Recensione Star Wars: Knights of the Old Republic

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Recensione Star Wars: Knights of the Old  Republic
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  • Xbox
  • Pc
  • Introduzione

    1977. Il mondo del cinema
    fu rivoluzionato da quello che inizialmente pareva un normale film di
    fantascienza spaziale ma che invece settò nuovi standard (alcuni dei quali
    ancora imbattuti) nell’ambiente: Guerre Stellari. Con un budget ridotto all’osso
    George Lucas e co. riuscirono a confezionare un prodotto che faceva dei suoi
    punti forti gli effetti speciali (assai avanzati per l’epoca) e la trama (bella
    e innovativa). Nel 1980 e nel 1983 uscirono i seguiti ufficiali di Star Wars che
    conclusero la trilogia: Empire Strikes Back (L’Impero Colpisce Ancora) e Return
    Of The Jedi (Il Ritorno dello Jedi), il primo superiore nel complesso al
    prequel, il secondo abbastanza inferiore ai primi due episodi anche se di
    egregia qualità. Finita quest’era cinematografica di Star Wars, uscì in seguito
    una serie di videogiochi in grafica vettoriale globalmente discreti ma incapaci
    di trasmettere le emozioni della saga. Solo nel 1993 apparì il primo titolo che
    finalmente riuscì ad offrire le sensazioni delle pellicole cinematografiche:
    X-Wing, uno sparatutto spaziale tridimensionale tecnicamente superbo e con molte
    componenti simulative. Poco dopo, venne rilasciato il seguito ufficiale di
    questa perla videoludica, Tie-Fighter. La caratteristica inedita e vincente di
    questo prodotto LucasArts fu l’opportunità di guidare un pilota dell’Impero
    anziché dei Ribelli e osservare sotto gli occhi del nemico l’evoluzione della
    storia narrata nei film. Altri videogiochi basati sull’universo Star Wars furono
    sviluppati (oltre che libri, ma vale la pena ricordare X-Wing vs Tie-Fighter,
    Shadow Of The Empire e Jedi Knight) e più o meno tutti, ecceto ad esempio gli
    action bidimensionali usciti sulle console a 16-bit , erano contraddistinti da
    un fondamentale punto in comune: il giocatore impersonava un personaggio creato
    per il videogioco e non appartenente al filone cinematografico, e con Star Wars:
    Knights Of The Old Republic, Bioware non ha interrotto la tradizione ma l’ha
    addirittura rafforzata, consentendo all’utente di dar vita al proprio alter ego
    virtuale senza regole predefinite.

    Tanto tempo fa, in un galassia lontana lontana...

    Quattromila anni prima della nascita
    dell’Impero Galattico, la Repubblica è sull’orlo del collasso (tanto per
    cambiare). Darth Mike...ehm, Darth Malak (sono sempre io, solo che non ho
    concesso i diritti sul mio nome a LucasArts e Bioware, e così l’hanno
    modificato), un tempo un valoroso jedi apprendista dell’ancor più valoroso
    Revan, è caduto assieme al suo maestro nel Lato Oscuro della Forza. Insieme
    hanno organizzato un’invincibile armata per conquistare la galassia e sopprimere
    definitivamente la Repubblica, e Malak, in seguito alla morte del suo maestro, è
    divenuto il Signore dei Sith. Intanto, l’Ordine dei Jedi è nel caos. Molti sono
    periti in battaglia, altri si sono uniti alla causa dei Sith e pochi sono i
    sopravvissuti alla guerra e alla tentazione del Lato Oscuro. Tra questi, la
    coraggiosa Bastila, dotata di uno dei più temuti poteri della Forza, la
    Meditazione da Battaglia, capace di capovolgere a proprio favore le sorti di uno
    scontro di qualsiasi proporzione. Darth Malak sa bene che eliminando o
    convincendo Bastila a legarsi ai Sith, la Repubblica perderebbe un’importante e
    decisiva pedina in questa sanguinosa e terrificante guerra che potrebbe segnare
    definitivamente la sua scomparsa. E’ durante un attacco all’astronave dove si
    trova la giovane Jedi che inizia l’avventura. Siamo nella nostra stanza e il
    capitano Carth, uno dei migliori membri dell’esercito della Repubblica, ci
    avverte dell’intercettazione della nave spaziale da parte dei Sith. La potenza
    nemica è difficile da respingere, non resta che una cosa da fare: salvare
    Bastila e scappare con lei tramite i gusci di salvataggio sul pianeta Taris. Ben
    presto si scopre che la ragazza è già fuggita e che l’ultimo guscio di
    salvataggio è tutto per noi. Abbandonata l’astronave, e incrociando le dita
    nella speranza che una navicella nemica non colpisca il nostro guscio, ci
    dirigiamo (o meglio, precipitiamo), sul pianeta sottostante. Tuttavia, quello
    che succede durante e dopo il volo non lo sappiamo, visto che ci svegliamo
    storditi sul letto di una camera non ricordando nulla. Dopo che Carth ci ha
    riordinato le idee, lo scopo principale della missione diventa trovare la
    ragazza jedi e scappare da questo pianeta. Peccato che non sia tutto così
    semplice, ma questo è tutto da scoprire. Innanzitutto, è bene precisare che tipo
    di gioco sia KOTOR e quali siano le sue principali caratteristiche: il titolo
    Bioware, altro non è che un gdr (come quasi tutti i prodotti creati da questo
    team) di stampo occidentale, ovvero un gioco di ruolo dove, a differenza di un
    Final Fantasy, il personaggio principale lo si crea totalmente da zero
    attribuendogli così un nome, un volto, il sesso, la classe e distribuendo come
    si desidera i punti a disposizione nelle varie abilità disponibili. Altra
    specialità dei gdr europei ed americani è l’abbonandaza di side-quest (storie e
    missioni secondarie) che esulano dalla trama principale (a volte di basso
    profilo o perfino accessoria) e che spesso rappresentano il punto focale per il
    coinvolgimento e la longevità in un gioco del genere. Di pari importanza è anche
    lo svolgimento alterabile della vicenda, solitamente a livelli buoni ma
    raramente eccezionale. Nonostante non sia possibile stravolgere l’evoluzione
    della main-quest pur essendo presenti due finali differenti (e forse qualcuno
    segreto, difficile dirlo se non lo si completa almeno un paio di volte), è
    concessa l’assoluta libertà nei modi di risoluzione delle numerose mini-quest,
    le quali, una volta portate a termine, influenzano non solo alcuni degli eventi
    futuri, ma soprattutto l’allineamento che, a livello intermedio agli inizi, col
    passare del tempo si consolida (ma mai definitivamente) nel Lato Chiaro della
    Forza o affonda nel Lato Oscuro. Proprio questo è probabilmente il miglior
    pregio di KOTOR, le varie conclusioni di ciascuna side-quest inducono a caricare
    una posizione precedentemente salvata solo per saggiare gli innumerevoli sistemi
    che portano al compimento delle stesse. Inoltre, essendo possibile che alcuni
    finali di esse combacino tra di loro, a riverlarsi fondamentale in questi casi è
    il modo con cui si decide di affrontare la situazione. Le svariate serie di
    operazioni che si effettuano tramite l’interfaccia di gioco, sono quanto di più
    comodo si sia mai visto nella categoria dei gdr e dopo i primi minuti di pratica
    destreggiarsi tra menù, icone e combattimenti diventa semplice e veloce. Oltre
    alle classiche operazioni di configurazione del gioco e di gestione dei dati
    salvati, le funzioni presenti nel menù consentono di personalizzare il proprio
    protagonista, i restanti membri del party (intercambiabili quasi in qualsiasi
    situazione), l’equipaggiamento (armature, scudi, armi bianche, armi da fuoco e
    accessori extra) e il comportamento da tenere in battaglia (standard, granatiere
    o jedi/droide). Passando al sistema di combattimento, non si può certo negare
    che sia di facile apprendimento. La barra in basso a sinistra consente di
    effettuare l’azione che si preferisce (attacco normale, attacco speciale,
    utilizzo di un potere della Forza, uso di un oggetto d’attacco e uso di uno di
    difesa), mentre sulla destra è visualizzata l’icona del personaggio che si
    controlla (tasto “Nero” per controllarne un altro), con degli indicatori del
    livello d’energia e di quello della Forza. Gli scontri, anche se avvengono in
    tempo reale, sono realizzati in verità a turni, dato che non è possibile
    infliggere più di un solo attacco o compiere più di una mossa qualsiasi prima di
    ricevere la risposta dell’avversario (a meno che non si è dotati di un potere
    speciale). Tale impostazione di gioco obbliga all’utilizzo di un sistema di
    puntamento automatico del nemico che si sta affrontando, ma tramite i tasti “L”
    e “R” si può comunque cambiare istantaneamente l’obiettivo nel caso si
    preferisca colpire e sconfiggere un altro avversario magari col livello
    d’energia basso o che sta avendo la meglio su un membro del party. Per quanto
    sia facile imparare il sistema di combattimento, in certi momenti potrebbe
    essere necessario pensare un attimo alle azioni da intraprendere e di grande
    utilità in questi casi è il pulsante “Bianco”, che attiva la pausa di gioco
    durante la quale si possono pianificare le scelte da mettere in pratica in
    battaglia e fare tutte le cose disponibili normalmente (a parte ovviamente
    attaccare i nemici). E’ possibile, tramite il tasto “X”, mettere in coda più
    azioni nel caso si voglia programmare il proprio attacco ed annullare il tutto
    col tasto “A” (che attiva un comando da eseguire immediatamente). Nel mentre di
    un particolare pericolo o di una realizzazione di una strategia d’offesa
    precisa, si può allontanarsi dalla mischia premendo il tasto “B”, che riattiva
    il sistema di movimento tradizionale e disattiva quello di combattimento,
    potendo così curare le proprie ferite e prendendo le misure adeguate contro le
    forze ostili.

    I mondi di Kotor

    Pur essendo impossibile viaggiare su altri pianeti nelle prime
    ore di gioco, fin dalle fasi iniziali su Taris si possono scorgere le grandi
    doti di KOTOR. Già dopo pochi minuti ci si trova di fronte a scelte
    comportamentali che illuminano con luce fievole la strada del Lato Oscuro o di
    quello chiaro. Rispondere maleducatamente o minacciare una persona equivale a
    farsi un nemico che nella migliore delle ipotesi termina ogni tipo di contatto
    con noi, ma che nella più classica ci attacca per l’offesa. Inutile precisare
    che con avversari tosti è il caso di mettere da parte il proprio vocabolario di
    parole, pena un infelice game-over. Le tante locazioni da esplorare (stanze,
    corridoi, locali, negozi...), oltre ad essere ricche di oggetti da raccogliere,
    pullulano di persone di svariate categorie e razze con le quali si possono
    aprire semplici conversazioni (vale a dire senza la finestra di dialogo) o
    dialoghi completi, dai quali spesso si ottengono informazioni di notevole
    importanza e incarichi di vario genere. Dopo l’accettazione di un incarico (di
    nobile valore o di ignobile natura), non resta che seguire uno dei tanti
    sentieri che si aprono e giungere all’epilogo della side-quest, il quale non è
    mai definito in base alle azioni commesse precedentemente, ma è determinato
    spesso dalle scelte che si compiono nell’ultimo incontro con la persona che ci
    ha affidato la missione. La cosa indubbiamente più divertente è che in molte
    side-quest è possibile adottare doppi giochi estremamente intricati e tradire
    persone che non si aspettavano minimamente ripensamenti. Si può anche mentire
    per ottenere vantaggi o solo per far soffrire la persona con cui si sta
    parlando, o ancora persuadere un personaggio (il successo o meno dell’operazione
    dipende tutto dalla quantità di punti dell’abilità Persuasione e delle
    caratteristiche speciali che si possiedono) per ricevere favori nonché
    influenzare i suoi pensieri e convincerlo a condotte discutibili. In KOTOR non
    ci sono però solo dialoghi e combattimenti. Si può anche gareggiare nelle corse
    di swoop e vincere discrete somme di denaro, giocare a Bazaak (una variazione
    del blackjack), e di tanto in tanto prendere a laserate qualche navicella dei
    Sith durante i viaggi nel cosmo. Molto belli sono gli eventi speciali (e appunto
    per questo rari) da superare (a volte obbligatoriamente) per risolvere
    particolari side-quest oppure per andare avanti nella storia.

    L’aspetto tecnico

    Se la
    giocabilità e il coinvolgimento di gioco sono su vette altissime, è un peccato
    che non si possa dire esattamente la stessa cosa della grafica. I modelli dei
    personaggi umani per quanto non appaiono grezzi, sono composti comunque da un
    numero decisamente basso di poligoni e a mascherare in parte le loro pecche ci
    sono se non altro gli indumenti e le armature, ricoperte da buone texture e
    caratterizzate da effetti simili a quelli visti in Halo. Curati abbastanza
    meglio sono i modelli delle razze aliene, in particolare i volti; per fare un
    esempio, gli abitanti originari del pianeta Maan (di natura acquatica)
    forniscono un’ottima impressione sembrando davvero viscidi e umidi. Inoltre,
    anche se si è visto di meglio, le espressioni facciali di quasi tutti i
    personaggi sono realizzate molto bene, peccato solo che i volti si ripetano un
    po’ troppo e non si sia pensato di diversificarli maggiormente. I pregi però si
    fermano qui. Nonostante sia un’affermazione forte, il motore grafico nel suo
    complesso appare tranquillamente gestibile anche dal caro e vecchio Dreamcast
    (console che comunque vanta un titolo tecnicamente meraviglioso come Shenmue 2).
    Texture ottime si vedono quasi solo sul pianeta Korribaan e sulle sue pareti
    rocciose, mentre degli ambienti esterni degli altri mondi, come realizzazione
    globale, si salvano solo quelli di Taris (con gli imponenti edifici e le
    astronavi che viaggiano sullo sfondo) e Maan (importante centro di commercio e
    perla tecnologica della Repubblica). Molto deludente è Tatooine con le sue
    costruzioni gialle e grigie, riprodotto così male che sembra essere stato creato
    velocemente e supeficialmente. Il traffico di persone è quasi inesistente e le
    zone esplorabili sono notevolmente limitate. A onor del vero, l’unico pianeta
    che appare realmente popolato e vivo è Maan, visto che Taris ha il suo via-e-vai
    solo in pochissime zone, mentre gli altri sembrano perfino desolati. L’IA dei
    personaggi non giocanti è nella norma, quando però si pensa a titoli come
    Shenmue (che non è un gdr) e Gothic (che gdr lo è) dove ciascun individuo ha una
    sua vita sociale (chi non è rimasto meravigliato quando si vedeva nel gioco Sega
    un negoziante che verso sera abbassava la saracinesca e si dirigeva verso casa
    sua, o quando un’anziana che faceva la sua passeggiata quotidiana si fermava con
    una sua amica a scambiare quattro chiacchiere?), non si riesce a trovare
    spiegazioni sul perché le persone in KOTOR non hanno un mestiere e una casa, né
    dei momenti d’intrattenimento con amici e colleghi di lavoro. Ben diversa è l’IA
    dei membri del party, sempre decisivi nelle sorti di una battaglia anche se
    hanno una piccola tendenza a non utilizzare i kit medici.

    Conclusioni

    Non ci sono parole
    per descrivere il valore effettivo di KOTOR. Quello che però si riesce a dire
    abbastanza disinvoltamente è che per diverse cose lascia l’amaro in bocca.
    Questo perché il gdr svilupato da Bioware è quasi sicuramente il miglior gioco
    per Xbox e lo si può affermare senza alcun timore di smentita, Halo è
    definitivamente scalzato ed è costretto a passare lo scettro. Gli unici giochi
    che lo possono battere sono il futuro sequel, ormai sicuro, Half-Life 2, Fable
    ed il seguito del titolo Bungie. Innanzitutto, i sottogiochi, eccetto il Bazaak
    (per il quale poteva essere implementanto un campionato ufficiale anziché
    permettere solamente partite singole), sono realizzati in maniera pessima: la
    corsa con gli swoop dura pochissimo, neanche 30 secondi, ed è una sorta di time
    trial per nulla appagante. Non era meglio organizzare delle gare con più swoop
    contemporanemanente consentendo l’uso di armi e scudi alla Wipeout? Scandalosa
    poi la sezione di combattimento in prima persona contro le navicelle Sith.
    Sarebbe stato saggio includere pure l’opportunità di trovare dei lavori
    part-time fissi (cioè sempre disponibili) oltre che creare una struttura di vita
    virtuale per i personaggi non giocanti. Se Bioware avesse pensato di inserire
    accuratamente questi particolari e avesse dato un senso ai sottogiochi,
    l’esperienza di gioco di KOTOR avrebbe addirittura toccato livelli superiori, ma
    nonostante questo il gdr in questione è capace di regalare delle emozioni così
    intense che lo rendono forse il miglior titolo della categoria (escludendo
    quindi i gdr online). La trama tiene incollati allo schermo fin dalle prime
    battute di gioco, la libertà d’azione nelle mini-quest è altissima, i
    combattimenti non sono mai noiosi e scontati (parecchie volte capita che uno
    scontro lo si perde per non aver organizzato un piano serio per eliminare i
    nemici), e il tempo richiesto per terminare l’avventura è oltre le cinquanta ore
    se si ha l’intenzione di completare le missioni secondarie (in caso contrario lo
    si finisce in breve tempo senza tra l’altro essersi gustato il gioco come si
    dovrebbe). In definitiva, non acquistare KOTOR equivale a perdersi una pagina
    importante della storia dei videogiochi, visto che è già entrato di diritto
    nella classifica dei migliori giochi in assoluto. E’ proprio il caso di dire,
    mai come questa volta, che “La Forza scorre potente nell’Xbox”. Complimenti
    Bioware! P.S. La versione recensita è quella italiana della CTO, ma nel giro di
    breve tempo l'unica versione disponibile nei negozi sarà quella inglese di
    Halifax, per cui se avete intenzione di acquistare il gioco fatelo adesso o ve
    ne pentirete. :)

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