Eccoci qui, le porte della modernità videoludica finalmente si aprono dopo un'apparentemente interminabile corsa ad ostacoli burocratica. Dopo ben quattordici anni di blocchi, mercato nero, taroccate plug-and-play, il governo cinese decide di allentare le maglie del controllo sulla produzione e distribuzione di macchine da gioco casalinghe. Una grande vittoria sia per il pubblico che per le hardware e software house. Cerchiamo quindi di vedere quali sono stati i primi risultati di questa apertura, e quali possono essere le possibili direttrici future.
Come anticipato nel precedente articolo, il ministero della cultura cinese iniziò ad includere i videogames all'interno delle aree di propria competenza e, nel gennaio 2014, annunciò ufficialmente la volontà di sollevare temporaneamente il blocco alle console casalinghe. La principale limitazione di questa misura era di stampo logistico, dato che la produzione delle macchine da gioco era consentita solamente nella Free Trade Zone di Shanghai. Questa decisione non deve stupire, dato che la "Parigi d'oriente" rappresenta uno dei principali laboratori economico politici cinesi, sin dai tempi di Deng Xiaoping. Per quanto riguarda la circolazione dei giochi, nei primi mesi del 2014 si stabilì che il software avrebbe dovuto passare lo scrutinio di una commissione etica istituita dal dipartimento culturale.
La fase successiva di questo processo si sarebbe poi concretizzata a settembre, quando il governo cinese avrebbe permesso la produzione in tutto il paese e dato il via definitivo al processo di liberalizzazione. Abbiamo già parlato della situazione di Nintendo nella prima parte del nostro approfondimento: la casa di Kyoto continuò ad affidarsi alla sua sussidiaria iQue, producendo delle versioni adattate al mercato cinese di DS e 3DS. Nintendo pensò anche di distribuire ufficialmente Wii e Wii U, ma l'idea non si concretizzò mai e le console circolarono solamente attraverso canali informali. Al momento non ci sono informazioni su un possibile lancio di Switch nel mercato cinese.
Sony e Microsoft invece approfittarono subito del cambio di politica per mettere radici nel territorio, scegliendo entrambe di stabilire un embrionale quartier generale a Shanghai. In realtà il colosso giapponese aveva mosso i primi passi nel 2012, quando Sony Computer Entertainment (SCE) istituì una propria filiale a Guangzhou. Il principale obiettivo di questa sede, aperta in sinergia con Guangdong Animation City e il governo cinese, riguardava la creazione di alcuni programmi di formazione professionale per giovani animatori e designer cinesi, oltre all'ipotetico sviluppo di videogames destinati al mercato locale e globale. Tetsuhiko Yasuda, presidente di Sony Computer Enterteinment Asia, ha chiarito che SCE localizzerà alcuni dei suoi giochi per il mercato cinese, porterà tecnologia e know-how nella regione per aiutare gli sviluppatori locali a creare giochi adatti ai gusti del pubblico cinese.
Tornando al marchio PlayStation, la strategia di Sony prevedeva una release nei primi mesi del 2015 sia per la sua ammiraglia e sia per PlayStation Vita. Dopo un ormai tradizionale rinvio, occorso anche al lancio di PS2, il 15 marzo del 2015 PlayStation 4 arrivò sugli scaffali dei negozi cinesi. Il lancio non fu esattamente memorabile, con soli sei giochi approvati dalle autorità (tra cui Knack, Dynasty Warriors 8, Rayman Legends e Trials Fusion) e un prezzo di 2899 yuan (circa 400 euro con il cambio dell'epoca) che non la rendeva particolarmente appetibile alla massa. Inoltre non erano disponibili le diverse funzioni e servizi multimediali di cui possiamo godere noi giocatori occidentali, tra cui i servizi on-demand musicali e piattaforme streaming per cinema e tv.
Il lancio di Xbox One andò leggermente meglio, non distanziandosi comunque dal grigiore e dall'incertezza provate anche da Sony. Microsoft sembrava puntare particolarmente al mercato cinese, nonostante le non esaltanti performance in Giappone e negli altri mercati asiatici. Nei primi mesi del 2014, l'azienda di Redmond firmò un contratto di collaborazione con BesTV, colosso cinese dell'intrattenimento, per poi confermare la preparazione di ben cinque milioni di unità per il lancio della piattaforma. La console Microsoft arrivò sul mercato circa sei mesi prima rispetto alla concorrenza, esattamente il 29 settembre 2014, con un prezzo di listino di 3699 yuan (circa 570 euro). La lineup del lancio era risicata quanto quella preparata da Sony, presentandosi ai nastri di partenza con Forza Motorsport 5, Kinect Sports Rivals, Powerstar Golf, Zoo Tycoon e Max: The Curse of Brotherhood.
Nonostante un prezzo di listino estremamente alto, quasi 200 dollari/euro in più rispetto alla controparte occidentale, e una periferica come il Kinect già abbandonata e poco adatta ai ristretti spazi delle abitazioni cinesi, il riscontro di pubblico non fu catastrofico. Xbox One vendette circa 100.000 unità nella sua prima settimana in commercio, un risultato decisamente migliore di quanto fatto registrare in Giappone. I numeri possono sembrare impietosi, soprattutto a fronte dei millantati 5 milioni destinati, ma considerando costo e background del giocatore cinese medio non è un risultato pessimo.
Le proiezioni di vendita per il 2015 erano abbastanza impietose, e non si discostarono troppo dalla realtà dei fatti. Secondo un report effettuato da Niko Partners, il principale esperto del settore in Asia, PlayStation 4 e Xbox One avrebbero piazzato circa 550.000 unità. Non ciascuna, ma combinate. Considerando che si parla di un potenziale mercato di centinaia di milioni di utenti, le previsioni non erano particolarmente incoraggianti. Il dato assume ancora più rilevanza se consideriamo che, nello stesso anno, la Cina venne indicata come il più grande mercato per il gaming, con dei profitti attesi di circa 22.2 miliardi di dollari e un aumento annuo del 23%.
Il più o meno vergine mercato cinese non sembrava particolarmente impressionato dall'offerta ludica di Sony e Microsoft. La disponibilità del mercato grigio ha sicuramente influito, con le diverse console già disponibili attraverso canali informali e spesso con costi decisamente più economici. Ma anche diversi giochi iniziarono a circolare nel meandro dei bancarielli cinesi.
Per esempio, Grand Theft Auto V non venne mai distribuito ufficialmente per via dei suoi contenuti estremamente violenti. Una versione pirata, modificata per girare sulle console clandestine e rilasciata poco dopo la release ufficiale del gioco, in soli tre mesi segnò più di dieci milioni di download sul sito Ali213.net. Gli ultimi dati a nostra disposizione evidenziano come PS4 e Xbox One abbiano superato il milione d'installato, venendo però sostanzialmente doppiate dal mercato grigio. Secondo una stima del ministero della cultura cinese, nel 2016 il mercato delle console casalinghe avrebbe generato degli introiti pari a 488 milioni di dollari, con una crescita del 56.7% rispetto all'anno precedente. Dati incoraggianti ma non sufficienti a registrare un cambiamento significativo.
Infatti, la preferenza per il gioco su PC (130 milioni di utenti) e la crescita esponenziale del mercato mobile (circa 400 milioni di utenti) rimangono ancora i principali ostacoli. Come contrastare questa tendenza apparentemente insormontabile? Sony ha iniziato a lavorare su una strategia ritagliata sui gusti del mercato cinese, scegliendo i brand più appetibili e lanciandoli sul mercato locale in contemporanea con il resto del mondo. Gravity Rush Remastered è stato un discreto successo commerciale, sia per il lancio in contemporanea ma anche grazie all'esclusivo bundle dedicato, e l'arrivo di Final Fantasy XV, brand molto famoso in terra cinese, ha letteralmente mandato in estasi gli appassionati.
Un'altra possibile strategia per fare breccia nel mercato riguarda l'apertura di studi locali e lo sviluppo di prodotti dedicati, particolari che, in un certo senso, possano far scaturire quasi un senso di orgoglio. Gli studi di Ubisoft a Shanghai e Chengdu, 2K China e Crytek Shanghai (chiusi rispettivamente nel 2015 e 2016), sono progetti di vecchia data che avevano finalità diverse rispetto alle esigenze odierne. Anche in questo caso, Sony potrebbe aver trovato la strada giusta per aumentare il proprio appeal agli occhi dell'esigente fanbase cinese.
Nel marzo di quest'anno venne ufficialmente annunciata la creazione del PlayStation China Hero Project. Il progetto, coordinato da Sony Interactive Entertainment Shanghai, intende sostenere e contribuire alla maturazione di talentuosi sviluppatori e designer cinesi, i cui software approderanno poi su PlayStation 4. La lista dei dieci giochi selezionati per il programma include anche un'esperienza pensata per il PlayStation VR, The Walker, e titoli già in buona fase di sviluppo come Project Boundary e Code Hardcore. Ma la punta di diamante del progetto, il gioco che realmente potrebbe mettere la Repubblica Popolare nella mappa videoludica, è Lost Soul Aside.
Lost Soul Aside è apparso apparentemente dal nulla in un pomeriggio di luglio del 2016, impressionando repentinamente il popolo di internet per la sua fluidità e bellezza visiva. Pian piano iniziarono ad emergere i dettagli sul team dietro a un gioco, sviluppato su Unreal Engine 4, che si ispira a blockbuster come Final Fantasy e Ninja Gaiden. Il team era composto da Yang Bing, un giovane game designer cinese formatosi in Corea del Sud. Quello che vedete nel video di "reveal" del progetto è frutto del lavoro, durato due anni, di una sola persona. Non deve quindi stupire il fatto che Sony l'abbia prontamente portato sotto la sua ala, convincendolo a rifiutare diverse altre proposte di partnership.
Leggi la Parte 1 - Cina e Videogiochi: No Country for a Console Gamer
Leggi la Parte 2: Cina e Videogiochi - Anno Zero, nascita e crescita del mercato locale
Tracciare un bilancio conclusivo di questo ventennale percorso non è semplice, i gusti dei giocatori cinesi sembrano essere ben delineati e potrebbe esserci poco spazio per una penetrazione massiccia per le console tradizionali. L’interesse è però in costante aumento, così come la voglia di scoprire realtà ludiche sino ad allora irraggiungibili. Un progetto ambizioso come Lost Soul Aside, guidato da un giovanissimo designer cinese che proseguirà lo sviluppo in patria, potrebbe rappresentare un vero e proprio “Uovo di Colombo” per il panorama console locale, trainando l’interesse del grande pubblico. Certo, potrebbe anche venire schiacciato dallo strapotere pcista o dall’amore verso le microtransazioni dei giochi mobile, ma indubbiamente rappresenta l’inizio di un percorso che sino a qualche anno fa appariva impensabile.