State of Decay 2 Recensione: in fuga dall'apocalisse zombie

Il sequel dell'apprezzato State of Decay arriva finalmente su Xbox One e PC: ecco come se la cava il nuovo action survival a base di zombie.

State of Decay 2
Recensione: Xbox One X
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Disponibile per
  • Pc
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • Il primo State of Decay fu una di quelle perle videoludiche che di tanto in tanto sbucano, in punta di piedi, dal panorama dello sviluppo indipendente, lasciando sul mercato un segno indelebile. Il titolo ideato dal team Undead Labs, in particolare, si presentò non solo come un survival atipico, ma anche come uno zombie game fuori dagli schemi, scrivendo un piccolo pezzo di storia di entrambe queste "macro-categorie", e conquistando chiunque gli concesse qualche ora di gioco.
    Quando diciamo che State of Decay 2 rappresenta, a conti fatti, una sorta di enorme aggiornamento del primo capitolo - una grossa espansione del titolo originale - lo facciamo quindi con una connotazione tutt'altro che negativa. Il team di sviluppo ha fatto esattamente quello che andava fatto: ha smussato alcune asperità della produzione, ampliato la varietà di situazioni, incrementato la quantità di contenuti e aggiunto il multiplayer cooperativo per quattro giocatori, funzionalità richiesta a gran voce dalla community. L'obiettivo è quello di galvanizzare i fan di lungo corso, puntando allo stesso tempo a conquistare una platea più vasta, grazie anche al prezzo di vendita decisamente ridotto ed all'inserimento nel catalogo del Game Pass.
    Dopo aver lottato diversi giorni per la sopravvivenza negli infami territori di State of Decay 2 possiamo dirlo con certezza: al netto di problematiche tecniche abbastanza evidenti e di una grafica non certo brillante, il titolo di Undead Labs non è solo l'esclusiva Microsoft più interessante di questa prima parte dell'anno, ma rappresenta un prodotto ancora una volta unico e prezioso, nonché uno dei migliori survival ad oggi disponibili su console e PC.

    Storie maledette

    State of Decay 2 si presenta al giocatore con la telecamera di un action in terza persona ed una mappa da free-roaming, liberamente esplorabile fin dalle prime battute di gioco. Le grandi aree in cui si ambienta l'avventura sono in verità tre, dal momento che dopo un brevissimo prologo, pensato per spiegare gli antefatti del racconto ed introdurre il sistema di controllo, all'utente verrà chiesto in quale zona preferisce costruire un insediamento.

    Ciascuna delle tre aree è grande quanto la mappa del precedente capitolo, e nel corso del gioco sarà possibile spostarsi dall'una all'altra senza troppe difficoltà. Appena presa la scelta iniziale, in ogni caso, comincia per l'utente la propria storia da sopravvissuto, o meglio la storia della propria comunità: un "racconto" plasmato dalle azioni e dalle scelte del giocatore, e guidato da un unico e semplice obiettivo, ovvero quello di migliorare le condizioni di vita dell'enclave appena fondata.
    Ci sarebbe, in sottofondo, una trama principale, legata alla necessità di debellare la Piaga del Sangue, terribile mutazione della malattia che trasforma i morti in creature feroci e aggressive. Eppure, proprio come accadeva nel primo episodio, questa traccia narrativa resta sempre minoritaria, in disparte, opportunamente diluita da tutte le altre attività che vengono proposte al giocatore.
    Non ha davvero senso, in questo caso, parlare di missioni occasionali o secondarie, perché tutte le peripezie del gruppo di superstiti hanno in fondo lo stesso valore, concorrono al solito fine: quello di raccogliere materiali e oggetti utili ad incrementare le chance di sopravvivenza del gruppo.
    Anche una semplice spedizione avviata per perlustrare un gruppo di case alla ricerca di munizioni, cibo e carburante, diventa così fondamentale per comunità e per il senso di progressione.
    In State of Decay 2, insomma, non dovete cercare una sceneggiatura toccante e decisa, e del resto l'elemento narrativo non è mai stato il fulcro di un buon survival. Quello che ci troverete è più che altro un insieme di storie, alcune imbastite dal team di sviluppo, altre invece "scritte" dal giocatore, che finiranno per comporre la memoria collettiva del vostro gruppo.

    La forza del branco

    Abbiamo detto che al centro di State of Decay 2 non c'è un singolo personaggio, ma un gruppo di sopravvissuti. Ed in effetti il giocatore può prendere il controllo di ciascun membro della propria enclave, passando in un attimo da un "protagonista" all'altro. Questa alternanza è fondamentale, dal momento che ciascun membro della comunità ha i propri bisogni fisici, tende a stancarsi e deve ovviamente riposare, lasciando un po' di spazio a chi è più fresco di lui.
    Grazie a questo stratagemma l'utente entra in contatto con tutti i membri del proprio gruppo, impara a conoscerne le storie e le personalità, e soprattutto si trova in qualche modo obbligato ad investire una parte del proprio impegno nello sviluppo dei singoli superstiti.

    Andando in giro per le strade alla ricerca di medicinali e materiali da costruzione, spaccando la testa degli zombie con tubi e armi improvvisate, e poi frugando nelle varie stanze delle case abbandonate, tutti i personaggi miglioreranno infatti le proprie capacità.
    Se l'impianto ludico di base è quello di un action in terza persona, insomma, ben presto comincia ad emergere un lieve sottofondo ruolistico che avrà un ruolo davvero importante nell'economia di gioco. I personaggi diventeranno più abili nel combattimento, capaci di stendere gli zombie con un singolo colpo deciso, oppure miglioreranno le doti di ricerca, o ancora aumenteranno la resistenza e la capacità di trasportare oggetti e risorse.
    Oltre alle qualità fisiche ogni superstite avrà (o potrà apprendere) una specifica conoscenza tecnica: dal giardinaggio alla chimica, passando per la medicina, l'artigianato o la gestione delle risorse energetiche. Queste capacità saranno fondamentali in un'altra fase dell'esperienza di gioco, ovvero quella gestionale. Il proprio insediamento va infatti amministrato e sviluppato, decidendo quali strutture costruire e come organizzare la manodopera e le risorse. Se un ospedale da campo è sostanzialmente obbligatorio (non solo per creare bende e oggetti curativi, ma anche per trattare chi avrà contratto l'infezione della Piaga del Sangue), il resto delle scelte logistiche è lasciato completamente in mano all'utente.

    Questa fase ribadisce quanto profondo e stratificato sia il gameplay scolpito dai ragazzi di Undead Labs: la fase gestionale è infatti interessante ma mai complicata, gestita attraverso menù semplici e accessibili eppure molto delicata, dal momento che impone al giocatore scelte davvero importanti. Lo spazio dell'accampamento non è infinito, e bisogna decidere quali strutture costruire: possiamo smantellare una serie di letti a castello costringendo i sopravvissuti a dormire all'aperto, per far spazio ad un impianto di raccolta dell'acqua piovana. Questo potrebbe però determinare un calo generale del morale e la possibilità che qualcuno dei compagni si becchi una brutta malattia. Orti e fattorie possono produrre cibo su base regolare, mentre officine e banchi di lavoro sono indispensabili per produrre armi e munizioni.
    Soprattutto all'inizio dell'avventura dovremo fare dei sacrifici, ed accettare che l'insediamento non sia autosufficiente. Tutto quello che manca, siano delle scorte di medicinali o del carburante per avviare le auto, andrà recuperato personalmente, prendendo il controllo dei sopravvissuti e andando a perlustrare i dintorni. In questa fase potremo anche occupare degli avamposti, ovvero dei distaccamenti presidiati che sbloccano bonus di varia natura.
    Poco a poco, attraverso il completamento delle missioni opzionali, l'eliminazione di zombie particolarmente aggressivi (come i furiosi Selvaggi o i luridi Tumefatti) o attraverso gli scambi commerciali, potremo incrementare la nostra Influenza, la vera "moneta di scambio" del mondo post pandemico di State of Decay 2. Soddisfacendo certi requisiti potremo quindi spostare la comunità in un'altra area, più vasta e capace di accogliere ulteriori strutture.
    L'avanzamento è ovviamente molto lento, compassato, faticoso: reclutare nuovi membri per l'enclave e accumulare tutta l'Influenza richiesta per occupare le strutture migliori è un'operazione che richiede tempo, dedizione e sacrifici.

    Purtroppo non sarà solo il sudore dei vostri cittadini che dovrete spendere: il mondo spietato in cui vi trovate costretti a vivere richiederà sicuramente anche tributi di sangue. In State of Decay 2 la morte è sempre in agguato, e basta anche solo un piccolo errore di valutazione perché uno dei vostri personaggi incontri una fine spietata. La benzina che finisce prima del dovuto, un'orda di zombie infetti più numerosa del solito, un morso imprevisto quando la scorta di bende è troppo esigua.
    La morte, nel titolo di Undead Labs, è permanente, e lascia un vuoto terribile nel cuore del giocatore e nella comunità. Mentre i sopravvissuti devono venire a patti con la scomparsa del proprio compagno, trovandosi con il morale a terra e cercando in qualche maniera di superare il lutto, anche l'utente viene sopraffatto da un momentaneo e terribile senso di scacco. Senza quasi dire una parola, ma solo attraverso la comparsa di una lapide nella schermata che presenta i membri dell'enclave, il gioco riesce a comunicare l'idea di una desolazione ineluttabile e profonda, che durerà fin quando non accetteremo di andare avanti, di reclutare qualche altro superstite. Solo allora la pietra tombale si sposterà sullo sfondo, sfocata.

    La perdita di un personaggio è problematica non solo per le conseguenze psicologiche, ma anche perché alcune delle sue competenze potevano essere indispensabili per il corretto funzionamento della base. E poi c'è da considerare tutto il tempo che il giocatore ha speso nei suoi panni, dedicandosi a qualche missione secondaria legata al suo carattere o ai suoi interessi.
    State of Decay 2, proprio come il suo predecessore, si focalizza in maniera molto particolare sui sopravvissuti, sulle loro esigenze quotidiane, sulla rete di relazioni che riescono ad intrecciare, riuscendo nella non facile impresa di raccontare la loro prospettiva: quella di fragili esuli costretti a vivere in un mondo che ha rifiutato la civiltà. Lasciando gli zombie quasi in disparte, urlanti elementi di disturbo che non reclamano mai il centro della scena, il titolo riesce a concentrarsi su una dimensione più umana, instaurando un rapporto davvero particolare tra il giocatore e molti "avatar" che si trova a controllare.

    Problemi tecnici

    State of Decay 2, avrete capito, è un prodotto solido, interessante e sfaccettato. Riesce a mescolare in maniera intelligente i tratti di diversi generi, creando un impasto non soltanto efficace, ma ancora oggi unico nel panorama videoludico.

    Il tutto funziona in maniera egregia anche in co-op, dove la dimensione survival non viene mai meno. Non dovete pensare che giocare in due o in quattro renda la progressione meno tesa, perché anche durante le spedizioni di gruppo bisogna rimanere sull'attenti, tornare all'accampamento spesso e volentieri, pianificare con attenzione la dotazione con cui partire. Giocare in compagnia stimola un clima di reciproco soccorso e fa sentire meno soli di fronte alla grande tragedia dell'epidemia, ma il multiplayer non disinnesca i punti di forza della produzione, i ritmi dell'esperienza di gioco e la costante sensazione di ansia, fragilità e pericolo.
    Quello che rischia invece di rovinare l'esperienza di gioco è il comparto tecnico, vero tallone d'Achille di questo secondo State of Decay.
    Dal punto di vista squisitamente grafico il gioco non può e non vuole competere con le altre esclusive Xbox, mettendo in mostra la sua natura di produzione indie. Il team di sviluppo non dispone della forza lavoro e dei budget di altri studi, e questo pesa inequivocabilmente anche sul colpo d'occhio. I modelli poligonali sono molto semplici, le texture non sempre ben definite, il riciclo di strutture ed elementi grafici abbastanza evidente. Su PC e Xbox One X le cose vanno un po' meglio, per merito sia delle texture in alta definizione, sia di una fluidità che su "Scorpio" è leggermente più stabile rispetto a quella registrata sulla versione "standard" della console di casa Microsoft (sebbene i valori del framerate siano più bassi, i cali sono meno frequenti). Su PC, ovviamente, a seconda della configurazione è possibile massimizzare sia i dettagli di shader e ombre, sia far salire la fluidità oltre i 60 fps.
    È comunque importante ribadire che, nonostante l'atmosfera un po' monocorde ed un look a tratti spigoloso, State of Decay 2 non è un brutto gioco, ed anzi si adegua agli standard qualitativi del mercato indipendente.

    Discorso ben diverso, invece, va fatto per l'ottimizzazione del codice. Il gioco è afflitto da una serie ben evidente di problemi, che rischiano di mettere a repentaglio la piacevolezza dell'esperienza di gioco. A partire dagli zombie che spuntano all'improvviso a diversi metri d'altezza, cadendo sulla mappa di gioco come se fossero gettati da una mano invisibile, fino ad arrivare agli evidenti cali di framerate (registrabili sia su Xbox One che sulla versione X) che di tanto in tanto "ingolfano" intere spedizioni, State of Decay 2 sembra un titolo acerbo e lanciato sul mercato troppo in fretta. E se di fronte alle qualità della produzione si potrebbe anche pensare di chiudere un occhio, è davvero difficile farlo quando si incappa bug estremamente problematici. Certe volte le missioni non vengono segnalate sulla mappa di gioco, costringendo l'utente ad una lunga operazione di ricerca. Altre volte ancora il personaggio si incastra all'interno di un elemento dello scenario, completamente impossibilitato a muoversi. Pensate che nello stesso menù che permette di chiedere aiuto al proprio gruppo o alle enclavi alleate c'è un pulsante pensato per spostare di qualche metro il modello del personaggio, così da liberarlo nel caso in cui si sia infilato all'interno di qualche struttura poligonale. Peccato che alle volte il guaio succeda mentre siamo circondati dagli zombie, che continueranno a colpirci ben prima che si possa risolvere la situazione.
    Sappiate che in un paio di occasioni abbiamo dovuto abbandonare definitivamente una macchina (piena di oggetti) perché risultava irrimediabilmente "saldata" con un muretto o un bidone della spazzatura.
    In un titolo in cui la morte o la perdita delle risorse ha un peso così importante, certe situazioni rischiano di mandare il giocatore su tutte le furie.
    State of Decay 2, insomma, eredita dal capostipite della saga non solo le caratteristiche ludiche, ma anche le stesse ruvidità di cinque anni fa, in certi casi persino accentuate. Se si conta poi che, artisticamente parlando, il titolo non risulta troppo brillante (eccezion fatta per la piacevolissima colonna sonora), è davvero difficile non sentire un pizzico di rammarico. Speriamo che il supporto post lancio porti qualche patch correttiva capace di raddrizzare la situazione.

    State of Decay 2 State of Decay 2Versione Analizzata Xbox One XState of Decay 2 procede nel solco tracciato dal suo predecessore, ampliando e smussando una formula decisamente vincente. Sebbene alcune delle caratteristiche del titolo di Undead Labs abbiano fatto scuola (arrivando a “contagiare” persino produzioni insospettabili come This War of Mine), il titolo rimane un prodotto unico nel suo genere. Una struttura da open world ed un gameplay da action in terza persona si fondono con elementi ruolistici e gestionali, creando un impasto intelligente ed efficace. Il vero punto di forza del prodotto, tuttavia, sta altrove: nella capacità di generare un legame emotivo tra il giocatore e i personaggi della sua comunità, ciascuno impegnato a sopravvivere all'orrore rimanendo attaccato ai propri ideali, alle proprie passioni, alla propria personalità. Riuscitissimo anche l'elemento survival, che si declina nell'urgente bisogno di recuperare materiali e oggetti utili, nella necessità di prendere decisioni drastiche e importanti. Che sia chiamato a scegliere quali strutture costruire nel poco spazio a disposizione, oppure a decidere se esiliare un membro della comunità un po' troppo irascibile, sacrificando le sue conoscenze per migliorare l'umore del gruppo, l'utente è costantemente coinvolto in questo lungo e interminabile processo che prende il nome di “sopravvivenza”. State of Decay 2, insomma, è un titolo brillante da tutti i punti di vista: sia perché riesce a costruire in maniera inaspettata storie indimenticabili, sia perché cattura il giocatore in uno stimolante percorso di perfezionamento, senza dimenticare l'ansia e la tensione che non dovrebbero mai mancare in un buon survival. Peccato per un comparto tecnico a tratti davvero problematico, che per fortuna non riesce ad offuscare le ottime doti di questo sequel: un titolo che gli appassionati dovrebbero giocare senza esitazione.

    8.2

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