Speciale Metal Gear Rising: Revengeance

Lo stile Platinum Games nello spin-off dedicato a Raiden

Speciale Metal Gear Rising: Revengeance
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Da qualche giorno abbiamo messo le mani sulla versione completa di Metal Gear Rising: Revengeance. E mentre ci destreggiamo fra combo spettacolari, nemici dal look improbabile ed i rimorsi di un Raiden più tormentato che mai, siamo rimasti ovviamente colpiti dalle solite esagerazioni di Platinum Games. Che in questo caso, fra l'altro, abbracciano almeno marginalmente la visione creativa di un altro personaggio parecchio esuberante: giacché in Revengeance si assapora, di tanto in tanto, anche il tocco di Mr. Kojima. Fatto brillare (nel senso qui di "deflagrato") proprio dalle doti visionarie del team.
    In attesa della recensione di Everyeye.it, che potrete leggere su queste pagine il prossimo martedì, vogliamo quindi entrare un po' più nel dettaglio di quello che è lo stile schizzato e travolgente di questo Revengeance.

    Nipponico fino al midollo

    Questo Spin-Off della saga di Metal Gear comincia con una lunga sequenza che funge da prologo alla trama, e ci presenta, oltre al protagonista e il suo team, anche i nemici principali che Raiden dovrà affrontare.
    Dopo aver visto le cut-scene della prima mezz'ora di gioco, c'è solo un termine che utilizzeremmo per inquadrare l'atteggiamento divertito di Platinum Games: feticismo. Il team di sviluppo, i personaggi, la regia un po' agitata, e persino le dinamiche di gioco ostentano un'adorazione spasmodica e irrazionale per l'oggetto-lama. Attorno alla spada di Raiden ed alle lame dei suoi nemici si concentra un'attenzione quasi innaturale. L'arma affilatissima del protagonista schizza da tutte le parti, monopolizza le inquadrature, brilla e scintilla affettando qualunque cosa incontri, e stride contro ogni superficie fino a farsi incandescente. La nota tremula che ne ricorda la vibrazione risuona costantemente.
    Revengeance, da questo punto di vista, sembra quasi la trasposizione videoludica delle "manie" di una certa cinematografia di genere, che dai capolavori di Kurosawa risale fino al recentissimo Zatoichi. Ma il titolo Platinum Games abbandona ogni pretesa di realismo, ed anzi mette queste spade letali nelle mani di Cyborg dai poteri sovrumani. Ne esce un vortice di situazioni esageratissime, che spinge il team di sviluppo ad elaborare coreografie letteralmente esplosive. Le scene di intermezzo mostrano le prodezze di Raiden e le scaramucce con quelli che saranno i suoi avversari, e lo fanno con un gusto tutto particolare per la teatralità, da far impallidire persino il primo Matrix. Le coreografie dei combattimenti ricordano da vicino, anche per la gestualità dei contendenti ed il loro atteggiamento quasi ieratico, quelle del capolavoro dei fratelli Wachowski, o dell'altrettanto trottante "La Tigre e il Dragone". Mescolando le urgenze di un ego smisurato con un discreto senso dell'onore, i personaggi di Revengeance conquistano fin da subito, lasciando l'utente moderatamente sbalordito. Alle volte, lo anticipiamo, i colpi di testa del team si fanno un poco eccessivi, fin quasi a toccare il nonsense. Eppure è impossibile non rimanere gongolanti e divertiti nel vedere i colpi di genio del team. Come un fodero esplosivo che "spara" la spada per permettere un'estrazione decisamente fulminea (qualcuno ricorda "I Giorni dell'Ira"?).

    Molte di queste armi improbabili, fra cui una coppia di lame che si agganciano come fossero gigantesche forbici, si aggiungeranno alla dotazione del protagonista per diversificarne il parco mosse. L'arma principale sarà sempre l'inseparabile Katana, ma ben presto troveremo un bastone formato dalle braccia di diversi Cyborg (che può essere utilizzato anche come frusta), o un Sai magnetico in grado di colpire a distanza. Accedendo ad un menù che ricorda quello dei classici Metal Gear, potremo quindi scegliere se impugnare una di queste armi (da sbloccare comunque nel menù di personalizzazione del protagonista): in tal caso il tasto deputato all'attacco pesante cambierà totalmente utilizzo, permettendoci di sperimentare combinazioni completamente diverse rispetto a quelle di base. Ma del sistema di combattimento e delle sue qualità (fra le quali spicca un'ottima varietà) si parlerà poi nella review.
    Quello che conta è che l'atteggiamento a metà fra il divertimento allucinato e l'esaltazione per la tamarraggine continua fino alla fine, alzando costantemente la posta: Platinum Games non la smette mai di rilanciare, in una sequenza di situazioni paradossali, fuori di testa, ed al tempo stesso fortemente galvanizzanti.
    Lungo tutta l'avventura si respira anche un potente senso di devozione, o deferenza, nei confronti dei lungometraggi ascrivibili al genere "Spaghetti Western". Del resto ci avevano già pensato i Magnifici Sette a sottolineare la vicinanza non solo tematica fra le pellicole di Samurai e quelle di Pistoleri Solitari: Revengeance ce la ricorda una volta di più (non fosse bastato anche Kill Bill), esibendo tramonti arancioni che fanno da sfondo a duelli mortali, e poi soffermandosi attentamente sui primi piani, sulla gestualità che precede la lotta, sulle regole etiche che dettano i ritmi dei combattimenti.
    Insomma, questo miscuglio eterogeneo fra follia giapponese, marzialità orientale e feticismo quasi "tarantiniano", è uno dei tratti distintivi di una produzione che, se non altro, sa distinguersi prepotentemente da tutti i congeneri.

    Metal Gear Rising: Revengeance Revengeance sarà probabilmente un titolo che spaccherà la platea dei videogiocatori. Da Platinum Games eredita l'insistente esibizionismo e le esagerazioni martellanti, ma anche un gameplay action con un carattere tutto suo. Sono proprio i guizzi del team che, scontrandosi con la “cornice” imbastita da Kojima, creano un pasticcio eterogeneo di influenze e fascinazioni. Da Matrix a Kill Bill, da Rashomon a Mezzogiorno di Fuoco, passando per la recente tradizione dei wuxiapian, Revengeance recupera ed esaspera sequenze, modi di fare, ed una certa “tamarraggine marziale”. Porta così avanti la sua precisa politica degli eccessi, che certe volte è meno digeribile di altre, ma che risulta sicuramente esaltante e originale.

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