Recensione Octodad: Dadliest Catch per PS4

Arriva anche su Ps4 la surreale avventura cefalopode di Young Horses

Recensione Octodad: Dadliest Catch per PS4
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  • Pc
  • PS4
  • Fin da quando è stata presentata, PlayStation 4 ha voluto ribadire la sua estrema vicinanza alla scena indipendente. Uno dei titoli indie che ha accompagnato l'esordio nella console Next-Gen di casa Sony, è stato Octodad: Dadliest Catch. L'insolita produzione del team Young Horses ha sempre incuriosito i giocatori più attenti allo sperimentalismo, che certe produzioni “Tripla-A” non possono quasi più permettersi. Dopo l'uscita su PC, tuttavia, gli entusiasmi si sono leggermente sedati: nonostante le ottime premesse concettuali, il seguito del misconosciuto “Octodad!” rilasciato su PC nel 2010 presentava evidenti problemi di concept, risultando a tratti troppo frustante.
    Al momento della release su Ps4 le cose non sono cambiate: la produzione resta curiosa e intrigante, ma funestata da scelte di design non sempre condivisibili.

    Tentacolare

    Octodad racconta le avventure di un polpo antropomorfo perfettamente integrato nella sua comunità: che, apparentemente, non sembra dare troppo peso al fatto che il nostro protagonista abbia dei tentacoli al posto degli arti o comunichi tramite strani gorgheggi. Il nostro giallastro alter-ego, infatti, è talmente inserito nel tessuto sociale della sua ridente cittadina da riuscire a trovare un'adorabile moglie umana con la quale concepire due altrettanto splendidi bambini, misteriosamente umani anch'essi. Nonostante i leciti dubbi che potrebbero nascere nel giocatore circa la fedeltà coniugale della compagna di Octodad, è proprio durante il giorno delle loro nozze che il gioco si apre, sfruttando l'occasione per metterci alle prese con il più classico dei tutorial. Come anticipato, una delle caratteristiche distintive di Octodad è il suo particolare sistema di controllo e, per questo motivo, questa breve fase di rodaggio si rende tanto gradita quanto indispensabile per abituarci ai comandi.
    Innanzitutto, esistono due fasi principali nel guidare Octodad: una legata agli spostamenti, in cui si muovono le gambe tremule e mollicce del polpo, e l'altra in cui possiamo invece acchiappare e spostare oggetti usando le “braccia” del protagonista. Il sistema di controllo, adagiato sui pulsanti del DualShock 4, chiede di usare i trigger dorsali in combinazione con gli stick per lanciare in avanti le gambe, e si affida alle stesse levette analogiche (ma stavolta senza la pressione dei grilletti) per spostare nello spazio l'appiccicoso tentacolo destro con cui si possono afferrare gli oggetti.
    Durante i primi istanti di gioco, nonostante il tutto appaia leggermente macchinoso, ogni cosa sembra funzionare discretamente bene: la forte (anche se un po' fallace) influenza della fisica sui movimenti schizofrenici del protagonista inizialmente può spiazzare, ma rende anche le prime deambulazioni per la chiesa nella quale si svolgerà la cerimonia alquanto esilaranti, con un Octodad in grado di spostare, urtare o distruggere goffamente, ed involontariamente, più o meno qualsiasi cosa si pari di fronte al suo cammino.

    Parte del divertimento scaturito da questa e dalle fasi immediatamente successive di Octodad proviene infatti dalla indiscutibile stranezza della situazione vissuta dal protagonista, così come dalle richieste di livelli che sembrano inizialmente adattarsi in modo elegante ad un sistema di controllo unico, e che fa della sua 'imprecisione' uno dei suoi punti di forza. Rimane quindi un mistero il motivo per cui il team di sviluppo abbia voluto inserire, nei livelli più avanzati, sezioni nelle quali tempismo, precisione e discrezione siano fondamentali per proseguire, ma davvero impossibili da ottenere. E' proprio durante queste fasi che la pazienza e la calma del giocatore verranno messe a dura prova, lungo interminabili e frustranti minuti di tentativi su tentativi falliti.
    Neanche rallentare i ritmi per aumentare l'accuratezza dei propri movimenti produrrà purtroppo l'effetto desiderato, proprio a causa di quella sempre meno esilarante imprecisione che caratterizza il movimento degli arti del protagonista, unici elementi del gioco che sembrano soffrire di una gestione della fisica discutibile. Durante lo svolgimento delle sue mansioni, inoltre, Octodad dovrà tenere necessariamente conto della presenza di esseri umani particolarmente interessati al suo operato: quando il loro sguardo sarà puntato su di noi, infatti, ogni movimento particolarmente convulso che vada ad urtare uno di essi o a distruggere qualche componente dello scenario riempirà una barra di 'sospetto' che, una volta piena, rivelerà loro la 'scioccante' verità circa la natura cefalopode di Octodad (altrimenti perfettamente mimetizzato dentro la sua giacca e la sua cravatta d'ordinanza) con relativo Game Over immediato.
    La mancanza di una maggiore attenzione, da parte del team di sviluppo, nella creazione di un level design più 'a misura di protagonista' è un vero peccato, non solo per le potenzialità, rimaste per la maggior parte inespresse, di Octodad, ma anche per la storia raccontata dalle sue avventure: pur non raggiungendo i picchi di qualità della narrazione di produzioni più importanti, infatti, la vicenda di Octodad riesce a muovere qualcosa nel giocatore, toccando temi anche delicati come la paternità, l'integrazione e l'urgenza di essere accettati in un determinato gruppo sociale, che tanta importanza riveste nella società attuale. Il tutto, senza dimenticare la vena comica che incornicia il gioco sin dalla sua premessa; questa caratteristica è ben trasmessa da un comparto visivo che, nella sua semplicità, non manca mai di donare al tutto quell'atmosfera classica da 'sit-com' americana. Si perdonano, quindi, anche una mole poligonale non eccelsa ed il riciclaggio di più di un modello poligonale se poi, nella chiesa del nostro matrimonio, troviamo richiami al culto di un essere (probabilmente divino per i cefalopodi) come Cthulhu e nel supermercato di quartiere è esposto in bella mostra il cioccolato 'Mintcraft' (con tanto di slogan “costruisci un mondo di sapore”).

    Anche l'accompagnamento sonoro compie in modo più che discreto il suo dovere, grazie ad effetti sonori ben realizzati, musiche di sottofondo piacevoli (da segnalare, in questo senso, i brani d'apertura e in coda al gioco appositamente composti dal musicista sperimentale Ian McKinney) e dialoghi che non mancheranno di strapparvi un sorriso. Scarsina, invece, la longevità complessiva del titolo, la cui modalità principale potrà essere completata in poco più di un paio d'ore; nemmeno l'aggiunta di elementi collezionabili (come le trenta cravatte del protagonista sparse per i livelli) riesce purtroppo a prolungare sensibilmente la permanenza del giocatore nell'universo creato da Young Horses. Potrebbe farlo la modalità Co-Op (in locale), in cui due giocatori “condividono” il controllo di Octodad, gestendo rispettivamente i movimenti di due diversi arti: più che un vero e proprio game-mode, si tratta di un generatore di situazioni assurde e surreali, abbastanza spassosa per una buona mezz'ora, ma utile anche per far conoscere Octodad e la sua storia stranamente penetrante a chi magari non si avvicinerebbe mai da solo alla produzione.
    Su PlayStation 4 c'è anche la possibilità di usare uno o due Move per controllare gli appiccicosi tentacoli del protagonista, un po' come se stessimo muovendo una marionetta. Sono espedienti che non possono ovviamente cambiare la sostanza della produzione, ma almeno bisogna riconoscere che il team si è impegnato al massimo per confezionare un'ottima edizione. Troviamo quindi piccole aggiunte sul fronte dei collectible e qualche revisione all'ultima parte dell'avventura, nonché un filtro anti-aliasing che per fortuna rende la scena molto più pulita rispetto alla release originale su PC: tutti accorgimenti intelligenti, che smussano un po' le spigolosità di un titolo criptico, stranamente intrigante nonostante le evidenti falle all'impianto di gioco.

    Octodad: Dadliest Catch Octodad: Dadliest CatchVersione Analizzata PlayStation 4Quando Octodad si avvicina ai terribili biologi marini che supervisionano le sale dell'acquario, il luogo tremendo che cambierà per sempre la vita del nostro polpo, questi bofonchiano insospettiti: “there's something fishy”. Insomma: c'è qualcosa che puzza. Ecco, è esattamente la stessa frase con cui si potrebbe raccontare il gameplay di Dadliest Catch. Il titolo parte da premesse intriganti, e costruisce un sistema di controllo goffo, impacciato e improbabile, attraverso cui vuole mettere il giocatore in una situazione scomoda e surreale: la stessa in cui si trova il protagonista. Eppure, se all'inizio la soluzione sembra brillante e indovinata, lo svolgimento dell'avventura risulta un po' troppo tedioso, soprattutto in quei momenti in cui siamo costretti a superare prove noiose e poco ispirate, che richiedono una coordinazione ed un tempismo francamente impossibili da ottenere, coi movimenti “tentacolari” del protagonista. E' un peccato, perchè la storia di Octodad è affascinante e, a suo modo, profonda. E' proprio grazie a questo racconto allegorico e -per fortuna- spiritosissimo, che si trova la forza di arrivare in fondo. Andare oltre, tornare magari a recuperare vestiti e accessori nascosti o giocare in co-op l'intera avventura, è invece altamente improbabile. Come un polpo in smoking.

    6

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