Recensione Robotech: Battlecry per PS2

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Recensione Robotech: Battlecry per PS2
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  • NGC
  • Robotech: Battlecry

    Quando verso la fine degli anni ’80 vennero trasmesse da alcune reti private le puntate della serie animata “Robotech” quello che colpì, e forse fece la fortuna di quel cartone animato, erano gli acrobatici e caotici scontri tra robot trasformabili, una buona storia che legava tutte le puntate, ottimi disegni e protagonisti, non infallibili, ma carismatici. Da quando ormai la celebre serie ha smesso di essere trasmessa c’è chi nostalgico ha continuato a sperare che venisse realizzato un videogame che meritasse di essere chiamato “Robotech” e che comprendesse quelle caratteristiche che portarono la serie animata al successo. “Robotech: Battlecry” è sicuramente il progetto che fin’ora più si è avvicinato al raggiungimento di questo obbiettivo, mostrando i modo eloquente che i ragazzi della TDK si sono prefissati di riprodurre quei combattimenti, quelle ambientazioni, quelle emozioni che un’amante della serie si sarebbe aspettato.
    In Robotech: Battlecry si vestono i panni di Jack Archer, un’ arrogante pilota della RDF (Robotech Defence Force) il quale vivrà le sue avventure a bordo del suo Varitech durante lo stesso periodo dell’ambientazione della serie televisiva. Vi capiterà spesso infatti di avere brevi incontri con personaggi più famosi di lui come Rick Hunter, Roy Fokker (che si occuperà personalmente del vostro addestramento) e Lisa Hayase. Durante la sua carriera militare, Jack si ritrova nel mezzo di una guerra tra la Terra e una misteriosa razza aliena: gli Zentradi. Questi alieni, oltre ad avere una preoccupante propensione alla violenza, hanno la caratteristica di essere alti una quindicina di metri. Da qui la necessità dei terrestri di usare in battaglia dei mezzi che colmino questo svantaggio. I Varitech, appunto, oltre che poter combattere in una forma simile a quella di un F-14, hanno la possibilità di trasformarsi in robot e in una via di mezzo tra le due forme, una configurazione che consiste in un caccia con braccia e gambe conosciuto come “Guardiano”.
    La presentazione è ben realizzata, essendo costituita da un susseguirsi di vari momenti di gioco, gradevolmente accompagnati dalla colonna sonora principale di Robotech.
    La storia si svolge attraverso 46 missioni suddivise in 5 capitoli e le ambientazioni da una missione e l’altra cambiano moltissimo; si passa da combattimenti urbani nella città di Macross a ricognizioni intorno all’orbita terrestre fino alla resa dei conti con assi del volo Zentradi nello spazio profondo, mentre tutt’intorno a noi 5.000.000 di navi aliene bombardano la terra.
    Purtroppo l’area di gioco delle singole missioni è relativamente spaziosa. Questo inconveniente non si nota troppo fin quando con i piedi per terra dove i limiti di gioco sono imposti da barriere naturali o architettoniche. Tuttavia durante le missioni aeree è abbastanza sgradevole trovarsi davanti la scritta “limiti missione superati” e vedere il proprio caccia virare di 180° e rientrare nell’area di gioco.
    In Battlecry ci sono diversi piccoli accorgimenti che danno soddisfazione ai cultori della serie, come, ad esempio, il nome della prima missione, praticamente identico al titolo della prima puntata della prima serie. Ancora, molte situazioni affrontate da Jack Archer sono simili se non uguali a quelle vissute dai protagonisti originali. Tanto per citarne una: durante il 3° capitolo si combatte uno scontro con un asso del volo nemico che all’inizio vi sottovaluta, poi vi inizia a stimare tanto che Jack in seguito diventa la sua ossessione, il nemico in questione è una donna che poi si innamora di lui. Non vi ricorda nessuno?
    La grafica in cel-shadinge raggiunge ottimi risultati non solo nella definizione dei varitech, ma anche nei dettagli come effetti di luce e ombra e soprattutto nei colori. Anche i mezzi nemici, seppur non godano della cura riservata ai varitech, sono quasi tutti ben realizzati (ad eccezione degli avversari più grandi e dei caccia). Esplosioni e detonazioni varie, inoltre, fanno mostra di una realizzazione di sicuro effetto. La grafica risulta quindi complessivamente gradevole ma anche dosata: è facile notare che anche nelle ambientazioni maggiormente dettagliate non c’è mai contemporaneamente su schermo un eccessivo numero di poligoni, ma non per questo l’effetto finale ne risente particolarmente, potendo godere di immagini di insieme sicuramente suggestive.
    Durante lo svolgimento dell’avventura non ci sono grandi intermezzi, i momenti in cui il protagonista racconta la sua storia sono visualizzati con schermate statiche disegnate apparentemente a mano su cui scorrono le inquadrature, e quando non è così, comunque ci sono inseriti in grafica di gioco.
    Il gioco è accompagnato da una colonna sonora adeguata, variabile a seconda delle situazioni, ma sicuramente non in grado di fomentare il giocatore durante i momenti frenetici. Gli effetti sonori meritano forse qualche punto in più dato che oltre che essere ben riprodotti sono quasi uguali a quelli della serie televisiva. Ultima nota positiva va al doppiaggio dei personaggi, davvero ben realizzato.
    Prendere confidenza con i comandi forse può risultare un po’ arduo all’inizio dato che cambiano radicalmente durante i passaggi da una trasformazione e l’altra dei varitech. In ogni caso grazie alla fluidità delle trasformazioni, risulta spesso galvanizzante, anche se non molto utile, trasformarsi 6 o 7 volte per affrontare magari un solo nemico.
    Ogni trasformazione ha delle caratteristiche diverse: In configurazione Bi-robot si ha la possibilità di effettuare colpi di precisione da cecchino e usare il fuoco veloce per colpire i missili nemici. Di certo questa non è la configurazione più veloce ma sicuramente si gode di una maggiore agilitànelle manovre di rotazione. In assetto da caccia si possono usare le contromisure per deviare i missili ed è possibile effettuare manovre evasive veloci, ma in città non si può fare tanta strada senza tirare giù qualche palazzo con il muso. La modalità Guardiano, come già detto, è una via di mezzo tra le due precedenti con la possibilità di poter usare una mano per raccogliere oggetti e la comodità del poter restare in volo sospeso mantenendo l’armamento del caccia.
    Le tre forme del varitech sono fedeli come sembianze ma forse l’unica realmente fedele alla serie è il caccia, anche se può dare l’idea di giocare con un “After Burner” rifatto. Le altre due sono probabilmente troppo legnose nelle animazioni, a parte il Guardiano che è ancora giustificabile: per essere un gioco ispirato alla serie di robotech in grado di combattere più come il robot di “Zone Of Enders” che come quelli di “Armored Core”.
    Un’altra particolarità piacevole è che in questo gioco non ci sono “segreti”. Più chiaramente, non bisogna andare passare settimane intere su internet a cercare il modo di sbloccare una certa colorazione o una certa versione di varitech. Tutto è infatti già servito nella sezione “riconoscimenti”. Ci sono 18 onorificenze disponibili, per ognuna c’è la spiegazione di come riceverle, di ciò che sbloccano (come svariati modelli di varitech utilizzabili, optional come lo scudo avanzato che oltre ad aumentare la resistenza ai colpi nemici aumenta la scorta dei missili e la velocità, mappe da usare nella modalità multiplayer, colorazioni più simpatiche o più cattive di quelle base)
    In definitiva Robotech:Battlecry offre, se non tutto, quasi tutto quello che ci si aspettava da un gioco con questo nome,. L’impatto visivo e sonoro è buono anche se non di eccessive pretese, la giocabilità chiede impegno al giocatore ma è anche vero che riesce a mettere d’accordo tre modi molto diversi di pilotare lo stesso mezzo. Le missioni non sono tante ma non sono neanche poche, seppur la longevità subisca periodicamente dei bruschi colpi a causa della ripetitività che aumenta man mano che ci si avvicina alla fine, oltre alle improvvise impennate della difficoltà che rende alcune missioni veramente snervanti……segnatevene una per tutte: “Cat’s eye”.

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