George Romero è uno di quei pochi registi la cui opera ha avuto un'influenza pervasiva sulla cultura di massa, sul cinema e su molti media diversi da quello di appartenenza. Si è scritto tanto (ma soprattutto si è visto), su quanto abbia pesato un film come la Notte dei Morti Viventi (1968). Nel cinema prima di tutto, certo: gli italiani in particolar modo sapranno ispirarsi a questo grande capolavoro per esprimere un proprio un cinema di genere che avrà in registi come Lenzi o Fulci i suoi nomi più importanti. Persino un grande come John Carpenter, più giovane di Romero di una decina d'anni, è rimasto influenzato dalla sua idea di fare film dell'orrore, rimodellando i canoni della categoria e giocando con gli usi e i costumi della società americana. Lo stesso discorso si può fare per il fumetto, con Robert Kirman, l'ideatore di The Walking Dead. L'intenzione di questo breve approfondimento è però quella di raccontare il legame tra il videogioco e il Padrino degli Zombie, probabilmente una delle figure più influenti per i game designer. Il Giappone è stata in questo senso terra fertile, nel quale ha attecchito maggiormente il mondo orrorifico lento e bavoso di Romero. Alzi la mano chi non conosce la storia del triste rapporto tra il regista e Resident Evil.
La saga ideata da Shinji Mikami, almeno nei primi due capitoli, vive di uno stretto legame con l'immaginario del regista. Sia il primo capitolo di Biohazard che il film di Romero sono ambientati in una villa. Non solo, c'è una netta somiglianza nei primi, lenti zombie della saga con quelli di Romero. Dalle citazioni si passò ai fatti, quando Capcom decise di affidare la regia dello spot di Biohazard 2 al regista, il quale diresse due trailer ispiratissimi. Era il 1998 e vennero assoldati, nelle parti di Chris e Claire Redfield, due giovani stelle del periodo, Brad Renfro — con il quale la vita è stata crudele, tra alcolismo e tossicodipendenza è morto di overdose a soli 25 anni — e Adrienne Frantz. Nel making of dei trailer è possibile ascoltare un Romero entusiasta dell'aver diretto i trailer di un gioco che, parole sue, era un tributo nei confronti di un genere cinematografico del quale poteva considerarsi ispiratore. A quanto pare lo spot, girato per la tv giapponese, piacque talmente tanto a Sony Pictures che l'azienda decide di affidare a Romero la scrittura della sceneggiatura per il primo film dedicato alla saga.
Romero scrive la sceneggiatura in poco più di un mese: la trama si sarebbe dovuta ambientare nella Spencer Mansion, la villa del primo capitolo, e nella storia sarebbero comparsi Chris Valentine e Jill Valentine. È possibile visionare lo script in giro per la rete, ed è interessante notare come nel film sarebbero apparsi mostri anche diversi dagli zombie standard, come gli hunters. La sceneggiatura era una lenta discesa tra le camere dell'orrore, per di più fedele al videogioco. Le cose sono andate a finire come non dovevano andare a finire. La saga è finita nelle mani di Paul W.S. Anderson (il regista di Alien vs Predator e Pompei) e ne è uscita una saga non troppo ispirata e molto discontinua. A quanto pare lo script non era piaciuto ai capoccia della Capcom, che licenziarono su due piedi il Maestro. Le cose andarono male anche quando Romero si mise in testa di voler realizzare un videogioco. Verso la fine degli anni duemila in un'intervista a Destructoid ribadì l'interesse per la questione, dicendo anche che le produzioni videoludiche erano buone solo a sfruttare passivamente la sua eredità. City of the Dead sarebbe dovuto essere un multipiattaforma, un first person shooter nel quale si doveva resistere ad una mandria di zombie inferociti e ambientato, almeno in parte, in una stazione di benzina. Almeno questo è quello che il teaser trailer ci concede.
Il gioco non venne mai prodotto a causa dei problemi finanziari che colpirono la casa di sviluppo, Kuju Entertainment. Peccato: ci siamo persi un titolo con un livello di gore altissimo e con Tom Savini nelle parti del narratore (nel caso ve lo steste chiedendo, Savini è semplicemente il make-up artist dell'horror più importante d'America). Negli ultimi anni è successo l'inevitabile: George Romero è stato trasformato in zombie per un videogioco; Call of The Dead una delle mappe a tema zombiesco di Call of Duty: Black Ops. Gli antefatti sono questi: il regista sta facendo delle ricerche per un film sulla Seconda Guerra Mondiale, quando finisce a contatto con dei documenti riguardante l'Elemento 115, un agente chimico utilizzato da Ludvig Maxis per sperimentazioni paranormali di qualsiasi tipo. L'elemento 115 è in grado di rianimare le cellule morte, indi per cui gli zombie spuntano come funghi dopo i primi esperimenti. Romero decide di girare il lungometraggio proprio nelle zone dove i nazisti hanno condotto i loro esperimenti, portandosi sul set attori come Sarah Michelle Gellar, Danny Trejo e Robert Englund. Potete immaginare come va a finire: qualcosa si risveglia e viene infettato anche il Maestro, che nella mappa sopra citata è possibile affrontare in versione rianimata: pelle pallida, occhi verdi dietro i suoi spessi occhiali da vista e l'imperdibile gilet da pescatore.
C'è poi una lunga trafila di videogiochi che sono stati più o meno influenzati dal mondo maledetto di Romero. Dead Rising è evidentemente ispirato non tanto a La Notte dei Morti Viventi, quanto al secondo capitolo: Dawn of the Dead (1978) (in Italia conosciuto come Zombie). Il titolo è ambientato in un centro commerciale, proprio come il film della saga. Funny Fact: Romero non sapeva nulla del videogioco fino a quando un fan non gli portò una copia da firmare. Indi per cui non era nemmeno a conoscenza dello scontro legale tra la MKR group, che deteneva i diritti del film, e la Capcom. È interessante che il sottotesto politico sia rimasto vivo anche nel videogioco. Dawn of the Dead estende il valore filosofico del primo film del regista, nel quale i mostri invadono un centro commerciale. Avete mai visto cosa succede durante i saldi stagionali alle entrate dei centri commerciali americani? Romero gioca con l'immaginario del mall, con le sue luci e i lunghi corridoi ricolmi di prodotti e merci per le famiglie d'America, affiancandolo ai concetti di antropofagia e contaminazione... Insomma, non ci vuole un genio per cogliere la critica sociale del regista. Nel videogioco si fanno a pezzi le orde di non-morti utilizzando come armi tutti prodotti possibili e immaginabili che nei centri commerciali si vendono. E se rileggiamo lo zombie di Dead Rising come lo schiavo del consumismo, allora terminare la sua esistenza con uno snowboard preso in prestito nel reparto articoli sportivi, assume un velato significato nichilista.
Potremmo citare altri esempi, come State of Decay, tanto per dirne una. Ma ci piacerebbe chiudere l'articolo con una piccola perla da retrogamer incalliti. Nel 1993 uscì per Super Nintendo e Sega Mega Drive Zombie Ate My Neighbors, un videogioco sviluppato dalla Lucas Arts che omaggiava con amore e fedeltà una lunga schiera di mostri storici, dal Mostro della Laguna a Leatherface di Non Aprite quella Porta. Il compito del giocatore era quello di salvare dall'invasione dei mostri gli abitanti del quartiere, un labirinto composto di giardini, piccoli cimiteri, piscine e ville sullo stile sogno americano. Fra tutti i nemici il più iconico, al punto tale da impossessarsi del titolo del videogioco, come se fosse il capostipite delle varie deformità antivitali, è proprio il non morto di ispirazione romeriana. Proprio come le mille citazioni al Maestro comparse nei videogiochi, questo articolo è stato scritto per commemorare la scomparsa di George Andrew Romero. A differenza dei suoi mostri, George non si rialzerà sotto forma di bestia senza cervello. Da vivo, la sua mente è stata tra le più lucide di una memorabile generazione di autori cinematografici. E chissà per quanto tempo ancora la sua mano si potrà percepire sul lavoro di fumettisti, registi e game designer.
George A. Romero: un autore immortale, tra cinema e videogioco
A pochi giorni dalla scomparsa, omaggiamo Gorge A. Romero analizzando il suo rapporto con il mondo dei videogiochi.
George Romero è uno di quei pochi registi la cui opera ha avuto un'influenza pervasiva sulla cultura di massa, sul cinema e su molti media diversi da quello di appartenenza. Si è scritto tanto (ma soprattutto si è visto), su quanto abbia pesato un film come la Notte dei Morti Viventi (1968). Nel cinema prima di tutto, certo: gli italiani in particolar modo sapranno ispirarsi a questo grande capolavoro per esprimere un proprio un cinema di genere che avrà in registi come Lenzi o Fulci i suoi nomi più importanti. Persino un grande come John Carpenter, più giovane di Romero di una decina d'anni, è rimasto influenzato dalla sua idea di fare film dell'orrore, rimodellando i canoni della categoria e giocando con gli usi e i costumi della società americana. Lo stesso discorso si può fare per il fumetto, con Robert Kirman, l'ideatore di The Walking Dead.
L'intenzione di questo breve approfondimento è però quella di raccontare il legame tra il videogioco e il Padrino degli Zombie, probabilmente una delle figure più influenti per i game designer.
Il Giappone è stata in questo senso terra fertile, nel quale ha attecchito maggiormente il mondo orrorifico lento e bavoso di Romero. Alzi la mano chi non conosce la storia del triste rapporto tra il regista e Resident Evil.
La saga ideata da Shinji Mikami, almeno nei primi due capitoli, vive di uno stretto legame con l'immaginario del regista. Sia il primo capitolo di Biohazard che il film di Romero sono ambientati in una villa. Non solo, c'è una netta somiglianza nei primi, lenti zombie della saga con quelli di Romero. Dalle citazioni si passò ai fatti, quando Capcom decise di affidare la regia dello spot di Biohazard 2 al regista, il quale diresse due trailer ispiratissimi. Era il 1998 e vennero assoldati, nelle parti di Chris e Claire Redfield, due giovani stelle del periodo, Brad Renfro — con il quale la vita è stata crudele, tra alcolismo e tossicodipendenza è morto di overdose a soli 25 anni — e Adrienne Frantz.
Nel making of dei trailer è possibile ascoltare un Romero entusiasta dell'aver diretto i trailer di un gioco che, parole sue, era un tributo nei confronti di un genere cinematografico del quale poteva considerarsi ispiratore. A quanto pare lo spot, girato per la tv giapponese, piacque talmente tanto a Sony Pictures che l'azienda decide di affidare a Romero la scrittura della sceneggiatura per il primo film dedicato alla saga.
Romero scrive la sceneggiatura in poco più di un mese: la trama si sarebbe dovuta ambientare nella Spencer Mansion, la villa del primo capitolo, e nella storia sarebbero comparsi Chris Valentine e Jill Valentine. È possibile visionare lo script in giro per la rete, ed è interessante notare come nel film sarebbero apparsi mostri anche diversi dagli zombie standard, come gli hunters. La sceneggiatura era una lenta discesa tra le camere dell'orrore, per di più fedele al videogioco.
Le cose sono andate a finire come non dovevano andare a finire. La saga è finita nelle mani di Paul W.S. Anderson (il regista di Alien vs Predator e Pompei) e ne è uscita una saga non troppo ispirata e molto discontinua. A quanto pare lo script non era piaciuto ai capoccia della Capcom, che licenziarono su due piedi il Maestro.
Le cose andarono male anche quando Romero si mise in testa di voler realizzare un videogioco. Verso la fine degli anni duemila in un'intervista a Destructoid ribadì l'interesse per la questione, dicendo anche che le produzioni videoludiche erano buone solo a sfruttare passivamente la sua eredità. City of the Dead sarebbe dovuto essere un multipiattaforma, un first person shooter nel quale si doveva resistere ad una mandria di zombie inferociti e ambientato, almeno in parte, in una stazione di benzina. Almeno questo è quello che il teaser trailer ci concede.
Il gioco non venne mai prodotto a causa dei problemi finanziari che colpirono la casa di sviluppo, Kuju Entertainment. Peccato: ci siamo persi un titolo con un livello di gore altissimo e con Tom Savini nelle parti del narratore (nel caso ve lo steste chiedendo, Savini è semplicemente il make-up artist dell'horror più importante d'America).
Negli ultimi anni è successo l'inevitabile: George Romero è stato trasformato in zombie per un videogioco; Call of The Dead una delle mappe a tema zombiesco di Call of Duty: Black Ops.
Gli antefatti sono questi: il regista sta facendo delle ricerche per un film sulla Seconda Guerra Mondiale, quando finisce a contatto con dei documenti riguardante l'Elemento 115, un agente chimico utilizzato da Ludvig Maxis per sperimentazioni paranormali di qualsiasi tipo. L'elemento 115 è in grado di rianimare le cellule morte, indi per cui gli zombie spuntano come funghi dopo i primi esperimenti. Romero decide di girare il lungometraggio proprio nelle zone dove i nazisti hanno condotto i loro esperimenti, portandosi sul set attori come Sarah Michelle Gellar, Danny Trejo e Robert Englund. Potete immaginare come va a finire: qualcosa si risveglia e viene infettato anche il Maestro, che nella mappa sopra citata è possibile affrontare in versione rianimata: pelle pallida, occhi verdi dietro i suoi spessi occhiali da vista e l'imperdibile gilet da pescatore.
C'è poi una lunga trafila di videogiochi che sono stati più o meno influenzati dal mondo maledetto di Romero. Dead Rising è evidentemente ispirato non tanto a La Notte dei Morti Viventi, quanto al secondo capitolo: Dawn of the Dead (1978) (in Italia conosciuto come Zombie). Il titolo è ambientato in un centro commerciale, proprio come il film della saga. Funny Fact: Romero non sapeva nulla del videogioco fino a quando un fan non gli portò una copia da firmare. Indi per cui non era nemmeno a conoscenza dello scontro legale tra la MKR group, che deteneva i diritti del film, e la Capcom.
È interessante che il sottotesto politico sia rimasto vivo anche nel videogioco. Dawn of the Dead estende il valore filosofico del primo film del regista, nel quale i mostri invadono un centro commerciale.
Avete mai visto cosa succede durante i saldi stagionali alle entrate dei centri commerciali americani? Romero gioca con l'immaginario del mall, con le sue luci e i lunghi corridoi ricolmi di prodotti e merci per le famiglie d'America, affiancandolo ai concetti di antropofagia e contaminazione... Insomma, non ci vuole un genio per cogliere la critica sociale del regista. Nel videogioco si fanno a pezzi le orde di non-morti utilizzando come armi tutti prodotti possibili e immaginabili che nei centri commerciali si vendono. E se rileggiamo lo zombie di Dead Rising come lo schiavo del consumismo, allora terminare la sua esistenza con uno snowboard preso in prestito nel reparto articoli sportivi, assume un velato significato nichilista.
Potremmo citare altri esempi, come State of Decay, tanto per dirne una. Ma ci piacerebbe chiudere l'articolo con una piccola perla da retrogamer incalliti. Nel 1993 uscì per Super Nintendo e Sega Mega Drive Zombie Ate My Neighbors, un videogioco sviluppato dalla Lucas Arts che omaggiava con amore e fedeltà una lunga schiera di mostri storici, dal Mostro della Laguna a Leatherface di Non Aprite quella Porta. Il compito del giocatore era quello di salvare dall'invasione dei mostri gli abitanti del quartiere, un labirinto composto di giardini, piccoli cimiteri, piscine e ville sullo stile sogno americano. Fra tutti i nemici il più iconico, al punto tale da impossessarsi del titolo del videogioco, come se fosse il capostipite delle varie deformità antivitali, è proprio il non morto di ispirazione romeriana. Proprio come le mille citazioni al Maestro comparse nei videogiochi, questo articolo è stato scritto per commemorare la scomparsa di George Andrew Romero. A differenza dei suoi mostri, George non si rialzerà sotto forma di bestia senza cervello. Da vivo, la sua mente è stata tra le più lucide di una memorabile generazione di autori cinematografici. E chissà per quanto tempo ancora la sua mano si potrà percepire sul lavoro di fumettisti, registi e game designer.
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