Recensione R:Racing

Leggi la nostra recensione e le opinioni sul videogioco R:Racing - 1231

Recensione R:Racing
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Disponibile per
  • PS2
  • Xbox
  • NGC
  • Un marchio in decadenza

    Il coevo mercato videoludico non è sicuramente incline alla riconoscenza, indi per cui anche una saga seminale come quella di Ridge Racer è stata gentilmente accompagnata alla porta dei titoli disautorati e dal futuro nebuloso, alla mercé di fluttuanti correnti che conducono ora a PSP ora a Playstation2.

    Di fatto, comunque, le limitazioni propalate negli anni da RR non ne hanno ostracizzato l'imperitura permanenza nell'immaginario dei players, rassicurati da un substrato concettuale storicamente e orgogliosamente arcade.
    R:RACING devia invece dal tragitto tradizionale per imporsi come un brand totalmente nuovo, il cui perno centrale poggia sull'ibridazione e sulla miscelazione degli elementi-chiave dei masterpiece concorrenti (GT e TOCA in primis, con qualche microscopica mutuazione anche da NfS:Underground).
    Tuttavia, se mescolare un qualsivoglia miscuglio ludico è importante, condensarlo in una forma precisa e dai contorni definiti risulta altrettanto decisivo, pena la realizzazione di un prodotto finito ma grezzo, digeribile ma insapore, vendibile ma senz'anima.
    Scopriamo se Namco s'è macchiata d'una tale disavvedutezza.

    Struttura

    Per appagare chi scrive, un racing simulator (specie se off-line) deve elargire opulentemente senso di sfida e piacere di guida. Sia F355 Challenge che GT3/4 Prologue contemperano con perizia i due fattori sopraccitati, seppur percorrendo sentieri antitetici. Purtroppo, R:Racing perde la scia di due contendenti tracciando un'inintelligibile traiettoria che lo allontana dal basilare punto di corda, inficiata com'è da un modello di guida estremamente semplificato e da una negativa sofisticazione dell'IA avversaria. R:R non risplende di luce propria, non ruggisce come avallerebbero i motori dei 32 bolidi disponibili, bensì si limita a miagolare l'improvvida latitanza di una propria filosofia.

    Il comportamento delle vetture soggiace ad un modello fisico verosimile che agevola l'assimilazione dell'interfaccia di guida (sebbene s'incappi con tediosa frequenza in certe sbavature incomprensibili, cause di testacoda, di sbandate improvvise e del congenito nervosismo che attanaglia diverse macchine); ciò nonostante, i prodromi di un pacchetto ludico privo di mordente si avvertono già quando si constatano le trascurabili differenze tra le auto appartenenti alla medesima categoria (fra gt, rally, dragster e storiche),   deficienze che svalorizzano così il peso specifico della messa a punto (consentita sia prima che durante la competizione stessa - in tempo reale; i box, ravvisata la triplice dipartita dei danni, dell'usura dei pneumatici e del consumo di carburante, non potevano trovare giustificazioni, se non di carattere estetico, alla loro presenza-).
    Se è vero che la sonnolenza è una concausa primaria degli incidenti stradali, allora il consiglio è quello di non mettersi alla guida dopo una sessione prolungata a R:R; il titolo Namco si erge infatti come un rigoroso ed efficace stimolatore di sbadigli. Le motivazioni sono fulmineamente riassumibili: senso di velocità inadeguato, avversari che stentano a mettere in difficoltà il giocatore (quantunque ci si sforzi di girare sotto la soglia della decenza, producendosi in svariate escursioni fuori-pista o addirittura lasciando loro libera la carreggiata) e una rappresentazione degli collisioni talmente aleatoria da corroborare uno stile di guida più consono ad un simulatore di autoscontri che a un racing game per Ps2 (nessuna penalizzazione investe il pilota meno ligio ai regolamenti, adagio che sottende anche i tagli sistematici delle chicane - tranne che nelle prove a tempo, dove la prestazione viene invalidata -).
    Da sottolineare, inoltre, come l'insufficiente incisività degl'altri corridori sminuisca la necessità di investire i punti PG acquisiti a suon di vittorie nell'elaborazione (coppia e peso) dei missili a quattro ruote disponibili, denunciando ancora una volta l'anatema strutturale di cui è vittima R:R, per via del quale i potenziali benefici di una soluzione adottata dagli sviluppatori vengono flagellati da altre di natura antipode. Il livello di pressione psicologica esercitata sugli avversari si configura come l'esemplificazione conclusiva del concetto sopraesposto: innovativo e divertente sulle prime, si rivela in ultima istanza come il principale detrattore del senso di sfida, considerando che gli avversari, dopo pochi secondi di inseguimento, perdono irrimediabilmente il controllo delle loro auto, facilitando oltremodo il percorso vittorioso del giocatore.
    Confortanti, sotto il profilo della longevità, le diverse modalità di gioco opzionabili: carriera (suddivisa in 14 capitoli, il cui intreccio narrativo è suffragato da diversi filmati in CG), evento (basato sul modello apprezzato in MotoGp e suddiviso in svariate sottosezioni, ove possono gareggiare anche le auto vinte nella modalità carriera, elaborate o comprate nel concessionario) e infine i canonici arcade, time attack e Vs (tramite split-screen).

    Tecnica

    R:Racing è un titolo multipiattaforma e non fa nulla per celarlo. Texture scolastiche, effetti particellari (polvere) anonimi e illuminazione precalcolata non appesantiscono un motore poligonale che muove fluidamente un congruo numero di poligoni senza perdersi in preziosismi cosmetici di ultima generazione. Circuiti e vetture confessano una modellazione sapiente, sebbene incapace di fissarsi nella retina del fruitore estasiato e straniato dalle primizie di Gt4 Prologue.

    L'opinabile accompagnamento musicale (tracce che spaziano con disinvoltura dall'orrido all'ascoltabile a basso volume) viaggia pariteticamente con degli effetti sonori disastrosi: le auto (escludendo i dragster) non rombano, ma "ronzano". Allucinante.

    Conclusioni

    R:Racing, duole ribadirlo, è una produzione asfittica. Non emoziona il giocatore e non lo diverte, bensì lo invita a evidenziarne i limiti oggettivi con scelte progettuali poco legittime, come se il codice fosse il frutto di due team differenti e inconciliabili, accorpato solamente nella parte finale della programmazione. Il risultato non può che essere un incontrollabile testacoda.


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