Warhammer 40.000 Inquisitor Martyr arriva su console: la recensione

Dopo aver riscosso un discreto successo su PC, Warhammer 40.000 Inquisitor Martyr arriva su console: lo abbiamo provato su PlayStation 4 Pro.

Warhammer 40.000 Inquisitor Martyr arriva su console: la recensione
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Inquisitor - Martyr è costretto a sostenere sulle spalle un peso non indifferente: il gioco di NeocoreGames (The Incredible Adventures of Van Helsing, King Arthur: The Role-playing Wargame) è infatti il primo action RPG a sfruttare l'universo di Warhammer 40.000. Il gioco è uscito su PC da qualche mese dopo un bel po' di militanza nel programma di Steam Early Access ed ora si appresta a giungere anche sulle console di Sony e Microsoft, infoltendo ulteriormente la lista di hack'n'slash isometrici - genere storicamente legato al mondo computer - che possono essere giocati con un pad.

    C'è del marcio a Caligari?

    Il settore Caligari è una regione dimenticata ai confini dell'Imperium, lontana dalle guerre più sanguinose, ma turbata da possenti tempeste Warp e da alvei di ribelli e di cultisti del Caos. In quel posto invisibile perfino all'occhio dell'Imperatore si muove un enorme relitto spaziale, una nave-monastero chiamata Martyr e scomparsa tantissimi anni or sono: incaricato dai Lord Inquisitori del Conclave di Caligari, il protagonista del gioco si reca sul luogo per indagare su alcune anomalie. Ben presto il suo fiuto per le eresie rileva la presenza di una cancerosa infestazione del dio caotico Nurgle, che ha trasformato la Martyr in un empio santuario di corruzione. A quel punto ha il via la violenta operazione di purga, condotta per mezzo di spade a catena, lanciafiamme, fucili al plasma e chi più ne ha più ne metta. Le premesse che giustifichino le mattanze tipiche degli action RPG "diablo like" ci sono tutte, e bisogna dire che si sposano alla perfezione con il contesto di Warhammer 40.000 e con l'operato dell'Inquisizione in particolare.

    Nelle prime battute, dunque, c'è tutto ciò che un appassionato vuol trovare: orde di nemici di cui far strame, sangue, bile, frattaglie cosparse su muri e pavimenti e frasi d'arroganza marziale che fanno da compendio al sacro furore. Più i contenuti di Martyr si disvelano, però, e più le sensazioni cominciano a mutare. Il quadro narrativo buttato giù dall'introduzione - pensata soprattutto per presentare le principali meccaniche - viene annacquato da una serie di incarichi che si distanziano troppo dai motivi che hanno condotto l'inquisitore sul relitto spaziale, erodendo progressivamente il mordente ed affievolendo l'interesse. Per giunta si è alle prese con un livello di scrittura che, pure in un genere che non punta a chissà quale coinvolgimento narrativo, si è rivelato in alcune occasioni assolutamente terribile. Colpa anche di una traduzione italiana (esclusiva, per ora, delle versioni console) stracolma di refusi, errori grammaticali e reinterpretazioni fantasiose del testo inglese. Se potete, quindi, selezionate la lingua d'Albione. Il discorso, in ogni caso, non vuole focalizzarsi troppo sulla scrittura o sulla caratterizzazione - scarsa - dei personaggi, ma più che altro sulla macro struttura narrativa, che abbiamo trovato mal concepita, oltre che piatta. Innanzitutto la campagna di Martyr è eccessivamente lunga, una lunghezza estenuante che quasi ti fa invocare i titoli di coda: il motivo di cotanta frustrazione può essere ricercato nell'abuso ossessivo della tecnica dell'"imprevisto", quella per cui il protagonista non può conseguire un obiettivo per colpa di una situazione inaspettata (un'indicazione mancante, l'improvviso palesarsi di una nemesi e così via). L'allungamento artificiale dell'esperienza è un escamotage che si vede in dozzine di giochi, in casa Neocore, tuttavia, non è affiancato da una qualità dei contenuti che possa tenere troppo a lungo. Con missioni tutte molto simili e poco articolate si arriva ad un cedimento quasi immediato. E se decidessimo di dedicarci agli incarichi randomici sparsi per i sistemi, strutturalmente identici alle missioni principali fatte "a mano", il deragliamento dell'esperienza avverrebbe a tempo di record.
    Inoltre, come se non bastasse la piattezza dei ritmi imposti dalle quest di Martyr, la varietà delle matrici che generano le ambientazioni e quella dei nemici è così scarsa da varcare la soglia della sopportazione. A questo punto si palesa una contraddizione folgorante: se le basi contenutistiche sono così povere - e sappiamo che questo tipo di giochi necessitano di varietà proprio perché son tendenzialmente ripetitivi -, perché mai imbastire una struttura che non solo non mette in secondo piano tali mancanze, ma ci fonda sopra un intero sistema di quest randomiche da ripetere ad infinitum? Martyr non prova a nascondere una debolezza conclamata dei diablo like, cerca piuttosto di cavalcarla, pur sapendo che difficilmente ne si può ricavare qualcosa di buono. E infatti il risultato è - com'era prevedibile - pessimo, vittima forse di un'ambizione non commisurata ai mezzi a disposizione del team ungherese.

    L'intenzione è stata fin dall'inizio quella di creare un universo in continua evoluzione, con tanto di missioni settimanali il cui completamento possa influenzare la situazione "politica" dei vari sistemi: su PC ci sono già i primi eventi, mentre le console dovranno attendere l'uscita, ma con un range così limitato di possibilità tutto sembra solo un mero ridimensionamento di quelli che erano gli obiettivi iniziali. Peraltro l'idea che molti contenuti siano stati sacrificati per garantire l'uscita in tempi consoni si rafforza guardando degli artwork: uno in particolare, visibile durante i caricamenti, mostra una razza di nemici che non appare durante le mattanze sui campi di battaglia.
    Possibile che l'ampliamento stagionale del gioco vedrà l'introduzione di nuove minacce, ambientazioni, forse pure nuove classi, ciò non giustifica, in ogni caso, una base di partenza così povera e mal congegnata, e francamente crea forti dubbi anche sul supporto futuro. Tutto ciò l'avevamo subodorato già ai tempi dell'ingresso in Early Access e, ancor prima, nelle iniziali build di prova: la situazione con cui ci siamo trovati alle prese è insomma poco sorprendente. Colpisce, però, il fatto che sia stata sprecata un'occasione così ghiotta e per cui è stato creato perfino nuovo lore che si aggiunge al gargantuesco mondo forgiato da Games Workshop: c'è un inedito capitolo segreto chiamato Stormwatcher (che riadatteremmo "blizzardianamente" in Guardiatempesta) e un settore tutto nuovo, dov'è stato ambientato un ciclo di quattro racconti disponibili sul sito della Black Library. L'ispirazione all'universo "grimdark" di Warhammer 40.000 è infatti encomiabile, colma di riferimenti ed esteticamente attendibile, a partire dalle mappe caratterizzate dalla classica architettura tecno-gotica, fino al design dei nemici del Caos. Peccato manchino scontri degni di questo nome: di bossfight vere e proprie ne abbiamo contata solo una (peraltro davvero brutta), le altre battaglie con le unità élite sono tristi e smorte, azzoppate da pattern semplicissimi e da un elenco di abilità in dote alle nemesi estremamente risicato.

    Sueperbia in proelio??

    La generale ridondanza delle meccaniche degli action RPG hack'n'slash impone sempre una certa cura nella gestione del gameplay, del sistema di progressione e del bilanciamento, altrimenti le lunghe sessioni di farming che spesso si è "costretti" a sopportare avrebbero il gusto del tormento. Se Martyr riesce ad essere abbastanza gradevole nel feeling pad alla mano, grazie soprattutto ad un adattamento che non ha quasi nulla da invidiare a quello per mouse e tastiera, mostra però anche il fianco a tante ingenuità e scelte discutibili.

    Partiamo dalle classi: esse sono tre, Crociato, Assassino, e Psionico, che incarnano in maniera piuttosto fedele alcuni degli archetipi ruolistici. Il Crociato è un tank da prima linea che può padroneggiare anche un'indiscutibile potenza di fuoco; è il più semplice da utilizzare, ma anche quello meno divertente. L'Assassina è rapida e letale, specializzata negli attacchi toccata e fuga e dotata quindi di un'eccellente mobilità: il suo problema è però la scarsa resistenza ai danni. Lo Psionico è il mago del gruppo: è molto tecnico e l'utilizzo assiduo di alcune abilità produce dei malus che possono essere evitati solo utilizzando l'attacco base dell'arma. Quest'ultimo, al di là della sua maggiore complessità gestionale, ci è sembrato il più potente del terzetto. Subito dopo le classi ci sono le sottoclassi, tre per ogni personaggio. Queste sono invece più flessibili, visto che è possibile modificarle semplicemente cambiando l'equipaggiamento dell'inquisitore. Martyr ha infatti un sistema peculiare di skill: ce ne sono alcune in possesso della classe di riferimento, ma le altre vengono assegnate dalle armi impugnate. Un Requiem pesante, per esempio, ci dà la possibilità di effettuare un lista di azioni completamente diversa da quella di un fucile a pompa, lo stesso vale per una spada a catena o per un martello da guerra. L'ultimate, una abilità molto potente che si attiva premendo i due grilletti del pad, dipende invece dal tipo di armatura indossata. Le tipologie di "strumenti dell'Inquisizione" è piuttosto folta, e quindi per un giocatore che ama cambiare spesso setup le possibilità sono molte. Discorso opposto per chi invece si fossilizza su uno o due set (intercambiabili con la pressione del tasto destro della croce direzionale), perché l'assenza di evoluzione delle abilità attraverso rami di sviluppo dedicati appiattisce tantissimo il sistema di progressione, e difficilmente si ha l'impressione che il nostro personaggio si stia potenziando.

    La crescita con i punti esperienza permette inoltre di influire solo sul pool di statistiche passive del personaggio, con effetti poco riscontrabili nei campi di battaglia. Insomma, Neocore non ha gestito un granché bene il progression system, e si è perfino dimenticata un aspetto essenziale per giochi di tale genere: la caratterizzazione estetica dell'equipaggiamento. Può sembrare poco importante, ma avere un feedback visivo sullo stato d'evoluzione del nostro avatar virtuale è estremamente appagante e parte del processo per render più gradevole una lista molto ripetitiva di meccaniche. Di solito gli hack'n'slash non si fanno scrupoli ad agghindare il personaggio come uno straccione, per poi rifargli il look man mano che raggiunge i livelli più alti. Certo, non avremmo mai preteso di partire con un inquisitore in mutande, ma almeno di poter far affidamento su oggetti più curati stilisticamente e caratterizzati da un look "badass" che desse da vedere la dedizione con la quale ce li siamo procurati. Invece non solo non esistono variazioni estetiche - se non per il colore e pochissimi dettagli qua e là -, ma pure le armi leggendarie non hanno nulla di unico, nemmeno un nome e delle caratteristiche così distintive rispetto alla fuffa di basso livello.

    Mancano pure tutta una serie di effetti secondari in grado di approfondire il gameplay e permettere di creare build degne di questo nome. Le statistiche da tenere in considerazione sono poche, e tutte subordinate ad un numeretto molto più significativo: il livello di potenza. Si tratta in poche parole di un valore che è assegnato ad ogni oggetto e che va a definire la "forza" del personaggio, lo stesso indicatore è usato per segnalare il gradiente di difficoltà di un incarico. Qualora il nostro inquisitore avesse un livello di potenza più basso rispetto a quello segnalato da una missione, subirebbe un malus ai danni inferti e a quelli subiti, accadrebbe il contrario qualora invece la sua forza fosse superiore a quella richiesta. Non è impossibile affrontare missioni con requisiti troppo alti, ma non ne vale la pena, perché i bonus alla ricompensa base sono troppo poco ghiotti. Tanto vale abbassare il livello di difficoltà (se si è nella campagna) o puntare a contenuti più alla nostra portata, oppure ancora cedere alle richieste più o meno esplicite di macinare dungeon per ottenere potenziamenti.

    Pad alla mano

    Non è semplice adattare un sistema di gioco che beneficia così tanto della reattività e precisione di un mouse, sia nei combattimenti che nella gestione dell'inventario. Come abbiamo accennato poco più su, Neocore è riuscita a riadattare i vari elementi ludici di Martyr su un sistema di controllo generalmente più scomodo per questa categoria di giochi. L'utilizzo delle quattro abilità attive, delle cure o della ricarica delle armi da fuoco, è naturale e fluido, così come pure il sistema di movimento. Inoltre il gioco consente di ruotare la visuale per offrire un angolo di tiro più chiaro per le classi a distanza, e l'operazione, deputata all'analogico destro, risulta più immediata che su PC, dove bisognava ricorrere alla pressione del tasto centrale del mouse. È anche vero che su computer questa operazione si rende necessaria pochissime volte, mentre su console si sfrutta la possibilità con molta più frequenza. Martyr introduce poi anche un sistema di coperture, un'altra novità per il genere, che possono essere attivate con la pressione del dorsale sinistro. Non le abbiamo sfruttate molto, siamo sinceri, perché è una meccanica potenzialmente molto utile ma non indispensabile, e che per giunta rallenta eccessivamente il ritmo di gioco.

    Per selezionare un bersaglio a cui sparare, invece, gli sviluppatori ungheresi hanno implementato un sistema automatico che seleziona il bersaglio frontale più vicino: molto comodo per chi usufruisce di fucili o pistole, ma a volte anche problematico, in quanto vengono agganciati elementi dello scenario o nemici con cui non si vuole interagire. Qualche problemino si ha anche nella gestione dell'inventario, soprattutto se si vogliono riciclare più oggetti insieme o venderne alcuni in blocco al mercante: con il DualShock 4, ad esempio, è richiesto di premere il touchpad e poi navigare nelle opzioni a disposizione. Sono tutti limiti che è difficile appianare con un tale sistema di controllo, eppure vista la qualità dell'adattamento non pesano poi più di tanto.
    Da un lato, dunque, abbiamo un ottimo sfruttamento del pad, dall'altra un adattamento tecnico, almeno su PlayStation 4 Pro, piuttosto carente. Il problema più grande è la fluidità, che anche nella modalità bilanciata a 1080p arranca in più situazioni, specialmente quelle con più folla a schermo. Il colpo d'occhio, peraltro, appare meno nitido e gradevole di quello della versione PC impostata a settaggi massimi. Troviamo insomma poco giustificabili prestazioni di questo tipo, nonostante ci sia spesso una sovrabbondanza di effetti ed una distruttibilità pressoché totale delle coperture.

    Warhammer 40.000 Inquisitor: Martyr Warhammer 40.000 Inquisitor: MartyrVersione Analizzata PlayStation 4 ProInquisitor - Martyr è purtroppo il tentativo fallito di creare un degno action RPG ambientato nel fascinoso mondo di Warhammer 40.000. I problemi son tanti e gravi: una struttura piatta e ripetitiva, molto di più rispetto ai “canoni” degli hack’n’slash, una campagna che getta alle ortiche le poche buone premesse, contenuti stiracchiati e sovrasfruttati, un sistema di progressione poco efficace e tutta un’altra serie d’ingenuità di game design. C’è poco che si salva, come il divertimento delle prime ore o l’uso della licenza, che per un fan è sicuramente gradevole ma non basta per passare sopra a tutto il resto. Poi si aggiungono i problemi d’ottimizzazione di una poco brillante versione PlayStation 4, che di contro ha subito un adattamento del sistema di controllo molto buono. Speriamo almeno che i prossimi mesi riservino fulgide sorprese per tutti coloro che ardono dal desiderio di tornare, in forma virtuale, nel quarantunesimo millennio.

    5.5

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