Recensione Project Zero II: Crimson Butterfly

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Recensione Project Zero II: Crimson Butterfly
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • Xbox
  • Farfalle rosso
    sangue

    Una farfalla cremisi si libra
    nell'aria scura. La notte, intorno, avvolge gli epigoni di caratterizzazione di
    un genere che ha sempre più necessità d'innovarsi. E, nelle spire flessuose
    delle ali sanguigne, nel volo leggero del lepidottero, sembra forse di scorgere
    uno svilupparsi salvifico di eventi emozionali. Project Zero II: Crimson
    Butterfly (Fatal Frame d'oltre oceano) trasporta con estrema cautela la cultura
    Orientale dell'Horror al di fuori del suo contesto locazionale. Laddove
    Forbidden Siren scagliava contro il giocatore, con grezza imprecisione,
    un'anima totalmente estranea alla filosofia Europea dimostrando spiccato
    coraggio e avventata sopravvalutazione di se, la produzione Tecmo cerca di
    conciliare con quanta più armonia i canoni estetici d'occidente con le
    tematiche Est-Asiatiche. Il primo capitolo vide la luce dopo un attento (e
    temporalmente ingombrante) restyle tecnico, che ridisegnò totalmente il contorno
    di meccaniche profonde e di spiccata innovazione, e permise al titolo di farsi
    accettare e diffondere un potenziale ludico che, odiernamente, trova la sua
    concretizzazione soggiacendo agli eventi del secondo episodio.

    Con indifeso candore, il giocatore prende le difese di Mio e Mayu. Le due
    sorelle, attratte dal volo di farfalle rosse, finiscono nel villaggio di Tutti
    gli Dei, teoricamente scomparso, anni prima, trascinando nell'oblio decine di
    anime. Di qui, il viaggio attraverso un luogo tormentato da entità senza pace vi
    sarà piuttosto gradito. Lo stile con cui il villaggio è stato costruito riflette
    alla perfezione la sua anima di tormento eterno. Le proporzioni
    dell'inquietudine che l'ambiente riesce a scatenare sono ben più imponenti di
    quelle con cui si presentava l'originale Project Zero. Sebbene la visuale sia
    molto più pulita di quella che titaneggiava al tempo di Miku, e resti ben più
    nitida di quella proposta da Forbidden Siren, l'atmosfera di insicurezza
    traluce attraverso il grigiore del buio, si diffonde nella visuale soggettiva
    con cui dovrete guardare il mondo (ben più malleabile e piacevole del Sightjack
    di FS), è rifratta dalle apparizioni momentanee che s'accorpano in istanti
    impensati. Gli influssi filmografici si sprecano nella gestione delle
    inquadrature esterne, che seguono l'azione con fluida malevolenza, laddove,
    anticamente, la costrizione delle quattro mura obbligava l'estro scenico ad
    uniformarsi alla classica Terza Persona. L'ambiente, in definitiva, è carico di
    una tensione tangibile, che non si esprime attraverso l'espediente di scarsa
    visibilità (di campo e d'immagine), ma grazie alla consapevolezza continua che
    le manifestazioni spettrali possono concretizzasi in ogni dove e in ogni tempo.
    E, probabilmente, contribuisce al disagio, la fragilità che il giocatore
    impersona: non solo Mio è una ragazza impreparata e sorpresa, necessariamente
    incaricata della protezione della sorella; ma lo strumento con cui liberarsi
    delle spiritiche entità consiste in una macchina fotografica, la Camera Obscura.
    Necessariamente questo aspetto costringe il giocatore ad un faccia a faccia non
    particolarmente violento, ma esasperante. L'inquadratura in prima persona
    costringe l'attenzione sulle deformità evanescenti che minacciano l'intrinseca
    debolezza di Mio, e le caratteristiche immateriali degli spettri costringono ad
    una danza disorientante quanto mai. Avere ragione di uno spirito risulta, se non
    difficile, stancante. Alle prime funzionalità della Camera Obscura si aggiungono
    poi pellicole con maggior potere esocizzante, e opzioni raggiungibili con la
    conquista di punti esperienza. Al giocatore il compito di gestire lo sviluppo
    della macchina per definire strategie d'attacco il più funzionali possibile:
    esistono molti parametri da tenere di conto, che s'allontano dal considerare la
    sola e semplice potenza di fuoco, ma necessitano -ad esempio- di uno studio
    attento dei tempi di ricarica dei rullini. La cura riposta nel definire un
    sistema di scontri unico, originale ed al meglio amalgamato con gli elementi del
    titolo si perde in quelle che sono le variazioni alla linearità del soggetto.
    Immancabilmente vengono proposti una serie di enigmi, risolubili spesso
    attraverso l'uso della Camera, ma questi non propongono serie difficoltà di
    concetto. Neppure le sessioni in cui dovrete tener d'occhio la sorella di Mio,
    o raggiungere determinate locazioni con entrambi i personaggi (al fine triviale
    di attivare un'opzione singolarmente inconcepibile), sono più di tanto estrose.
    Piuttosto che la varietà ludica ciò che incita continuamente il giocatore a
    proseguire è il dipanarsi di una trama ottimamente concepita, contornata con
    pennellate di irrinunciabili tematiche pseudo-mature, probabilmente consone alle
    necessità emotive Orientali, ma, in definitiva, apprezzabili per qualunque
    fruitore. Il rapporto fra sorelle avrà modo di essere definito attraverso una
    serie di flashback e nuove situazioni incastonate in una narrazione scenicamente
    splendida, di interesse artistico e, spesso, eccellente e disorientante
    contorsione. Il lato grafico si adatta al tempo che corre senza troppe
    difficoltà. Sebbene il dazio da pagare per l'abbandono del granuloso disturbo
    video sia una più facile individuazione delle imperfezioni ambientali, la cura
    riposta nelle modellazioni poligonali è lodevole. Le amenità incorporee sono ben
    pi definite di quelle anticamente proposte, e tutti i personaggi sono animati al
    meglio, con fluidità eccellente. Restano ammirabili i vari effetti luminosi e le
    aberrazioni cromatico/visive prodotte delle presenze. Le diffusioni superficiali
    delle rare fonti luminose smorzano i colori, già poco luminosi, delle strutture
    di contorno, offrendo pochi appigli di sicurezza. Le locazioni, maggiormente
    statiche, offrono un senso di riposo atemporale, di calma instabile. Il
    doppiaggio, attestabile su livelli medio/alti, offre una buona caratterizzazione
    vocale, mentre, d'intorno, il silenzio notturno è rotto da una serie di
    campionature consone ma ben realizzate. Poche volte l'estro artistico sonoro
    avrà occasione di stupire il giocatore, e più spesso adempierà al meglio alla
    sua funzione primaria: quella di disturbare, assieme al giocatore,
    un'immobilità che non dovrebbe invece essere violata. La longevità del titolo è
    seriamente minata dalla quasi totale impossibilità di essere definitivamente
    sopraffatti degli spettri. Sebbene il loro numero sia ben nutrito, essi avranno
    da combattere contro un'arma di potenza tangibile e una buona dose di oggetti
    curativi. I livelli di difficoltà più alti diventano utili al solo fine di
    sbloccare ogni extra presente nel gioco, in quanto la modalità Incubo non è
    certo la più consona a godersi lo sviluppo narrativo di ottima fattura.

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