Recensione Pillars of Eternity: The White March - Part I

A pochi mesi dalla release del capitolo principale, Obsidian lancia sul mercato la prima parte dell'attesa espansione del suo capolavoro cRPG.

Recensione Pillars of Eternity: The White March - Part I
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  • Con Pillars of Eternity, Obsidian Entertainment ha lanciato un messaggio chiaro e deciso: l'RPG più classico (il cosiddetto cRPG, lo stesso degli illustri colleghi Divinity: Original Sin, Wasteland 2 e Shadowrun) ha ancora le carte in regola per animare un vasto manipolo di giocatori, immedesimandoli in mondi fantastici come nessun altro genere è capace di fare. L'erede spirituale di Baldur's Gate ha creato un vero e proprio ponte generazionale tra i più navigati appassionati anni '90, cresciuti con le molteplici fascinazioni dei titoli realizzati con l'Infinity Engine, e quei giocatori che invece, più giovani e meno avvezzi al genere, hanno scoperto in Pillars of Eternity la buona vecchia maniera di cucire un gameplay spietato, rigoroso e quasi matematico, attorno ad una narrazione che diventa fondamento dell'intera esperienza di gioco. Un modo di raccontare storie, di viverle attraverso il proprio personaggio, che si è un po' perso nelle pieghe del tempo, sobillato dall'incessante rincorsa all'azione pura e cruda, alla conquista di un loot che diventa quasi unico obiettivo di gioco, all'accumulo di punti esperienza che sottraggono energie al braciere della narrazione, annichilendo quel guizzo di originalità e di ampio respiro narrativo capace di donare una spinta creativa in più a qualsiasi produzione ruolistica. Nonostante le conquiste raggiunte con Pillars of Eternity, i ragazzi di Obsidian hanno deciso sorprendentemente di distaccarsi dai ritmi più compassati e compartecipativi del capitolo principale, e con The White March - Part I (prima parte delle due previste per questa espansione) hanno intrapreso un percorso votato all'azione e ai ritmi serrati, lasciando molto meno spazio alle minuzie di una narrazione ispirata.

    Dimensione parallela, con la neve!

    Il primo aspetto controverso di The White March risiede proprio nella sua natura: non si tratta né di un contenuto puramente end-game, e quindi accessibile una volta completata la storia principale, né di un contenuto perfettamente integrato nell'ecosistema sviscerato durante le peregrinazioni per la Foresta di Dyr in Pillars of Eternity. La Biancamarca è accessibile una volta raggiunto il secondo Atto, recandosi semplicemente dall'attendente di Caed Nua (la roccaforte appena ottenuta dal giocatore) e accettando la quest dedicata, che ci darà accesso alla nuova zona direttamente dalla mappa. Di fatto, ci troviamo al cospetto di una location totalmente inedita, con un nuovo quest hub (come lo sono state Valdoro, Baia degli Insorti e Olmi Gemelli) ed una breve campagna completamente slegata da tutte le quest e sub quest del capitolo principale. Il senso di straniamento per coloro che hanno già giocato anche solo una parte del titolo principale sarà immediato, finendo per cozzare non poco con il mirabile lavoro di intreccio che Obsidian ha realizzato nel narrarci le molteplici vicissitudini in corso nel mondo di Eora. Viaggiando verso la Biancamarca ci sembrerà di spostarci da un'epoca ad un'altra, attraverso due dimensioni parallele, dove da una parte pulsano centinaia di sotto-trame e scenari modellati dalla cultura, dal Lascito e dall'animanzia diffusi per tutta la Foresta di Dyr, dall'altra si stagliano nuovi scenari sicuramente interessanti, ma che sembrano appartenere ad un libro differente, con personaggi e nemici molto meno calzanti nel canovaccio di gioco. L'intera faccenda è spigolosa anche per coloro che hanno già completato l'avventura principale, i quali saranno necessariamente costretti a caricare un salvataggio precedente all'ultima sezione di gioco ("perdendo" quindi tutti i progressi accumulati da quel momento fino alla fine del gioco) per godere del nuovo contenuto.
    Superato lo straniamento iniziale, The White March ci porterà a viaggiare per nuove e splendide terre completamente innevate (come in Icewind Dale), fino a raggiungere il villaggio costiero di Stalwart, dove la nostra presenza è stata richiesta in seguito alle notevoli gesta che abbiamo compiuto nella ricostruzione della fortezza di Caed Nua. Esattamente come a Valdoro, anche a Stalwart troveremo uno scenario completamente diverso da come ci eravamo prefigurati, con orde di orchi che a ripetizione attaccano il villaggio per razziare e seminare morte, mentre gran parte degli abitanti preferisce abbandonare la nave al suo destino malevolo, in cerca di un luogo più sicuro e redditizio altrove. Naturalmente toccherà a noi ristabilire l'ordine, aiutando la popolazione con una serie di incarichi, come liberare un abitante da una catapecchia in fiamme o recuperare qualche oggetto per il codardo di turno; si tratta di compiti piuttosto banali, rinvigoriti solamente dall'ampia e più profonda implementazione delle sequenze scriptate, già utilizzate brillantemente nel capitolo principale. Una volta che le acque si saranno momentaneamente calmate, faremo conoscenza del capo-villaggio, il quale finalmente ci assegnerà l'incarico principale di questa prima parte d'espansione: entrare nella Batteria di Durgan, antica fortezza nanica ormai abbandonata da secoli, dentro la quale dovremo individuare e riattivare la leggendaria Bianca forgia, capace di forgiare armi ed armature in acciaio di fattura eccezionale, utili a rinvigorire il commercio di Stalwart e riportarlo agli antichi fasti di un tempo. A completare l'offerta narrativa di The White March - Part I ci penserà l'assedio della Fortezza di Cragholdt (posizionata direttamente nella Foresta di Dyr), in cui dovremo schierarci durante l'assalto alla fortezza appartenente ad un potentissimo mago, ad opera di un gruppo di mercenari senza scrupoli. Questo contenuto, al contrario della Biancamarca, è strettamente consigliato ad un party end-game, visto che dovremo affrontare nemici davvero temibili, che spesso ci costringeranno a capitolare malamente (anche per questo motivo il level cap è stato spostato dal livello 12 al 14, con l'aggiunta di una nuova serie di abilità, tra cui alcuni talenti multi-classe piuttosto interessanti).


    Hard to master

    Come anticipato precedentemente, The White March segna un'importante svolta nei ritmi di gioco, spostando il focus della produzione dalla complessità della narrazione al combattimento più serrato. Nonostante il contenuto venga di fatto sbloccato all'inizio del secondo atto (quando il party sarà di un livello medio che va approssimativamente dal 5 al 7), i combattimenti che ci troveremo ad affrontare saranno notevolmente più difficili rispetto a quelli del capitolo originale, mettendo in difficoltà persino party di livello 10 o superiore (addirittura, se affrontata con party di alto livello, l'espansione ci darà modo di scalare la potenza dei nemici al nostro livello, senza modificare però le ricompense ottenibili). Gran parte di questa impennata nella difficoltà si deve attribuire alla buona varietà di nemici che ci ritroveremo ad affrontare sul campo (chierici, maghi, guerrieri, ladri, berserker) e al loro numero, qui notevolmente superiore rispetto al passato. Anche l'intelligenza artificiale è stata completamente riscritta, spingendo i nemici a posizionarsi in maniera più efficacie sul campo e a lanciare ripetutamente incantesimi ad area devastanti, lasciando pochissimo margine d'errore persino ai giocatori più accorti nell'impartire comandi e spostamenti attraverso il continuo uso della pausa tattica. Che il baricentro degli scontri si sia pericolosamente spostato dal tatticismo puro alla mera quantità rimane comunque più che una sensazione, e pesa negativamente su un prodotto che nella sua incarnazione principale ci aveva proprio stupito sotto questo punto di vista (soprattutto ai livelli di difficoltà più alti). La riscrittura dell'AI ha interessato anche ai compagni di party, i quali finalmente possono essere gestiti in automatico attraverso un minimale sistema di comportamenti (niente a che vedere con l'eccezionale gestione saggiata in Dragon Age), che ne determinerà l'aggressività e la categoria di abilità utilizzate in combattimento.

    Ad esempio, un mago impostato su "Danno", prediligerà le spell con il massimale di DPSpiù alto, mentre lo stesso, impostato su "Controllo", utilizzerà le abilità ad area capaci di confondere o rendere proni più nemici contemporaneamente. Allo stesso modo sarà possibile spuntare la casella relativa alle cosiddette abilità "per riposo" (quelle che vanno ricaricate dormendo presso le locande o accampandosi), cosicché al personaggio venga dato il via libera per utilizzare a sua discrezione queste potenti abilità di numero limitato. L'intero sistema funziona, soprattutto durante i combattimenti non particolarmente impegnativi, ma si rivelerà un'arma a doppio taglio nella maggior parte degli scontri offerti da questa espansione, dove spesso i compagni attaccheranno il nemico sbagliato o si posizioneranno malamente, mandando di fatto all'aria qualsiasi tatticismo o speranza di vittoria. A tal proposito dobbiamo purtroppo segnalare che i problemi di pathfinding, già abbondantemente saggiati in Pillars of Eternity, qui saranno addirittura peggiori, con alcuni compagni che addirittura inizieranno a correre intorno a svariati nemici (subendo quindi tutti i danni da disingaggio) per raggiungere il target selezionato, oppure si bloccheranno (probabilmente a causa di un bug) e procederanno a scatti verso una direzione, allontanandosi dal resto del gruppo. Sempre relativamente al party, potremo finalmente rispecializzare i nostri compagni, resettando tutti i punti spesi (fino al momento in cui si sono aggregati al team) presso un qualsiasi locandiere del mondo di gioco; ci teniamo a sottolineare che sia la rispecializzazione, sia la riscrittura dell'AI, sia la gestione automatica dell'AI del party sono disponibili anche per coloro che non acquistano l'espansione (tramite una patch), fornendo quindi un ottimo pretesto per rigiocare il titolo principale e godere delle nuove interessanti feature. Chi abbraccerà l'espansione, invece, avrà il piacere di arruolare due nuovi compagni d'avventura: Zahua, un monaco masochista melee, e Devil Of Caroc, una ladra sociopatica e irascibile; entrambi sono reclutabili nella Biancamarca e utilizzabili in qualsiasi zona del mondo di gioco. L'ultima chicca di The White March - Part I è relativa all'introduzione delle cosiddette armi "soulbound", ovvero quelle che una volta equipaggiate da un personaggio si legano alla sua anima e si livellano insieme ad esso, ottenendo nuove statistiche ed abilità; ce ne sono un numero limitato e spesso saranno accompagnate da una sub-quest dedicata. Concludiamo la nostra analisi affermando con grande piacere che l'eccelso livello artistico saggiato in Pillars of Eternity è rimasto pressoché invariato in The White March. Le mappe innevate, nonostante il minimalismo grafico che le contraddistingue (completamente ereditato dall'Infinity Engine), sono una gioia per gli occhi, con una serie di dettagli e scorci paesaggistici incontaminati davvero evocativi. Anche la soundtrack è stata rimpolpata con nuove sonorità epiche esaltanti e ritmate, che si sposano davvero perfettamente con il flusso degli scontri e le azione concitate a schermo.

    Pillars of Eternity The White March Pillars of Eternity The White MarchVersione Analizzata PCCon The White March - Part I, Obsidian ha scelto di porre l'accento sull'aspetto più combattivo della produzione, relegando alla narrazione un ruolo decisamente più marginale tra uno scontro e l'altro; tutto questo, sebbene la scrittura resti comunque buona e appena inferiore a quella saggiata in Pillars of Eternity. Rimane in ogni caso evidente come, sopratutto a fronte di alcune brusche virate dai tatticismi del capitolo principale, questa espansione sia stata in qualche modo modellata per seguire il flusso di mercato, sacrificando parte degli elementi ruolistici e narrativi che pochi mesi fa avevano elevato Pillars of Eternity ad uno dei migliori RPG degli ultimi anni per vivacizzare l'azione pura e cruda, che appartiene più agli RPG moderni che ai classic RPG vecchia scuola. Al di là di questo, le aggiunte di contorno sono davvero benvenute e garantiscono al titolo quell'ulteriore versatilità (e rigiocabilità) che non fa mai male. Rimangono ottime le sequenze scriptate, presenti in quantità superiore rispetto al capitolo principale, ancora più profonde e ricche di opzioni di scelta per il giocatore. Piacevole è anche l'aggiunta di due nuovi compagni, un monaco ed una ladra (classi che mancavano all'appello tra i compagni assoldabili nell'avventura principale). Se avete amato Pillars of Eternity, vi piacciono i combattimenti strategici e vi sentite in grado di superare quel leggero straniamento iniziale, vi consigliamo in ogni caso l'acquisto di The White March - Part I.

    7.5

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