1977. Il mondo del cinema fu rivoluzionato da quello che inizialmente pareva un normale film di fantascienza spaziale ma che invece settò nuovi standard (alcuni dei quali ancora imbattuti) nell’ambiente: Guerre Stellari. Con un budget ridotto all’osso George Lucas e co. riuscirono a confezionare un prodotto che faceva dei suoi punti forti gli effetti speciali (assai avanzati per l’epoca) e la trama (bella e innovativa). Nel 1980 e nel 1983 uscirono i seguiti ufficiali di Star Wars che conclusero la trilogia: Empire Strikes Back (L’Impero Colpisce Ancora) e Return Of The Jedi (Il Ritorno dello Jedi), il primo superiore nel complesso al prequel, il secondo abbastanza inferiore ai primi due episodi anche se di egregia qualità. Finita quest’era cinematografica di Star Wars, uscì in seguito una serie di videogiochi in grafica vettoriale globalmente discreti ma incapaci di trasmettere le emozioni della saga. Solo nel 1993 apparì il primo titolo che finalmente riuscì ad offrire le sensazioni delle pellicole cinematografiche: X-Wing, uno sparatutto spaziale tridimensionale tecnicamente superbo e con molte componenti simulative. Poco dopo, venne rilasciato il seguito ufficiale di questa perla videoludica, Tie-Fighter. La caratteristica inedita e vincente di questo prodotto LucasArts fu l’opportunità di guidare un pilota dell’Impero anziché dei Ribelli e osservare sotto gli occhi del nemico l’evoluzione della storia narrata nei film. Altri videogiochi basati sull’universo Star Wars furono sviluppati (oltre che libri, ma vale la pena ricordare X-Wing vs Tie-Fighter, Shadow Of The Empire e Jedi Knight) e più o meno tutti, ecceto ad esempio gli action bidimensionali usciti sulle console a 16-bit , erano contraddistinti da un fondamentale punto in comune: il giocatore impersonava un personaggio creato per il videogioco e non appartenente al filone cinematografico, e con Star Wars: Knights Of The Old Republic, Bioware non ha interrotto la tradizione ma l’ha addirittura rafforzata, consentendo all’utente di dar vita al proprio alter ego virtuale senza regole predefinite.
Tanto tempo fa, in un galassia lontana lontana...
Quattromila anni prima della nascita dell’Impero Galattico, la Repubblica è sull’orlo del collasso (tanto per cambiare). Darth Mike...ehm, Darth Malak (sono sempre io, solo che non ho concesso i diritti sul mio nome a LucasArts e Bioware, e così l’hanno modificato), un tempo un valoroso jedi apprendista dell’ancor più valoroso Revan, è caduto assieme al suo maestro nel Lato Oscuro della Forza. Insieme hanno organizzato un’invincibile armata per conquistare la galassia e sopprimere definitivamente la Repubblica, e Malak, in seguito alla morte del suo maestro, è divenuto il Signore dei Sith. Intanto, l’Ordine dei Jedi è nel caos. Molti sono periti in battaglia, altri si sono uniti alla causa dei Sith e pochi sono i sopravvissuti alla guerra e alla tentazione del Lato Oscuro. Tra questi, la coraggiosa Bastila, dotata di uno dei più temuti poteri della Forza, la Meditazione da Battaglia, capace di capovolgere a proprio favore le sorti di uno scontro di qualsiasi proporzione. Darth Malak sa bene che eliminando o convincendo Bastila a legarsi ai Sith, la Repubblica perderebbe un’importante e decisiva pedina in questa sanguinosa e terrificante guerra che potrebbe segnare definitivamente la sua scomparsa. E’ durante un attacco all’astronave dove si trova la giovane Jedi che inizia l’avventura. Siamo nella nostra stanza e il capitano Carth, uno dei migliori membri dell’esercito della Repubblica, ci avverte dell’intercettazione della nave spaziale da parte dei Sith. La potenza nemica è difficile da respingere, non resta che una cosa da fare: salvare Bastila e scappare con lei tramite i gusci di salvataggio sul pianeta Taris. Ben presto si scopre che la ragazza è già fuggita e che l’ultimo guscio di salvataggio è tutto per noi. Abbandonata l’astronave, e incrociando le dita nella speranza che una navicella nemica non colpisca il nostro guscio, ci dirigiamo (o meglio, precipitiamo), sul pianeta sottostante. Tuttavia, quello che succede durante e dopo il volo non lo sappiamo, visto che ci svegliamo storditi sul letto di una camera non ricordando nulla. Dopo che Carth ci ha riordinato le idee, lo scopo principale della missione diventa trovare la ragazza jedi e scappare da questo pianeta. Peccato che non sia tutto così semplice, ma questo è tutto da scoprire. Innanzitutto, è bene precisare che tipo di gioco sia KOTOR e quali siano le sue principali caratteristiche: il titolo Bioware, altro non è che un gdr (come quasi tutti i prodotti creati da questo team) di stampo occidentale, ovvero un gioco di ruolo dove, a differenza di un Final Fantasy, il personaggio principale lo si crea totalmente da zero attribuendogli così un nome, un volto, il sesso, la classe e distribuendo come si desidera i punti a disposizione nelle varie abilità disponibili. Altra specialità dei gdr europei ed americani è l’abbonandaza di side-quest (storie e missioni secondarie) che esulano dalla trama principale (a volte di basso profilo o perfino accessoria) e che spesso rappresentano il punto focale per il coinvolgimento e la longevità in un gioco del genere. Di pari importanza è anche lo svolgimento alterabile della vicenda, solitamente a livelli buoni ma raramente eccezionale. Nonostante non sia possibile stravolgere l’evoluzione della main-quest pur essendo presenti due finali differenti (e forse qualcuno segreto, difficile dirlo se non lo si completa almeno un paio di volte), è concessa l’assoluta libertà nei modi di risoluzione delle numerose mini-quest, le quali, una volta portate a termine, influenzano non solo alcuni degli eventi futuri, ma soprattutto l’allineamento che, a livello intermedio agli inizi, col passare del tempo si consolida (ma mai definitivamente) nel Lato Chiaro della Forza o affonda nel Lato Oscuro. Proprio questo è probabilmente il miglior pregio di KOTOR, le varie conclusioni di ciascuna side-quest inducono a caricare una posizione precedentemente salvata solo per saggiare gli innumerevoli sistemi che portano al compimento delle stesse. Inoltre, essendo possibile che alcuni finali di esse combacino tra di loro, a riverlarsi fondamentale in questi casi è il modo con cui si decide di affrontare la situazione. Le svariate serie di operazioni che si effettuano tramite l’interfaccia di gioco, sono quanto di più comodo si sia mai visto nella categoria dei gdr e dopo i primi minuti di pratica destreggiarsi tra menù, icone e combattimenti diventa semplice e veloce. Oltre alle classiche operazioni di configurazione del gioco e di gestione dei dati salvati, le funzioni presenti nel menù consentono di personalizzare il proprio protagonista, i restanti membri del party (intercambiabili quasi in qualsiasi situazione), l’equipaggiamento (armature, scudi, armi bianche, armi da fuoco e accessori extra) e il comportamento da tenere in battaglia (standard, granatiere o jedi/droide). Passando al sistema di combattimento, non si può certo negare che sia di facile apprendimento. La barra in basso a sinistra consente di effettuare l’azione che si preferisce (attacco normale, attacco speciale, utilizzo di un potere della Forza, uso di un oggetto d’attacco e uso di uno di difesa), mentre sulla destra è visualizzata l’icona del personaggio che si controlla (tasto “Nero” per controllarne un altro), con degli indicatori del livello d’energia e di quello della Forza. Gli scontri, anche se avvengono in tempo reale, sono realizzati in verità a turni, dato che non è possibile infliggere più di un solo attacco o compiere più di una mossa qualsiasi prima di ricevere la risposta dell’avversario (a meno che non si è dotati di un potere speciale). Tale impostazione di gioco obbliga all’utilizzo di un sistema di puntamento automatico del nemico che si sta affrontando, ma tramite i tasti “L” e “R” si può comunque cambiare istantaneamente l’obiettivo nel caso si preferisca colpire e sconfiggere un altro avversario magari col livello d’energia basso o che sta avendo la meglio su un membro del party. Per quanto sia facile imparare il sistema di combattimento, in certi momenti potrebbe essere necessario pensare un attimo alle azioni da intraprendere e di grande utilità in questi casi è il pulsante “Bianco”, che attiva la pausa di gioco durante la quale si possono pianificare le scelte da mettere in pratica in battaglia e fare tutte le cose disponibili normalmente (a parte ovviamente attaccare i nemici). E’ possibile, tramite il tasto “X”, mettere in coda più azioni nel caso si voglia programmare il proprio attacco ed annullare il tutto col tasto “A” (che attiva un comando da eseguire immediatamente). Nel mentre di un particolare pericolo o di una realizzazione di una strategia d’offesa precisa, si può allontanarsi dalla mischia premendo il tasto “B”, che riattiva il sistema di movimento tradizionale e disattiva quello di combattimento, potendo così curare le proprie ferite e prendendo le misure adeguate contro le forze ostili.
I mondi di Kotor
Pur essendo impossibile viaggiare su altri pianeti nelle prime ore di gioco, fin dalle fasi iniziali su Taris si possono scorgere le grandi doti di KOTOR. Già dopo pochi minuti ci si trova di fronte a scelte comportamentali che illuminano con luce fievole la strada del Lato Oscuro o di quello chiaro. Rispondere maleducatamente o minacciare una persona equivale a farsi un nemico che nella migliore delle ipotesi termina ogni tipo di contatto con noi, ma che nella più classica ci attacca per l’offesa. Inutile precisare che con avversari tosti è il caso di mettere da parte il proprio vocabolario di parole, pena un infelice game-over. Le tante locazioni da esplorare (stanze, corridoi, locali, negozi...), oltre ad essere ricche di oggetti da raccogliere, pullulano di persone di svariate categorie e razze con le quali si possono aprire semplici conversazioni (vale a dire senza la finestra di dialogo) o dialoghi completi, dai quali spesso si ottengono informazioni di notevole importanza e incarichi di vario genere. Dopo l’accettazione di un incarico (di nobile valore o di ignobile natura), non resta che seguire uno dei tanti sentieri che si aprono e giungere all’epilogo della side-quest, il quale non è mai definito in base alle azioni commesse precedentemente, ma è determinato spesso dalle scelte che si compiono nell’ultimo incontro con la persona che ci ha affidato la missione. La cosa indubbiamente più divertente è che in molte side-quest è possibile adottare doppi giochi estremamente intricati e tradire persone che non si aspettavano minimamente ripensamenti. Si può anche mentire per ottenere vantaggi o solo per far soffrire la persona con cui si sta parlando, o ancora persuadere un personaggio (il successo o meno dell’operazione dipende tutto dalla quantità di punti dell’abilità Persuasione e delle caratteristiche speciali che si possiedono) per ricevere favori nonché influenzare i suoi pensieri e convincerlo a condotte discutibili. In KOTOR non ci sono però solo dialoghi e combattimenti. Si può anche gareggiare nelle corse di swoop e vincere discrete somme di denaro, giocare a Bazaak (una variazione del blackjack), e di tanto in tanto prendere a laserate qualche navicella dei Sith durante i viaggi nel cosmo. Molto belli sono gli eventi speciali (e appunto per questo rari) da superare (a volte obbligatoriamente) per risolvere particolari side-quest oppure per andare avanti nella storia.
L’aspetto tecnico
Se la giocabilità e il coinvolgimento di gioco sono su vette altissime, è un peccato che non si possa dire esattamente la stessa cosa della grafica. I modelli dei personaggi umani per quanto non appaiono grezzi, sono composti comunque da un numero decisamente basso di poligoni e a mascherare in parte le loro pecche ci sono se non altro gli indumenti e le armature, ricoperte da buone texture e caratterizzate da effetti simili a quelli visti in Halo. Curati abbastanza meglio sono i modelli delle razze aliene, in particolare i volti; per fare un esempio, gli abitanti originari del pianeta Maan (di natura acquatica) forniscono un’ottima impressione sembrando davvero viscidi e umidi. Inoltre, anche se si è visto di meglio, le espressioni facciali di quasi tutti i personaggi sono realizzate molto bene, peccato solo che i volti si ripetano un po’ troppo e non si sia pensato di diversificarli maggiormente. I pregi però si fermano qui. Nonostante sia un’affermazione forte, il motore grafico nel suo complesso appare tranquillamente gestibile anche dal caro e vecchio Dreamcast (console che comunque vanta un titolo tecnicamente meraviglioso come Shenmue 2). Texture ottime si vedono quasi solo sul pianeta Korribaan e sulle sue pareti rocciose, mentre degli ambienti esterni degli altri mondi, come realizzazione globale, si salvano solo quelli di Taris (con gli imponenti edifici e le astronavi che viaggiano sullo sfondo) e Maan (importante centro di commercio e perla tecnologica della Repubblica). Molto deludente è Tatooine con le sue costruzioni gialle e grigie, riprodotto così male che sembra essere stato creato velocemente e supeficialmente. Il traffico di persone è quasi inesistente e le zone esplorabili sono notevolmente limitate. A onor del vero, l’unico pianeta che appare realmente popolato e vivo è Maan, visto che Taris ha il suo via-e-vai solo in pochissime zone, mentre gli altri sembrano perfino desolati. L’IA dei personaggi non giocanti è nella norma, quando però si pensa a titoli come Shenmue (che non è un gdr) e Gothic (che gdr lo è) dove ciascun individuo ha una sua vita sociale (chi non è rimasto meravigliato quando si vedeva nel gioco Sega un negoziante che verso sera abbassava la saracinesca e si dirigeva verso casa sua, o quando un’anziana che faceva la sua passeggiata quotidiana si fermava con una sua amica a scambiare quattro chiacchiere?), non si riesce a trovare spiegazioni sul perché le persone in KOTOR non hanno un mestiere e una casa, né dei momenti d’intrattenimento con amici e colleghi di lavoro. Ben diversa è l’IA dei membri del party, sempre decisivi nelle sorti di una battaglia anche se hanno una piccola tendenza a non utilizzare i kit medici.
Conclusioni
Non ci sono parole per descrivere il valore effettivo di KOTOR. Quello che però si riesce a dire abbastanza disinvoltamente è che per diverse cose lascia l’amaro in bocca. Questo perché il gdr svilupato da Bioware è quasi sicuramente il miglior gioco per Xbox e lo si può affermare senza alcun timore di smentita, Halo è definitivamente scalzato ed è costretto a passare lo scettro. Gli unici giochi che lo possono battere sono il futuro sequel, ormai sicuro, Half-Life 2, Fable ed il seguito del titolo Bungie. Innanzitutto, i sottogiochi, eccetto il Bazaak (per il quale poteva essere implementanto un campionato ufficiale anziché permettere solamente partite singole), sono realizzati in maniera pessima: la corsa con gli swoop dura pochissimo, neanche 30 secondi, ed è una sorta di time trial per nulla appagante. Non era meglio organizzare delle gare con più swoop contemporanemanente consentendo l’uso di armi e scudi alla Wipeout? Scandalosa poi la sezione di combattimento in prima persona contro le navicelle Sith. Sarebbe stato saggio includere pure l’opportunità di trovare dei lavori part-time fissi (cioè sempre disponibili) oltre che creare una struttura di vita virtuale per i personaggi non giocanti. Se Bioware avesse pensato di inserire accuratamente questi particolari e avesse dato un senso ai sottogiochi, l’esperienza di gioco di KOTOR avrebbe addirittura toccato livelli superiori, ma nonostante questo il gdr in questione è capace di regalare delle emozioni così intense che lo rendono forse il miglior titolo della categoria (escludendo quindi i gdr online). La trama tiene incollati allo schermo fin dalle prime battute di gioco, la libertà d’azione nelle mini-quest è altissima, i combattimenti non sono mai noiosi e scontati (parecchie volte capita che uno scontro lo si perde per non aver organizzato un piano serio per eliminare i nemici), e il tempo richiesto per terminare l’avventura è oltre le cinquanta ore se si ha l’intenzione di completare le missioni secondarie (in caso contrario lo si finisce in breve tempo senza tra l’altro essersi gustato il gioco come si dovrebbe). In definitiva, non acquistare KOTOR equivale a perdersi una pagina importante della storia dei videogiochi, visto che è già entrato di diritto nella classifica dei migliori giochi in assoluto. E’ proprio il caso di dire, mai come questa volta, che “La Forza scorre potente nell’Xbox”. Complimenti Bioware! P.S. La versione recensita è quella italiana della CTO, ma nel giro di breve tempo l'unica versione disponibile nei negozi sarà quella inglese di Halifax, per cui se avete intenzione di acquistare il gioco fatelo adesso o ve ne pentirete. :)
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Recensione Star Wars: Knights of the Old Republic
Leggi la nostra recensione e le opinioni sul videogioco Star Wars: Knights of the Old Republic - 299
Introduzione
1977. Il mondo del cinema
fu rivoluzionato da quello che inizialmente pareva un normale film di
fantascienza spaziale ma che invece settò nuovi standard (alcuni dei quali
ancora imbattuti) nell’ambiente: Guerre Stellari. Con un budget ridotto all’osso
George Lucas e co. riuscirono a confezionare un prodotto che faceva dei suoi
punti forti gli effetti speciali (assai avanzati per l’epoca) e la trama (bella
e innovativa). Nel 1980 e nel 1983 uscirono i seguiti ufficiali di Star Wars che
conclusero la trilogia: Empire Strikes Back (L’Impero Colpisce Ancora) e Return
Of The Jedi (Il Ritorno dello Jedi), il primo superiore nel complesso al
prequel, il secondo abbastanza inferiore ai primi due episodi anche se di
egregia qualità. Finita quest’era cinematografica di Star Wars, uscì in seguito
una serie di videogiochi in grafica vettoriale globalmente discreti ma incapaci
di trasmettere le emozioni della saga. Solo nel 1993 apparì il primo titolo che
finalmente riuscì ad offrire le sensazioni delle pellicole cinematografiche:
X-Wing, uno sparatutto spaziale tridimensionale tecnicamente superbo e con molte
componenti simulative. Poco dopo, venne rilasciato il seguito ufficiale di
questa perla videoludica, Tie-Fighter. La caratteristica inedita e vincente di
questo prodotto LucasArts fu l’opportunità di guidare un pilota dell’Impero
anziché dei Ribelli e osservare sotto gli occhi del nemico l’evoluzione della
storia narrata nei film. Altri videogiochi basati sull’universo Star Wars furono
sviluppati (oltre che libri, ma vale la pena ricordare X-Wing vs Tie-Fighter,
Shadow Of The Empire e Jedi Knight) e più o meno tutti, ecceto ad esempio gli
action bidimensionali usciti sulle console a 16-bit , erano contraddistinti da
un fondamentale punto in comune: il giocatore impersonava un personaggio creato
per il videogioco e non appartenente al filone cinematografico, e con Star Wars:
Knights Of The Old Republic, Bioware non ha interrotto la tradizione ma l’ha
addirittura rafforzata, consentendo all’utente di dar vita al proprio alter ego
virtuale senza regole predefinite.
Tanto tempo fa, in un galassia lontana lontana...
Quattromila anni prima della nascita
dell’Impero Galattico, la Repubblica è sull’orlo del collasso (tanto per
cambiare). Darth Mike...ehm, Darth Malak (sono sempre io, solo che non ho
concesso i diritti sul mio nome a LucasArts e Bioware, e così l’hanno
modificato), un tempo un valoroso jedi apprendista dell’ancor più valoroso
Revan, è caduto assieme al suo maestro nel Lato Oscuro della Forza. Insieme
hanno organizzato un’invincibile armata per conquistare la galassia e sopprimere
definitivamente la Repubblica, e Malak, in seguito alla morte del suo maestro, è
divenuto il Signore dei Sith. Intanto, l’Ordine dei Jedi è nel caos. Molti sono
periti in battaglia, altri si sono uniti alla causa dei Sith e pochi sono i
sopravvissuti alla guerra e alla tentazione del Lato Oscuro. Tra questi, la
coraggiosa Bastila, dotata di uno dei più temuti poteri della Forza, la
Meditazione da Battaglia, capace di capovolgere a proprio favore le sorti di uno
scontro di qualsiasi proporzione. Darth Malak sa bene che eliminando o
convincendo Bastila a legarsi ai Sith, la Repubblica perderebbe un’importante e
decisiva pedina in questa sanguinosa e terrificante guerra che potrebbe segnare
definitivamente la sua scomparsa. E’ durante un attacco all’astronave dove si
trova la giovane Jedi che inizia l’avventura. Siamo nella nostra stanza e il
capitano Carth, uno dei migliori membri dell’esercito della Repubblica, ci
avverte dell’intercettazione della nave spaziale da parte dei Sith. La potenza
nemica è difficile da respingere, non resta che una cosa da fare: salvare
Bastila e scappare con lei tramite i gusci di salvataggio sul pianeta Taris. Ben
presto si scopre che la ragazza è già fuggita e che l’ultimo guscio di
salvataggio è tutto per noi. Abbandonata l’astronave, e incrociando le dita
nella speranza che una navicella nemica non colpisca il nostro guscio, ci
dirigiamo (o meglio, precipitiamo), sul pianeta sottostante. Tuttavia, quello
che succede durante e dopo il volo non lo sappiamo, visto che ci svegliamo
storditi sul letto di una camera non ricordando nulla. Dopo che Carth ci ha
riordinato le idee, lo scopo principale della missione diventa trovare la
ragazza jedi e scappare da questo pianeta. Peccato che non sia tutto così
semplice, ma questo è tutto da scoprire. Innanzitutto, è bene precisare che tipo
di gioco sia KOTOR e quali siano le sue principali caratteristiche: il titolo
Bioware, altro non è che un gdr (come quasi tutti i prodotti creati da questo
team) di stampo occidentale, ovvero un gioco di ruolo dove, a differenza di un
Final Fantasy, il personaggio principale lo si crea totalmente da zero
attribuendogli così un nome, un volto, il sesso, la classe e distribuendo come
si desidera i punti a disposizione nelle varie abilità disponibili. Altra
specialità dei gdr europei ed americani è l’abbonandaza di side-quest (storie e
missioni secondarie) che esulano dalla trama principale (a volte di basso
profilo o perfino accessoria) e che spesso rappresentano il punto focale per il
coinvolgimento e la longevità in un gioco del genere. Di pari importanza è anche
lo svolgimento alterabile della vicenda, solitamente a livelli buoni ma
raramente eccezionale. Nonostante non sia possibile stravolgere l’evoluzione
della main-quest pur essendo presenti due finali differenti (e forse qualcuno
segreto, difficile dirlo se non lo si completa almeno un paio di volte), è
concessa l’assoluta libertà nei modi di risoluzione delle numerose mini-quest,
le quali, una volta portate a termine, influenzano non solo alcuni degli eventi
futuri, ma soprattutto l’allineamento che, a livello intermedio agli inizi, col
passare del tempo si consolida (ma mai definitivamente) nel Lato Chiaro della
Forza o affonda nel Lato Oscuro. Proprio questo è probabilmente il miglior
pregio di KOTOR, le varie conclusioni di ciascuna side-quest inducono a caricare
una posizione precedentemente salvata solo per saggiare gli innumerevoli sistemi
che portano al compimento delle stesse. Inoltre, essendo possibile che alcuni
finali di esse combacino tra di loro, a riverlarsi fondamentale in questi casi è
il modo con cui si decide di affrontare la situazione. Le svariate serie di
operazioni che si effettuano tramite l’interfaccia di gioco, sono quanto di più
comodo si sia mai visto nella categoria dei gdr e dopo i primi minuti di pratica
destreggiarsi tra menù, icone e combattimenti diventa semplice e veloce. Oltre
alle classiche operazioni di configurazione del gioco e di gestione dei dati
salvati, le funzioni presenti nel menù consentono di personalizzare il proprio
protagonista, i restanti membri del party (intercambiabili quasi in qualsiasi
situazione), l’equipaggiamento (armature, scudi, armi bianche, armi da fuoco e
accessori extra) e il comportamento da tenere in battaglia (standard, granatiere
o jedi/droide). Passando al sistema di combattimento, non si può certo negare
che sia di facile apprendimento. La barra in basso a sinistra consente di
effettuare l’azione che si preferisce (attacco normale, attacco speciale,
utilizzo di un potere della Forza, uso di un oggetto d’attacco e uso di uno di
difesa), mentre sulla destra è visualizzata l’icona del personaggio che si
controlla (tasto “Nero” per controllarne un altro), con degli indicatori del
livello d’energia e di quello della Forza. Gli scontri, anche se avvengono in
tempo reale, sono realizzati in verità a turni, dato che non è possibile
infliggere più di un solo attacco o compiere più di una mossa qualsiasi prima di
ricevere la risposta dell’avversario (a meno che non si è dotati di un potere
speciale). Tale impostazione di gioco obbliga all’utilizzo di un sistema di
puntamento automatico del nemico che si sta affrontando, ma tramite i tasti “L”
e “R” si può comunque cambiare istantaneamente l’obiettivo nel caso si
preferisca colpire e sconfiggere un altro avversario magari col livello
d’energia basso o che sta avendo la meglio su un membro del party. Per quanto
sia facile imparare il sistema di combattimento, in certi momenti potrebbe
essere necessario pensare un attimo alle azioni da intraprendere e di grande
utilità in questi casi è il pulsante “Bianco”, che attiva la pausa di gioco
durante la quale si possono pianificare le scelte da mettere in pratica in
battaglia e fare tutte le cose disponibili normalmente (a parte ovviamente
attaccare i nemici). E’ possibile, tramite il tasto “X”, mettere in coda più
azioni nel caso si voglia programmare il proprio attacco ed annullare il tutto
col tasto “A” (che attiva un comando da eseguire immediatamente). Nel mentre di
un particolare pericolo o di una realizzazione di una strategia d’offesa
precisa, si può allontanarsi dalla mischia premendo il tasto “B”, che riattiva
il sistema di movimento tradizionale e disattiva quello di combattimento,
potendo così curare le proprie ferite e prendendo le misure adeguate contro le
forze ostili.
I mondi di Kotor
Pur essendo impossibile viaggiare su altri pianeti nelle prime
ore di gioco, fin dalle fasi iniziali su Taris si possono scorgere le grandi
doti di KOTOR. Già dopo pochi minuti ci si trova di fronte a scelte
comportamentali che illuminano con luce fievole la strada del Lato Oscuro o di
quello chiaro. Rispondere maleducatamente o minacciare una persona equivale a
farsi un nemico che nella migliore delle ipotesi termina ogni tipo di contatto
con noi, ma che nella più classica ci attacca per l’offesa. Inutile precisare
che con avversari tosti è il caso di mettere da parte il proprio vocabolario di
parole, pena un infelice game-over. Le tante locazioni da esplorare (stanze,
corridoi, locali, negozi...), oltre ad essere ricche di oggetti da raccogliere,
pullulano di persone di svariate categorie e razze con le quali si possono
aprire semplici conversazioni (vale a dire senza la finestra di dialogo) o
dialoghi completi, dai quali spesso si ottengono informazioni di notevole
importanza e incarichi di vario genere. Dopo l’accettazione di un incarico (di
nobile valore o di ignobile natura), non resta che seguire uno dei tanti
sentieri che si aprono e giungere all’epilogo della side-quest, il quale non è
mai definito in base alle azioni commesse precedentemente, ma è determinato
spesso dalle scelte che si compiono nell’ultimo incontro con la persona che ci
ha affidato la missione. La cosa indubbiamente più divertente è che in molte
side-quest è possibile adottare doppi giochi estremamente intricati e tradire
persone che non si aspettavano minimamente ripensamenti. Si può anche mentire
per ottenere vantaggi o solo per far soffrire la persona con cui si sta
parlando, o ancora persuadere un personaggio (il successo o meno dell’operazione
dipende tutto dalla quantità di punti dell’abilità Persuasione e delle
caratteristiche speciali che si possiedono) per ricevere favori nonché
influenzare i suoi pensieri e convincerlo a condotte discutibili. In KOTOR non
ci sono però solo dialoghi e combattimenti. Si può anche gareggiare nelle corse
di swoop e vincere discrete somme di denaro, giocare a Bazaak (una variazione
del blackjack), e di tanto in tanto prendere a laserate qualche navicella dei
Sith durante i viaggi nel cosmo. Molto belli sono gli eventi speciali (e appunto
per questo rari) da superare (a volte obbligatoriamente) per risolvere
particolari side-quest oppure per andare avanti nella storia.
L’aspetto tecnico
Se la
giocabilità e il coinvolgimento di gioco sono su vette altissime, è un peccato
che non si possa dire esattamente la stessa cosa della grafica. I modelli dei
personaggi umani per quanto non appaiono grezzi, sono composti comunque da un
numero decisamente basso di poligoni e a mascherare in parte le loro pecche ci
sono se non altro gli indumenti e le armature, ricoperte da buone texture e
caratterizzate da effetti simili a quelli visti in Halo. Curati abbastanza
meglio sono i modelli delle razze aliene, in particolare i volti; per fare un
esempio, gli abitanti originari del pianeta Maan (di natura acquatica)
forniscono un’ottima impressione sembrando davvero viscidi e umidi. Inoltre,
anche se si è visto di meglio, le espressioni facciali di quasi tutti i
personaggi sono realizzate molto bene, peccato solo che i volti si ripetano un
po’ troppo e non si sia pensato di diversificarli maggiormente. I pregi però si
fermano qui. Nonostante sia un’affermazione forte, il motore grafico nel suo
complesso appare tranquillamente gestibile anche dal caro e vecchio Dreamcast
(console che comunque vanta un titolo tecnicamente meraviglioso come Shenmue 2).
Texture ottime si vedono quasi solo sul pianeta Korribaan e sulle sue pareti
rocciose, mentre degli ambienti esterni degli altri mondi, come realizzazione
globale, si salvano solo quelli di Taris (con gli imponenti edifici e le
astronavi che viaggiano sullo sfondo) e Maan (importante centro di commercio e
perla tecnologica della Repubblica). Molto deludente è Tatooine con le sue
costruzioni gialle e grigie, riprodotto così male che sembra essere stato creato
velocemente e supeficialmente. Il traffico di persone è quasi inesistente e le
zone esplorabili sono notevolmente limitate. A onor del vero, l’unico pianeta
che appare realmente popolato e vivo è Maan, visto che Taris ha il suo via-e-vai
solo in pochissime zone, mentre gli altri sembrano perfino desolati. L’IA dei
personaggi non giocanti è nella norma, quando però si pensa a titoli come
Shenmue (che non è un gdr) e Gothic (che gdr lo è) dove ciascun individuo ha una
sua vita sociale (chi non è rimasto meravigliato quando si vedeva nel gioco Sega
un negoziante che verso sera abbassava la saracinesca e si dirigeva verso casa
sua, o quando un’anziana che faceva la sua passeggiata quotidiana si fermava con
una sua amica a scambiare quattro chiacchiere?), non si riesce a trovare
spiegazioni sul perché le persone in KOTOR non hanno un mestiere e una casa, né
dei momenti d’intrattenimento con amici e colleghi di lavoro. Ben diversa è l’IA
dei membri del party, sempre decisivi nelle sorti di una battaglia anche se
hanno una piccola tendenza a non utilizzare i kit medici.
Conclusioni
Non ci sono parole
per descrivere il valore effettivo di KOTOR. Quello che però si riesce a dire
abbastanza disinvoltamente è che per diverse cose lascia l’amaro in bocca.
Questo perché il gdr svilupato da Bioware è quasi sicuramente il miglior gioco
per Xbox e lo si può affermare senza alcun timore di smentita, Halo è
definitivamente scalzato ed è costretto a passare lo scettro. Gli unici giochi
che lo possono battere sono il futuro sequel, ormai sicuro, Half-Life 2, Fable
ed il seguito del titolo Bungie. Innanzitutto, i sottogiochi, eccetto il Bazaak
(per il quale poteva essere implementanto un campionato ufficiale anziché
permettere solamente partite singole), sono realizzati in maniera pessima: la
corsa con gli swoop dura pochissimo, neanche 30 secondi, ed è una sorta di time
trial per nulla appagante. Non era meglio organizzare delle gare con più swoop
contemporanemanente consentendo l’uso di armi e scudi alla Wipeout? Scandalosa
poi la sezione di combattimento in prima persona contro le navicelle Sith.
Sarebbe stato saggio includere pure l’opportunità di trovare dei lavori
part-time fissi (cioè sempre disponibili) oltre che creare una struttura di vita
virtuale per i personaggi non giocanti. Se Bioware avesse pensato di inserire
accuratamente questi particolari e avesse dato un senso ai sottogiochi,
l’esperienza di gioco di KOTOR avrebbe addirittura toccato livelli superiori, ma
nonostante questo il gdr in questione è capace di regalare delle emozioni così
intense che lo rendono forse il miglior titolo della categoria (escludendo
quindi i gdr online). La trama tiene incollati allo schermo fin dalle prime
battute di gioco, la libertà d’azione nelle mini-quest è altissima, i
combattimenti non sono mai noiosi e scontati (parecchie volte capita che uno
scontro lo si perde per non aver organizzato un piano serio per eliminare i
nemici), e il tempo richiesto per terminare l’avventura è oltre le cinquanta ore
se si ha l’intenzione di completare le missioni secondarie (in caso contrario lo
si finisce in breve tempo senza tra l’altro essersi gustato il gioco come si
dovrebbe). In definitiva, non acquistare KOTOR equivale a perdersi una pagina
importante della storia dei videogiochi, visto che è già entrato di diritto
nella classifica dei migliori giochi in assoluto. E’ proprio il caso di dire,
mai come questa volta, che “La Forza scorre potente nell’Xbox”. Complimenti
Bioware! P.S. La versione recensita è quella italiana della CTO, ma nel giro di
breve tempo l'unica versione disponibile nei negozi sarà quella inglese di
Halifax, per cui se avete intenzione di acquistare il gioco fatelo adesso o ve
ne pentirete. :)
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