Recensione The Legend of Zelda: Skyward Sword

Il nuovo capitolo di una saga leggendaria

The Legend of Zelda: Skyward Sword
Recensione: Nintendo Wii
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  • Wii
  • L'abbiamo visto ovunque, The Legend of Zelda Skyward Sword, negli ultimi due anni. L'abbiamo incontrato per la prima volta all'E3, dopo le classiche file interminabili; rigiocato, con più tranquillità, alla Gamescom, nella ormai storica demo, quella caotica, senza senso e realizzata alla bell'e meglio. Altre fiere poi, altre annate, altre built, con poche informazioni corollarie: nessuna notizia sulla trama, poche immagini promozionali, video completamente assenti. Un lungo percorso, durato quattro anni, dal momento in cui Shigeru Miyamoto annunciò che c'era un nuovo capitolo della saga in sviluppo (bell'affare: da quelle parti c'è sempre uno Zelda in sviluppo), e soprattutto affermò che Twilight Princess, ultimo episodio per console da salotto, sarebbe stato l'ultimo Zelda così come lo avevamo sempre giocato. Premesse, per un verso e per l'altro, di sicuro impatto: la diffidenza e la fiducia nelle parole del Maestro, le prove con strada mai del tutto convincenti, la sotterranea sicurezza che Nintendo uno Zelda non lo sbaglierà mai. Tutte condizioni che comunque c'avevano imposto un distacco, un tepore nell'attesa di quello che, volenti o nolenti, è sempre un appuntamento storico, perché di titoli della serie non ne esce sicuramente uno all'anno.
    Peccato che poi il momento s'avvicini, l'ora stia nuovamente per scoccare, e tutta la schermatura precedentemente costruita si frantumi come vetro, sotto il peso del prestigio di una saga che conta 25 anni di pura passione, innumerevoli capolavori e pochi passi falsi (ovvero giochi "solo" bellissimi). La naturale, spasmodica, attesa di un nuovo episodio di una saga storica culmina così negli ultimi giorni di hype incontenibile, che solo il possesso del tanto agognato oggetto potrà spegnere. Al diavolo i malumori, i timori, le elucubrazioni mentali e i battibecchi da forum: c'è un tempo per confrontarsi, per diffidare, per sperare, e c'è un tempo per giocare.
    Ed ora, è arrivato quello di giocare.

    Tra cielo e terra

    Una lunga corsa e un salto nel vuoto, tuffandosi in un mare di nuvole sotto il quale era impossibile vedere alcunché. Così fu svelato uno degli elementi rilevanti di The Legend of Zelda: Skyward Sword: il volo. Oltrenuvola è un'isola, ma non sono le acque a bagnarne i confini, e non sono gabbiani gli uccelli che volteggiano sopra i suoi edifici: è un porto nei cieli, un piccolo villaggio così come possono esserli quelli di confine. Ma proprio lì dove confini non ce ne sono, nel bel mezzo di un cielo così sereno e terso da stordire.
    Possono splendervi solo sole e luna (le nuvole non gli stan sopra, ma sotto), mentre sotto il manto bianco, sulla terra, vive un male che tra i cieli non può arrivare. Secoli dopo, forse in un'altra dimensione, l'acqua sommergerà tutti i continenti, per sigillare definitivamente questo cancro nero che li corrode. Ma in passato è invece accaduto l'opposto: è stata la terra a sollevarsi per proteggere i suoi abitanti dall'oscurità dilagante.
    Sono, queste, leggende perse nel tempo, che ad una coppia di ragazzi -Link e Zelda- possono sembrare solo vecchie storie senza riscontro: eppure, sotto il candido manto qualcosa c'è davvero, ed è un mondo infinitamente più grande, dove sono all'opera poteri immensi.
    Eccolo qui, l'incipit di una storia che non rivoluziona il modo in cui le vicende vengono narrate nella serie, ma presenta piacevoli novità, nel modo in cui vengono rappresentati i personaggi così come nelle tematiche trattate. C'è persino l'amore, in una serie che al più nobile dei sentimenti non si è mai accostata, nel turbinio di emozioni e situazioni che riempie fino all'orlo la storia del nuovo Zelda. Prevedibile certo, ad ampi tratti, colpevole di sfruttare schematizzazioni ormai consolidate nella tradizione della saga, ma mai noiosa, ben raccontata ed accogliente nei confronti di una sequela di personaggi che trovano facilmente il proprio ruolo: che siano tra i più importanti all'interno della trama, o presenti solo in maniera marginale, ognuno di essi riesce a lasciare la propria traccia, per merito di un plot di ampio respiro e di una caratterizzazione fatta a regola d'arte, in osservanza ai dettami di una tradizione parzialmente interrotta da Twilight Princess.
    Skyward Sword non è un'opera corale, così come non lo sarà mai nessuno Zelda, ma il Link che vi osserviamo non è l'unico attore e motore della storia. Addirittura, seppur muto come sempre, è infinitamente più comunicativo, nei gesti, nelle espressioni, e per i personaggi secondari è un fidato compagno al quale rivolgersi o da aiutare nelle situazioni di estrema difficoltà.
    A livello ludico il lavoro di caratterizzazione si traduce in un buon numero di quest secondarie, da soddisfare nelle maniere più disparate, sempre chiare nello svolgimento ma varie nelle situazioni (una in particolare è micidiale, semplicissima da eseguire ma folle per concezione, con conseguente ilarità). A livello empatico, l'attenzione per la sceneggiatura si risolve in una chiara e fiera affermazione d'identità, mostrando un titolo che sa avvicinarsi al giocatore, rassicuralo persino, quando inevitabilmente si trova smarrito di fronte ad un impianto di gioco che fa fatica a riconoscere, seppur appaia molto familiare.
    Quando venne annunciata la possibilità di volare e quando i primi trailer mostrarono Link sul dorso di un grosso rapace rosso, l'equazione fu facile, ed il cielo di Skyward Sword associato all'oceano di Wind Waker. Niente di più diverso: il cielo, quella sterminata cupola blu che copre il mondo, è poco più di un hub centrale, dal quale accedere al mondo vero, quello sotto le nubi. E' vero, non è solo Oltrenuvola a fluttuare tra i nembi, ma di quelle visibili sulla mappa sono solo tre le altre isole interessanti, rilevanti per la presenza di un minigioco o di personaggi intriganti. Un'altra vi se ne aggiungerà più tardi, per motivi di trama, ma il computo rimane comunque poco soddisfacente. Ne consegue che, almeno per la parte in oggetto, la cifra dell'esplorazione è praticamente nulla: quell'isola che si vede lontana è, probabilmente, un vuoto scoglio, così come le altre attorno. Al massimo, un piccolo pianoro verde nel quale più tardi sarà possibile trovare un tesoro.
    Una soluzione poco ispirata, va detto, in bilico tra la semplicità di una grossa "anticamera", chiamiamola così, e la piena concezione di "overworld". I cieli di Skyward Sword sono dunque piuttosto vuoti, soltanto "emotivi" ma poveri di spunti. Ed è per questo motivo che viene leggermente mortificato proprio un elemento che sembrava dover avere molto valore: il volo. Scordatevi le scorribande nei mari a bordo di re Drakar, le scatenate corse a rotta di collo in groppa ad Epona: planare tra i cieli non vi darà la stesse sensazioni, spostarsi richiederà poca attenzione da parte vostra, ed in maniera totalmente meccanica vi recherete da Oltrenuvola, l'unico vero punto importante sopra le nubi (per negozi, personaggi e missioni secondarie), ai punti d'accesso alla Terra, senza mai sperimentare interessanti variazioni.
    Ecco quindi la prima netta svolta operata da Skyward Sword, un sensibile cambiamento nella tradizione della serie: l'assenza di un mondo coeso che funga da accesso ai singoli dungeon. Il titolo per Wii segna uno stacco fondamentale nel classicismo della serie, e se questo approccio durerà il tempo di un episodio o diventerà una nuova regola sarà il solo il futuro a dirlo. Certo, un po' di nostalgia si sente: manca quel luogo meraviglioso, tutto legato all'attraversamento eroico, sulla fanfara di temi fieri, simbolo di una terra da salvare, sia essa Hyrule, Termina, Koholint. Manca insomma la possibilità di scorgere un passaggio e tentare di raggiungerlo, dinamitare quel macigno sospetto, avvistare un'isoletta particolare in lontananza ed arrivarvi a vele spiegate: l'emozione della scoperta.
    L'esplorazione rimane infatti sempre guidata, nei limiti di ambientazioni che rappresentano il secondo elemento d'innovazione nel titolo. Fin dal primo momento in cui si tocca Terra, preparandosi infatti per chissà quale traversata, l'impressione è quella di luoghi più angusti, di più difficile interpretazione: pochi passi e la sensazione viene confermata, ed arriva presto il momento in cui si realizza che le tre zone alle quali è possibile accedere tramite i portali tra le nubi sono in realtà tre enormi dungeon, non in comunicazione tra loro. Luoghi all'interno dei quali la navigazione è difficile, risolvere enigmi e superare trabocchetti è all'ordine del giorno. Ancora una volta, il giocatore affezionato si ritrova un po' spaesato, ma è una sensazione destinata a durare poco, perché queste sono le aree meglio realizzate del gioco, all'interno delle quali si vede tutta la maestria di cui le menti di Nintendo sono depositarie.


    Il level design di quella Terra che rappresenta il vero mondo di gioco è inaudito per realizzazione, prestandosi ad una miriade di soluzioni ludiche che precedentemente non si erano viste. Liane alle quali aggrapparsi, tronchi da far rotolare, pendii da prendere in slancio, torri d'osservazione da far saltare per aria, corde sospese sulle quali compiere folli equilibrismi, altalene di corda da muovere con potenti getti d'aria. E ancora cunicoli nei quali sgattaoiolare, sabbie mobili da evitare, carrelli minerari da riportare in funzione, e potremmo continuare per righe e righe, dal momento che in questo nuovo Zelda c'è davvero di tutto. Ne consegue che è che a livello squisitamente ludico Skyward Sword è denso, colmo di una impareggiabile bellezza, e capace di rendere ogni azione interessante, ogni singola zona degna di essere non più attraversata, ma giocata, fruendo una volta di quella, una di quell'altra invenzione.
    A coniugarsi ad una simile struttura le riscoperte capacità atletiche di Link, che segnano un punto di non ritorno nella serie: l'eroe in verde corre, rotola, si arrampica, nuota, similmente a tutti gli episodi in tre dimensioni, ma con una foga ed una frequenza che mai avevamo visto, aprendosi a possibilità che aprono di rimando nuove soluzioni di gioco. Non sappiamo cosa venga prima nello sviluppo, se il level design o le capacità del protagonista, ma sappiamo che mai come in questo caso vanno di pari passo, sposandosi alla perfezione. In un ugualmente felicissimo rapporto con le aree di gioco vivono anche gli oggetti a disposizione dell'eroe: finalmente tutti utili, sfruttabili anche al di fuori dello specifico dungeon o zona. Sono quasi tutti dei piacevoli ritorni, da quelli più tradizionali, come l'artiglio, a quelli più bizzarri, come la giara magica o la frusta; ma il peso che hanno sul gameplay è nuovo, e non sono apparsi mai così rilevanti. Menzione d'onore per lo scarabeo: esplora, colpisce interruttori, cattura oggetti, bombarda persino: l'oggetto perfetto per tutte le occasioni.
    Il fatto che il titolo sia strutturato in tre enormi macrozone molto ricche, in ogni caso, non significa che non esistano, al loro interno, i soliti piccoli dungeon, fiore all'occhiello della serie. L'intrigante costruzione delle aree esterne viene ovviamente amplificata negli interni, pur senza toccare quei livelli di complessità che la serie aveva raggiunto in Twilight Princess. Le mappe delle zone sono infatti di facile interpretazione, ed è sempre abbastanza semplice capire dove si deve andare: ad una miriade di piccoli anfratti, con il loro bell'enigma da risolvere, si sostituiscono stanzoni di ben più ampie dimensioni. Linearità nel raggiungimento della loro uscita non significa però facilità d'attraversamento, e sebbene la maggior parte non richieda chissà quale sforzo, alcuni enigmi danno filo da torcere: inoltre, sempre al loro interno troviamo un elemento che li caratterizza, rendendoli tutti differenti tra loro. Non saranno certo i migliori della serie, ma la differenza di concezione è evidente: non vogliono esserlo, coerentemente ad una mutata struttura di gioco rispetto ai capitoli antecedenti. E' come se la stessa quantità di complessità fosse spalmata su di una maggiore superficie. Da applausi, come sempre, gli scontri con i boss, e davvero viene da chiedersi come faccia l'inventiva di Nintendo a non esaurirsi mai in questi che sono tra i momenti più amati dai fan. L'utilizzo dell'oggetto del dungeon è sempre la soluzione preferita, ma quasi sempre vi è al suo fianco un altro elemento da sfruttare, che sia ambientale, intervenga nel bel mezzo dello scontro o faccia affidamento su quello (finalmente ci arriviamo) che è l'ultimo degli elementi propri di Skyward Sword: l'utilizzo dei sensori di movimento.
    Skyward Sword nasce attorno al Wii Motion Plus, ed ha rischiato persino di morirvi, secondo le parole degli sviluppatori, ad un certo punto sfiduciati a causa di un compito che sembrava essere più grande di loro: restituire con precisione su schermo quanto fatto dal giocatore nella realtà, con il suo braccio. Dobbiamo dire che ci son riusciti: non funziona nella totalità dei casi, ogni tanto qualche colpo non mima il movimento fatto, ma per la maggior parte del gioco, casi nei quali è strettamente richiesto un fendente ben diretto compresi, ce la si cava egregiamente. Che è diverso dal dire che si ha il pieno controllo di Link in ogni circostanza: per gli oggetti come l’arco, la fionda, l’artiglio, avremmo preferito assai l’utilizzo del puntatore, più immediato; far nuotare il nostro eroe nello stretto ogni tanto dà problemi; tutti problemi comunque trascurabili, perché il sistema funziona, e tanto basta.
    Bisogna però aggiungere anche un’altra cosa: a onor del vero, lo stacco prodotto dal Wii Motion Plus non è tale da renderne imprescindibile l’utilizzo. Per intenderci, si potrebbe tornare benissimo indietro, cosa che invece non potremo accettare per esempio riguardo al rinnovato dinamismo di Link, davvero esaltante.
    Al di là di queste considerazioni, è facile accorgersi che la bellezza di questo Zelda è nella vera sostanza del gameplay, diverso rispetto alla tradizione ma ugualmente divertentissimo. Certo, la mancanza d’esplorazione condanna il gioco ad una linearità mai conosciuta da queste parti; le fasi di volo hanno uno scarsissimo impatto, eppure i cambiamenti introdotti e la maniera magistrale con la quale sono stati realizzati ne segnano il successo. In aggiunta, errori del passato, come quello annoso degli oggetti utili per un dungeon e poco più, son stati risolti, valorizzando adesso un level design stratosferico, e un un ritmo di gioco che non scema mai, condannando all’assuefazione il giocatore, in una varietà di situazioni di difficile comparazione.

    The Legend of Cézanne

    Sullo stile grafico di Skyward Sword se ne sono viste e lette di ogni, anche da queste parti. Chi lo applaudiva, chi lo riteneva troppo particolare, chi ne denunciava il malriuscito tentativo di accontentare i fan delle opposte direzioni artistiche di Twilight Princess e Wind Waker. Dal canto nostro, mai avuti tali dubbi, era più la realizzazione che ci lasciava diffidenti, per un utilizzo di colori un po’ smorti ed una generale piattezza nell’impatto visivo. Leviamoci subito i difetti: riguardo la piattezza, avevamo visto bene, e l’utilizzo degli effetti di luce è minimo, probabilmente più per scelta che per limiti tecnici della macchina; quando ciò avviene in misura maggiore, lo stacco è notevole (ve ne accorgerete nella piccola area immediatamente dopo il primo dungeon), e l’impatto visivo decisamente più forte.
    Per il resto, si può solo magnificare il lavoro di un team che ad ogni episodio ha il coraggio di cambiare, ogni volta riuscendovi perfettamente: Skyward Sword afferma la sua identità anche sotto questo punto di vista, e lo stile impressionista, con le figure non in primo piano sgranate da nette pennellate di colore, ben si associa ad una direzione artistica che all’iconografia classica della serie coniuga sperimentalismi tutti particolari, ispirandosi ora alla cultura Maya, riletta in chiave meccanica (vedrete!), ora invece a quella orientale, con fiori di loto e statue dalla crapa pelata. Più ovviamente laghetti, foreste e vulcani che non possono mai mancare. I colori, finalmente, son vividi, brillanti, non esiste zona che risulti anonima, tanti quadri dalle tinte diverse ma dipinti dalla stessa mano: diventa quasi un sacrilegio in simile ambito parlare di texture e modelli, ed allora le prime pensiamole come stupende pennellate multicolore, i secondi come statuette meravigliosamente finemente modellate.
    Ad una magnificenza visiva ne corrisponde una melodica. Troviamo brani che spesso e volentieri riprendono per pochi, nostalgici secondi estratti dal passato (i primi secondi del tema del volo son gli stessi di quelli della melodia dell’oceano di Wind Waker), altri riarrangiati (il tema di Oltrenuvola ricorda fortemente quello di Kakariko), altri totalmente nuovi, sui quali spicca lo splendido Main theme. La bellezza e la varietà delle composizioni sono totali, grazie all’utilizzo, finalmente, di un’orchestra, con ogni suo strumento che riesce a dar la giusta impronta all’interno dei brani; e pazienza se alcuni non sono proprio memorabili. Quello che devono fare è accompagnare le fasi dell’azione, sottolinearne i momenti più emotivi, e ci riescono: quello che in ogni Zelda deve succedere, una della cose che rendono splendido Skyward Sword.

    The Legend of Zelda: Skyward Sword The Legend of Zelda: Skyward SwordVersione Analizzata Nintendo WiiCi voleva, questo The Legend of Zelda: Skyward Sword. Ci voleva a rimarcare la capacità di una software house periodicamente data per morta e la grandezza di una serie che, concedetecelo, non ha uguali, per essere riuscita in 25 anni di storia a consegnarci innumerevoli capolavori indimenticabili. A questa età Zelda si permette persino il lusso di reinventarsi, magari non radicalmente, ma in una maniera che un giocatore legato alla saga non può non vedere. Qualcosa è stato lasciato indietro, ed è un peccato, sebbene confidiamo nel fatto che non siano scelte definitive: all’esplorazione, sia pure finalizzata allo svago più totale, ci teniamo troppo. Ma quando si ha alle spalle una tale capacità di sviluppo, si trova il modo di controbilanciare ciò che si perde, ed ecco allora che interviene un level design che infonde pienezza ad ogni singolo angolo del mondo di gioco. E’ un’esperienza non totalmente nuova, ma di certo diversa, quella in serbo per chi vuole lanciarsi in questa nuova avventura. E il consiglio è quello di farlo senza pregiudizi di sorta: vi accorgerete che ciò che vi attende è la solita magia inquieta, la solita vibrante vitalità della serie, in ognuno degli aspetti che l’ha resa immortale.

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