Una farfalla cremisi si libra nell'aria scura. La notte, intorno, avvolge gli epigoni di caratterizzazione di un genere che ha sempre più necessità d'innovarsi. E, nelle spire flessuose delle ali sanguigne, nel volo leggero del lepidottero, sembra forse di scorgere uno svilupparsi salvifico di eventi emozionali. Project Zero II: Crimson Butterfly (Fatal Frame d'oltre oceano) trasporta con estrema cautela la cultura Orientale dell'Horror al di fuori del suo contesto locazionale. Laddove Forbidden Siren scagliava contro il giocatore, con grezza imprecisione, un'anima totalmente estranea alla filosofia Europea dimostrando spiccato coraggio e avventata sopravvalutazione di se, la produzione Tecmo cerca di conciliare con quanta più armonia i canoni estetici d'occidente con le tematiche Est-Asiatiche. Il primo capitolo vide la luce dopo un attento (e temporalmente ingombrante) restyle tecnico, che ridisegnò totalmente il contorno di meccaniche profonde e di spiccata innovazione, e permise al titolo di farsi accettare e diffondere un potenziale ludico che, odiernamente, trova la sua concretizzazione soggiacendo agli eventi del secondo episodio.
Con indifeso candore, il giocatore prende le difese di Mio e Mayu. Le due sorelle, attratte dal volo di farfalle rosse, finiscono nel villaggio di Tutti gli Dei, teoricamente scomparso, anni prima, trascinando nell'oblio decine di anime. Di qui, il viaggio attraverso un luogo tormentato da entità senza pace vi sarà piuttosto gradito. Lo stile con cui il villaggio è stato costruito riflette alla perfezione la sua anima di tormento eterno. Le proporzioni dell'inquietudine che l'ambiente riesce a scatenare sono ben più imponenti di quelle con cui si presentava l'originale Project Zero. Sebbene la visuale sia molto più pulita di quella che titaneggiava al tempo di Miku, e resti ben più nitida di quella proposta da Forbidden Siren, l'atmosfera di insicurezza traluce attraverso il grigiore del buio, si diffonde nella visuale soggettiva con cui dovrete guardare il mondo (ben più malleabile e piacevole del Sightjack di FS), è rifratta dalle apparizioni momentanee che s'accorpano in istanti impensati. Gli influssi filmografici si sprecano nella gestione delle inquadrature esterne, che seguono l'azione con fluida malevolenza, laddove, anticamente, la costrizione delle quattro mura obbligava l'estro scenico ad uniformarsi alla classica Terza Persona. L'ambiente, in definitiva, è carico di una tensione tangibile, che non si esprime attraverso l'espediente di scarsa visibilità (di campo e d'immagine), ma grazie alla consapevolezza continua che le manifestazioni spettrali possono concretizzasi in ogni dove e in ogni tempo. E, probabilmente, contribuisce al disagio, la fragilità che il giocatore impersona: non solo Mio è una ragazza impreparata e sorpresa, necessariamente incaricata della protezione della sorella; ma lo strumento con cui liberarsi delle spiritiche entità consiste in una macchina fotografica, la Camera Obscura. Necessariamente questo aspetto costringe il giocatore ad un faccia a faccia non particolarmente violento, ma esasperante. L'inquadratura in prima persona costringe l'attenzione sulle deformità evanescenti che minacciano l'intrinseca debolezza di Mio, e le caratteristiche immateriali degli spettri costringono ad una danza disorientante quanto mai. Avere ragione di uno spirito risulta, se non difficile, stancante. Alle prime funzionalità della Camera Obscura si aggiungono poi pellicole con maggior potere esocizzante, e opzioni raggiungibili con la conquista di punti esperienza. Al giocatore il compito di gestire lo sviluppo della macchina per definire strategie d'attacco il più funzionali possibile: esistono molti parametri da tenere di conto, che s'allontano dal considerare la sola e semplice potenza di fuoco, ma necessitano -ad esempio- di uno studio attento dei tempi di ricarica dei rullini. La cura riposta nel definire un sistema di scontri unico, originale ed al meglio amalgamato con gli elementi del titolo si perde in quelle che sono le variazioni alla linearità del soggetto. Immancabilmente vengono proposti una serie di enigmi, risolubili spesso attraverso l'uso della Camera, ma questi non propongono serie difficoltà di concetto. Neppure le sessioni in cui dovrete tener d'occhio la sorella di Mio, o raggiungere determinate locazioni con entrambi i personaggi (al fine triviale di attivare un'opzione singolarmente inconcepibile), sono più di tanto estrose. Piuttosto che la varietà ludica ciò che incita continuamente il giocatore a proseguire è il dipanarsi di una trama ottimamente concepita, contornata con pennellate di irrinunciabili tematiche pseudo-mature, probabilmente consone alle necessità emotive Orientali, ma, in definitiva, apprezzabili per qualunque fruitore. Il rapporto fra sorelle avrà modo di essere definito attraverso una serie di flashback e nuove situazioni incastonate in una narrazione scenicamente splendida, di interesse artistico e, spesso, eccellente e disorientante contorsione. Il lato grafico si adatta al tempo che corre senza troppe difficoltà. Sebbene il dazio da pagare per l'abbandono del granuloso disturbo video sia una più facile individuazione delle imperfezioni ambientali, la cura riposta nelle modellazioni poligonali è lodevole. Le amenità incorporee sono ben pi definite di quelle anticamente proposte, e tutti i personaggi sono animati al meglio, con fluidità eccellente. Restano ammirabili i vari effetti luminosi e le aberrazioni cromatico/visive prodotte delle presenze. Le diffusioni superficiali delle rare fonti luminose smorzano i colori, già poco luminosi, delle strutture di contorno, offrendo pochi appigli di sicurezza. Le locazioni, maggiormente statiche, offrono un senso di riposo atemporale, di calma instabile. Il doppiaggio, attestabile su livelli medio/alti, offre una buona caratterizzazione vocale, mentre, d'intorno, il silenzio notturno è rotto da una serie di campionature consone ma ben realizzate. Poche volte l'estro artistico sonoro avrà occasione di stupire il giocatore, e più spesso adempierà al meglio alla sua funzione primaria: quella di disturbare, assieme al giocatore, un'immobilità che non dovrebbe invece essere violata. La longevità del titolo è seriamente minata dalla quasi totale impossibilità di essere definitivamente sopraffatti degli spettri. Sebbene il loro numero sia ben nutrito, essi avranno da combattere contro un'arma di potenza tangibile e una buona dose di oggetti curativi. I livelli di difficoltà più alti diventano utili al solo fine di sbloccare ogni extra presente nel gioco, in quanto la modalità Incubo non è certo la più consona a godersi lo sviluppo narrativo di ottima fattura.
Recensione Project Zero II: Crimson Butterfly
Leggi la nostra recensione e le opinioni sul videogioco Project Zero II: Crimson Butterfly - 1171
Farfalle rosso
Una farfalla cremisi si librasangue
nell'aria scura. La notte, intorno, avvolge gli epigoni di caratterizzazione di
un genere che ha sempre più necessità d'innovarsi. E, nelle spire flessuose
delle ali sanguigne, nel volo leggero del lepidottero, sembra forse di scorgere
uno svilupparsi salvifico di eventi emozionali. Project Zero II: Crimson
Butterfly (Fatal Frame d'oltre oceano) trasporta con estrema cautela la cultura
Orientale dell'Horror al di fuori del suo contesto locazionale. Laddove
Forbidden Siren scagliava contro il giocatore, con grezza imprecisione,
un'anima totalmente estranea alla filosofia Europea dimostrando spiccato
coraggio e avventata sopravvalutazione di se, la produzione Tecmo cerca di
conciliare con quanta più armonia i canoni estetici d'occidente con le
tematiche Est-Asiatiche. Il primo capitolo vide la luce dopo un attento (e
temporalmente ingombrante) restyle tecnico, che ridisegnò totalmente il contorno
di meccaniche profonde e di spiccata innovazione, e permise al titolo di farsi
accettare e diffondere un potenziale ludico che, odiernamente, trova la sua
concretizzazione soggiacendo agli eventi del secondo episodio.
Con indifeso candore, il giocatore prende le difese di Mio e Mayu. Le due
sorelle, attratte dal volo di farfalle rosse, finiscono nel villaggio di Tutti
gli Dei, teoricamente scomparso, anni prima, trascinando nell'oblio decine di
anime. Di qui, il viaggio attraverso un luogo tormentato da entità senza pace vi
sarà piuttosto gradito. Lo stile con cui il villaggio è stato costruito riflette
alla perfezione la sua anima di tormento eterno. Le proporzioni
dell'inquietudine che l'ambiente riesce a scatenare sono ben più imponenti di
quelle con cui si presentava l'originale Project Zero. Sebbene la visuale sia
molto più pulita di quella che titaneggiava al tempo di Miku, e resti ben più
nitida di quella proposta da Forbidden Siren, l'atmosfera di insicurezza
traluce attraverso il grigiore del buio, si diffonde nella visuale soggettiva
con cui dovrete guardare il mondo (ben più malleabile e piacevole del Sightjack
di FS), è rifratta dalle apparizioni momentanee che s'accorpano in istanti
impensati. Gli influssi filmografici si sprecano nella gestione delle
inquadrature esterne, che seguono l'azione con fluida malevolenza, laddove,
anticamente, la costrizione delle quattro mura obbligava l'estro scenico ad
uniformarsi alla classica Terza Persona. L'ambiente, in definitiva, è carico di
una tensione tangibile, che non si esprime attraverso l'espediente di scarsa
visibilità (di campo e d'immagine), ma grazie alla consapevolezza continua che
le manifestazioni spettrali possono concretizzasi in ogni dove e in ogni tempo.
E, probabilmente, contribuisce al disagio, la fragilità che il giocatore
impersona: non solo Mio è una ragazza impreparata e sorpresa, necessariamente
incaricata della protezione della sorella; ma lo strumento con cui liberarsi
delle spiritiche entità consiste in una macchina fotografica, la Camera Obscura.
Necessariamente questo aspetto costringe il giocatore ad un faccia a faccia non
particolarmente violento, ma esasperante. L'inquadratura in prima persona
costringe l'attenzione sulle deformità evanescenti che minacciano l'intrinseca
debolezza di Mio, e le caratteristiche immateriali degli spettri costringono ad
una danza disorientante quanto mai. Avere ragione di uno spirito risulta, se non
difficile, stancante. Alle prime funzionalità della Camera Obscura si aggiungono
poi pellicole con maggior potere esocizzante, e opzioni raggiungibili con la
conquista di punti esperienza. Al giocatore il compito di gestire lo sviluppo
della macchina per definire strategie d'attacco il più funzionali possibile:
esistono molti parametri da tenere di conto, che s'allontano dal considerare la
sola e semplice potenza di fuoco, ma necessitano -ad esempio- di uno studio
attento dei tempi di ricarica dei rullini. La cura riposta nel definire un
sistema di scontri unico, originale ed al meglio amalgamato con gli elementi del
titolo si perde in quelle che sono le variazioni alla linearità del soggetto.
Immancabilmente vengono proposti una serie di enigmi, risolubili spesso
attraverso l'uso della Camera, ma questi non propongono serie difficoltà di
concetto. Neppure le sessioni in cui dovrete tener d'occhio la sorella di Mio,
o raggiungere determinate locazioni con entrambi i personaggi (al fine triviale
di attivare un'opzione singolarmente inconcepibile), sono più di tanto estrose.
Piuttosto che la varietà ludica ciò che incita continuamente il giocatore a
proseguire è il dipanarsi di una trama ottimamente concepita, contornata con
pennellate di irrinunciabili tematiche pseudo-mature, probabilmente consone alle
necessità emotive Orientali, ma, in definitiva, apprezzabili per qualunque
fruitore. Il rapporto fra sorelle avrà modo di essere definito attraverso una
serie di flashback e nuove situazioni incastonate in una narrazione scenicamente
splendida, di interesse artistico e, spesso, eccellente e disorientante
contorsione. Il lato grafico si adatta al tempo che corre senza troppe
difficoltà. Sebbene il dazio da pagare per l'abbandono del granuloso disturbo
video sia una più facile individuazione delle imperfezioni ambientali, la cura
riposta nelle modellazioni poligonali è lodevole. Le amenità incorporee sono ben
pi definite di quelle anticamente proposte, e tutti i personaggi sono animati al
meglio, con fluidità eccellente. Restano ammirabili i vari effetti luminosi e le
aberrazioni cromatico/visive prodotte delle presenze. Le diffusioni superficiali
delle rare fonti luminose smorzano i colori, già poco luminosi, delle strutture
di contorno, offrendo pochi appigli di sicurezza. Le locazioni, maggiormente
statiche, offrono un senso di riposo atemporale, di calma instabile. Il
doppiaggio, attestabile su livelli medio/alti, offre una buona caratterizzazione
vocale, mentre, d'intorno, il silenzio notturno è rotto da una serie di
campionature consone ma ben realizzate. Poche volte l'estro artistico sonoro
avrà occasione di stupire il giocatore, e più spesso adempierà al meglio alla
sua funzione primaria: quella di disturbare, assieme al giocatore,
un'immobilità che non dovrebbe invece essere violata. La longevità del titolo è
seriamente minata dalla quasi totale impossibilità di essere definitivamente
sopraffatti degli spettri. Sebbene il loro numero sia ben nutrito, essi avranno
da combattere contro un'arma di potenza tangibile e una buona dose di oggetti
curativi. I livelli di difficoltà più alti diventano utili al solo fine di
sbloccare ogni extra presente nel gioco, in quanto la modalità Incubo non è
certo la più consona a godersi lo sviluppo narrativo di ottima fattura.
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