Recensione The Settlers

Anche il DS è stato colonizzato

Recensione The Settlers
Articolo a cura di
Disponibile per
  • DS
  • iPhone
  • iPad
  • Quella di The Settlers è una serie molto più importante nella storia videoludica di quanto la sua scarsa fama faccia pensare; rappresenta per gli strategici in tempo reale che basano il loro gameplay sulla gestione economica ciò che Dune 2 costituiva per gli strategici più guerreschi (come Warcraft e Command & Conquer), ovvero un capostipite che ha influenzato fortemente tutti i successivi titoli dello stesso genere. La complessità e la profondità della gestione economica, unita alle meccaniche di gioco real time, collocano il titolo quasi a metà strada tra Civilization (che prevedendo turni di gioco permette la gestione di scenari più vasti) e il già citato Warcraft (che però sacrifica gran parte della complessità gestionale in favore di una spiccata propensione al “bellum movere”). Per l’epoca in cui il titolo Blue Byte si presentò sul mercato, nei primissimi anni ‘90, esso era un gioiello praticamente unico e sia l’utenza che la critica Amiga e PC non fecero tardi ad accorgersene. La situazione attuale di quasi totale oblio del brand è da imputarsi a due fattori principali: in primo luogo gli sviluppatori tedeschi non sono riusciti, nel corso degli anni e a fronte di cinque episodi alle spalle (il sesto è in fase di completamento), a rinnovare il gameplay del titolo in maniera sostanziale; in secondo luogo, il cambiamento del mercato videoludico ha imposto una semplificazione delle meccaniche, o quanto meno un loro adeguamento o snellimento, perfino nel caso di titoli che in passato avrebbero richiesto svariate ore di lettura del manuale e successivo apprendistato dinanzi al monitor/televisore. The Settlers non ha percorso completamente questa strada e ad oggi si rivela essere assolutamente troppo complicato e con troppi variabili da gestire per il giocatore medio, richiedendo inoltre un dispendio elevato di tempo e di energie mentali (leggasi attenzione, concentrazione e pianificazione) tali da cozzare inesorabilmente con i gusti di utenti sempre più alla ricerca di esperienze "mordi e fuggi" che non durino più della fatidica mezz’ora. Nonostante ciò, pur essendo il titolo DS che ci apprestiamo a recensire un mero porting del secondo episodio comparso addirittura nel lontano 1996 per PC e Mac, The Settlers ha ancora molto da insegnare ai novelli game designer e molto da dare a tutti quei giocatori non superficiali che non si spaventano dinanzi ad una curva di apprendimento tanto ripida quanto appagante una volta scalata.

    Il gioco è strutturato in tre modalità, una campagna principale, una campagna secondaria e la modalità gioco libero. Qualunque quella scelta (seppur con obiettivi leggermente diversi), il fulcro del gameplay consiste nella creazione di un insediamento. A seconda dello spazio disponibile e delle caratteristiche del terreno, potremo costruire un vasto numero di edifici sulla mappa. Al contrario della maggior parte dei titoli del genere, la collocazione degli edifici è estremamente importante, in quanto essi andranno collegati da delle strade sulle quali transiteranno le merci e le materie prime che servono alle costruzioni o che da esse sono prodotte. Tra ognuna delle bandiere che costituisce una strada si piazzerà un cittadino che farà una vera e propria staffetta delle merci presenti ad ogni bandiera. Sarà possibile impostare la priorità tra le mercanzie per far sì che alcune siano trasferite più rapidamente di altre. Gli edifici molto spesso richiedono delle materie prime per poter operare, per cui posizionarli lontano dalle fonti avrà un esito
    negativo sul ritmo di produzione: ad esempio, un’officina per produrre utensili da lavoro ha bisogno di acciaio, che asua volta viene realizzato dalla fonderia, la quale abbisogna di ferro e carbone provenienti dalle miniere. Le miniere a loro volta hanno bisogno di cibo prodotto in fattorie o porcili, i quali hanno bisogno degli strumenti dell’officina per poter lavorare.
    In pratica quello che si viene a creare è un complesso ciclo economico (che prevede tra l’altro anche edifici per la caccia, la pesca, la macina, l’allevamento di animali, edifici bellici, birrerie e quant’altro) che viene regolato da un menu che ci permette di impostare la percentuale di destinazione della produzione di ciascun bene. Se ci dovessimo, ad esempio, trovare a secco di birra, dovremo aumentare il quantitativo di grano diretto alla birreria e diminuire quello diretto al mulino (con la conseguenza che il panificio avrà meno farina per fare il pane, diminuendo così il suo tasso di produzione). Realizzare una città funzionante e ben organizzata è una sfida intellettuale non da poco e,
    seppur inizialmente ci si possa trovare spiazzati di fronte alla complessità del sistema, domarlo e indirizzarlo dà davvero una gran soddisfazione. Non così tanta cura è riservata alla componente bellica del titolo: gli scontri sono basati fondamentalmente sulla qualità degli armamenti che le nostre strutture riusciranno a realizzare e al quantitativo di birra presente nelle vene dei nostri guerrieri (in questo si palesa l’origine tedesca del team di sviluppo!). Una visione,dunque, molto economica e poco eroistica degli scontri armati.
    Il difetto principale del gameplay risulta essere la ripetitività: ogni missione si configurerà in sostanza come una variante sul tema del costruire un insediamento, il che diventerà una mansione quasi automatica, in quanto non sono proposte differenti condizioni ambientali che possano influenzare in maniera consistente i cicli produttivi oppure un differenziamento nel tipo di costruzioni tale da modificare l’approccio alle missioni o alle campagne; la lunghezza delle campagne è dunque abbastanza ininfluente ai fini della longevità, in quanto ogni singola missione potrebbe portar via svariate decine di ore per essere portata a termine, ma la mancata differenziazione riduce drasticamente l’interesse già dopo pochi livelli.



    La vera nota dolente di questo titolo è il comparto tecnico. Ci troveremo di fronte alle finestre di gioco che i più anziani avranno già avuto modo di vedere una decina di anni fa, lontane ani luce come praticità, estetica ed ergonomicità dai moderni menu. Dal punto di vista grafico c’è ben poco da dire se non che il quantitativo di colori utilizzati, le animazioni, la definizione degli elementi grafici e la velocità di scorrimento sono tutte assolutamente al di sotto delle produzioni attuali per la console a doppio schermo Nintendo. Alcuni particolari, come le sfumature di colore ottenute tramite deithering e il numero infimo di animazioni (ben 2 frame per le bandiere sventolanti) mostrano quanto sia datato l’aspetto grafico del titolo. La musica non è da meno: è presente un solo tema per tutto il gioco, qualcosa di impensabile per una produzione moderna.

    The Settlers The SettlersVersione Analizzata Nintendo DSThe Settlers vive di rendita: una meccanica profonda ed indovinata, per quanto gestita in modo quasi arcaico, gli permette di considerarsi un gioco degno di questo nome; purtroppo, però, risulta inaccettabile un porting da un titolo di più di 10 anni fa senza ritocchi estetici o miglioramenti tecnici. Questo inficia la valutazione, che non può che essere negativa a fronte di un impegno assolutamente risibile per la realizzazione di un videogioco che, per il suo valore storico e per la genialità delle meccaniche di base, avrebbe meritato ben altro trattamento.

    5

    Che voto dai a: The Settlers

    Media Voto Utenti
    Voti: 11
    5.9
    nd