D: The Game

In attesa di mettere le mani sul reboot di System Shock, riscopriamo D, avvenuta horror uscita nel 1996 e tirata a lucido da Night Dive Studios.

D: The Game
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  • Il recente lancio della campagna Kickstarter per il remake di System Shock ha portato nuovamente sotto le luci della ribalta Night Dive Studios, compagnia che inizialmente si è dedicata a "restaurare" alcuni gloriosi titoli PC con qualche anno sulle spalle, e che ora sta progressivamente espandendosi verso lo sviluppo, proprio grazie al brand di Looking Glass. Se quindi in futuro potremo giocare ad un vero e proprio remake del primo System Shock, nonché a System Shock 3, nel frattempo possiamo riscoprire alcune gemme del passato, come I Have No Mouth and I Must Scream o il primo Turok, ripubblicate nel corso degli ultimi mesi su GOG. Tra gli altri, è impossibile non citare il primo D, episodio d'apertura di una saga di culto ad opera di WARP, compagnia fondata da Kenji Eno, eclettico musicista e designer comparso nel 2013. Abbiamo quindi deciso di avventurarci nuovamente nelle atmosfere di D, facendo un tuffo negli anni '90.

    Pixel e brividi

    D si apre in maniera fortemente cinematografica, grazie ad un filmato introduttivo che per l'epoca era superlativo e in grado di gareggiare solo con poche altre produzioni, come quelle di Origin o della serie avente come protagonista Tex Murphy. È il 1997 e Richter Harris, direttore e primario di un ospedale di Los Angeles, inizia improvvisamente ad massacrare pazienti e colleghi, lasciando una scia di sangue dietro di sé e asserragliandosi nell'edificio. La polizia interviene rapidamente e la notizia viene subito coperta in maniera massiccia dai media, arrivando in pochi istanti fino a San Francisco. Da uno schermo televisivo del campus dell'università che frequenta, la figlia Laura apprende cosa sta succedendo e si mette subito alla guida della sua fuoriserie per raggiungere il luogo dell'accaduto, incredula su ciò che il padre, studioso stimato per il suo lavoro nell'ambito medico e di ricerca, avrebbe fatto. Arrivata ormai a notte fonda, Laura fa il suo ingresso nell'ospedale, terrorizzata per quanto accaduto ma convinta dell'innocenza del padre, con l'obiettivo quindi di scoprire la verità. Malgrado le limitazioni tecnologiche, in D i volti dei personaggi sono in grado di tramettere in maniera molto forte gli stati d'animo, ed è proprio grazie a questo aspetto che la trama parte subito in quarta, miscelando mistero e orrore in maniera eccezionale. Per essere un titolo del 1996, infatti, D richiedeva un PC di tutto rispetto, quasi un top di gamma: un 486DX2 a 66 Mhz, oltretutto equipaggiato con un lettore CD, possibilmente quad speed in modo da caricare in streaming filmati e tracce audio vocali. L'altro aspetto fondamentale per coinvolgere l'utente era il doppiaggio, non così diffuso in quel periodo e in grado di dare quella spinta in più, permettendo di calarsi nei panni di Laura. Appena la ragazza arriverà all'ospedale potremo quindi iniziare a vivere la sua storia, che solo inizialmente si svolgerà all'interno della struttura di cura, per poi spostarsi in un luogo molto più oscuro, ricco di enigmi e scelte difficili. A livello di gameplay, D si struttura come un'avventura in soggettiva, nel quale è possibile muoversi negli ambienti grazie a movimenti a caselle. A differenza di titoli come Eye of the Beholder o Lands of Lore, però, tale struttura di gioco era stata svecchiata, rendendo i movimenti meno rigidi e inserendo delle animazioni di raccordo molto fluide, in grafica precalcolata.

    Gli spostamenti sono quindi morbidi, piacevoli, ma hanno il difetto di essere lenti, elemento che pesa soprattutto quando si sta esplorando luoghi già visitati, nel tentativo di scoprire quel dettaglio che era sfuggito ad una prima occhiata e che potrebbe permettere di superare un enigma. La lentezza e lo scorrere del tempo sono poi la chiave di volta dell'intera produzione: D dura due ore, indipendentemente da come si comporta il giocatore. Non esiste alcun sistema di salvataggio e, una volta lanciato il gioco, è necessario cercare di dare il proprio meglio, nel tentativo di riuscire a portare a termine l'avventura nel tempo a disposizione. Non è ovviamente una mancanza legata all'hardware di quel periodo, poiché le memorie di massa, sia sotto forma di hard disk che di floppy disk, esistevano. Si tratta di una precisa scelta di design: la storia si dipana dalle 3 alle 5 di notte nel mondo di gioco e, alla conclusione di quel periodo, ineluttabilmente finirà. Il giocatore dovrà quindi muoversi con rapidità tra gli ambienti, svelando gli enigmi e cercando il bandolo della matassa, minimizzando i tempi morti e prendendo le proprie decisioni in maniera rapida, fredda, analitica, senza lasciarsi trasportare dai tentativi del gioco di sviarlo.

    D: The Game D è invecchiato in maniera sensibile, soprattutto a causa della tipica risoluzione dei giochi nell’epoca DOS, che malgrado l’emulazione perdono molto dal punto di vista visivo sui monitor moderni. È però un titolo fondamentale per ogni amante del genere horror e per tutti quelli che cercano una struttura di gioco inusuale, probabilmente mai più esplorata, che fa leva su elementi come il tempo, la curiosità e l’abilità deduttiva del giocatore. Speriamo quindi che anche Enemy Zero, seguito spirituale di D che venne pubblicato sia su Saturn che per sistemi Windows, venga riscoperto e reso nuovamente disponibile su GOG, mentre per quanto riguarda D2 è molto più difficile sperare, visto che l’unica versione esistente è per Dreamcast, oltretutto mai pubblicata in Europa. D èun tuffo nel passato che merita di essere vissuto: dedicategli un paio d’ore ad alta tensione durante una delle nottate di questa bollente estate.

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