nostalgici di tutto il mondo si sono lanciati in fantasiose previsioni che vedevano la piccola console destinata a riportare in auge generi passati di moda o tradizionalmente legati al mondo dei Personal Computer.
    Se nei primi anni di vita di Nintendo DS sono fioriti (un po’ a rilento a dire il vero) strategici e first person shooter, ringiovaniti dal nuovo sistema di controllo, il genere delle avventure grafiche ha latitato colpevolmente dalla line up della console.
    Non si poteva quindi che accogliere di buon grado la notizia dello sviluppo (da parte di Atlus) di un titolo investigativo, decisamente ispirato agli stilemi delle care vecchie avventure “punta e clicka” che hanno conosciuto il periodo di maggior successo nei primi anni ’90. Purtroppo, le fantastiche avventure di Guybrush Threepwood (temibile pirata) sono solo un pallido ricordo, solo vagamente scimmiottato da questo Mystery Detective.

    Investigazioni non-sense

    La storia ci vede vestire i minuti e stralunati panni della giovane detective Mackenzie, ereditaria dell’omonima agenzia investigativa, nonché di un appartamento e di un allampananto cameriere. Ad uno stile grafico bizzarro, al tempo stesso minimalista, pastelloso ed estremamente curato, corrisponde un’atmosfera paradossale, dominata dal non-sense e da curiosi personaggi. La piccola città in cui sono ambientati i quattro casi da risolvere è abitata da esseri zoomorfi (su tutti un uomo/squalo con la passione per i dolci e una signora/pettirosso, proprietaria di un condominio) e da inquietanti “zombie” che ricordano da vicino il soggetto de “L’Urlo” di Munch. In mezzo a tali bizzarrie, solo la protagonista e le sue amiche conservano una parvenza di normalità, nonostante i “casi” che si trovano ad affrontare rasentino, come da titolo, la stranezza ed il paradosso. E così ci si trova coinvolti in vicende assurde, come un ladro di sogni che affligge la giovane Penelope, la quale non è neppure in grado di ben spiegare la sua afflizione e si è costretti ad affrontare situazioni che ben poco hanno a che fare con la logica.
    Controllare Mackenzie è semplice ed intuitivo. È sufficiente toccare un punto qualsiasi sullo schermo inferiore perché questa lo raggiunga; un personaggio per cominciare un dialogo (selezionando da una serie di domande quella più appropriata) o un oggetto per raccoglierlo. Nella parte bassa del touch screen è sempre presente la barra dell’inventario, attraverso cui analizzare gli oggetti, combinarli o selezionarli per un successivo utilizzo. Nello schermo superiore è sempre presente un primo piano della protagonista (che non mancherà di fornire indicazioni sul proprio stato d’animo attraverso una serie di spassose espressioni facciali) accompagnato da un piccolo fumetto relativo al suo pensiero sulla situazione che si svolge nello schermo inferiore. Capita così di leggere lo stupore sul volto della bionda bambina alle affermazioni di un sospetto e di poterne cogliere il pensiero interiore. Ad un primo acchito questa soluzione disorienta e confonde, ma spesso si traduce in una serie di meta dialoghi, spesso molto divertenti.
    Come detto, artisticamente (e graficamente) il titolo è particolare e molto curato, dotato di un proprio stile molto peculiare, surreale e davvero molto gradevole, capace di caratterizzare fortemente i personaggi e gli ambienti di gioco. Adatto anche il comparto sonoro con motivi orecchiabili che ben accompagnano l’esplorazione degli scenari.
    Purtroppo, la “stramberia” dello stile grafico coinvolge anche la trama e gli enigmi che la detective è chiamata a risolvere, senza mai una logica apparente o anche solo comprensibile. Il risultato è una confusione generale che costringe il giocatore a provare a raccogliere qualsiasi elemento presente su schermo, senza essere guidato da un qualsivoglia ragionamento, nella speranza che questo possa risultare utile in futuro. A peggiorare le cose, una narrazione che spesso più che guidare il giocatore verso la soluzione, tende a gettarlo nel caos e nello sconforto. Giusto per portare un esempio, nel corso della prima indagine occorre capire come addormentare a piacimento i testimoni in modo da poterli interrogare “in sogno” (fatto già sufficientemente bizzarro). Alla protagonista viene spiegato che solo il fantomatico “Sandman” è in grado, con la sua polvere magica, di assopire a comando le persone. Dopo ore passate alla ricerca di Sandman, per puro spirito di esplorazione, utiliziamo un retino su di una farfalla nel parco, e poi la farfalla su di una persona. Non senza stupore, ci viene detto che la polvere sulle ali della farfalla è in grado di far addormentare il nostro interlocutore.
    Per farla breve, Mystery Detective è afflitto dall’orribile morbo che impestava le avventure grafiche di scarso spessore degli anni novanta: la totale mancanza di logicità (anche solo apparente) di trama ed enigmi, che costringe il giocatore a dialogare forzatamente con tutti i personaggi, raccogliere ogni oggetto e provare ogni combinazione, ma solo per pura frustazione. Il risultato è un titolo incapace di trasmettere la benchè minima soddisfazione o di coinvolgere il giocatore. A questo si aggiunga che le tematiche dei quattro casi da risolvere sono volutamente leggere ed indirizzate ad un pubblico di giovanissimi ed avremmo un gioco del tutto privo di mordente.
    L’Italia si dimostra per l’ennesima volta il terzo mondo del videogioco e riceve la versione tradotta del titolo con più di un anno di ritardo rispetto ai mercati statunitense ed asiatico e con ben sette mesi di distacco dai vicini stati membri dell’unione europea. Tanta attesa è giustificata solo in parte da un’opera di traduzione che è tutto tranne che monumentale (il gioco non utilizza alcun tipo di voice over e tutti i dialoghi sono in forma testuale) ma che quantomeno risulta precisa e ben adattata.

    Mistery Detective Mistery DetectiveVersione Analizzata Nintendo DSUn’occasione sprecata per riproporre uno dei generi più amati su una macchina che sembra realizzata quasi appositamente per dargli nuova dimora. La trama sconclusionata e la totale mancanza di logica in un titolo che dovrebbe fare del raziocinio e dell’intuizione il proprio cavallo di battaglia, affossa ulteriolmente un gioco che pure sarebbe dotato di un comparto tecnico, e di una direzione artistica, di prim’ordine. Purtroppo a tanta cura nella caratterizzazione non corrisponde una narrazione (e un’ideazione dei puzzle) altrettanto ispirata. Poco importa che il gioco sia rivolto ai più piccoli: anche loro non mancheranno di essere disorientati davanti ad un titolo bello da vedere ma insapore da giocare.

    5

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