Recensione Phantasy Star Universe per PS2

A caccia di Seed, in giro per l'universo

Recensione Phantasy Star Universe per PS2
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • Xbox 360
  • Pc
  • Un nuovo inizio

    Anno di grazia 2001: SEGA decise di stravolgere il concept alla base di una delle sue saghe più famose, Phantasy Star, trasformando un classico gioco di ruolo bidimensionale in un’action-adventure online. L’innovativa struttura caratterizzata da un’ ambiente tridimensionale liberamente esplorabile, il sistema di combattimento in tempo reale semplice e versatile, ma soprattutto l’inedita modalità online furono gli ingredienti alla base di uno dei più grandi successi dell’intera storia dei videogiochi.
    Capace di generare migliaia di fan in tutto il mondo, il precursore dei giochi online su console viene ancora considerato un paradigma nel suo genere, il cui successo non accenna a diminuire nonostante gli anni trascorsi.
    Dopo vari aggiornamenti e diverse conversioni, che hanno raccolto altri proseliti in seno alla comunità videoludica, SEGA si è finalmente decisa a rilasciare il seguito ufficiale del succitato titolo. Phantasy Star Universe nasce con l’arduo compito di rinverdire i fasti di un tempo, ponendosi il duplice obiettivo di soddisfare le esigenze e le richieste dei suoi affezionati fan, senza scontentare le nuove utenze fiorite in questi anni.
    Similmente a Phantasy Star Online, il gioco altro non è che un classico action-rpg in stile dungeon crawler caratterizzato dalla visuale in terza persona. Tutti coloro che si aspettavano innovazioni sostanziali, capaci di ridefinire il genere di appartenenza, sono destinati a rimanere delusi. Phantasy Star Universe non apporta significative migliorie alle meccaniche di gioco del prequel, portandosi dietro tutti i suoi difetti ed i suoi limiti.
    Purtroppo SEGA sembra non aver tenuto conto dell’evoluzione subita dal genere, e di quanto si sia andata affinando l’offerta ludica in questo ambito nel corso degli anni. Phantasy Star Universe nasce come un prodotto già vecchio e del tutto anacronistico, gravato dal peso eccessivo di carenze strutturali che ne inficiano il valore globale. Ma procediamo con ordine.

    Story Mode e Network Mode

    Apparentemente il Sonic Team ha dato voce alle numerose richieste di una modalità storia, che rendesse meno monotona l’esperienza offline. Allo scopo è stato creato per l’occasione un inedito story mode, in grado di fornire un’avventura completa e soddisfacente slegata dal contesto online.

    L’illusione di aver a che fare con un prodotto in grado di rivaleggiare con gli rpg più moderni è destinata a svanire presto. Lo story mode infatti si rivela deficitario sotto ogni aspetto, da un punto di vista strettamente narrativo. La trama che vede affrontare, nei panni del diciassettenne Ethan Weber, la minaccia aliena rappresentata dai Seed si rivela presto banale e scontata. Sceneggiata in maniera lineare, si limita a fornire degli inutili pretesti alle nostre peripezie.

    Il gioco, suddiviso in dodici capitoli, si limita a fornirci qualche insulso filmato in CG e dei dialoghi striminziti prima di ogni missione. Niente di più. Scordatevi quei personaggi carismatici, dal vissuto
    profondo ed appassionante. Dimenticativi i colpi di scena, in grado di segnare una storia avvincente.
    Quello che avrete sarà solo un titolo privo di pathos e atmosfera, in cui non si rinviene la minima traccia di quella drammaticità tipica degli rpg moderni.


    E questo non è un caso visto che SEGA non è intervenuta sulle meccaniche di gioco, ma si è limitata ad adattare - in malo modo a parer di chi vi scrive - il network mode ad un’esperienza offline. Il risultato, come andremo ad illustrare tra poco, è un gioco che in singolo ha davvero poco da offrire per poter giustificare l'intero lustro di gestazione.

    Benvenuti su Gurhal

    Dopo aver selezionato la modalità storia, e fatto conoscenza del giovane protagonista, un cliché da capo a piedi, verremo coinvolti in un tutorial travestito da capitolo iniziale. Qui prenderemo confidenza con i primi rudimenti del gioco, avendo la possibilità di apprezzare l’ottimo battle system in tempo reale.
    Il nostro eroe si rivela una vera e propria macchina da guerra. La sua principale forza consiste nel poter gestire un vasto numero di armi, oggetti e tecniche speciali in modo semplice e veloce. Nel menù, richiamabile in tempo reale, è possibile assegnare le varie armi e gli oggetti ad ogni slot (palette); gli oggetti a slot singoli, e le armi a slot doppi. In questo modo Ethan può impugnare un'arma da taglio grande (spadoni a due mani, fucili, etc...) oppure due armi di dimensioni più contenute (pistole, pugnali, sciabole, etc...). Il sistema è decisamente intrigante, permettendoci switchare fra le armi e le dotazioni senza interrompere l’azione di gioco.
    Come se non bastasse è possibile assegnare ad ogni arma una tecnica speciale. Le photon arts -questo il nome delle tecniche speciali - sono colpi particolarmente potenti, dagli effetti devastanti sui nemici. La loro peculiarità è quella di progredire di livello con l’uso.
    Dopo questo primo approccio con il gameplay, entreremo a far parte del corpo paramilitare dei Guardians, una corporazione di guardie del corpo altamente selezionate che si occupa di mantenere l' ordine nel sistema interplanetario e delle situazioni di emergenze. Il centro di comando, situato nella Guardians colony, funge da hub dal quale selezionare le missioni. Alcune di esse vanno completate obbligatoriamente per poter proseguire nella storia, altre sono di tipo opzionale.
    Sbrigando le varie missioni, ambientate nel sistema interplanetario di Gurhal, scopriremo le altre sfumature offerteci dal gameplay; la possibilità di modificare armi ed armature in nostro possesso è una di queste. Raccogliendo appositi artefatti, rinvenibili più frequentemente nelle missioni opzionali, è possibile (previo possesso degli schemi base) modificare le armi, dando vita ad oggetti dall’elevato coefficiente distruttivo.
    Come se questo non bastasse il nostro avatar è spesso accompagnato nelle sue peregrinazioni da altri comprimari. La gestione dei membri del party è completamente indipendente dalla nostra volontà, sia per quello che riguarda il loro modus operandi, sia per la gestione dei loro item.
    Poco male vista l’inusitata efficienza del nostro alter ego, il quale si trova nella felice condizione di non dover ricorrere ad aiuti esterni nella sua opera di epurazione delle forze nemiche.
    Quanto descritto rappresenta la parte più riuscita della struttura di gioco. Tuttavia sono presenti diversi aspetti negativi che concorrono ad abbassare il livello del tutto.

    Parum, Neudaiz e Moatoob

    Questo è il nome dei tre pianeti che compongono il sistema di Gurhal. Uno degli aspetti meno riusciti del gioco riguarda proprio le ambientazioni. Ogni pianeta è caratterizzato dalla propria morfologia, clima e cultura; il che porterebbe a pensare ad una varietà di situazioni e di stili notevole. In realtà tutte le location tendono a somigliarsi in maniera preoccupante. Il riciclo degli scenari di gioco è continuo, di fatto la maggior parte delle missioni extra è rappresentata da un’impercettibile variazione sul tema di quella principale. Senza contare che il level design è davvero troppo rozzo e dozzinale per suscitare interesse. Alla fine ci si ritrova a vagabondare per una serie di dungeon tutti uguali, e tremendamente monotoni.
    Anche l’azione di gioco tende a seguire lo stesso tema. Sterminare le ondate di Seed che ci si parano davanti è l’unica attività che siamo chiamati a compiere. Niente sub-quest a spezzare il ritmo di gioco, l’attività balstatoria è l’unica nostra preoccupazione. Ora, per quanto i combattimenti possano essere resi interessanti dall’alto numero di armi e tecniche presenti, questo non basta ad evitare che la ripetitività e la noia prendano il sopravvento.
    Ad enfatizzare questo aspetto contribuisce l’IA dei Seed, ma anche dei nostri alleati, settata su livelli parodistici. I nemici tendono a comportarsi come bersagli inerti, mentre i vostri compagni riescono a rendersi inutili in svariati modi.
    Un fosco quadro, reso ancora più scuro dalla pessima realizzazione tecnica. Phantasy Star Universe è solo mediocre, difficile non notare l’uso di un motore grafico pensato per una console meno performante. Personaggi poco definiti, animazioni minimali e stage troppo brutti per esseri veri sono quanto viene dato in pasto ad una macchina che ha dimostrato in altre produzioni il suo valore.
    In particolare si nota come le ambientazioni siano realizzate al risparmio, prive di qualsiasi costruzione poligonale degna di nota. Così come le texture dalla risoluzione bassissima non riescono mai a rendere perfettamente l’idea della superficie che rappresentano.
    Giocato in singolo Phantasy Star Universe è un’esperienza essenzialmente deleteria. Il titolo è vittima dell’imperizia di chi ha orchestrato il tutto. Il discorso, al contrario, si fa molto più interessante in multyplayer.

    Battaglie epiche

    Phantasy Star Universe dà il meglio di se, giocato online. Fermo restando che i rilievi fatti sulle ambientazioni e sulla struttura di gioco rimangono intatti, è in compagnia di altri cinque compagni umani che si estrinseca il valore dell’opera del Sonic Team.
    Dopo aver creato da zero il proprio personaggio, scegliendo fra quattro razze (Human, Newman,Cast, e Beast) e tre classi iniziali (altre sette si renderanno disponibili con il prosieguo del gioco), e possibile creare una propria lobby personale con un massimo di cinque elementi.
    Nonostante le ridotte opzioni disponibili, limitate alla modalità cooperativa, gettarsi alla caccia dei Seed insieme ai propri amici è, a distanza di anni, ancora coinvolgente. Un’ esperienza non più nuova ne originale, ma che riesce ancora a regalare qualche ora di sano divertimento.

    Phantasy Star Universe Phantasy Star UniverseVersione Analizzata PlayStation 2Phantasy Star Universe non si è rivelato l'atteso capolavoro. Il gioco fondamentalmente è soltanto un'update del vecchio titolo ucito nel lontano 2001 per Dreamcast. Purtroppo SEGA non ha usato il tempo trascorso nel tentativo di migliorare un'esperienza di gioco già fallace in origine. Tutti i difetti e le magagne presenti nel prequel, tornano in questa nuova versione; con l'aggravante che nel frattempo i progressi del genere sono stati notevoli. In conclusione si può affermare che Phantasy Star Universe è un titolo che si rivolge esclusivamente allo zoccolo duro, costituito dai fan della serie. Tutti gli altri farebbero bene a rivolgersi ad altri prodotti più completi ed attuali.

    6.0

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