Recensione The Awakened Fate: Ultimatum

Seguito spirituale di The Guided Fate Paradox, il nuovo progetto targato Nippon Ichi ci mette di fronte a scelte morali pesanti e ad un sistema di sviluppo del personaggio basato sul dualismo tra bene e male.

Recensione The Awakened Fate: Ultimatum
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  • PS3
  • The Awakened Fate: Ultimatum è un gioco particolare, strano e difficile da approcciare. La sua struttura è sorretta da elementi appartenenti a molti generi diversi, con una storia e un art design di stampo prettamente nipponico a fare da collante. Un po' rogue-like e un po' dungeon crawler, la produzione di Nippon Ichi Software ripropone molte delle tematiche già viste nel predecessore, The Guided Fate Paradox, di cui per altro ricicla la premessa senza troppe remore. Ci troviamo di fronte ad un titolo particolarmente complesso e pieno di sfaccettature, ma al tempo stesso frustrante e poco vario. Punto focale di questo nuovo capitolo (che in realtà non è un sequel diretto, e quindi non richiede alcun tipo di conoscenza pregressa per essere giocato) sono le scelte morali, vero motore trainante di una storyline fin troppo confusionaria e banale. Un'avventura atipica che ruoterà attorno a Shin Kamikaze, un classico teenager giapponese - fortemente stereotipato, come da tradizione per questo tipo di produzioni - che all'inizio della vicenda otterrà abilità e poteri sovrannaturali, grazie ai quali dovrà porre fine all'eterna lotta fra bene e male e salvare il mondo.

    ANGELI E DEMONI

    Shin sembra un ragazzo come tanti altri, il classico adolescente triste e solitario che abbiamo imparato a conoscere - con varie declinazioni - in centinaia di manga e anime giapponesi; un normalissimo studente che all'inizio del gioco scopre, suo malgrado, di avere qualcosa di speciale: un misterioso potenziale nascosto che ha attirato l'attenzione di perfidi demoni pronti a tutto pur di fargli la pelle. E, inaspettatamente, ce la faranno subito senza troppi problemi: a conclusione di una lunghissima introduzione, decisamente prolissa e mal scritta, il nostro personaggio morirà, ed è proprio da questo tragico evento che avrà inizio la nostra avventura.

    Ci risveglieremo in un mondo completamente diverso dal nostro, un luogo in cui angeli e demoni combattono un'eterna battaglia senza esclusione di colpi. Qui faremo la conoscenza di Jupiel, l'angelo dai capelli biondi che ci ha tratti in salvo, e di Ariael, scienziata di Celestia dagli abiti succinti ed unica artefice della nostra resurrezione (e no, non è un modo di dire, ci ha proprio riportati in vita). Con nostro grandissimo stupore, scopriremo inoltre di essere diventati Dio, e di avere improvvisamente sulle nostre nostre spalle il peso dell'intero universo. Una premessa niente male, che riprende da vicino le tematiche del predecessore e cerca di espanderne quanto più possibile i confini. Peccato che il risultato finale sia pesantemente compromesso dalla grande banalità dei dialoghi e dai loro interminabili "muri di testo", allungati eccessivamente da interazioni ben poco interessanti tra i - poco riusciti e mal caratterizzati - protagonisti della vicenda.
    I nostri nuovi poteri, oltre a garantirci la possibilità di trasformarci a piacimento in angelo o demone, ci metteranno decisamente in una brutta posizione: come accennavamo poco fa, l'intero universo pende dalle nostre labbra, e le nostre scelte plasmeranno il suo stesso futuro. Ci capiterà quindi di dover prendere decisioni dolorose, in grado di far riflettere a lungo il giocatore. Questo è forse uno degli aspetti migliori del gioco, che rivede con cinismo e inaspettata crudeltà la natura "divina" delle nostre prese di posizione. Salvare un gruppo di angeli in difficoltà potrebbe sembrare un'azione caritatevole e di buon cuore, decisamente adatta al nostro ruolo, ma al tempo stesso lascerebbe avanzare indisturbati i demoni nemici, rischiando conseguenze ancor peggiori. Non tutto è necessariamente bianco o nero, ci sono infinite sfumature di grigio che non potrete ignorare. Preferirete attardarvi e salvare la vita di pochi immediatamente o sacrificarli nel tentativo di salvare tutti gli altri dopo un'estenuante battaglia dall'esito incerto? Qualunque siano la vostre scelte, avranno sicuramente un impatto notevole sulla storyline, che muterà di conseguenza e continuerà a portare i segni delle vostre decisioni passate anche dopo svariati capitoli.

    Per quanto sulla carta risultino estremamente interessanti, queste dinamiche sono tuttavia integrate in modo pessimo nell'impianto di gioco, che le sminuisce senza pietà riducendole a semplici mezzi per ottenere la tipologia di punti abilità che più ci aggrada. Compiere una scelta "malvagia" ci condurrà infatti verso la via più oscura, consentendoci di sviluppare abilità utilizzabili nella nostra forma demoniaca, mentre fare scelte "buone" ci permetterà logicamente di fare l'opposto.
    Il dualismo tra bene e male, insomma, non è presente soltanto sotto forma di scelte morali: anche i poteri del nostro alter ego ed il tabellone con cui svilupperemo le sue caratteristiche saranno divisi in due settori. La progressione è regolata da un sistema che ricorda - molto alla lontana - la sferografia del decimo capitolo di Final Fantasy, sebbene risulti molto più semplice e meno efficace dell'originale. Ci sono una serie di sfere collegate tra loro, ciascuna delle quali sarà accessibile soltanto dopo aver sbloccato quella precedente. Purtroppo, la linearità del pattern con cui queste sfere sono distribuite e la mancanza di varietà nelle abilità sbloccabili rendono questo sistema - potenzialmente molto interessante - praticamente inutile: di fatto, ci troveremo ad avanzare di casella in casella aumentando nell'ordine prestabilito HP e difesa oppure sbloccando qualche abilità, senza alcuna possibilità di dare priorità ad alcune caratteristiche e creare quindi una propria "build" personale. Certo, l'idea di avere il tabellone con la forma di due ali è carina e perfettamente coerente con il tema del gioco, ma a questi vezzi estetici avremmo preferito un po' di sostanza e qualche ramificazione in più. Come vi avevamo anticipato poco fa, anche il sistema di crescita è duplice: l'ala sinistra è dedicata allo sviluppo delle abilità angeliche, mentre quella destra andrà utilizzata per potenziare la nostra forma demoniaca. Altra scelta potenzialmente interessante, ma troppo rigida e inquadrata per risultare efficace sul lungo periodo.

    UN DUNGEON TIRA L'ALTRO

    La narrazione è comunque sempre relegata a sezioni specifiche, che inframezzano l'esplorazione di dungeon procedurali estremamente duri e punitivi, vero fulcro dell'azione di gioco. In queste fasi lo stile da visual novel degli intermezzi narrativi - con personaggi e sfondi statici ma sempre ben disegnati - cede il posto ad un 3D molto semplice ma tutto sommato gradevole, impreziosito da un efficace cell-shading e graziosi modelli poligonali super-deformed. Durante queste sezioni dovremo utilizzare con astuzia i nostri poteri divini e le nostre trasformazioni per esplorare i vari piani alla ricerca di oggetti utili, combattere i nemici che ci sbarreranno la strada e trovare l'uscita del "labirinto". Con il tasto L2 potremo trasformarci in un angelo, mentre con il grilletto destro in demone, e ciascuna trasformazione ci permetterà di utilizzare abilità diverse e di essere più o meno efficaci a seconda del tipo di nemico che ci troveremo a fronteggiare. Una volta trasformati, ovviamente, la nostra forza aumenterà a dismisura, ma al contempo la barra degli SP si svuoterà progressivamente. Utilizzare entrambe le forme con criterio sarà assolutamente fondamentale, l'unico modo efficace per affrontare l'ampia gamma di angeli e demonietti che si annideranno nelle numerose stanze dei labirinti. Perché sì, anche i nemici presenteranno lo stesso dualismo tra bene e male che caratterizza tutta la produzione di Nippon Ichi Software.
    Una piccola forzatura che mette - per l'ennesima volta - sotto i riflettori l'evidente incoerenza di fondo del gioco, ma al tempo stesso garantisce una maggiore varietà al suo gameplay. Ciononostante, il combat system ci è sembrato piuttosto limitato e poco profondo: in buona sostanza, per avere successo basterà tenere a mente che per contrastare un demone con efficacia sarà necessario attaccarlo in forma angelica e viceversa. Non sottovalutate mai i vostri avversari, però, perché ogni distrazione potrebbe risultarvi fatale, e se c'è una cosa da evitare in un gioco come questo è proprio la morte. Una volta esauriti tutti gli HP, dovremo ricominciare da capo l'intero dungeon e perderemo qualunque oggetto presente in quel momento nel nostro inventario, anche quelli equipaggiati.

    Una struttura estremamente punitiva che potrebbe risultare stimolante per pochi, ed eccessivamente frustrante per molti. Come se non bastasse, la considerevole difficoltà del gioco e la causticità della sua struttura richiederanno inevitabilmente sessioni di farming estremo: non è un caso che il gioco stesso, spiegandoci le dinamiche di base del suo impianto ludico, ci parli deliberatamente della possibilità di ripetere le missioni passate un numero infinito di volte prima di provarne una nuova ed avanzare nella storia. Tra un intermezzo narrativo ed il dungeon successivo, potremo inoltre creare oggetti tramite un rudimentale sistema di crafting e potenziare le nostre armi per prepararci alle battaglie successive. E ne avrete tanto bisogno, ve lo garantiamo.

    The Awakened Fate Ultimatum The Awakened Fate UltimatumVersione Analizzata PlayStation 3The Awakened Fate: Ultimatum è il classico "gioco per pochi", troppo difficile e frustrante per la maggior parte dei giocatori ma al tempo stesso capace di essere apprezzato da chiunque riesca ad accettare la sua indole scorbutica e passare sopra a qualche pesantissimo difetto. La vera novità rispetto al suo predecessore, la presenza di scelte morali capaci di deviare con efficacia il corso degli eventi, rappresenta sicuramente un'aggiunta interessante, sebbene all'atto pratico si sia rivelata tutt'altro che funzionale e poco incline ad integrarsi con un impianto ludico particolare come quello del titolo di NIS. Un vero peccato, perché il piglio deciso con cui le nostre scelte avevano saputo influenzare il corso degli eventi ed il forte impatto emotivo da esse generato, inizialmente ci avevano incuriosito non poco. Il gioco si è tuttavia dimostrato fin troppo legato ad un dualismo tra bene e male che, anziché esaltare il conflitto interiore e i dubbi del protagonista, ha messo in seria crisi il gameplay della produzione, caratterizzato da un sistema di crescita del personaggio troppo rigido e inquadrato e da dinamiche di base troppo semplificate: più di una volta vi capiterà di fare una scelta per andare incontro alla necessità di potenziare maggiormente una delle due trasformazioni (perché effettuare scelte "malvagie" ci permetterà di ottenere punti utilizzabili soltanto per potenziare le nostre abilità demoniache e viceversa), senza neanche pensare per un attimo alle implicazioni che questo potrebbe avere dal punto di vista della trama. Un vero peccato, perché con un minimo di cura per i particolari in più, The Awakened Fate: Ultimatum sarebbe potuto essere davvero un buon gioco. Allo stato effettivo delle cose, però, resta un titolo consigliato solo ed esclusivamente ai grandissimi appassionati di questa particolare categoria videoludica.

    5.5

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