Recensione Rygar

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Recensione Rygar
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Ricordi lontani

Ad anni di distanza torna, più in forma che mai, uno dei personaggi storici del marchio Tecmo: Rygar. Uscito in sala giochi nel lontano 1986 (ben diciassette anni fa, videoludicamente parlando un abisso temporale), nella sua prima incarnazione il gioco era un semplice beat’em up a scorrimento, caratterizzato da un’ambientazione mitologica e dall’utilizzo da parte del protagonista di un’arma per lo meno poco convenzionale: il Diskarmor, in pratica uno yo-yo uncinato col quale fare strage di nemici. Il gioco riscosse un discreto successo (non è difficile a tutt’oggi imbattersi in pagine web dedicate al titolo) e beneficiò di due conversioni degne di nota: una su Nes con livelli e situazioni di gioco completamente inedite, ed una –praticamente perfetta- sul compianto Atari Lynx (prima, storica console portatile a colori).
Adesso l’eroe è tornato, reincarnato in un possente gladiatore del regno di Argo, deciso a salvare la principessa Harmonya dalle grinfie dei Titani, semidei disposti a tutto pur di far tornare in vita il loro re Chronus segnando così la fine degli umani ed il loro trionfo sulle divinità dell’Olimpo. Come è facile intuire, la trama di gioco muove dal più classico dei pretesti (eroe – malvagio - principessa rapita) per sfociare nel più intricato degli intrecci, supportato dalla mitologia greca e romana (riletta con licenze che sconvolgono letteralmente mito e storia).

Un ritorno in grande stile

Dopo il discreto successo di critica e pubblico riscosso da titoli come ‘Contra: Shattered Soldier’ e ‘Shinobi’ è lecito aspettarsi da Tecmo qualcosa di più che una semplice trasposizione in chiave moderna del loro piccolo (ed antico) capolavoro. Il gameplay proposto ha infatti poco a che vedere con la meccanica di gioco del primo Rygar: gli unici elementi rimasti intatti sono l’ambientazione, ispirata come detto dalla mitologia occidentale, e l’arma che ha saputo colpire l’immaginario dei videogiocatori degli anni ottanta: lo yo-yo della morte, il Diskarmor. Per il resto, quello che era un beat’em up a scorrimento è diventato un arcade adventure tridimensionale in cui l’esplorazione e la ricerca si alternano sapientemente ad una massiccia dose di adrenalinici e coreografici combattimenti.
Purtroppo e per fortuna, la maniera migliore per descrivere il gameplay e lo stile di gioco di questo Rygar è paragonarlo ad un grande classico per Ps2 (il cui seguito è uscito proprio in questi giorni): Devil May Cry. È evidente fin dai primi istanti di gioco infatti come il titolo Tecmo ricalchi fin troppo da vicino lo stile di gioco proposto da Capcom. Gli ambienti vengono ripresi da telecamere ‘semi dinamiche’ che inquadrano (quasi) sempre al meglio l’azione, proponendo suggestivi scorci di idilliaci paesaggi. Rygar si aggira così alla ricerca della giusta strada per proseguire la sua avventura, sconfiggendo orde d’avversari e risolvendo semplici enigmi. Le similitudini con l’avventura di Dante si spingono finanche alla gestione di armi ed inventario, che appaiono addirittura pedissequamente ricalcati dal classico Capcom. Insomma, non è errato definire questo Rygar come un clone di Devil May Cry. Un clone però dotato di una sua precisa personalità e di una ragion d’essere più che valida.
Il gioco infatti riesce a differenziarsi fin dal primo combattimento con il già citato Diskarmor. Roteare furiosamente un mortale yo-yo uncinato, facendo strage di avversari e contemporaneamente distruggendo e travolgendo vasi antichi, colonnati ed intere pareti è qualcosa di appagante e difficilmente descrivibile. In maniera molto simile a quanto avviene nel recente Mark of Kri, il personaggio è dotato di un semplice ma efficace sistema di combo, accessibile con la pressione alterna di due soli pulsanti (uno per il colpo semplice ed uno per il colpo ‘caricato’), in grado di produrre una gamma impressionante di coreografici attacchi. Dalla rotazione orizzontale del disco, fino alla veloce sequenza di attacchi secchi e brevi, passando per avversari agganciati ed usati a mo’ di frusta per farsi largo nelle situazioni più intricate, sembra quasi che al giocatore sia concesso tutto, ed il numero di combo a disposizione non fa che aumentare durante il corso del gioco.
Avanzando nei livelli il protagonista verrà a conoscenza gradualmente del suo passato, delle macchinazioni dei Titani, del suo destino e di come questo sia indissolubilmente legato ai tre Diskarmor della legenda. Lungi dall’essere delle semplici armi, questi strumenti si riveleranno infatti la chiave per il prosieguo delle avventure di Rygar. Ai fini del gioco, i tre ‘dischi’ (uno per ciascun regno dell’antichità: inferi, paradiso e mare) si differenziano per estensione, velocità d’attacco e combo, nonché per essere depositari del potere di un potentissimo essere mitologico, evocabile tramite l’utilizzo della classica super mossa.
Ma la differenziazione degli strumenti a disposizione del giocatore non si ferma qui: è possibile infatti potenziare ciascuna arma (aumentandone così capacità d’attacco e numero di super mosse ad essa legate) ed incastonare in essa delle pietre magiche (un pò come avveniva in Final Fantasy VII) per incrementarne attributi come attacco, difesa e raggio d’azione e dotarle di attributi del tutto particolari (la possibilità di eseguire attacchi critici o di ‘rubare’ all’avversario oggetti e potenziamenti).
Il gioco riesce ad avvincere, capace com’è di ammaliare il giocatore con un’ambientazione mai banale e sempre stupefacente. È quasi impossibile non subire il fascino del mito, e, anche se la storia del gioco prende veramente molte licenze (Aristotele un guerriero degli inferi? Cleopatra una semidea? Icaro malvagio?) e risulta in più di una circostanza confusa e poco chiara, riesce comunque in qualche modo a tenere incollati al televisore, invogliati a sconfiggere quel maledetto boss di fine livello o impegnati nell’esplorazione di un tempio antico o delle rovine del Colosseo.
Uno dei limiti del titolo Tecmo è l’esigua presenza di avversari, durante l’esplorazione degli otto mondi di gioco, e la loro mancanza di varietà. In tutto sono soltanto quattro i diversi tipi di nemici, presentati però almeno in un paio di varianti per ciascun tipo. Un pò poco per un gioco che fa dei combattimenti, così come dell’esplorazione uno dei suoi punti di forza. Va detto che la varietà e l’attenzione è tenuta alta dalla superba realizzazione dei boss di fine e di metà livello, presenti in gran numero e molto ben differenziati l’uno dall’altro, ma ciò non toglie che sarebbe stato gradito un maggior numero di nemici ‘comuni’, soprattutto in considerazione dell’ampia scelta di combo a disposizione del giocatore: alla fine si ha come l’impressione di non riuscire mai a sfruttare appieno l’enorme potenziale d’attacco di Rygar. Per quanto questo aspetto possa sembrare a prima vista positivo, invogliando addirittura alla rigiocabilità del titolo, sarebbe bastato un miglior bilanciamento per garantire maggiori soddisfazioni al giocatore.
La longevità si attesta su buoni livelli: per quanto sia possibile terminare il titolo approssimativamente tra le cinque e le sette ore di gioco, è pur vero che così facendo si lasciano indietro molti dei segreti e degli oggetti disponibili, attraverso i quali è possibile sbloccare gallerie musicali, una collezione di filmati e i bozzetti preparatori del gioco. Senza contare i quattro livelli di difficoltà (si va dal canonico ‘easy’ fino ad arrivare all’impossibile ‘legendary’) che tengono alto il livello di sfida.

L’età dell’oro

Tecnicamente appare evidente l’estrema cura con cui Tecmo ha voluto realizzare la rinascita di Rygar. Texture dettagliate e brillanti, varie e appropriate ricoprono ambienti tridimensionali discretamente complessi. I modelli poligonali di protagonisti ed avversari sono convincenti e riccamente dettagliati e contribuiscono a trasmettere la drammaticità degli eventi. Particolare cura è stata riposta nel trasmettere le giuste proporzioni delle scene di gioco, dettaglio importante se si considera l’epicità che il titolo vuole trasmettere e quanto spesso il protagonista si trovi di fronte a colossali statue, imponenti templi e strutte dalle ciclopiche dimensioni. Varie e ben differenziate le ambientazioni: si parte con il Colosseo, per arrivare a maestose isole sospese nell’aria (un tratto distintivo della serie), passando per passaggi montani, e meravigliosi colonnati. L’impatto grafico è giustamente enfatizzato da inquadrature sempre all’altezza della situazione, pronte a sottolineare un gioco di luce o un suggestivo tramonto o ad eseguire vere e proprie carrellate sul panorama che ci circonda. Unico appunto, una presenza forse troppo accentuata di aliasing, dovuta in parte anche ad una risoluzione grafica al di sopra degli standard medi delle produzioni per Ps2.
A degno completamento di un impatto visivo di tali proporzioni, un comparto audio degno di rilievo: mai banale e sempre suggestiva, la colonna sonora (eseguita dall’orchestra filarmonica di Mosca) si attesta su livelli di pura eccellenza. Discreto anche il doppiaggio dei personaggi, presente purtroppo solo in inglese (il gioco è comunque completamente tradotto in italiano, e i dialoghi sono sottotitolabili). Molto particolare ed interessante la canzone che accompagna la sequenza finale, composta da Izzy Cooper.

Un gioco sopra le righe

Rygar riesce nel delicato compito di riproporre tutto il feeling della produzione originale e di farlo in una nuova veste, sia per quanto riguarda l’impatto estetico che per il gameplay. La magnificenza degli ambienti, la caratterizzazione dei protagonisti e degli avversari principali ed un’azione di gioco varia ed originale quanto basta, giustificano ampiamente l’acquisto di un titolo curato fin nei minimi particolari. Rygar è divertente, coinvolgente e non deluderà né l’appassionato di vecchia data né il curioso in cerca di una nuova avventura.
Gli unici difetti del titolo sono una longevità non certo da record (ma comunque in grado di regalare un discreto numero di ore di gioco) ed una varietà non eccelsa di avversari ‘comuni’ (ad ogni modo più che compensata dalla generosa presenza di boss di fine livello). Gli appassionati di Devil May Cry troveranno in questo Rygar un clone più che valido, per molti versi una rilettura inedita di un gameplay intrigante ed avvincente.
Frenetico, divertente, appassionante ed ottimamente realizzato, il titolo Tecmo è controindicato soltanto a chi non ha mai apprezzato fino in fondo il genere degli arcade puri o non è mai riuscito a farsi piacere Devil May Cry. Il consiglio anche per questi giocatori rimane quello di provare (almeno a noleggio) quello che è ad oggi ,assieme a ‘Contra: Shattered Soldier, il remake meglio riuscito per Ps2 dei grandi classici del passato.
Resta comunque l’amaro in bocca per un titolo che avrebbe potuto sfiorare livelli di pura eccellenza se solo fosse stato maggiormente curato per quanto riguarda la durata dell’esperienza di gioco. Un paio di livelli in più, una curva d’apprendimento leggermente spostata verso l’alto e magari l’aggiunta di qualche avversario a rendere più dura la vita dell’eroe ed avremmo avuto un vero e proprio capolavoro.

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