NBA Live 2005: recensione della versione Xbox

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NBA Live 2005: recensione della versione Xbox
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  • Xbox
  • NGC
  • La saga continua

    EA Sports è ormai da tempo uno dei marchi di
    riferimento per quanto riguarda i titoli sportivi e ogni consolida sempre di più
    la sua posizione di leader (o quasi) sfornando la sua impressionante, per cura e
    vastità, line-up di titoli che, giunti al 2005, abbracciano quasi tutto il
    panorama sportivo di rilievo. Forse non avremo EA bocce, ma nessuno ci dice che
    tra qualche anno non potremo metterci nei panni dei più grandi bocciofili del
    mondo. Era l'anno 1994 quando NBA Live, relativo sempre all'anno successivo,
    il '95, fece la sua prima comparsa su PC; il 2001 quando NBA Live 2002 approdò
    anche sulla console di casa Microsoft, e da allora molte cose sono cambiate.

    ESPN, Konami,
    Sega

    Spariamo sigle a casaccio? I più attenti non l'avranno pensato nemmeno per
    un attimo, considerando che questi tre marchi, in un modo o nell'altro, hanno
    tutti a che fare con il successo del colosso canadese, soprattutto quando si
    parla di Basket.
    In principio era EA, poi venne Konami, infine Sega iniziò ad imporsi come top
    della categoria. Qualcosa è cambiata da quando la televisione statunitense che
    vanta i diritti dell'NBA, la ESPN appunto, si è legata a doppio filo alla Sega
    dopo una breve relazione con il colosso giapponese che continua a sfornare una
    simulazione calcistica senza rivali, ma non è riuscita nell'intento di
    affermarsi nel basket. L'altra faccia del Sol Levante, la Sega, sembrava
    irraggiungibile per l'immortale colosso Electronic Arts, ma il vento infine
    sembra essere cambiato, proprio quando la saga NBA2K è stata abbinata
    ufficialmente al network a stelle e strisce.

    NBA Live!?

    Sembra fatto apposta, ma in realtà non lo è, o meglio: poteva esserlo. NBA
    Live non è Live! nella maniera in cui i videogiocatori vorrebbero che lo fosse.
    Sfatiamo subito questo mito: non può essere giocato online. Sembra antipatico
    dover iniziare a parlare di un gioco evidenziandone in prima battuta un grave
    difetto, ma è meglio che vi avviciniate a questa recensione conoscendo subito la
    natura del titolo.
    Ci sembra piuttosto inspiegabile tale scelta, considerando il fatto che è stata
    fatta appositamente per il mercato europeo. Da schiaffi? Probabilmente sì, anche
    se c'è da pensare che le indagini di mercato non mentano e che la strategia di
    iniziare a testare il sistema di gioco in multiplayer online solo negli Usa sia
    forse in fin dei conti un paracadute necessario. Ma siamo così disamorati della
    pallacanestro, noi europei? Alle ultime olimpiadi pare che il Dream Team
    americano, sia pur privo di diverse primedonne, non sia riuscito ad arrivare in
    fondo, e che l'Italia e la Lituania non siano in realtà squadre della east o
    west coast, ma nazioni europee. Inoltre, Ginobili, il miglior cestista della
    manifestazione, è argentino, ed è cresciuto proprio nel campionato italiano,
    prima di andare a dettar legge nell'NBA. L'America non è lontana...

    L'approccio

    Carmelo Anthony, testimonial ufficiale del decimo capitolo della serie, apre
    il menu principale offrendoci subito la possibilità di entrare nel vivo
    dell'azione. Oltre al classico match di esibizione e alla stagione, NBA Live
    ripropone il Dinasty Mode, croce e delizia della sua ultima versione, e in più
    aggiunge un succulento All- Star Weekend, comprendente ovviamente l'All Star
    Game, il Rookie Challenge (match con le matricole) e lo Slam Dunk Contest,
    chicca che aggiunge pepe ad un titolo di per sé molto lineare.
    Soffermandoci in particolare su quest'ultima aggiunta, non possiamo non
    sottolineare come possa rappresentare di per sé un gioco nel gioco, offrendo una
    modalità che esce fuori dai canoni espressi finora in una rigida simulazione,
    quale Live si propone di essere da sempre. Lo Slam Dunk Contest è la massima
    espressione della spettacolarità del basket, con sfide nelle quali, grazie
    all'uso di combinazioni dei tasti del joypad, si potranno eseguire salti
    spettacolari e interminabili (si, c'è anche lo slow-motion stile Matrix) per
    schiacciare a canestro. E' un po' come se Tony Hawk decidesse di sostituire lo
    skat con una palla da basket. Divertente e avulso dal contesto, certo, ma da
    provare.
    Detto ciò, analizziamo quello che è il cuore del gioco, ovvero l'azione sul
    parquet. C'è da dire che una delle pecche che hanno da sempre accompagnato i
    titoli EA, sia essi di calcio o di basket, è quella di non gestire in maniera
    realistico lo svolgimento delle azioni, risultando a volte eccessivamente
    frenetiche o frustranti per il giocatore. Il giusto equilibrio tra attacco e
    difesa, soprattutto in un gioco come la pallacanestro, è fondamentale; nella
    scorsa versione del titolo spesso capitava di assistere a raddoppi da parte
    della cpu che stroncavano le azioni offensive o, viceversa, ad una frequenza
    elevata di manovre spettacolari (slam dunk o tiri da 3) a parti invertite, con
    conseguente perdita di realismo e aumento della frustrazione del giocatore
    umano. Perno della giocabilità, dal quale non si può prescindere, l'azione sul
    campo è finalmente migliorata con il nuovo anno, nel decimo anniversario della
    serie. L'azione ha trovato finalmente il giusto equilibrio, e questa è senza
    dubbio una delle migliorie più importanti, a fronte di piccole aggiunte
    prettamente tecniche, riguardanti per lo più l'azione freestyle (dribbling o
    nuove opzioni in fase di "volo") e il comportamento delle controparti virtuali
    di stelle planetarie. Senza giri di parole, giocare a NBA Live è diventato
    finalmente avvincente, aumentando di molto il divertimento e la giocabilità.
    Ogni cestista mette le proprie caratteristiche in campo offrendo al giocatore
    l'opportunità di gestire le azioni in base al quintetto schierato, optando
    quindi per azioni individuali solo se in possesso di palla c'è gente come
    Iverson o Bryant, tanto per fare un esempio. In più, non sarà possibile
    assistere ad azioni senza logica o eccessivamente "arcade"; per intenderci,
    arrivare al tiro non è impossibile, ma nemmeno il frutto di pressioni a casaccio
    dei tasti o frutto di azioni personali della serie "uno su mille ce la fa".
    L'unica pecca è forse rappresentata dal modo in cui un'azione offensiva di
    contropiede viene il più delle volte bloccata dalla cpu: capiterà infatti di
    avere la strada libera verso il canestro ma di andare a cozzare contro un
    avversario a causa del suo prodigioso recupero. Tale situazione il più delle
    volte costringerà il vostro giocatore a bloccarsi e a fermare l'azione,
    favorendo il rientro di tutta la difesa e l'interruzione di un'azione
    frenetica che, viceversa, avrebbe potuto concretizzarsi anche in un passaggio
    rapido o in un dribbling che, purtroppo, da fermo diventa invece impossibile
    effettuare. Lavorate gente, lavorate.

    Eppur si muove

    Il motore del gioco è sicuramente rappresentato dal Dinasty Mode, la
    modalità che unisce l'azione con la gestione, invitando a venire fuori il
    manager che è in voi. A differenza della scorsa edizione, quest'anno è più
    lineare e realistica, grazie anche all'introduzione di un simpatico PDA che
    rappresenterà il quartier generale della vostra vita da manager, racchiudendo
    tutte le funzioni di gestione che vi competono. In più, la scelta di eliminare
    le scene animate d'intermezzo si rivela piuttosto efficiente, evitando al
    giocatore inutili ripetizioni. Ancora: il sistema di compravendita è stato
    ritoccato ed ha finalmente raggiunto livelli di realismo degni di nota. Non sarà
    più possibile acquistare un free-agent semplicemente offrendogli un contratto,
    ad esempio, ma dovremo andare incontro alle sue richieste il più possibile se
    non vogliamo che un'altra squadra ce lo soffi da sotto al naso; le trattative
    con gli altri team non saranno più immediate e vantaggiose, ma tra offerta e
    risposta passerà qualche giorno e i giocatori sceglieranno di cambiare maglia
    solo di fronte a situazioni contrattuali o ambientali più convenienti. Inoltre,
    anche gli stessi team saranno restii ad accettare offerte di scambio a cuor
    leggero se il giocatore di cui privarsi è un pezzo pregiato del proprio roster.
    A fare da contorno a tutto ciò ci sono ovviamente i match ed un calendario che
    segnerà i vostri appuntamenti. Col passare del tempo di guadagneranno dei
    dinasty point da investire in svariati modi, partendo dall'allenamento
    individuale di un giocatore all'ingaggio di scout da mandare in Europa o nei
    college a scoprire i nuovi rookie, passando anche per la possibilità di
    acquisire nuove scarpe o cose del genere. Interessante è il modo in cui i vostri
    giocatori evolveranno nel corso della stagione a seconda delle prestazioni sul
    campo, lasciando dunque aperta la porta all'opzione di allevare giovani talenti
    da far crescere fino a farli diventare delle superstar.
    A proposito di star, va segnalata l'assenza di un comportamento che rispecchia
    la natura caratteriale delle primedonne del basket NBA nell'arco della
    stagione. Per intenderci, se metterete Shaq in panca, non accadrà che il
    ragazzone di Miami venga a chiedere di andar via indispettito. Mancanza non
    grave tutto sommato, ma che toglie un pizzico di realismo che in una simulazione
    che si rispetti è il pane.

    La tecnica

    Graficamente il titolo non compie significativi passi in avanti, a maggior
    ragione considerando la sua natura multipiattaforma, che lede di certo il
    singolo valore di titolo da Xbox. I modelli sembrano ancora un po' sgraziati, e
    le collisioni necessitano ogni tanto di qualche aggiustatina. Il titolo Sega è
    probabilmente ancora un gradino sopra. A fronte di un motore grafico piuttosto
    lineare e senza qualità distintive, va però segnalata la maggior cura nei volti
    e nelle espressioni dei giocatori, nonché la riproduzione fedele dei movimenti e
    del look (tatuaggi e quant'altro), grazie anche alla licenza delle più note
    case di scarpe da basket.
    Il commento, in inglese, rimane piuttosto monotono e ripetitivo, a differenza di
    quello espresso nell'All Star Weekend, davvero realistico e coinvolgente,
    sebbene l'assenza di qualche voce nostrana continua a farsi sentire. In
    generale, comunque, le musiche sono orecchiabili e adeguate ad un titolo che,
    per natura, non può che essere palcoscenico ideale per performance rap o
    hip-hop.

    Il
    commento

    NBA Live è quello che non ti aspetti o che per certi versi non penseresti di
    aspettarti. Ancorati ancora saldamente al dio Pallone, non riusciamo forse a
    godere pienamente di una realtà così lontana dalla nostra e, di conseguenza, a
    catturarne ogni sfumatura. Pochi adepti sapranno davvero apprezzare le migliorie
    introdotte dall'annuale rassegna cestistica firmata EA; gli altri, tuttavia,
    potranno avvicinarsi finalmente ad un gioco avvincente e giocabile, dilettandosi
    magari in quella che è l'aggiunta più corposa, lo Slam Dunk Contest. E'
    profondo come non mai questo 2005, diventando paradossalmente più realistico ma
    più eterogeneo, risultando un titolo per tutti, non solo per i discepoli
    dell'associazione a stelle strisce. L'assenza del Live costituisce una grave
    lacuna, però, in un titolo che finalmente può affermarsi come il top della
    categoria dal punto di vista della giocabilità. Ne riparliamo fra 12 mesi.

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