Outlast 2 Recensione: una nuova avventura horror in prima persona

Dopo una lunga attesa, Outlast 2 di Red Barrels Games è finalmente pronto per spaventare anche i giocatori più coraggiosi.

Outlast 2
Recensione: PC
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • A volte può capitare che, nel pieno di una discussione videoludica, qualche amico in cerca di emozioni forti finisca per chiederti "...ma alla fine qual è il gioco che ti ha terrorizzato in assoluto più di tutti?". A chi vi scrive, di solito per elaborare la domanda e rispondere "Outlast" basta circa un quarto di secondo. In quello che sembra un lontano 2013, Red Barrels ha infatti creato una vera e propria frattura nel genere horror, realizzando un titolo con cui tutta la produzione successiva, volente o nolente, ha dovuto fare i conti.
    È per questo che l'arrivo di un sequel poteva rappresentare un rischio enorme con delle premesse così eccezionali: la possibilità di combinare un disastro presentando un semplice reskin era papabile, anche perché poteva sembrare davvero complesso riuscire a fare di meglio rispetto al capitolo originale. Ma si sa, gli horror basano la loro forza sull'effetto sorpresa e, in maniera molto simile, Outlast II è stato in grado di rapirci completamente, riuscendo nella titanica impresa di superare ogni nostra più rosea aspettativa.

    O be careful little feet where you go

    Quel che è papabile fin dai primi minuti di gioco è che la narrazione in Outlast II ha raggiunto una piena maturazione, acquisendo una predominanza che continua incessantemente durante tutta la campagna principale e senza mai annoiare. Un grave incidente in elicottero da cui ci salviamo in circostanze miracolose è solo l'inizio della tragedia, poiché basta avvicinarsi alla carcassa del nostro velivolo per renderci conto che il pilota è stato crocifisso e bruciato vivo, mentre la nostra compagna è scomparsa misteriosamente. L'intero plot ruota attorno a questa ricerca spasmodica, fatta di un passo in avanti e di altri tre indietro, di una tensione continua e, soprattutto, di un orrore che non ci abbandona mai.
    Dimentichiamoci gli esagerati jumpscare del primo capitolo, poiché Red Barrels ha fatto tesoro dell'esperienza passata, creando un'atmosfera che infastidisce e inquieta nel profondo. I momenti angoscianti sono davvero tanti e non necessitano di improvvisi sbalzi di volume, poiché quel che spaventa di più è quello che possiamo intuire a livello strutturale e profondo, ovvero l'organizzazione della setta satanica con cui -nostro malgrado- abbiamo a che fare, ma che non riusciamo a comprendere totalmente. È grazie ai documenti, all'ascolto e all'interpretazione di ciò che ci circonda che possiamo tentare di dare un senso all'operato di questi uomini e donne, spesso scontrandoci con il disgusto di cadaveri smembrati e agghindati come feticci religiosi che rimangono lì, nella loro immutabile "perfezione" a ricordarci quale destino ci attenderà nel caso in cui non dovessimo prestare sufficiente attenzione. È bene specificare infatti che Outlast II non è un gioco adatto a tutti, non solo per la violenza o per lo spavento che è in grado di inscenare, ma soprattutto in virtù dei temi trattati e della maturità consigliata per poterne cogliere le varie sfaccettature senza fermarsi a un livello più superficiale.

    Al satanismo di cui si parlava poco sopra vanno aggiunte la religione, il fanatismo e la pedofilia, nonché altri temi di cui non è possibile parlare senza fare spoiler su una trama che risulta davvero avvincente, nonché centrale nell'economia della produzione. La crudezza di certi (molti) momenti è talmente vivida da poter risultare al limite per chi è poco avvezzo ad avventure di questo certo tipo, gettando ancora una volta (proprio come ha fatto il capostipite) le basi per una nuova sfumatura dell'horror contemporaneo. Certo, anche coloro alla ricerca di un terrore più immediato troveranno ciò che vogliono, poiché il clima visivo e ragionato che si respira nelle prime fasi dell'avventura inizia piano piano sempre più ad associarsi a spaventi "vecchio stampo", specialmente durante i flashback che intervallano egregiamente l'azione principale. L'aspetto più sorprendente di Outlast II è che persino tali sezioni, che in molti casi potrebbero fungere da semplice riempitivo, acquistano un senso magnifico e spiazzante allo stesso tempo, gettando i semi di una follia che investe progressivamente tanto il protagonista, quanto il giocatore stesso. Man mano che si avanza nel titolo diventa sempre più arduo distinguere cosa sia reale e cosa non lo sia più, in una fusione tra delirio e percezione effettiva che non esiterà a sorprendervi in più di un'occasione.
    L'unico scotto da pagare per una storia così ben strutturata è una prevedibile linearità, in quanto Outlast II non offre alcuna strada alternativa all'utente, che deve giocoforza seguire i binari dettati da Red Barrels e lasciarsi trasportare dal ritmo degli eventi. Va sottolineato che l'ampia varietà di location mitiga più che efficacemente tale vincolo narrativo, ma i giocatori più esigenti o desiderosi di riprovare l'avventura con scelte differenti potrebbero comunque storcere il naso a riguardo, specialmente a causa di alcuni vincoli che simili limitazioni impongono alla giocabilità.

    O be careful little hands what you do

    Se la narrazione ha infatti subito un restyling abbastanza importante, non altrettanto si può dire del gameplay, che ritorna in maniera abbastanza simile a quanto già saggiato nell'iterazione precedente della serie. Ancora una volta siamo dei giornalisti armati di telecamera e ancora una volta è tutto buio, troppo buio per poter progredire senza l'aiuto della visione notturna. La ricerca e il consumo di batterie aggiuntive diventa uno dei principali fattori d'ansia, specialmente perché la voracità di risorse spinge il giocatore a una caccia che spesso finisce per complicare l'avanzamento e ad allungare sequenze già rischiose di loro. Il nostro apparecchio ha però una marcia in più questa volta, essendo dotato di un microfono a distanza in grado di indicarci da dove provengano i rumori che sentiamo, oltrepassando barriere come porte o muri e garantendoci un vantaggio tattico sulle decisioni e sulle tempistiche da seguire. Anche tale funzione richiede un consumo aggiuntivo in termini di batteria, ma in alcuni momenti diventa davvero imprescindibile capire quando sia il momento di uscire da un nascondiglio o di rimanere in attesa per qualche altro istante.

    Queste sezioni "aperte", in cui bisogna compiere determinate azioni rimanendo in una specifica area mentre uno o più nemici fanno la ronda, sono molto meno frequenti rispetto al primo Outlast e quasi sempre in corrispondenza di uno dei boss presenti nella produzione. Si tratta in questi casi di creature dal character design davvero interessante, ognuna con uno suo stile di combattimento e la propria personalità: caratteristiche che purtroppo impareremo a conoscere bene incontro dopo incontro. Sono questi i momenti che ricordano maggiormente le atmosfere del manicomio originale, obbligandoci a prestare attenzione all'ambiente circostante e all'utilizzo di finestre temporali che ci permettono di fuggire inosservati. Una corsa, questa, incessante e al cardiopalma, la quale, però, nel resto delle sezioni si traduce in una linearità di gameplay che lascia ben poco spazio all'inventiva o alle soluzioni improvvisate.
    Sono purtroppo diffusi i momenti in cui Outlast II prende una piega trial & error e, a meno di non riuscire a cogliere immediatamente lo spiraglio di salvezza che il team di sviluppo ha pensato per noi, il gioco ci condurrà verso una rapida morte e a un veloce caricamento. È oggettivamente percepibile in questi casi lo script che i nemici seguono, fatto di pause e spostamenti studiati per permetterci in un dato momento di sopravvivere o meno. Tale fenomeno si avverte ancor di più in un level design che raramente costringe a tornare sui propri passi e che risolve molte transizioni con delle frenetiche corse dal punto A al punto B.
    Il risvolto positivo di questa scelta è l'estrema varietà, ma soprattutto la rapidità con cui si passa da un ambiente all'altro, lasciandosi definitivamente alle spalle i claustrofobici reparti del capitolo precedente, che alla lunga potevano risultare monotoni e stantii. Qui non c'è tempo per annoiarsi e -anzi- è Red Barrels stessa che invoglia alla scoperta e all'esplorazione grazie alla nuova funzione di registrazione della telecamera.
    In presenza infatti di contesti particolari, momenti agghiaccianti o materiale "succoso" da un punto di vista giornalistico, si attiverà una modalità di registrazione con cui potremo riprendere in autonomia questi elementi, gestendone completamente la regia, ma soprattutto rivederli in qualsiasi momento direttamente dal dispositivo stesso. Questa funzione, in apparenza marginale e destinata solo ai cercatori di collezionabili, in realtà è estremamente interessante, poiché costringe a prendersi una pausa dall'azione per scontrarsi faccia a faccia con l'orrore di certi dettagli, facendoci riscoprire il gusto per un macabro voyeurismo destinato a memorizzare anche i più piccoli e disturbanti particolari.

    O be careful little eyes what you see

    Va sottolineato che il bello di quest'attività di documentazione trae la propria forza in larga parte dalla veste grafica di cui Outlast II si fa vanto, con un livello di dettaglio e una resa complessiva impressionante. Sul fronte artistico l'intera campagna è davvero ispirata, con un immaginario coerente, ma sempre spiazzante man mano che si avanza nel gioco.
    Sarebbe davvero un peccato anticipare ciò che vi aspetta nell'oscurità delle 8 ore necessarie a portare a termine l'avventura, ma vi basti sapere che almeno in 4-5 occasioni vi è un cambio repentino di ambiente, senza considerare l'intero apparato dei flashback. Si tratta di una mole densissima di contenuti, che subentrano al momento opportuno, proprio quando il ritmo si fa meno teso e si inizia a pensare di essere ormai al sicuro. Completano l'opera i continui riferimenti satanici delle vittime che ci hanno preceduti, con la presenza costante di cadaveri adibiti ad arredamento di caverne e case, posizionati molto spesso in bella mostra proprio per permetterci di riprenderli adeguatamente con la nostra telecamera.

    Il piccolo miracolo di Red Barrels è il frutto combinato di texture in altissima definizione e un sistema d'illuminazione che avvolge e ammorbidisce l'intero gioco con scenari spesso quasi fotorealistici. È un vero peccato in tale prospettiva che, per ovvi motivi, sia un obbligo in alcuni casi l'utilizzo della modalità notturna, in quanto in più di un'occasione ci siamo fermati ad ammirare alcuni scorci tanto suggestivi, quanto terrificanti, addirittura a costo della nostra vita. Anche i personaggi sono di buon livello, con una pulizia e un'animazione notevole che emergono durante le cutscene, ma che diventano più difficili da cogliere nel pieno dell'azione, se escludiamo i vari boss e la loro presenza imponente.
    Una simile qualità tecnica è in realtà possibile a causa di un'interazione con l'ambiente quasi nulla e limitata a pochissimi oggetti in tutta l'avventura (come porte, finestre e banchetti): pertanto gran parte degli sforzi del motore grafico vanno nella gestione di elementi che rimangono fermi e in posa al solo scopo di deliziare i nostri occhi. In questo modo il titolo prevede dei requisiti davvero bassi in relazione alla resa finale e praticamente alla portata di tutti. Sulla nostra configurazione di prova (i7 3770k, 16 GB RAM e GTX 1080GTX 1080) in 1080p abbiamo mantenuto 60fps fissi al massimo del dettaglio con un carico sulla gpu pari a circa il 25%, quindi è legittimo immaginare che anche sistemi parecchio datati siano in grado di far girare Outlast II senza alcun problema.
    Ricordiamo che l'ottimo doppiaggio in inglese è l'unico disponibile e che la versione italiana è comunque fornita di sottotitoli ben tradotti che permettono di comprendere il senso del gioco, anche se durante i momenti più animati e meno guidati non sempre è facile mantenere la concentrazione sul testo e sulle proprie azioni. Buona anche la colonna sonora, essenzialmente un accompagnamento per le sequenze d'inseguimento che sottolinea, come nel predecessore, quando giunge il momento di correre a perdifiato.

    Outlast 2 Outlast 2Versione Analizzata PCOutlast II riesce nella difficilissima impresa di superare sotto quasi tutti i punti di vista il proprio predecessore, alzando nuovamente l’asticella per quanto riguarda gli standard dei survival horror. Si tratta di un gioco estremamente maturo, sia per consapevolezza delle proprie possibilità, sia per i temi trattati, che lo rendono adatto solo a un pubblico non particolarmente sensibile o impressionabile e che sappia apprezzare, di tanto in tanto, qualche genuino salto sulla sedia. Al netto di una realizzazione tecnica eccellente (e leggerissima) e di una trama lineare, ma ben raccontata e avvincente, Outlast II trova il suo unico punto debole in un gameplay semplice, un po’ scriptato e spesso riducibile a una corsa disperata verso un’incerta salvezza, laddove avremmo di certo preferito godere di una maggiore libertà d’azione. Però del resto si sa: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.

    8.8

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