Recensione The War of the Worlds

La trasposizione del romanzo di Herbert George Wells

Recensione The War of the Worlds
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Chiedete ad un appassionato di elencare gli autori più importanti del panorama letterario di genere fantascientifico: non v’è lettore che non annovererà Herbert George Wells tra dei padri fondatori di questo avventuroso tipo di narrativa. Il prolifico e visionario scrittore britannico, non occorre ricordarlo, ha contribuito in modo decisivo a plasmare con le sue opere l’attuale bagaglio immaginifico dell’intera umanità già dal XIX secolo: chi non ha almeno sentito parlare di grandi romanzi, divenuti in molti casi anche film cult dell’epoca d’oro del cinema novecentesco, come The Invisible Man, The Time Machine, The Island of dr. Moreau?
    Dobbiamo a Wells anche, e forse soprattutto, il celebre classico La Guerra dei Mondi. Dopo aver turbato le sicurezze dell’America maccartista, ed in seguito a svariate trasposizioni sul grande schermo di cui l’ultima risale al 2005, la terrificante storia della conquista della Terra da parte di macchine da guerra provenienti da Marte si prepara ad invadere anche il mercato videoludico: The War of the Worlds si presenta nella forma di platform vecchia scuola rigorosamente in 2D, già disponibile su Xbox Live e presto sulle altre piattaforme digital delivery.

    A Paramount Game

    Traendo spunto ufficialmente dal libro di Wells datato 1897, ma anche più liberamente dal radiodramma di Orson Welles del 1938, nonché da successive suggestioni ispirate da letteratura posteriore e chiaramente dal lungometraggio diretto da Byron Haskin nel 1953, gli sviluppatori Other Ocean ci propongono una storia ed un protagonista inediti. Proprio nel ‘53 il giovane Arthur Clark si ritrova attonito e spaesato quando il suo viaggio di ritorno in città dalla campagna inglese coincide con la rivelazione che l’umanità non è sola nell’universo, poiché gigantesche navicelle tripodi extraterrestri provenienti dal pianeta rosso stanno mettendo a ferro a fuoco Londra e le altre principali metropoli del mondo. Mentre il panico dilaga, la città sprofonda nel caos e le forze militari tentano di organizzare una futile resistenza, Arthur si arma di coraggio e invece di darsi alla fuga si mette alla ricerca del fratello Ben e della fidanzata Emily, che non può lasciare soli ad affrontare la fine dei giorni.
    La semplice ma davvero ben scritta sceneggiatura stesa da Chris Fowler viene senza dubbio impreziosita dalla narrazione in prima persona di Sir Patrick Stewart nei panni di Arthur: il celebre attore inglese regala effettivamente una prova all’altezza dei suoi standard che accompagna, interessa e guida il giocatore nel corso della partita grazie a battute mai sotto tono, che avremo modo di ascoltare tanto nelle sequenze d’intermezzo quanto nel vivo dell’azione una volta raggiunto un checkpoint o predeterminati punti del quadro che stiamo attraversando.
    Alla grande traccia recitata si accompagnano effetti sonori di tutto rispetto, davvero rimarchevoli all’udito le esplosioni in secondo piano e l’effettistica vintage delle armi marziane, nonché musiche assolutamente di pregio composte dall’ottimo Christopher Huelsbeck: non un brano appare fuori posto e men che adatto alla situazione in cui è contestualizzato, che si tratti di evocare i titoli introduttivi in stile vecchio film d’alta tensione, di comunicare in-game ora un senso di precarietà ora di incalzante pericolo, o di accompagnare degnamente i riconoscimenti finali del gioco. Classico esempio di colonna sonora che riesce a nobilitare una intera produzione, Other Ocean deve aver ben imparato tale lezione mentre si dedicava al porting HD dell’immortale Castlevania Symphony of the Night.

    Filling the screen with a mighty panorama of earth-shaking fury!

    L’impianto artistico di The War of the World si conferma piacevole anche alla vista: come detto, il gioco si articola esclusivamente su due dimensioni, con conseguente utilizzo di fondali in parallasse, entro cui troveranno posto i modelli 3D di Arthur, di alcuni dettagli e personaggi non giocanti.
    Il formato widescreen permette un’ampia visuale d’insieme, e conferisce un giusto bilanciamento tra il piano su cui si svolge l’azione e il panorama in lontananza leggermente sfocato, generalmente raffigurante una Londra ormai in macerie pullulante di civili impazziti e tripods, cioè i famosi dischi semoventi dotati di tre enormi gambe in grado di schiacciare e fracassare qualunque cosa sia sul loro cammino.
    I Marziani sono spietati e dotati di letali raggi laser che, in perfetto stile retrò, vaporizzano letteralmente qualsiasi essere vivente colpiscano, con tanto di “effetto radiografia” caro all’iconografia più classica delle armi aliene. La crudeltà degli invasori è insensata e rabbiosa, la loro tecnologia avanzata e i loro fotoni mortali contrastano con le architetture vittoriane di Londra e il look ottocentesco degli inermi terrestri in preda al panico.
    Insomma il piano artistico del gioco riesce vincente nella sua semplicità, facendosi archetipo e non cliché. Il tutto è anche ben reso sul piano tecnico: le animazioni sono fluide e convincenti, l’azione in primo piano come sullo sfondo è sovente vivacizzata da improvvise esplosioni, crolli o arrivi di imponenti navette spesso in un tripudio di effetti luminosi di buona fattura.
    A volte però proprio le strutture più grandi, specie se semoventi come le navi marziane con cui avremo a che fare, presentano qualche evidente scalettatura di troppo, segno di una risoluzione non sempre massima degli oggetti in gioco; questo non sarebbe neanche un elemento negativo da rilevare con disappunto se non fossero anche presenti dei fastidiosi rallentamenti del framerate, sebbene ciò accada solo nelle situazioni veramente più concitate dell’avventura. Il punto è che data la leggerezza degli elementi a schermo non ci saremmo aspettati queste difficoltà del motore grafico, ancorchè davvero rare.

    EXTERMINATE !

    Ma come si gioca a The War of the Worlds? Si tratta in sostanza un adventure game in terza persona a scorrimento, lo ripetiamo, bidimensionale. Muoveremo lo spaventato Arthur attraverso una serie di scenari irti di pericoli e devastati dagli attacchi dei tripods che non lasciano scampo agli sconvolti londinesi.
    I controlli sono piuttosto schematici ed intuitivi: la levetta analogica sinistra imprime ad Arthur la direzione del movimento, che diventa una corsa acrobatica se combinata con la pressione del tasto scatto/azione e di quello adibito al salto. Accucciandosi, correndo, saltando, arrampicandosi o rotolando, il nostro dovrà superare svariati stages cittadini lungo i quali l’obiettivo sarà in primis sopravvivere: a frangenti dal sapore stealth in cui la carta vincente sarà la corretta scelta del momento in cui muoversi per evitare di attirare l’attenzione dei droni alieni sentinella dotati di luce di ricognizione, si alterneranno situazioni più concitate in cui dovremo correre a più non posso lungo un percorso spesso denso di ostacoli da evitare mentre alle nostre spalle, o sotto i nostri piedi, o da tutte le direzioni, l’apocalisse impazza.
    Solo saltuari e di importanza limitata i combattimenti classicamente intesi (Arthur entrerà ad un certo punto dell’avventura in possesso di un’ascia con cui colpire gli avversari, ma ne farà utilizzo principalmente per farsi strada mandando in frantumi gli ostacoli più fragili), l’avventura preferisce spingerci ad un approccio generalmente più cerebrale, proponendoci trovate e trappole sempre più brillanti per inventiva e design, e costringendoci spesso a prendere decisioni rapide, come quando saremo inseguiti da una nuvola di gas tossico e per scamparvi dovremo necessariamente muoverci con velocità e precisione.

    Il gioco scorre generalmente via con soddisfazione tuttavia, sebbene la curva di difficoltà vada di stage in stage crescendo piuttosto dolcemente, incorreremo con ogni probabilità in diversi game over di troppo a causa della non sempre eccelsa risposta del nostro personaggio ai comandi del pad: può capitare che Arthur si muova con un tempismo lievemente ritardato rispetto al nostro volere, che si muova a volte di sua volontà, che incespichi in un ostacolo pur quando avremo ben calcolato il momento in cui effettuare un salto in corsa o che molli la presa mentre si issa su una sporgenza cadendo nel vuoto e costringendoci a ripetere magari più volte l’ultimo tratto del livello attuale; tutto questo certamente non è di aiuto considerando che, come detto, The War of the Worlds impone spesso al giocatore di osservare una accuratezza davvero maniacale nei tempi e nei modi con cui affrontare una nuova situazione.
    Tali sbavature oggettivamente moleste si fondono ad ogni modo con la natura geneticamente trial-and-error dell’avventura stessa, quindi sarà nell’ordine naturale delle cose mettere da subito in conto un numero consistente di tentativi destinati a fallire prima di superare indenni alcune delle sezioni più ostiche.
    Il sistema di salvataggi automatici intermedi si dimostra in linea con tale filosofia, non risultando propriamente frustrante ma al contempo neanche davvero permissivo: in caso di morte potremo dover ripetere percorsi anche di una certa estensione e difficoltà prima di raggiungere il successivo check point. Niente che un giocatore della vecchia guardia non sia preparato ad affrontare, tuttavia è bene far presente che non mancheranno momenti in cui la nostra pazienza sarà messa a dura prova dalla combinata influenza del sistema di controllo poco meno che farraginoso, della forse eccessiva necessità di un perfetto timing per superare le trappole più diaboliche, nonché di qualche vero e proprio bug che potrebbe non lasciarci altra scelta oltre l’utilizzo dell’apposito comando per ricominciare il livello in corso - pensiamo ad un eventuale savestate che ci ripropone un Arthur in perenne caduta libera e quindi destinato a morte certa.
    Questi aspetti, sebbene conferiscano al gioco una sua distinta identità nell’ambito dell’attuale panorama degli adventure a scorrimento 2D, spesso più tendenti all’hack ‘n slash che al modello Prince of Persia, sarebbero almeno in parte potuti essere smussati con qualche ulteriore settimana di revisione generale, a nostro avviso.
    La longevità, data la qualità e fascia di prezzo in cui il gioco si colloca, è a livelli più che onesti: la produzione però, probabilmente per scelta deliberata, non stimola il giocatore inserendo sfide o collectibles di sorta, limitandosi a proporre in compenso una manciata di achievements effettivamente complessi da sbloccare, per gli amanti del gamerscore ad ogni costo.

    The War of the Worlds The War of the WorldsVersione Analizzata Xbox 360The War of the Worlds è un Live Arcade dal fascino peculiare: una produzione piccola ma di indubbio valore che reinterpreta un gusto videoludico, ma contemporaneamente potremmo anche parlare di gusto cinematografico, deliziosamente retrò. Sebbene si possano ben facilmente vagheggiare per questo titolo delle possibili migliorie, vuoi in riferimento ad eventuali perfezionamenti di alcuni dettagli della grafica, vuoi piuttosto atte a rendere più agile e bilanciato lo stesso gameplay, di per sé più vicino ad un Out of this World che ad un Abe’s Oddysee, noi ce le immagineremmo alla fin fine come troppo “moderne”, forse persino fuori luogo in un titolo che trae parte della sua forza anche dalle sue imperfezioni, che evocano sotto pelle quegli effetti speciali un po’ ingenui ma tanto efficaci utilizzati nelle pellicole catastroficamente sci-fi degli anni ’50. Questo non significa che l’opera di Other Ocean sia priva di incongruenze, anche palesi e fastidiose, in ordine ad un level design che si sarebbe meglio adattato ad un gioco dotato di controlli più reattivi e precisi, se non di meccaniche più permissive. Siamo ad ogni modo di fonte ad un piccolo e artisticamente meritevole tassello della storia del marchio in mano a Paramount, che saprà divertire, soddisfare ed anche emozionare l’estimatore di setting sci-fi e giochi d’annata.

    7.5

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