Recensione Runaway : A Twist Of Fate

Il terzo episodio di una delle avventure grafiche più apprezzate

Recensione Runaway : A Twist Of Fate
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  • Cimentarsi in una scansione che vada ad analizzare nello specifico il grande genere delle avventure grafiche, in tutte le sue vesti, accezioni e trasformazioni, potrebbe rivelarsi oltremodo arduo, sia, da una parte, per il progressivo declino che il genere ha conosciuto nell’ultimo decennio, sia per le mutevoli forme che esso stesso ha imparato a conoscere, dettate molto spesso da limiti distributivi, generazionali e da radicali cambiamenti nei modi di approccio con il pubblico.
    Ad ogni modo, il fatto (dal ricorso piuttosto abusato) che “le avventure grafiche non sono più quelle di una volta”, sebbene voglia dipingere una situazione tutto sommato coerente alla realtà del mercato odierno, si presenta talvolta piuttosto restio ad eccezioni di sorta, chiudendosi a riccio in un contesto suggellato vuoi dalla testardaggine degli aficionados del genere, vuoi da un mercato che difficilmente - soprattutto negli ultimi anni - ha rimandato ad altro.
    Ma come già abbiamo dato modo di intuire, le eccezioni ci sono. E preferiremmo, perché tutti possano dare un giudizio slegato da pregiudizi, che il fatto che non si possano raggiungere i fasti (a volte, come spesso accade, fin troppo celebrati) dei titoli che hanno fatto la storia degli adventure game, sia in qualche modo una sorta di mito da sfatare, grazie agli innumerevoli esperimenti - più o meno riusciti - che di anno in anno vengono introdotti sul mercato e che, pur facendo delle antiche meccaniche la loro solida base di partenza, riescono a convincere senza necessariamente operare un confronto negativo col passato.
    E i ragazzi di Pendulo Studios, con il marchio Runaway, sono sicuramente tra quelli che meglio incarnano la definizione di eccezione di cui poco sopra accennato: dopo A Road Adventure e The Dream of the Turtle, la software house spagnola incontra oggi il mercato con il terzo capitolo della serie, A Twist of Fate, che propone qualche gradito sprazzo di novità, abbinato alle forti e consolidate meccaniche che conosciamo bene.

    To be continued

    Sebbene il gioco voglia configurarsi come diretto seguito del secondo episodio, protagonista peraltro di un notevole cliffhanger finale, i primi minuti introduttivi sembrerebbero quasi completamente slegati dal fattore narrativo del capitolo precedente. Il gioco si apre con un processo a Brian in cui il nostro protagonista è accusato di un omicidio che sarebbe avvenuto a Mala Island, background tropicale del secondo capitolo della serie. Le ripetute ammissioni di amnesia di Basco, però, ne facilitano il trasferimento in una struttura sanitaria dove, grazie al supporto di locali idonei e cure mediche, sarà valutato il da farsi e inquadrata al meglio la situazione mentale dell’uomo. Leggasi, manicomio.
    Dall’altro lato, e qui entra in scena il dualismo protagonista di una delle più importanti innovazioni apportate dal titolo, vedremo Gina, la fidanzata di Brian, svegliata nel cuore della notte da una telefonata in cui le viene riferito di un incidente avvenuto nell’Happy Dale Sanatorium, la struttura di ricovero di Basco, durante il quale l’uomo avrebbe accidentalmente perso la vita. Dopo il rito funebre, accompagnato da (neanche tante, a dire il vero) lacrime di tristezza e rassegnazione da parte della ragazza, a spezzare il lugubre silenzio di una soleggiata giornata cimiteriale, ci pensano gli squilli del cellulare di Gina: è Brian, che con un tono agitato e confuso avverte la ragazza di aver inscenato la morte e le chiede di tirarlo fuori dalla tomba, pensando poi a scagionarlo da ogni accusa trovando il vero colpevole dell’omicidio.
    A fare da supporto ad un simile plot narrativo, come già accennato, troveremo la possibilità di giocare nei panni sia di Gina che di Brian, portando avanti due storie parallele (ognuna delle quali ben accompagnata dall’ironia di uno e dalla maggiore razionalità e serietà dell’altra) che si incontreranno definitivamente soltanto nei capitoli conclusivi del gioco, con i colpi di scena classici a cui ci ha abituato la serie.
    Durante le (circa) dieci ore di gioco richieste per portare a termine la nostra avventura, le formule proposte sono quelle più classiche del genere: un puntatore che cambia forma se a contatto con gli oggetti interagibili (con le possibili azioni switchabili col semplice click del tasto destro del mouse), una serie di enigmi, di dialoghi, di situazioni al limite dell’assurdo con tutte le particolarità canoniche di un’avventura grafica punta e clicca.
    Complici le trasformazioni di mercato di cui parlavamo nel paragrafo introduttivo, gli enigmi presenti nel gioco presentano una brusca virata verso situazioni accessibili a chiunque e che non richiederanno mai un particolare sforzo neurale per essere risolte (niente più che semplici “usa oggetto con oggetto” e “parla per ottenere informazioni”), il tutto supportato dalla presenza di una guida in game sempre accessibile. Sta all’abitudine e ai desideri del singolo giocatore determinare se tale fattore sia catalogabile come difetto, ma crediamo che, soprattutto in un momento in cui il mercato videoludico si sta espandendo ai più disparati livelli di target, una difficoltà ben calibrata e che non scoraggi coloro i quali iniziano a muovere i primi passi nel genere delle avventure grafiche, sia di certo una scelta azzeccata e che non lascia e non può lasciare spazio a rimproveri. Soprattutto se, proprio come accade in A Twist of Fate, la (relativa) facilità del gioco e le sporadiche ripetitività di meccaniche non intaccano in alcun modo un divertimento che cresce dall’inizio alla fine, supportato dal classico humor della serie e da situazioni che vi strapperanno più di un sorriso e, nonostante tutto, vi regaleranno molte soddisfazioni.
    I vecchi problemi, poi, di cui erano tacciati gli altri episodi della serie - e ci riferiamo soprattutto agli enigmi illogici e confusi - in questo capitolo sono stati parzialmente risolti: le situazioni sono ora più chiare ed i puzzle più intuitivi e coinvolgenti, ma nonostante questo non è rarissimo bloccarsi a causa di una situazione poco chiara e di una (a volte) malriuscita distribuzione e costruzione degli enigmi. Proprio per far fronte a questo, gli sviluppatori hanno ben pensato di introdurre una sorta di “hotspot finder”, che ci aiuterà a riconoscere gli oggetti e i punti sensibili presenti a schermo, facilitando di gran lunga il prosieguo dell’avventura.
    Segnaliamo inoltre, tra le novità apportate dal gioco, la gradita possibilità, in fase di menu iniziale, di creare tre profili di gioco differenti protetti da password, ognuno con icona personalizzata, salvataggi e progressi di gioco relativi.

    Impressioni sensoriali

    Parlando ora della resa prettamente visiva del gioco, lo stile adottato in questo terzo capitolo della saga di Runaway non si discosta da quello presente nei primi due. E’ una visuale in 2.5D a caratterizzare l’intera avventura, accompagnata da bellissimi e colorati sfondi in due dimensioni che spazieranno da un accogliente cimitero colmo di lapidi a più inquietanti interni di un manicomio, fino al nero asfalto delle rumorose strade di New York City e a molte altre location di cui non vi rovineremo la sorpresa. I personaggi sono caratterizzati discretamente bene, sebbene a volte i movimenti sembrino un po’ troppo meccanici e poco naturali. Avremmo preferito, poi, una maggiore cura nelle fasi dialogiche, durante le quali i modelli dei protagonisti rimangono pressoché fermi e poco inclini a diverse impostazioni grafiche (esplorative e dialogiche), adottandone soltanto una per tutta la durata dell’avventura. Bellissimi i filmati d’intermezzo, durante i quali sembra di assistere ad un cartone animato.
    Per quanto riguarda l’impianto audio del gioco, pur non presentando particolari difetti o livelli di eccellenza, risulta sempre gradevole e ben caratterizzato, complici i temi di sottofondo sempre adatti alle situazioni, ed un doppiaggio (inglese, ma accompagnato da sottotitoli in Italiano) che si attesta su livelli più che buoni.

    Runaway : A Twist Of Fate Runaway : A Twist Of FateVersione Analizzata PCRunaway: A Twist of Fate è una classica avventura grafica. Ci troverete enigmi da risolvere, oggetti da esaminare ed usare al momento giusto, e la solita (importantissima) mole di dialoghi dai quali trarre le informazioni necessarie per andare avanti nel gioco, il tutto accompagnato da un lato tecnico di alto livello, seppur non esente da difetti, e da una “doppia trama” coinvolgente e ben caratterizzata. Nonostante la curva di difficoltà si attesti costantemente su livelli medio-bassi, il gioco diverte per tutta la sua durata, con situazioni varie e divertenti e col classico humor della serie: tutti fattori che ne fanno un prodotto accessibile a chiunque, che ci sentiamo di consigliare a tutti gli appassionati del genere, sebbene non riesca (e probabilmente non voglia farlo) ad impegnare al massimo chi è cresciuto negli anni Novanta con i complicati enigmi delle immortali avventure Lucas.

    8

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