Recensione SWAT: Target Liberty

La dura vita del super poliziotto

Recensione SWAT: Target Liberty
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  • Teste di cuoio digitali

    Lo SWAT (acronimo per Special Weapons and Tactics, tattiche ed armamenti speciali) è il reparto di elite del corpo di polizia statunitense. Queste squadre di poliziotti sono equipaggiate con armi e tecnologie all’avanguardia che, unitamente ad un addestramento specifico, consentono loro di gestire situazioni critiche, dalla cattura di pericolosi criminali alla prevenzione di minacce terroristiche. Contrariamente a quanto si possa pensare, le squadre sono addestrate per operare con un minimo utilizzo di forza, risolvendo dove possibile eventi criminosi senza esplodere neppure un colpo. Questo nella realtà. Hollywood ci ha invece abituato a dopatissimi “supersbirri” più avvezzi alla sparatoria che alla mediazione, di quelli insomma che prima sparano e poi, semmai, intimano di alzare le mani.
    Strano a dirsi, la realtà dei fatti non viene così drammaticamente distorta quando ad occuparsi della squadra di polizia sono i videogiochi. La storica serie “SWAT”, ormai da anni (il primo episodio fu prodotto da Sierra Entertainment nel 1995) ci mostra quale sia realmente la vita di un membro della squadra speciale, proponendoci sparatutto, in prima o terza persona, dotati di forti componenti tattiche in cui il giocatore viene addirittura punito per l’uso non autorizzato di armi da fuoco.
    Settimo episodio della serie, e primo ad essere realizzato su console portatile, Target Liberty è uno sparatutto in terza persona, con visuale isometrica che, sulle orme del buon Killzone Liberation, si propone di portare sulle nostre PSP un po’ di sana strategia.

    Uno sporco lavoro

    Scordatevi la frenesia, scordatevi le sparatorie. In SWAT si cerca la riflessione, la tattica e la strategia. Nei panni dell’ufficiale Kurt Wolfe dovremo far fronte ad una guerra tra gang Coreane che presto sfocierà in una minaccia terroristica capace di turbare gli incubi di qualsiasi scrittore di fantapolitica. Scenario degli avvenimenti, una New York pulsante di vita, sia negli intricati tunnel della metropolitana che negli spaziosi giardini di Central Park. Fortunatamente non sarete soli in questo compito, ma accompagnati da una squadra di due elementi ai vostri ordini.
    Il sistema di controllo è forse la componente più riuscita del titolo. Con il pad analogico, controllerete il vostro alter-ego digitale; il tasto “croce” è adibito al fuoco, con il dorsale sinistro si blocca la mira sui possibili bersagli, mentre il tasto “cerchio” è deputato ad un’azione contestuale che può spaziare dalla semplice raccolta di un oggetto, all’apertura di una porta. Il tasto “triangolo” è usato per “sottomettere” verbalmente sospetti e civili che, intimoriti dall’arte oratoria dei poliziotti (una serie di urla e di becere minacce) si inginocchieranno alzando le mani al cielo.
    L’uovo di colombo riguarda invece la gestione del piccolo team di due uomini sotto il nostro comando. Se col tasto “quadrato” possiamo ordinare genericamente ai nostri uomini di seguirci, è tramite il grilletto destro che si apre un ventaglio di possibilità dall’elevato potenziale strategico. Su schermo compare un cursore, attraverso cui è possibile spostare singolarmente ciascuno dei poliziotti (con la pressione di “quadrato” e “cerchio”) oppure entrambi in maniera indipendente dal leader (tasto “croce”); allo stesso modo (tasto “triangolo”), possiamo ordinare di irrompere in un nuovo locale.
    Così come nella vita reale, l’irruzione in una stanza (e quindi l’apertura di una porta) è uno dei momenti più critici delle azioni di polizia. Target Liberty gestisce questa situazione fornendo al giocatore la scelta tra differenti approcci. È possibile decidere di scassinare la serratura, di abbattere la porta, di lanciare nella stanza una granata (fumogena o stordente) prima di farvi ingresso, oppure utilizzare uno specchietto da far scivolare sotto la soglia per individuare eventuali forze ostili. Sfortunatamente non esiste nel gioco praticamente nessuna differenza tra ciascuna di queste opzioni. Utilizzare lo specchio fornisce solo sommarie (e spesso indecifrabili) informazioni sugli occupanti della stanza e l’utilizzo delle granate concede solo pochi secondi di margine prima di venire investiti da una pioggia di proiettili. Scassinare o abbattere una porta, invece, ai fini del gioco non comporta nessuna differenza. In definitiva si finisce per ordinare pedissequamente ai propri uomini di fare irruzione in una stanza (magari spianandosi la strada con una granata) assistendo comodamente alla scena dalle retrovie. I membri della squadra sono infatti dotati di sufficiente intelligenza artificiale da entrare nella stanza, sottomettere sospetti e civili e procede all’interrogatorio. Naturalmente è possibile svolgere questi compiti in prima persona, esponendosi al fuoco nemico, ma l’incredibile scarsa mira dei membri di una delle squadre di polizia meglio addestrate al mondo, fa ben presto desistere dalla volontà di esplorare le mappe in testa ai nostri uomini.
    Certo, una volta entrati in una nuova stanza è possibile cercare copertura, nascondendosi dietro a mobili o altri elementi dello scenario. L’azione però, eseguita in automatico, finisce per essere più dannosa che utile, proprio per l’impossibilità di spostarsi efficacemente tra le varie coperture. Peggiora il tutto un ritmo di gioco fin troppo blando e ragionato. Non solo i vostri uomini si spostano sullo schermo con la flemma di un bradipo sotto effetto di narcotici (perfino quando è stato dato l’ordine di correre!) ma la visuale ristretta del campo d’azione non permette neppure di prendere quelle decisioni strategiche che invece dovrebbero essere la punta di diamante del gioco.
    Purtroppo questo esaurisce la panoramica sul gameplay di Target Liberty, che alla fine si riduce ad una lunga sequenza di porte da aprire e di criminali da sottomettere, solo saltuariamente inframezzata da missioni in cui veniamo chiamati all’utilizzo di fucili di precisione, unica, isolata variazione ad una giocabilità ripetitiva e mortificante tanto che quasi ci si rallegra che per terminare la modalità principale occorrano appena cinque ore.
    Evidente lo sforzo di prolonguare la vita del titolo attraverso il multiplayer, purtroppo limitato alla rete Ad Hoc, per quattro giocatori, tutti dotati di una copia del gioco. Tre le modalità disponibili: in “Rodeo Round-up”, ciascun partecipante gioca in maniera indipendente sulla stessa mappa, cercando di catturare più prigionieri degli altri; in “Football” ciascuna squadra deve farsi seguire dal maggior numero di ostaggi (formando una specie di squadra di football, appunto) verso la salvezza; infine in “Great Escape” la squadra di un giocatore deve scortare un capo terrorista, mentre le altre tre tentano di catturarlo. Purtroppo, i limiti della modalità single player (lentezza e ripetitività delle meccaniche di gioco) si riflettono, penalizzandolo, nel multiplayer.
    Un vero peccato, visto che tecnicamente il gioco può contare su un comparto grafico assolutamente all’altezza delle recenti produzioni per il portatile Sony, con mappe estremamente particolareggiate e capaci di riprodurre in maniera convincente e realistica i vari ambienti caratteristici della città di New York. Decisamente sotto la media il comparto sonoro, con blandi effetti e musiche ripetitive e assolutamente fuori luogo in un contesto che comunque richiama la vita militare e l’azione.

    SWAT: Target Liberty SWAT: Target LibertyVersione Analizzata PSPTarget Liberty soffre di gravi crisi di identità. Vorrebbe essere uno strategico, ma il campo visivo limitato e la scarsità di situazioni (e possibili reazioni) gli impedisce di raggiungere una sufficiente profondità strategica. Vorrebbe essere uno shooter, ma la lentezza dei movimenti, la ripetitività delle situazioni e la scarsità della mira dei personaggi lo rendono frustrante e noioso. Un comparto grafico più che sufficiente, capace di stupire per l’abbondanza di dettagli, non riesce a salvare il gioco dalla mediocrità. Forse Target Liberty è il gioco che più si avvicina alla vita di un membro della SWAT, ma fallisce in quello che dovrebbe essere il primo compito di qualsiasi videogioco: intrattenere ed appassionare. Un gioco che dovrebbe entrare nella collezione solo di chi ha una venerazione quasi maniacale per il celebrato corpo di polizia statunitense.

    4

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