Recensione Rampage: Total Destruction

Un ritorno trionfale o una definitiva capitolazione?

Recensione Rampage: Total Destruction
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  • PS2
  • NGC
  • Bei tempi in sala giochi

    Sono passati anni ormai dai tempi in cui i giovani si incontravano in sala giochi per divertirsi con gli amici. Erano i tempi d’oro di titoli come Craxy Taxi e Street Fighter, e di altri, originali e divertenti, come Rampage. Quest'ultimo, sviluppato da Activision, poneva in mano al videogiocatore il controllo di uno dei tre mostri protagonisti, dandogli la possibilità di devastare a suon di pugni i palazzi della sfortunata città che fungeva da ambientazione. In una vena portante di ironia ed amara comicità, Rampage permetteva addirittura di calpestare i pedoni o, qualora il pranzo fosse stato inaspettatamente saltato, di divorarli come spuntino pomeridiano: era qualcosa di mai visto prima. Il successo del titolo fu tale che anni dopo, nel 1997, gli sviluppatori curarono un sequel, Rampage: World Tour. Questa volta i protagonisti erano realizzati in tre dimensioni, seppur in stile buffo e cartonesco, mentre gli sfondi ed i palazzi, proprio come nel predecessore, restavano rigorosamente in 2D.

    Il ventennale e la rinascita su PlayStation 2

    A vent’anni dall’uscita del primo capitolo, Midway sceglie di prendere nuovamente in mano Rampage e riproporlo al pubblico moderno, sviluppandolo su quella magnifica console che porta il nome di Sony PlayStation 2. È il turno di Rampage: Total Destruction. Per l’ennesima volta il videogiocatore si trova a controllare uno dei sei mostri inizialmente disponibili (mano a mano che si avanza nel gioco se ne possono sbloccare altri ventiquattro, fino ad un massimo di trenta personaggi) ed a distruggere una ad una le sette città inserite nel gioco, che spaziano da New York a Las Vegas, da Los Angeles a Chicago, da San Francisco ad Hong Kong. Nel menù iniziale è possibile scegliere tra diverse modalità di gioco: la “Campagna” (una sorta di modalità storia), il “Re della città” (sfidando un amico o la cpu della PS2 dovremo ottenere più punti dell’avversario), il “Re del mondo” (stessa formula precedente, ma da affrontare in tutte le città consecutivamente) e “Contro il tempo” (il tempo limite per distruggere i quartieri della sfortunata città di turno sarà notevolmente limitato rispetto al solito).

    La modalità portante è senza dubbio la “Campagna”: una volta scelto il personaggio che si intende controllare, ci si ritrova nel primo quartiere della città da distruggere. Premendo X si salta, premendo O si afferrano le auto ed i pedoni (che possono anche essere divorati premendo nuovamente O dopo averli agguantati), premendo ∆ si sferrano i calci e con �� invece i pugni. Saltando contro i palazzi il nostro gigantesco ed abominevole mostro ci si aggrapperà, permettendoci di colpire e sfondare le finestre e mangiare allegramente gli occupanti delle stanze bersagliate. I palazzi possono essere colpiti a mani nude, saltando sul tetto oppure afferrando le macchine e lanciandogliele contro. Una volta che avremo distrutto tutte le strutture del quartiere indicato ci recheremo automaticamente in una nuova area della medesima città, per ripetere l’operazione sui palazzi lì ubicati. La struttura di gioco è essenzialmente questa: attacca i palazzi e distruggili.

    Dopo la rinascita, il tramonto: profilo tecnico

    Dal punto di vista grafico (e non solo), Rampage: Total Destruction rappresenta propriamente un’offesa al concetto di videogame di ultima generazione. I quartieri sono costituiti da due - o al massimo quattro - palazzi, realizzati in una grafica bidimensionale ampiamente trascurabile che lascia trasparire la più assoluta noncuranza da parte degli sviluppatori. I modelli dei personaggi non sono affatto ammirabili, per non parlare del livello di texturizzazione delle automobili. Insomma, graficamente non si vedeva niente di così scarno dai tempi di Rosco McQueen, pur ammettendo che quest’ultimo fosse molto più carino e divertente di Total Destruction. I palazzi crollano su sé stessi un piano dopo l’ altro con animazioni scattose che sono identiche in tutto e per tutto a quelle viste nel primo capitolo degli anni ’80, mentre i controlli scarni e l’immediatezza di gioco costituiscono non un pregio ma un incolmabile difetto: nonostante la sua natura ironica, Rampage annoia in tempi brevissimi. La voglia di ripetere sempre le medesime azioni su quartieri microscopici e tutti uguali si perde ben presto, e con essa anche l’interesse a sbloccare nuovi personaggi e ad ottenere mosse bonus ed altri punteggi. Per quanto riguarda invece il profilo audio sarebbe opportuno non commentarlo nemmeno, per il semplice fatto che è inesistente ed inascoltabile.
    Quello che sembrava dover essere un regalo per i fan (e magari un salvataggio in corner per gli sviluppatori), ossia l’introduzione dei due capitoli precedenti giocabili (sia Rampage che Rampage: World Tour) è in realtà il colpo di grazia che Midway sferra addosso al suo titolo: essi infatti non fanno altro se non mettere in evidenza il fatto che Rampage è esattamente uguale a vent’anni fa, con la sola eccezion fatta per la grafica che, anche se può sembrare paradossale, era davvero molto meglio nelle verioni precedenti.

    Rampage: Total Destruction Rampage: Total DestructionVersione Analizzata PlayStation 2Rampage: Total Destruction fa parte di quella casta di titoli che cerca di sfruttare a suo favore un nome rinomato per raggiungere la vetta delle vendite e dei guadagni. Purtroppo però anche i fan più sfegatati del retrogaming non potranno fare a meno di accorgersi che questo nuovo capitolo su PlayStation 2 non aggiunge nulla al successo della serie ma, anzi, ne rovina notevolmente la reputazione. Rampage: Total Destruction è un gioco realizzato con pigrizia ed assoluta noncuranza sia dal punto di vista grafico (animazioni e texture assolutamente da dimenticare) che dal punto di vista tecnico e sonoro (audio inesistente, controlli banali). Inutile commentare la giocabilità, che, essendo ripetitiva fino all’osso, fa di Total Destruction un titolo incapace di divertire e di emozionare. L’errore di Midway è costituito da un concetto fondamentale che è stato alterato, ossia la palese attenzione al profilo commerciale anziché quello ludico. Siamo tutti videogiocatori, non acquirenti.

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