Momenti di ordinaria follia videoludica - Parte 2: La Vendetta

Grazie alle vostre indicibili confessioni, abbiamo allargato l'elenco delle situazioni "problematiche" per noi videogiocatori...

Momenti di ordinaria follia videoludica - Parte 2: La Vendetta
Articolo a cura di

È di nuovo giunto il momento di radunare le sedie in circolo, sedersi con nello sguardo quel mix di vergogna e impazienza tipico dell'avventore medio di un sexy shop, e proclamare a turno le proprie devianze videoludiche. Grazie alla valanga di confessioni da "circoletto della fiducia" che avete condiviso con noi in coda al precedente articolo, abbiamo stabilito senza possibilità d'errore che noi videogiocatori siamo una categoria di gente con problemi. Niente di grave, badate, e intimamente già lo sapevamo, eppure è bello non sentirsi soli, specialmente nel disagio. Visto che Natale è passato da poco, e con esso l'orrore di dover rispondere alla trinità dell'imbarazzo (Ma la fidanzata? Insomma quando ti laurei? E questo lavoro?) dei classici parenti oriundi di Mordor, abbiamo pensato fosse il caso di avviarsi al Capodanno con una nuova carrellata di psicosi, tanto per avere qualcosa da infilare nel classico fioretto di fine anno (quello che, per intenderci, si dimentica una volta tornati sobri).
Tanto per non farci mancare niente.

Oddio, ho sentito un rumore

Scenario tipo: notte, ci avviciniamo all'ora dei "10 minuti e poi smetto", casa vostra è nel silenzio più totale e, per non mettere a repentaglio il vostro delicato equilibrio familiare, state indossando un paio di cuffie. Ad un tratto un tenue rumore, indistinto ma chiaramente percepibile, raggiunge il vostro orecchio.
A questo punto il vostro cervello, indiscutibilmente malridotto, azzarda l'elaborazione di un paio di ipotesi:

- Era un rumore in-game, così ben fatto da ingannare la percezione sensoriale

- Ommioddio sto per morire, è sicuro, meglio che mi riallacci i pantaloni per non fare figuracce con i Ris

Allora vi girate con la cautela di un sioux a caccia e... bam, niente di niente. Questo non vi impedirà comunque di lanciarvi in un rapido tour esplorativo della casa, con in mano un'arma improbabile (scelta solo per convenienza geografica) e la discrezione deambulatoria di una valanga montana.
Non troverete assolutamente nulla, ma sarà comunque un'ottima occasione per dare sfogo a quel bisognino che trattenete ormai da ore.

Tesoro corri! Corri! Vieni qui!

In questo caso non parliamo tanto di una follia videoludica quanto di un crudele gioco karmico in grado di gettare ottime basi per fenomeni imprecatori a sfondo iconoclastico. State guardando, con gli occhi pieni di giusta meraviglia, la cutscene più drammatica del titolo che stavate aspettando da una generazione (ovviamente mettere in pausa non è una strategia percorribile) o, alternativamente, vi trovate nel bel mezzo di una tesissima partita multigiocatore, magari in chat con un bel gruppetto di altri giocatori. Improvvisamente una serie di richiami più o meno sguaiati interrompe la trance mistica nella quale eravate caduti, cose del tipo: "Oh corri, corri, corri. Vieni qua, oddio non hai idea cosa sta succedendo". A questo punto potete anche evitare di replicare, tanto nessuno vi offrirà spiegazioni chiaramente intellegibili. Con la morte nel cuore e un insulto fra i denti, vi precipitate allora verso la fonte del richiamo (compagnegenitorifigliamicipassanti), solo per essere messi a conoscenza delle meraviglie nascoste della fermentazione dell'emmental, o di questioni egualmente critiche per le sorti del pianeta.
Una volta tornati alla postazione, il momento "caldo" sarà ovviamente perduto, e con lui parte della vostra fiducia nell'umanità.

Sepolti in casa - Gaming Edition

Questo è un problema che i ruolisti conoscono fin troppo bene. Ben prima che Fallout 4 insegnasse al mondo il valore del pattume poligonale, orde di videogiocatori già passavano intere giornate ad accumulare ogni genere di inutile paccottiglia, ligi alla massima profetica "tanto vedi che poi mi serve". D'altronde quale eroe non ha bisogno di una batteria di pentole da 58 pezzi? È risaputo che i draghi sono allergici al teflon. Alla raccolta indiscriminata seguono generalmente timidi tentativi di razionalizzazione creativa, tra guizzi da arredatore d'interni, vendite oculatissime e riciclaggi carichi d'ansia. Dopo aver composto infiniti centritavola di teschi umani, rastrelliere con armi a sufficienza per 12-13 guerre mondiali e aver trattato i compagni Npc come trolley su gambe... be' niente, continuerete come se nulla fosse. Tanto per offrirvi una prospettiva sullo stato di disagio dello scrivente, personalmente non sono neanche in grado di vendereuttare gli "oggetti unici" scovati nelle prime fasi di un qualsiasi titolo. Non importa se l'artefatto è di livello -12 e il mio personaggio ormai prossimo alla pensione, la roba unica non si butta mai. Mai.
Presto lo speciale su Real Time.

Gotta unlock ‘em all

Gran parte dei giocatori ha un rapporto di amoreodio con achievement, trofei e obiettivi assortiti. Questo perché se da una parte ne percepiamo chiaramente la sostanziale futilità, dall'altra non possiamo negare l'esistenza di quella piccola, minuscola scarica di endorfina premiale che accompagna lo sblocco di ogni obbiettivo.
Suona bizzarro e anche un po' inquietante, nevvero?
Probabilmente è entrambe le cose, ma in fondo chi se ne frega, perché a volte è il pretesto perfetto per "spremere" al massimo un gioco e sfidare sé stessi con compiti improbabili. Ecco, magari fatevi qualche domanda se questa "achievement mania" comincia a trasformarsi nel principale motivo per andare a grattare il fondo del classico cestone "tutto a 4,99 euro" del supermercato, e pescare titoli improbabili solo per soddisfare la vostra fame di trofei.
Per il resto, continuate pure a tastare verghe marmoree in Metal Gear Solid 4, acciuffare unicorni in Red Dead Redemption e a copulare come disperati in Fable 2. Basta che non lo raccontiate troppo in giro, ecco.

Non ho niente a cui giocare

Questa paturnia è un po' l'equivalente ludico del fissare un armadio stracolmo e pronunciare, senza un minimo di vergogna, "non ho niente da mettermi". Se questa frase vi fa salire il "ruspe!", probabilmente fate parte - come il sottoscritto - del club di quelli che la mattina si tuffano a bomba nell'armadio e quello che succede, succede. Personalmente faccio parte anche del club di quelli che fissano l'interno del frigorifero senza avere una chiara cognizione del perché, ma passiamo oltre. Malgrado il disagio suscitato dal paragone d'apertura, non si tratta di una situazione del tutto ignota a noi videogiocatori. Quante volte vi è successo di trovarvi a fissare la vostra collezione di titoli - fisica o digitale, non fa differenza - e di esplodere improvvisamente in un "che palle, non ho niente a cui giocare"? Questo ovviamente succede a prescindere dagli 819 titoli mai toccati del vostro Backlog, perché il più delle volte si tratta di una menata assolutamente irrazionale.
"Ma veramente ci sarebbe ancora la Collection di Uncharted da finire".
"No Ambrogio, pirla, non è fame, è più voglia di qualcosa di buono".
Magari si tratta della sublimazione freudiana di un desiderio ben preciso, d'altronde c'è DOOM al 67% di sconto nei saldi invernali di Steam e... ok, di che stavo parlando?

Fammi esplorare un po', non sia mai che mi perdo qualcosa

Oddio, non si sa quante santità crollate a colpi di improperi per questa maledizione. Vi trovate nel classico dungeon labirintico tra una tappa e l'altra di una missione importante. Davanti a voi uno svincolo con un paio di percorsi tra cui scegliere, con la consapevolezza - data da anni e anni di esplorazioni virtuali - che uno vi condurrà sicuramente alla prossima tappa della missione, e l'altro verso un tesoro tanto opzionale quanto magnifico. Decidete quindi di affrontare cautamente la strada A, ed esplorate ogni anfratto fino a quando la lunghezza del percorso vi fa sospettare si tratti in effetti della via "principale". Decidete quindi di tornare indietro per seguire la strada B. Tempo due minuti e vi troverete a guardare - tra le lacrime - una cutscene senza ritorno, con la certezza metafisica di aver perso per sempre il tesoro della vita. E non pensate nemmeno alla possibilità di caricare un salvataggio precedente, perché il più recente è sicuramente vecchio di 3 mesi. Seppur perfettamente a conoscenza di questa sussidiaria cattiva della legge di Murphy, continuerete a fare questa cosa ancora, e ancora, e ancora, perché la vita è sofferenza.

Su queste note di disagio, vi invitiamo come al solito a condividere con noi i vostri pensieri su questo nuova esalogia di disgrazie, e a contribuire alla terapia di gruppo con altre storie di vita vissuta (male).