Recensione Red Dead Revolver per Xbox

Leggi la nostra recensione e le opinioni sul videogioco Red Dead Revolver per Xbox - 460

Recensione Red Dead Revolver per Xbox
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • Xbox
  • "Quando un uomo con la
    pistola incontra un uomo col fucile, l'uomo con la pistola è un uomo morto...
    vediamo se è vero"


    Quando due anni or sono, al Los Angeles Convention Center, venne alla luce Red
    Dead Revolver, i miei pensieri volarono a ritroso fino a Sunset Riders: uno dei
    pochissimi titoli a fondo western capaci di mietere consensi, grazie alla
    disinvoltura con cui donava divertimento puro e ricreava l'atmosfera del
    Vecchio West. La garanzia significata dall'allora produttore Capcom, insieme
    alla peculiarità del progetto, corroborarono di ottimismo e speranza le già
    valide premesse fornite dalla prima alpha mostrata al pubblico. Scopriamo se il
    trasferimento negli studios Rockstar (l'autrice di un certo signor GTA, mica
    tre cammellieri dietro un computer) ha giovato alla realizzazione di
    queste.
    Da quando il 3D ha soppiantato definitivamente il 2D, e le
    potenzialità di calcolo delle diverse console hanno iniziato a permetterlo,
    diversi videogiochi sono stati realizzati in maniera da far compiere al gameplay
    di un determinato genere balzi da gigante.
    Pensate a Tomb Raider, a Metal Gear Solid, a Shenmue, al nuovissimo Fable.
    Prodotti che hanno centrifugato le meccaniche standard, ampliandone largamente
    gli schemi e spostandone in là i confini. Talvolta anche invadendo (e
    ultimamente non di poco) il territorio di altre tipologie di giochi, finendo col
    riunire dentro di sé diversi generi accessori, che quando ben amalgamatigli
    possono dare vita ad un capolavoro che rivoluziona il genere principale. E così,
    tali prodotti creano nuovi standard per il gameplay di quel genere.
    Talora, invece, la casa produttrice preferisce limitarsi ad affinare uno
    standard consolidato, raffinandone gli schemi al punto da creare comunque
    qualcosa di straordinario, perché seppur non espande i confini di un genere, fa
    toccare allo stesso vette di eccellenza prima solo immaginate. Pensate in questo
    caso a Ocarina Of Time, a Halo Combat Evolved, a Ninja Gaiden.
    Ecco, Red Dead Revolver è un titolo che probabilmente, se fosse uscito alcuni
    anni fa, sarebbe davvero un grande gioco. Se fosse stato creato prima che Hideo
    Kojima configurasse l'odierno metro di paragone dell'action game
    cinematografico, Red Dead Revolver si potrebbe considerare un grande gioco. Se
    fosse uscito prima che Devil May Cry ridefinisse i contorni del pure action
    game, Red Dead Revolver sarebbe un grande gioco.
    Ma peccato che sia arrivato sugli scaffali solo nel 2004, e che il videoplayer
    del 2004 pretenda quindi ben altro, da un titolo d'azione.
    A dispetto della
    piacente introduzione, dove il marchio Rockstar trasuda di frame in frame, e
    dell'elegante menu a tema western, sotto la cartina tornasole troviamo uno
    sparacchino in terza persona senza grandi pretese, che punta spudoratamente
    tutto sull'insolito scenario in cui è ambientato.
    Se l'accompagnamento sonoro a detta atmosfera western si presenta più che
    dignitosamente, accompagnando lo scorrere del gioco con impegno ma senza
    strafare, graficamente ci troviamo dinanzi al consueto multipiattaforma
    sviluppato su radici PS2: l'engine visivo, che già sfrutta piuttosto maluccio
    l'hardware Sony, sulla console neroverde fa esattamente lo stesso effetto di
    quei titoli Xbox di prima generazione che compiacevano per la pulizia video, ma
    per tutto il resto facevano storcere il naso perfino prima del mortificante
    confronto con Halo e Dead Or Alive 3.
    Potete dunque immaginare quanto poco gratificante risulti oggi insozzare di
    modestissimi effetti particellari e di renderwaristica povertà di poligoni
    un'occhio lucidato dalla recente meraviglia di Tecmo o (peggio) da quella
    imminente di Bungie.
    Un Vecchio West riprodotto solo discretamente, dai paesaggi alle cittadine allo
    sceriffo ai banditi al treno, che però riesce comunque a fare piena breccia nel
    cuore del giocatore innamorato di Sergio Leone. Rockstar ripropone con frequenza
    i noti clichè dei film western, senza però mai avventurarsi nella farina del
    proprio sacco, e compiendo il madornale errore di lasciare sempre il giocatore
    con un palmo di naso proprio quando una situazione o una cut-scene ben
    realizzata inizia a gasarlo e a persuaderlo di imminenti variazioni di gioco o
    altre significative novità.
    Errore a mio avviso, ripeto, madornale, perché il grande game designer sa quando
    deve alimentare l'acquolina in bocca al giocatore, e quando invece deve
    spingere sull'acceleratore con le novità ludiche.
    Limitazione che tuttavia viene sufficientemente offuscata da una a tre ore di
    gioco, a seconda del vostro amore per i semplici sparacchini in terza persona e
    della suggestione che sa esercitare su di voi uno scenario tanto originale (in
    ambito videoludico, ovviamente) ed evocativo.
    La prima sparatoria, la prima fucilata in pancia, le prime compravendite al
    negozio in cui tra un livello e l'altro si può accedere hanno indubbiamente il
    loro sapore.
    Subito tornano alla mente sequenze memorabili di cui strepitosi interpreti
    furono Lee Van Cleef, Gian Maria Volonté, e soprattutto Clint Eastwood (sulle
    cui sembianze è stato modellato Red, il protagonista del gioco). Un sistema di
    controllo complesso ma non oppressivo aiuta a calarsi nei panni di Red senza
    doversi soffermare eccessivamente sui comodi tutorial disseminati nell'arco dei
    primi livelli (uno ad ogni nuova feature introdotta). E la rilettura Rockstar
    del bullet-time riesce a nasconderne l'ormai nauseabondo abuso grazie sia
    all'incremento scenico che produce l'utilizzo di questa tecnica da parte del
    giocatore, sia alla buona implementazione della stessa nel gameplay. I duelli
    fuori dal saloon non potrebbero essere più divertenti ed appaganti.
    Il fascino
    del Vecchio West interviene a salvare la baracca anche nelle frequenti cadute di
    qualità che oberano la meccanica di gioco: al termine della breve ma intensa
    sparatoria (con tanto salvataggio di sceriffo dal boss di turno) che interessa
    uno dei primi stages, si viene catapultati sul tetto di un treno in corsa, a
    scansare i marrani che ci puntano e ad evitare di cadere giù dal vagone per un
    contatto con uno dei ripetitivi ostacoli posti lungo il percorso...E tuttavia,
    poterlo finalmente fare anche in un videogioco gonfia l'animo di soddisfazione.
    Ma è pur sempre cosa da poco. La ventina di stages da percorrere per assolvere
    l'esperienza (sempre che di esperienza sia lecito parlare) non serve tanto ad
    aggiungere punticini alla voce Longevità, quanto a tediare ulteriormente il
    giocatore sbadigliante dinanzi ad un titolo che non solo non riesce a decollare,
    ma neppure dà mai la sensazione di provarci. Come già detto, un'opera che
    edifica ogni suo auspicio di intrattenimento sul fascino dell'ambientazione:
    questo è Red Dead Revolver.
    E quando l'occhio si abitua al buon design di cui ancora una volta è autrice
    Rockstar, quando il pollice destro non sente più aria di nuovo
    nell'inizialmente gaudiosa estrazione dell'arma durante i duelli, emergono
    definitivamente tutte le carenze di un titolo che con la manna ludica dei Metal
    Gear Solid, dei Ninja Gaiden, ma anche degli Psi-Ops o dei Prince Of Persia, non
    ha nulla da spartire.

    Quanto attendi: Red Dead Revolver

    Hype
    Hype totali: 14
    79%
    nd