Recensione Uncharted 3

La terza avventura di Nathan Drake arriva finalmente a sconvolgere i canoni dell'action game

Uncharted 3
Recensione: PlayStation 3
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  • PS3
  • Non è facile reggere il peso delle aspettative. E attorno ad Uncharted 3, di certo, se ne sono assiepate moltissime. L'esclusiva firmata Naughty Dog, del resto, ha rappresentato in questa generazione il vertice dell'eccellenza tecnica ed artistica su Playstation 3, sfruttando un gameplay funzionale e sempre vivace per interpretare alla perfezione la dimensione “avventurosa” del videogioco moderno.
    Ma ben oltre il peso schiacciante dell'Hype, il ritorno di Nathan rappresenta davvero una pietra miliare di questa epoca videoludica. Perchè in fondo “L'Inganno di Drake” fa propri molti dei tratti distintivi che hanno monopolizzato gli sforzi creativi delle software house, segnando in maniera indelebile i giochi di questa generazione. Da una parte la spettacolarità ad ogni costo, il senso del ritmo, e la predominanza della recitazione digitale. Dall'altra l'interazione dinamica con l'ambiente, dalle coperture alle scalate, sempre collocata nel solco di una linearità controllata, scandita da una regia attentissima. Infine, l'abbondante spazio concesso al multiplayer.
    Ovviamente, il fatto mirabile non è che l'esclusiva Playstation 3 abbracci tutti questi “valori”, ormai piuttosto comuni. Ciò che ammalia è invece un risultato che supera “la somma delle parti”, incanalando l'impegno produttivo di uno dei più talentosi team della storia recente per consegnare al popolo di giocatori un capolavoro sfaccettato, e, in buona sostanza, un action davvero superlativo.

    Fantasmi del Passato

    Drake è di nuovo in pista. E stavolta c'è in ballo qualcosa di grosso. Ancora una volta i miraggi archeologici che Nathan insegue con risoluta convinzione sono gli stessi avvistati dal suo antenato, quel Sir Francis Drake che l'aveva già condotto ad El Dorado nel primo capitolo. Ma ne “L'Inganno di Drake” la posta sembra essere più alta: si parla della città di Ubar, inghiottita dalla sabbia, sepolta nel deserto per volontà divina. Cresciuta in ricchezze e in corruzione, e cancellata dalla faccia della terra da una tempesta ancestrale, questa “Atlantide delle Sabbie” è una vera e propria chimera dell'archeologia moderna, un abbaglio seducente per il quale molti hanno perso la vita. Eppure la traccia di Drake sembra essere solida, nitida, ben definita. Ma c'è qualcuno che è pronto a mettersi fra Nathan e la gloria: si tratta, stavolta, di un'insidia più subdola che in precedenza, una mano strisciante ed invisibile la cui ombra emerge dal passato. In Uncharted 3 il team riesce finalmente ad opporre al giocatore un nemico iconico e -a suo modo- terribile. Dopo i traviati archeologi desiderosi di potere e i mercenari senza scrupoli, arriva d'un tratto una donna risoluta, spietata, a capo di una società segreta che opera nell'oscurità da oltre quattro secoli, tirando i fili di una lunga cospirazione globale. Katherine Marlowe, lo scoprirà il giocatore già nelle prime fasi dell'avventura, è un avversario spietato e cinico. Manipolatrice di mestiere, sa leggere le persone, per sfruttare i loro desideri e le loro paure. Non mancano ovviamente uomini d'azione più adatti a contenere l'irruenza di Drake, mostrando una cieca dedizione alla causa ed una snervante compostezza, ma la “minaccia” di quest'avventura mostrerà più generalmente uno stampo del tutto particolare. E particolarissimo è anche lo svolgersi della trama, che segue in fondo un canovaccio ben definito, ma riesce a risultare vivacissima, corale, colma di colpi di scena e momenti sinceramente memorabili.
    Sulle prime sembra di partecipare ad un lungo e movimentato viaggio, che di tappa in tappa ci conduce per il mondo ad inseguire indizi ed intuizioni. Ma poco a poco si capisce che nell'ostinazione di Drake c'è qualcosa in più: c'è sempre stato, forse, nella sua risolutezza, in quell'ansia per l'avventura e la scoperta, come il bisogno di riappropriasi del suo passato, inseguendo i sogni di un antenato che sente irrimediabilmente vicino. Come Indiana Jones ne “L'Ultima Crociata” (un film a cui Uncharted 3 deve moltissimo), è un piccolo libretto in cui Nathan raccoglie le annotazioni e gli indizi dell'esploratore che ci guida per l'Europa, a Londra e nelle Francia del sud, e poi in medio oriente, fra gli altipiani della Siria e dello Yemen.

    Nelle Cut-Scene che intervallano la progressione, sempre ritmata e ben diretta, si riscopre -grazie all'eccellenza della recitazione digitale- una inaspettata profondità psicologica dei personaggi, caratterizzati in maniera semplicemente impeccabile. Sono i gesti, i giochi di sguardi, e l'eccellenza doppiaggio italiano (ancora inferiore, per qualità recitativa, a quello originale, ma sempre espressivo e con voci non troppo stereotipate), che veicolano una estesa gamma di emozioni, delineando meglio che in passato l'intreccio di rapporti ed il trasporto dei protagonisti. L'entusiasmo di Nathan è smorzato stavolta da un rapporto affettivo tutto particolare, consumato e logoro, ma sempre pronto a riscoprirsi, con una donna che è sempre più stanca delle rinunce e delle incertezze di una vita al limite. Dall'altra parte c'è Sullivan, che ancora riesce a farsi trascinare da Drake nelle imprese più assurde, mentre dietro alla sua figura in qualche modo paterna si nasconde l'interesse disincantato per il proprio tornaconto. Uno dei sicuri meriti di Uncharted 3, dunque, è quello di saper approfondire e far evolvere la caratterizzazione dei propri personaggi. Appena abbozzato nel primo episodio, molto più evidente in “Among Thieves”, il “peso caratteriale” di eroi che abbiamo imparato a conoscere diventa qui una parte fondamentale dell'economia narrativa, celebrata da una sceneggiatura praticamente perfetta. Naughty Dog, consapevole di avere per le mani interpreti oramai ben conosciuti dal pubblico dei fan, gioca anche con l'orizzonte delle aspettative, regalando qualche sequenza davvero inaspettata, come un lungo flashback che ci mette nei panni di un Nathan molto più giovane, al suo primo incontro con Victor Sully, o come i momenti che svelano le correlazioni fra Marlowe e l'eredità di Drake. Così come fu per la frusta di Indiana Jones, o per lo zaino di Lara Croft, insomma, certe scene restano scolpite nella memoria dell'utente: segno che il team di sviluppo ha saputo davvero reinterpretare l'immaginario dell'archeologo avventuroso, collegandosi con le grandi produzioni cinematografiche degli anni ottanta, e superando i risultati dell'avventuriera Eidos, per consegnare a questa generazione il suo nuovo “eroe buono”.
    Ma al di là di questo, la capacità più esemplare della trama è quella di tenere sempre il giocatore con il fiato sospeso, ad aspettare il disvelamento dell'Inganno accennato nel sottotitolo. In Uncharted 3 non tutto è quel che sembra, e fino al culmine dell'intenso finale il plot fa scattare le sue trappole, per lasciare sinceramente stupito il giocatore.

    Esplorazione

    Il gameplay di Uncharted resta quello di sempre, fatto di sparatorie e scazzottate, di esplorazione ed enigmi ambientali. Se non una maggiore vastità interpretativa, una libertà più accentuata sul fronte delle strade da percorrere, al titolo Naughty Dog non si può chiedere davvero altro, perchè la minuziosa alternanza delle situazioni cesella una progressione dai ritmi perfetti. Le due anime del prodotto, quella più Action e quella invece avventurosa, si sposano in maniera esemplare, per disintegrare la potenziale monotonia. Uncharted 3 sarà pure, nei presupposti, un titolo lineare, ma è anche un prodotto trascinante, spettacolare, che sembra non lasciare respiro all'affannato videoplayer, salvo poi interrompere bruscamente la tensione per farsi ammirare in tutto il suo splendore tecnico e artistico.
    La riproposizione di una formula ben rodata e collaudata, comunque, non ha impedito al team di sviluppo di operare limature e correzioni, miglioramenti che si respirano a pieni polmoni soprattutto nelle fasi di esplorazione. Il percorso da seguire, mentre ci arrampica sulle asperità rocciose di una parete o si dondola aggrappati ai grossi lampadari vittoriani, è sempre chiarissimo, e in fondo l'interazione del giocatore, in quei momenti, resta ridotta ad un semplice gioco di tempismo. Una sorta di Quick Time Event in movimento, mentre si salta verso una nuova sporgenza o ci si appende ai bordi delle architravi. Eppure il team di sviluppo ha infarcito le arrampicate di eventi inattesi, che di fatto servono a “condire” queste sessioni dandogli un sapore meno passivo. Un mattone che cede sotto il peso del nostro corpo, un tubo che si stacca all'improvviso precipitandoci in una zona che non avevamo considerato, e molto di più, in alcune sequenze davvero mozzafiato (è ben nota l'arrampicata sul carico penzolante di un aereo in fiamme). Si tratta, ovviamente, di mezzi che nascondono solo in parte la linearità, ma che svolgono più che efficacemente il loro lavoro. Certo, ad una futura iterazione del Franchise (sommessamente confermata dai portavoce del Team di sviluppo) si dovrà chiedere qualcosa in più su questo fronte. Ambienti magari più aperti, che propongano vie alternative amplificando l'idea di un'esplorazione basata soprattutto sul colpo d'occhio. Già il nuovo Tomb Raider sembra volersi muovere in questa direzione, e Uncharted dovrà tenere il passo. Per il momento, tuttavia, le soluzioni adottate bastano a non far sentire il peso delle costrizioni in fatto di Level Design. Anche perchè le scalate vengono sempre e comunque valorizzate da intensi giochi di camera, che si concentrano sulle prospettive spettacolari delle ambientazioni, o sulle animazioni del protagonista.
    Discretamente migliorato anche il comparto enigmistico. I rompicapo ambientali, complice un rapido avvicendamento delle location, compaiono con una maggiore frequenza. In molti casi la soluzione è direttamente sotto gli occhi del protagonista, magari incisa sul suo prezioso taccuino, ma non mancano un paio di esempi in cui il cervello deve lavorare con più arguzia. Niente di complicato, in fondo, per un titolo che non vuole assolutamente tempi morti (se non, altrove, lunghi silenzi densi di significati). Eppure si tratta di un intermezzo apprezzabile che riempie il giocatore di soddisfazione. Marchingegni e trappole, serrature e porte antichissime, sono tutti elementi che si fondono in maniera perfetta con l'immaginario di Uncharted 3, in un'avventura in cui misticismo e realismo si incontrano e viaggiano a braccetto. Questa sorta di “storia fantastica”, questa compenetrazione fra leggenda e verità storiografica, viene sublimata dal lavoro di Naughty Dog, che riesce a mantenere un tono a metà fra una puntigliosa verosimiglianza ed un viaggio fantastico. La presenza di molte locazioni più vicine alla nostra cultura fa molto per aumentare l'immersività, regalando inaspettate soddisfazioni anche a livello coreografico. I livelli europei, che ospitano il protagonista in una “divisa” inusuale, servono allo scopo, e diversificano inoltre la gamma di ambientazioni attraversate dall'archeologo e dai suoi compagni. Analogamente a quanto accadeva nel secondo episodio, il cambio anche repentino di prospettive incanta il giocatore, che schizza dai vicoli strettissimi dello Yemen, invasi della luce calda di un sole ardente, fino alle prospettive notturne delle capitali nordiche, passando per templi antichi immersi nella vegetazione più fitta. Ognuno dei molti livelli di gioco, per altro, si sforza di presentarsi con un carattere tutto suo, proponendo un elemento distintivo. L'insidia del fuoco nello Chateau francese, l'acqua all'interno della nave che cola a picco, tempeste di sabbia nelle enormi distese del Rub' al-Khali: un'alternanza che efficacemente rende Uncharted 3 una delle avventure più dense e varie della recente storia videoludica.

    Anima di Piombo

    L'anima da Third Person Shooter di Uncharted 3 resta ben salda e predominante. Nei ventidue capitoli in cui è divisa la main quest, si sprecano i momenti in cui ripulire ampie zone zeppe di nemici ricorrendo al fascino indiscreto del piombo. Su questo fronte, gli aggiustamenti sono perlopiù marginali, e del resto il gameplay fatto di coperture dinamiche e fuoco alla cieca funziona oggi come in passato. Proponendo ritmi addirittura più sostenuti rispetto a quelli di Gears of War, “L'Inganno di Drake” si presta benissimo a trasformarsi di tanto in tanto in uno shooter veloce e frenetico. Ancora incerta l'intelligenza artificiale dei nemici, insidiosa soltanto a livelli di difficoltà elevati ma mai brillante. Resta però vero che anche in questo settore Uncharted 3 riesce ad infondere un dinamismo sempre trotterellante, grazie a ottime soluzioni di level design. Sparatorie in corridoi stretti si alternano a scontri a fuoco in spazi più aperti, ed anche se l'arsenale resta quello di sempre, i molti intermezzi in real time non smettono mai di raccontare una storia anche nei momenti di tensione, scandendo con precisione ogni tappa del viaggio di Drake.
    E se poi ci si stanca di sparare, si può sempre correre incontro al nemico e optare per una sonora scazzottata. Le dinamiche legate agli assalti corpo a corpo sono sempre funzionali, basate sul tempismo nell'attacco e sulla capacità di schivare i fendenti avversari. L'inserimento di una serie di animazioni contestuali infonde una vivace energia a queste fasi, aumentandone il fascino: sbattere gli avversari contro i muri o spingerli di sotto alle sporgenze, attaccarli con un oggetto di fortuna o usare il vantaggio di una posizione soprelevata per metterli fuori gioco con un balzo, sono possibilità che si affiancano ai cari vecchi montanti o agli intramontabili calci nei denti. Ovviamente il tutto funziona alla grande, con appena qualche incidente sul fronte delle collisioni. Interessante l'inserimento di alcuni soldati più coriacei di altri, dotati di pochissimo tatto nei confronti del protagonista. Per metterli al tappeto ci si dedica a scontri estenuanti, fatti di schivate all'ultimo e troppi pugni sulla faccia, di colpi bassi e tanta determinazione.
    Il team di sviluppo, fedele al dictat della varietà, ha poi pensato di rendere più importanti le poche sequenze che si possono superare senza destare sospetti, assaltando le guardie alle spalle. In molte delle locazioni ci sono almeno un paio di soldati da cogliere alla sprovvista, e quando l'avanzamento silenzioso si rende possibile le routine comportamentali dei nemici sono un po' più naturali rispetto a quelle di Among Thieves.
    Infine, non mancano ovviamente inseguimenti spettacolari, come da tradizione della serie. L'assalto ad un convoglio condotto tutto a cavallo, fra le distese aride del Medio Oriente, entra di diritto nel computo delle sequenze più memorabili, ma anche le corse fra i vicoli dello Yemen hanno un qualcosa di straniante e indimenticabile.
    In conclusione, Uncharted 3 è senza ombra di dubbio uno dei titoli più vari e vivaci della moderna storia videoludica. E' un capolavoro in fatto di vastità, un titolo dalle facce molteplici, che sa fondere in un unico, esaltante impasto elementi molto eterogenei, componendo una mistura assolutamente deflagrante. Il perfetto bilanciamento della progressione ci conduce in templi e metropoli, mentre la lunga parte finale si consuma all'interno di una mitica città uccisa dal deserto.
    Per quel che riguarda la longevità, i giocatori più abili potranno portare a termine l'avventura in poco più di una decina di ore, ed è inutile ammettere che non avremmo desiderato qualcosa in più. E' difficile, al primo playthrough, superare di troppo questa soglia, anche fermandosi ad osservare minuziosamente le ambientazioni per cercare i numerosi tesori disseminati negli ambienti di gioco. Ma d'altro canto è anche difficile ammettere in totale onestà che il team di sviluppo avrebbe potuto estendere oltre l'avventura. Ogni ambientazione, di fatto, viene presentata e “consumata” nei tempi opportuni, e l'intreccio narrativo si dipana senza fretta, ma anche senza risultare diluito e prolisso. Far rimbalzare Nathan per il mondo per qualche ora in più, probabilmente, avrebbe da un lato reso poco verosimile il percorso compiuto sulle tracce di Sir Francis Drake, dall'altro avrebbe forse attenuato l'intensità della narrazione. Per chi poi vorrà completare il titolo scovando i 100 tesori (oltre alla reliquia insolita), il replay value è assicurato. Impossibile, dunque, sostenere che il team abbia tolto risorse allo sviluppo del Single Player per foraggiare quello del multigiocatore: l'avventura di Drake appare pienamente compiuta e autonoma, per un seguito intenso e migliore del predecessore sotto tutti i punti di vista.

    Multiplayer

    Uncharted 3 propone anche un comparto multiplayer online, notevolmente espanso rispetto a quello del secondo capitolo. L'introduzione di perks, kickback (una sorta di Killstreak) e nuove modalità rende molto più complessa la modalità competitiva, mentre le mappe Co-Op risultano abbastanza simili a quanto visto sui server di Among Thieves.
    Dell'online di Uncharted si è discusso molto diffusamente ai tempi della beta, e le impressioni preventive non sono ovviamente cambiate. Come nostro solito, tuttavia, nei prossimi giorni vi proporremo uno speciale d'approfondimento che entri nel dettaglio, scavando a fondo nelle possibilità del comparto multigiocatore.
    A chi rimpiange l'approccio un po' più disimpegnato che ha caratterizzato Uncharted 2, si può dire davvero poco: probabilmente l'introduzione di una sovrastruttura simile a quella del sempreverde Call of Duty, fatta di potenziamenti sbloccabili e avanzamenti di livello, non piacerà a tutti. Eppure non si deve credere che il titolo Naughty Dog abbia in qualche modo perso smalto e carattere, conformandosi alla massa. Anzi, a conti fatti Uncharted 3 rappresenta una buona alternativa alla stereotipia dei First Person Shooter, risultando -almeno su Playstation 3- l'unico sparatutto con visuale in terza persona dotato di meccaniche così funzionali.
    Lo sblocco progressivo di Bonus e Power-Up (passivi o attivi) è legato all'accumulazione di denaro, che assieme all'avanzamento di livello risulta un serio incentivo a restare per molte ore incollati ai server di gioco. L'elenco di modalità disponibili è interessante, anche se le più funzionali risultano il Deathmatch e la modalità ad obiettivi (che vivacizza le partite cambiando, di tanto in tanto, i compiti assegnati alle squadre). Gli scontri sono vivacizzati sia dalle creative abilità dei personaggi (che possono attivare la velocità extra o esplodere come fossero una granata vivente), nonché dai Power Event, occasioni speciali in cui moltiplicare il punteggio, che si attivano per cercare di riequilibrare la situazione. Se nei primi momenti qualcuno potrebbe essere ostacolato dalla presenza di giocatori dotati di abilità superiori, con un po' di pratica l'influenza di Perks (alcuni addirittura “consumabili”, da acquistare all'inizio del match) e Kickback si affievolisce, e le partite risultano abbastanza equilibrate. Se ancora ci fossero degli scettici, comunque, l'opzione Hardcore riavvicina l'esperienza multiplayer a quella del vecchio capitolo, disabilitando tutti i power up.
    Decisamente più “universale” è il multiplayer cooperativo, la cui progressione è scissa da quella della versione “agonistica”. La modalità Arena, anzitutto, ci mette di fronte ad una sorta di Horda, resa molto più interessante dall'apparizione ritmata di obiettivi speciali: postazioni da difendere per un certo periodo di tempo, tesori da recuperare e portare alla base, si alternano con efficacia alle sempre più determinate ondate di avversari che assaltano il gruppo da ogni parte. Buona coordinazione e senso di squadra sono requisiti necessari per uscire indenni dagli ultimi round.
    Un po' meno riuscita è la modalità Hunters, che in due round consecutivi oppone due team formati da una coppia di giocatori, che si alternano al controllo di eroi e predoni. Questi ultimi sono ovviamente aiutati dall'intelligenza artificiale, ma in generale l'alto tasso di mortalità è pronto a rendere non troppo entusiasmanti le partite giocate “dalla parte dei cattivi”.
    Infine, l'avventura in cooperativa rappresenta permette di attraversare in compagnia di tre amici alcune “variazioni su tema” dei momenti topici della campagna principale, immergendo il gruppo nelle fantastiche ambientazioni. Un peccato che sia davvero ridottissima la dotazione di mappe a disposizione per questa opzione (appena cinque, inclusa l'apparizione di qualche ambientazione ben nota ai fan della saga), lasciando all'Arena il compito di saziare le prolungate voglie dei giocatori.
    Finalmente, inoltre, il Multiplayer di Uncharted è supportato da un'infrastruttura solida e curata. Uncharted TV manda in “heavy rotation” filmati promozionali, WebDoc e i momenti salienti delle partite disputate dagli utenti, ed è lodevole la possibilità di giocare in Split Screen dalla stessa console, accedendo con i rispettivi profili PSN.
    Ma l'eccellenza del pacchetto sta senza ombra di dubbio nella qualità delle mappe. Il level design è eccellente, il colpo d'occhio strabiliante, e complessivamente la varietà non ha pari, riservando anche qualche sorpresa in fatto di originalità. L'assalto all'aereo che precede gli scontri di Airstrip, le sparatorie da un treno all'altro della metropolitana, o gli eventi che di tanto in tanto arriveranno a funestare i giocatori (tempeste di sabbia in Desert City, inondazioni periodiche in Dry Docs) mostrano una sincera voglia di innovare anche in questo settore, svecchiando in qualche (riuscita) maniera gli stilemi che da sempre hanno contraddistinto gli sparatutto competitivi.
    Insomma, il multiplayer di Uncharted 3 è davvero gigantesco e inesauribile: il degno coronamento di un'avventura indimenticabile. Forse non tutti si dedicheranno con costanza al gioco online (concedetevi però la prova di una partita cooperativa in compagnia di un amico fidato), ma vista la cura nella realizzazione, la sostanziosa offerta iniziale (di mappe e modalità), ed un sapore leggermente diverso dal solito, Uncharted 3 potrebbe convincere molti giocatori.

    Fascino Esotico

    Uncharted 3 spinge al limite l'hardware di Playstation 3, sfruttato al massimo per gestire un engine sempre brillante. I miglioramenti rispetto al passato non sono moltissimi, ma evidenti: una drastica riduzione dell'aliasign, il framerate che regge praticamente in ogni situazione, texture leggermente più definite, e -di tanto in tanto- addobbate da mappe superficiali in grado di rendere più vivo il colpo d'occhio. In quanto a mole poligonale e profondità di campo i risultati raggiunti da Naughty Dog non compiono passi da gigante, ma la qualità complessiva era tanto eccellente ai tempi di Among Thieves, che ancora oggi Uncharted incanta ad ammalia. Non c'è niente, su console, che riesca a dar tanto, in termini di resa visiva e pulizia. Il merito, da una parte, è di un dettaglio poligonale francamente esorbitante, che si mette in gioco in maniera sempre diversa, assecondando la varietà delle situazioni: negli ambienti più stretti serve per impreziosire le architetture, le architravi, le statue, salvo poi aprirsi ad accogliere un numero di edifici o strutture vegetali francamente imbarazzante, nei molti campi lunghi che sottolineano una profondità di campo impressionante. Ottima anche l'interattività ambientale, a volte “sincera”, a volte più “scriptata”, ma sempre capace di non far apparire troppo statiche le location. Come si è già accennato, Naughty Dog ha voluto poi misurarsi con la riproduzione digitale di acqua, fuoco e sabbia, ed i risultati sono eccellenti in tutti i casi. Forse sono proprio questi momenti che fanno di Uncharted 3 un titolo determinato, con una forte personalità: le lingue di fuoco che si estendono dinamicamente sulle pareti, o gli sciami di insetti che si ritirano, infastiditi dalla luce flebile di una torcia, e poi ancora il polverone della sabbia sbattuta dal vento sul volto di Drake o i miraggi del deserto che si sciolgono al sole, stanno a testimoniare non solo la creativa vivacità del team, ma anche la malleabilità di un engine che mantiene il suo primato.
    I giochi di luce sono ben diretti, incontrando la spaventosa bellezza artistica di alcuni ambienti. Lame che feriscono il pulviscolo prolungano le ombre dei protagonisti sui pavimenti decorati di antichi santuari, mentre le asperità dei mattoni di tufo, assaltati dalla vegetazione irruente di una giungla umida, sembrano quasi trattenere la luce del sole, che filtra appena dal manto di verde.
    Una delle cose che più colpisce di Uncharted 3 è la straordinaria ricerca artistica, se la quale la grande varietà di ambienti e locazioni non avrebbe probabilmente avuto peso. Dentro ad alcuni scorci di Uncharted 3 c'è il rispetto e l'esibizione di culture lontane, di paesaggi meravigliosi, ed a ben guardare la forza espressiva di certi ambienti supera i grandi meriti che nello stesso ambito vanno riconosciuti agli ultimi episodi della saga di Assassin's Creed.
    Impossibile poi non lodare il lavoro svolto sul fronte dell'interpretazione attoriale. Così come per il secondo capitolo, Uncharted 3 è il videogioco che più si avvicina all'idea di un film digitale. Grazie al lavoro di “Performance Capture”, agli algoritmi di morphing facciale, le sequenze di intermezzo (realizzate con il motore di gioco, ma non in tempo reale) sono dei piccoli gioielli di recitazione e regia. I giochi di sguardi, le mani di Nathan ed Elena che si incontrano quasi per caso, le discussioni animate e le rughe nel volto contrito di Marlowe, sono dettagli che contribuiscono a rendere densa ogni scena. C'è qualche momento in cui l'ottimo doppiaggio italiano cede, ma anche sul fronte sonoro l'interpretazione degli attori “nostrani” è massima: nonostante alcune voci possano sembrare leggermente stereotipate, ormai sono entrate nel cuore dei fan. Neppure il commento musicale si smentisce, proponendo temi orchestrati di ampio respiro, perfetti per seguire i guizzi dell'azione e delle sparatorie, così come per esaltare le atmosfere misteriose di alcune camere segrete. Le sonorità orientali, le note flessuose di corde delicate, i cori dal sapore antico che si innestano sui temi classici della serie, senza preavviso, rappresentano momenti di totale esaltazione acustica.

    Uncharted 3 Uncharted 3Versione Analizzata PlayStation 3Uncharted 3 racconta una delle più grandi e movimentate avventure del nostro tempo. Di più: permette di viverla sulla propria pelle, costruendo un intreccio intelligente che dispensa a piene mani tremori ed emozioni. Con la sua regia perfetta, con ritmi mai blandi ed una inarrivabile varietà di situazioni, avvolge il videoplayer e lo conduce attraverso mezzo mondo, alla ricerca di un sogno. In maniera semplice e diretta, Naughty Dog riscrive il paradigma dell'action game (o dell'action movie), facendo scoprire, nonostante l'adesione ad un canone ludico ben riconoscibile, sentimenti e sensazioni davvero nuove e preziose, in questo mondo tutto digitale che a grandi passi sta definendo un proprio linguaggio ed una propria autonomia. Il gameplay sarà pure ben riconoscibile, ma mescola elementi molto eterogenei, valorizza le scalate (forse ancora troppo costrittive) con eventi dinamici e giochi di camera, e perfeziona l'anima da Third Person Shooter grazie al rilievo delle scazzottate, o ad astuti espedienti di game design. In quanto a varietà di ambienti, Uncharted 3 non ha e non avrà rivali per molto tempo, e stupisce che la ricostruzione scenica sia sempre così raffinata, dettagliata, imbevuta di una meticolosa attenzione per fascinazioni e culture esotiche. L'Inganno di Drake è uno di quei giochi che saluta il videoplayer restandogli impresso sulle retine, depositando un retrogusto dolce sulle sue papille, e siamo sicuri che in molti si concederanno un secondo viaggio, prolungando il fronte di una longevità dell'avventura principale che resta l'unico parametro nella media. D'altro canto, il Multiplayer assume forma e sostanza, e grazie ad un'offerta corposa (fatta di modalità cooperative e competitive ma soprattutto di mappe eccellenti e versatili) convince anche i più scettici. Movimentati come pochi, i match online si lasciano giocare con molta leggerezza, risultando un valore aggiunto indiscutibile. Ed è così che anche il terzo capitolo di questa saga ormai entrata di diritto nella storia, sarà ricordato e celebrato a lungo. Come pietra miliare e simbolo del videogioco moderno, come un'esperienza rara e inestimabile, in grado di rimbombare nei cuori di giocatori abitudinari e dei nuovi sognatori. Come un vero capolavoro.

    9.5

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