Recensione Quantum Break

Remedy Entertainment compie un altro passo nella sua ricerca del perfetto ibrido tra cinematografia e gameplay: la narrativa è veicolata in modo originale e a tratti sorprendente, ma non si tratta di un'esperienza adatta a tutti.

Quantum Break
Recensione: Xbox One
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  • Pc
  • Xbox One
  • Per quanto al centro della scena ci siano sempre stati un uomo con una pistola e una giacca svolazzante, ogni gioco firmato Remedy Entertainment è stato a suo modo una rivoluzione. Max Payne per le sparatorie in bullet time. Alan Wake per la narrativa. Non è difficile capire perché le aspettative raccoltesi attorno a Quantum Break, per chi già conosceva il pedigree degli sviluppatori finlandesi, fossero elevatissime. Dal canto nostro, non eravamo da meno: volevamo sederci di fronte alla TV e trovarci di fronte a qualcosa di mai sperimentato prima. Dici poco. Un desiderio animato in maniera ancor più vibrante dal relativo dispiacere legato al mancato ritorno dello scrittore disperso in fondo al lago della sua mente, del quale non abbiamo più notizie da tempo. In altre parole, ci ritroviamo ora tutti qui, a chiedere il conto a Remedy di tanti anni di sviluppo, di una nuova IP che ha sostituito un sequel dato quasi (troppo) per scontato. Con fiducia e mente aperta, ma anche con un livello di attesa che solamente gli sviluppatori migliori sanno creare. A patto di non rimanerne poi vittime.

    Binge gaming

    Paradossi temporali

    Jack Joyce è fuggito da Riverport - cittadina americana fittizia - in seguito a una serie di eventi legati a doppio filo alla difficile personalità di suo fratello William. Ricercatore presso l'università nell'ambito dello spazio-tempo e braccio destro del magnate Paul Serene, quest'ultimo si è trovato suo malgrado a fare da tutore al fratello, e i risultati sono stati letteralmente disastrosi. Incapace di mettere da parte le sue ossessioni lavorative, legate alla creazione di una sorta di "macchina del tempo", William finisce per trascurare completamente Jack, e quest'ultimo decide infine di cambiare aria una volta per tutte. Il destino, e una serie di email scambiate con Serene, lo riporteranno tuttavia a Riverport anni dopo, ed è proprio qui che comincia la storia di Quantum Break. Inutile addentrarsi ulteriormente negli avvenimenti: tutto quello che è importante sapere è che un incidente porterà il tessuto spazio-temporale a danneggiarsi, Jack si troverà dotato di poteri legati alla manipolazione del tempo, e Paul Serene si configurerà definitivamente come villain della situazione, disposto ad usare tutte le risorse della multinazionale Monarch per raggiungere i suoi scopi.

    Da sempre Remedy lavora nel tentativo di trovare un difficile equilibrio tra narrativa, cinematografia e gameplay d'azione. Da Max Payne a Alan Wake, il concetto di fondo non è poi molto cambiato, e la stessa ricerca si ritrova in Quantum Break. Sin dalle primissime battute, ossia una lunga e affascinante sequenza d'apertura che riporta alla mente l'incipit del primo Half Life (con un esperimento scientifico condotto in maniera non del tutto lecita che finisce irrimediabilmente male), assistiamo a questo gioco d'equilibri, al tempo stesso osservando e interagendo con una storia che non sfigurerebbe affatto in una delle tante serie TV che la Hollywood degli ultimi anni - così generosa con il piccolo schermo - ci ha regalato. Ecco quindi che la componente narrativa del gioco rappresenta il vero punto di distinzione, anche per una struttura senza precedenti in ambito videoludico: se la divisione in "episodi", con tanto di riassunto iniziale, aveva già caratterizzato Alan Wake, qui Remedy compie un ulteriore passo verso la definitiva ibridazione, e propone una struttura che scinde gameplay e narrazione. Con l'eccezione dell'ultimo, i capitoli che compongono la trama presentano quindi fasi di gioco vere e proprie, momenti dialogici e narrativi realizzati con il motore di gioco, e si chiudono con un bivio: nei panni di Paul Serene, ossia il villain della vicenda, dovremo prendere una importante decisione scegliendo tra due possibilità.

    Come emergerà ben presto, questa serie di scelte ci permetterà di "interpretare" il cattivo in maniera più o meno umana. Per quanto le decisioni non abbiano influenze più di tanto rilevanti sulle fasi di gameplay (piccoli dettagli potranno cambiare, ma le sequenze giocate non presenteranno differenze sostanziali), ne avranno invece sulle puntate del serial televisivo girato con attori in carne ed ossa che chiudono ognuno dei primi quattro capitoli del gioco. Proprio qui Remedy propone qualcosa di assolutamente inedito, legando a doppio filo gameplay e cinematografia: reclutando un cast di buona caratura (Shawn Ashmore, Aidan Gillen e Lance Reddick tra i volti più noti, ma anche la "sorpresa" Marshall Allman) gli sviluppatori sono riusciti a dare a questi episodi della durata di circa mezz'ora l'uno un look da show televisivo molto efficace, completo di sequenze d'azione tutto sommato ben orchestrate.

    Per quanto le effettive ripercussioni delle decisioni prese nei panni del cattivo siano limitate quasi solo a questi quattro episodi televisivi, con questo espediente Remedy è riuscita a raccontare la sua storia in maniera molto più approfondita - e interessante - rispetto alla media, superando uno dei limiti che da sempre caratterizza le sceneggiature in ambito videoludico. Seguendo per la maggior parte del tempo le gesta del protagonista, infatti, i videogiochi finiscono quasi sempre per raccontare trame vissute da un solo punto di vista, con tutti i limiti che questo può comportare in termini di caratterizzazione e di coralità della storia raccontata. Ibridando videogioco e cinema, Quantum Break riesce invece a mostrarci la stessa, drammatica vicenda vissuta da più punti di vista, spiegandoci le motivazioni del villain, e sfruttando la "serie TV" per raccontarci altre storie contingenti, dimostrando come gli eventi abbiano un forte impatto non solo sul protagonista, ma su un'intera città, e sul destino di molte vite. Tutto questo nell'ambito di una storia che riesce a regalare qualche colpo di scena interessante (soprattutto attorno alla metà svolgimento) e personaggi ben caratterizzati, ma dove si accusa anche un eccesso di drammaticità. A mancare, in fondo, è quel comic relief che ha sempre caratterizzato l'opera di Remedy, e che qui viene sacrificato in nome di una vicenda dai toni molto oscuri, fatta di ossessioni, amori brutalmente spezzati e una strenua lotta contro il tempo, letteralmente. Tuttavia, la componente narrativa di Quantum Break non si esaurisce con le puntate della serie TV e con le cut scene, alle quali si affianca un ampio quantitativo di materiale da leggere, o ascoltare, sparso per i livelli, completato da un contatore a schermo che permette sempre di sapere quanti frammenti narrativi si sono già rintracciati all'interno di un'ambientazione.

    E non si tratta peraltro di elementi secondari, dato che tra le registrazioni e gli scambi di email si trovano elementi fondamentali per comprendere a fondo la storia, come nel caso del rapporto tra i due fratelli Joyce, appena accennato nei dialoghi e approfondito solamente per coloro che avranno voglia di leggere la grande quantità di materiale disponibile. Perdipiù, il rinvenimento di tutti i "frammenti narrativi" nelle ambientazioni sbloccherà piccole scene extra nella serie TV: non aspettatevi grandi sorprese, ma qualche elemento divertente c'è, e vale la pena approfondire. Peraltro, proprio qui occorre aprire una parentesi: se è vero che l'idea del serial rappresenta un modo inedito e coraggioso di raccontare una storia, è evidente come Remedy abbia scelto una sorta di "via di mezzo". Le puntate raccontano infatti storie tutto sommato contingenti a quella dei fratelli Joyce, e sono in qualche modo facoltative. Chi scegliesse di saltarle a piè pari, riuscirà comunque a seguire la trama principale in maniera abbastanza completa. Questa natura parzialmente accessoria della serie TV è in parte un peccato: dedicare un po' di tempo ai retroscena del difficile rapporto tra i fratelli Joyce, o al passato che li ha legati a Paul Serene, sarebbe stata una mossa utile a rendere il racconto più organico ed affascinante. Al di là di queste considerazioni, non c'è dubbio sul fatto che Quantum Break sia un gioco pensato quasi solamente per coloro intenzionati innanzitutto a godersi una storia, ad approfondirne tutti i risvolti. Quanto infatti al bilanciamento tra narrativa e parti giocate, non c'è dubbio sul fatto che i Remedy abbiano puntato molto sulla prima, con effetti non del tutto positivi sulle seconde.

    Timebreaker

    Se già la struttura di Quantum Break, come abbiamo fin qui spiegato, tende a dividere in maniera abbastanza netta la narrativa dal gameplay, anche quest'ultimo assume confini piuttosto compartimentati. Attraversando i livelli lineari nei panni di Jack Joyce affronteremo costantemente i militari della Monarch, multinazionale di cui Paul Serene è a capo, sfruttando i poteri legati alla manipolazione del tempo che il protagonista sbloccherà nel corso del primo capitolo. Quello che poteva sembrare un comune sparatutto in terza persona con coperture diventa quindi qualcosa di diverso: quelle di Quantum Break non sono sparatorie "di trincea", laddove il level e game design spingono il giocatore a uscire costantemente allo scoperto, ad affrontare una parte parte dei nemici faccia a faccia, sfruttando le proprie sovrumane abilità e compensando così la costante inferiorità numerica.

    I poteri sono sostanzialmente quattro: si comincia da una "visuale aumentata", che permette di evidenziare a schermo nemici, armi, munizioni e oggetti con cui interagire, e si continua con lo "scatto temporale", che permette non solo di spostarsi a grande velocità nella direzione dello sguardo, ma genera anche una (spettacolare) onda d'urto che sbilancia i nemici, e attiva un bullet time della durata di qualche secondo. Ecco quindi che uno strumento apparentemente votato all'evazione si rivela molto efficace anche in attacco. Del tutto votato a quest'ultimo è invece lo scudo temporale nel quale è possibile rinchiudere per qualche secondo i nemici, sparando sulla sua superficie per accumulare proiettili che successivamente li investiranno in un'unica ondata risolutiva. Qualche utilizzo creativo è possibile anche relativamente allo scudo personale, anch'esso in grado di generare un'onda d'urto destinata a sbilanciare i nemici. Questo "arsenale" di poteri si sbloccherà già nella prima ora di gioco, e procedendo si scopriranno solo piccole varianti legate al tempo di pressione dei tasti dedicati (come nel caso dello scudo, che può essere fatto esplodere mantenendo premuto il relativo pulsante sul pad). Se è vero che i ragazzi di Remedy hanno comunque provveduto a inserire un sistema di crescita dei singoli poteri (ognuno passibile di tre potenziamenti progressivi), quest'ultimo risulta in parte accessorio - dato che anche al massimo livello di difficoltà si potrà arrivare a conclusione senza sfruttarlo - e in parte slegato dal contesto. Per potenziare i poteri sarà infatti necessario esplorare a fondo i livelli e rintracciare le fonti di Chromium, ognuna delle quali fornirà un punto potenziamento da spendere nel menu dedicato. Trattandosi di un sistema di progressione basato solo sull'esplorazione, e non sulle abilità del giocatore o sui suoi conseguimenti in gioco, finisce per risultare non solo accessorio, ma anche in qualche modo slegato dalle dinamiche di gameplay. Se è vero dunque che l'impiego dei poteri permette di affrontare le sparatorie in maniera creativa, come sparatutto puro e semplice Quantum Break finisce per risultare un po' vecchiotto e "sordo" agli avanzamenti visti nel genere negli ultimi anni. In generale, l'intero comparto animazioni legato al nostro personaggio non brilla, e questo finisce per avere ripercussioni sul gameplay. Sostanzialmente, sia durante il platforming sia durante le sparatorie, chiunque abbia giocato ad Alan Wake si troverà di fronte ad una situazione simile.

    Correre, ripararsi, prendere la mira, sono tutte operazioni macchiate da un po' di imprecisione nei controlli, e da animazioni non sempre facili da "leggere" e gestire appieno. Se tuttavia nella precedente opera di Remedy questo difetto passava maggiormente in secondo piano a causa delle sparatorie nettamente più "statiche", in Quantum Break i nemici si muovono spesso velocemente, fiancheggiano e lanciano granate, senza contare l'avanzamento costante di quelli più corazzati, il fuoco dei cecchini dalla distanza (sottolineato dai laser) e le sortite degli avversari in grado di scattare nel tempo.

    La mobilità diventa conseguentemente fondamentale, e se l'utilizzo dei poteri rende comunque sufficientemente "creative" le schermaglie, l'assenza di movimenti più precisi e sicuri si fa sentire non poco, soprattutto alzando il livello di difficoltà. Lo stesso può dirsi per la telecamera, che incappa in qualche incertezza di troppo e talvolta causa problemi anche seri (è il caso dell'eliminazione corpo a corpo in seguito ad uno scatto, che spesso porta l'inquadratura a girarsi in maniera innaturale di quasi 180 gradi, facendo perdere l'orientamento al giocatore). Gli stessi problemi si ritrovano anche nelle poche sequenze di platforming, le quali peraltro presentano una brevità e una semplicità tale da non impensierire. Spesso impressionano grazie alle notevoli idee di design che le accompagnano, ma dal punto di vista del gameplay impegnano pochissimo: considerato che l'idea di coinvolgere in esse i poteri temporali pareva ottima sulla carta, è un peccato scoprire come l'impegno da questo punto di vista sia confluito quasi completamente nella componente scenica, senza alcuno sforzo per rendere i puzzle ambientali interessanti anche dal punto di vista concettuale. Considerato il grande fascino delle scenografie, è un vero peccato che il concetto di manipolazione del tempo non sia stato sfruttato in maniera più approfondita. Complessivamente, il gameplay offerto da Quantum Break risulta quindi più blando e meno originale del previsto: diverse sparatorie si assomigliano, alcune si ripetono più volte nel medesimo ambiente, e si ha spesso la sensazione di passare da una "stanza" all'altra, in attesa dell'arrivo dei nemici da abbattere metodicamente con i poteri. Quanto agli avversari, gli sviluppatori si sono preoccupati di differenziarli a dovere, sia per arsenale, sia per capacità - alcuni saranno particolarmente corazzati e avanzeranno a testa bassa, altri avranno poteri simili a quelli del nostro Jack, e tutti si muoveranno secondo routine studiate per mantenere il giocatore il più possibile in movimento. Relativamente all'intelligenza artificiale, il risultato è complessivamente buono, ma capita talvolta di vedere avversari completamente scoperti, oppure ostinatamente trincerati nelle retrovie, anche quando tutti i loro compagni sono ormai caduti. A tratti, il mix funziona e diverte, soprattutto quando si riescono ad inanellare combo creative, ma la limitata selezione di abilità e il comparto animazioni contribuiscono prima o dopo a far avvertire un senso di eccessiva ripetizione. E questo nonostante Quantum Break non sia certo un gioco dalla durata notevole: la nostra prima passata (al secondo dei tre livelli di difficoltà) ha richiesto otto ore, puntate della serie TV comprese, dunque circa sei di gameplay effettivo, peraltro inframmezzato da momenti dialogici, cut scene realizzare con il motore di gioco e occasionale lettura del materiale narrativo facoltativo.

    Chi vorrà soffermarsi maggiormente su quest'ultimo e sull'esplorazione potrà probabilmente arrivare a dieci ore complessive (sempre comprendendo le puntate del serial). Questo si deve anche ad un livello di difficoltà complessivo piuttosto blando: giocando da subito a difficile, in certi frangenti le cose potrebbero farsi addirittura frustranti, ma più per i problemi legati al movimento del personaggio che non per la natura tattica delle sparatorie. Una volta fatta l'abitudine ai controlli, solo gli scontri finali potranno causare qualche serio grattacapo. Ecco quindi che la formula di Remedy si conferma a netto favore della componente narrativa: quando si spara e si utilizzano i poteri, Quantum Break sa divertire, ma vista nell'insieme la pura esperienza di gioco non riesce a risultare memorabile, finisce per ripetersi eccessivamente e non restituisce un senso di crescita delle proprie abilità ben distribuito lungo la trama, poggiandosi su un sistema di upgrade stranamente accessorio. Ancora una volta, vale la pena sottolinearlo: solo coloro intenzionati a concentrarsi sulla trama e sui suoi risvolti potranno arrivare ai titoli di coda soddisfatti.

    Resolutiongate, ma anche no

    Dal punto di vista tecnico, Quantum Break è già stato oggetto di un'accesa discussione relativa alla risoluzione nativa, come del resto Alan Wake a suo tempo. Remedy è nota per trovare soluzioni alternative anche in fatto di risoluzione, e il loro ultimo lavoro non fa eccezione. Per quanto ancora manchi una dettagliata risposta definitiva sui dati tecnici, possiamo arrivare già a conclusioni più che soddisfacenti. Di fondo, il principale problema di un rendering sotto i 1080p possono essere gli artefatti che naturalmente si creano ai bordi delle geometrie, e l'aliasing. A prescindere dalla risoluzione nativa, tutto questo in Quantum Break è stato preventivamente scongiurato tramite un filtro antialiasing molto efficace, al quale si aggiunge la grana filmica tipica dei giochi Remedy e diversi effetti di motion blur. In altre parole, la risoluzione nativa poco importa: grazie a questo mix di pesante post processing l'immagine non presenta "sporcature" lungo i confini delle geometrie, offrendo un rendering nel complesso molto pulito. Discorso diverso per le ombre, le quali effettivamente presentano una risoluzione non sempre ottimale, ma ancora una volta il post processing riesce a nasconderne in parte i difetti, a meno di osservarle con occhio attento. Tutto questo, confermando la stabilità del frame rate a 30 FPS e la bontà dei particellari e del lavoro d'illuminazione che costella le sequenze di combattimento, abbondantemente "condite" con gli effetti legati alle aberrazioni spazio-temporali e con una distruttibilità ambientale limitata ma graficamente spettacolare. Una prova tecnica quindi notevole, che conferma un'ottima conoscenza dell'hardware Microsoft e la capacità di sfruttarlo a dovere. Tutto questo poggia su un design di ottima fattura, che parte dall'assoluto realismo che sempre caratterizza le opere degli sviluppatori finlandesi e propone ambienti credibili e iper dettagliati, quasi fino allo spreco. Intere stanze perfettamente modellate le noterete solo con la coda dell'occhio, ma contribuiranno alla sensazione di trovarsi in ambienti credibili ed autosufficienti.

    Relativamente all'ottimizzazione, la nostra esperienza con la versione Xbox One è filata perlopiù liscia. Da sottolineare c'è la presenza di compenetrazioni più o meno evidenti (capita talvolta di vedere qualche cadavere nemico sparire oltre una parete) ma non fastidiose dal punto di vista del gameplay, e un bug che mostra i sottotitoli in ritardo in alcune puntate del serial. Problemi in ogni caso minori, che speriamo possano essere risolti già con la patch del day one. Veniamo infine alla componente audio, con una colonna sonora originale non brillantissima, qualche traccia su licenza e un doppiaggio in italiano discreto ma con qualche battuta fuori contesto, e una traduzione non sempre eccellente: considerata la bravura degli attori coinvolti, probabilmente la lingua originale con sottotitoli può rivelarsi la scelta migliore. Quanto allo spazio occupato su disco, nel caso si accetti di vedere le puntate del serial in streaming, questo si aggirerà attorno ai 60 GB, ma in caso desideriate scaricare anticipatamente l'intero pacchetto di filmati (una buona idea, nel caso disponiate di una connessione non sufficiente allo streaming in full HD) preparatevi a liberare più di 100 GB sul vostro hard disk.

    Quantum Break Quantum BreakVersione Analizzata Xbox OneCome è valso quasi sempre per le produzioni targate Remedy, Quantum Break non è un gioco per tutti. In maniera ancor più netta rispetto al passato, gli sviluppatori finlandesi puntano maggiormente sugli aspetti narrativi, raccontando prima di tutto una storia, e limitando gli aspetti di puro gameplay. Che comunque c'è, in Quantum Break, e riesce a trovare nell'utilizzo dei poteri temporali una sua dimensione interessante, seppure tutto sommato superficiale, tra una generale pesantezza nei movimenti del personaggio, un sistema di upgrade trascurato (e trascurabile), un platforming che impressiona visivamente ma non impegna minimamente il cervello, e una durata limitata. Rimane un grande esperimento multimediale, una fusione tra serial televisivo e videogame unica nel suo genere, una prova notevole dal punto di vista tecnico, e un'esperienza a suo modo senza precedenti, non foss'altro che per il mix inedito di forme narrative. Tuttavia Quantum Break non riesce ad essere incisivo come gli altri lavori della software house nordica, non trova un equilibrio perfetto tra gli elementi che lo compongono, e convince fino in fondo solo a tratti, porgendo il fianco a giuste critiche relative al bilanciamento tra narrazione e gameplay, e rifinitura di quest'ultimo. Potrebbe essere l'antesignano di una nuova corrente d'ibridazione tra cinematografia e videogioco, e senza dubbio è consigliato a tutti coloro interessati a questo aspetto, disposti a farsi trascinare dagli eventi e dalle scenografie più che dalla pura giocabilità. Coloro che vi cercheranno in primo luogo un gameplay appassionante e profondo, o un'esperienza longeva e rigiocabile, rischieranno invece di rimanere delusi.

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