Speciale Nato il 4 Luglio

La Corte Suprema americana sdogana il videogioco

Speciale Nato il 4 Luglio
Articolo a cura di

Già, l' America è grandiosa ed è potente, tutto e niente, il bene e il male,
città coi grattacieli e con gli slum e nostalgia di un grande ieri,
tecnologia avanzata e all' orizzonte l'orizzonte dei pionieri...


Mancano pochi giorni al quattro Luglio e i gamer Americani quest'anno, oltre alle consuete feste per l'indipendence day, potranno anche stappare una bottiglia in onore del Giudice Antonin Scalia e dei suoi colleghi membri della Corte Suprema che, con una sentenza storica, hanno rispedito al mittente una contestatissima legge Californiana che impediva la vendita di videogiochi considerati troppo violenti o "immorali".

Ma procediamo con ordine.

The Story so far...

Nel 2008, un senatore statale californiano, il (incredibile a dirsi) democratico Leland Yee, aveva proposto un disegno di legge - immediatamente approvato con maggioranza bipartisan - per vietare la vendita di videogiochi con contenuti maturi, prevedendo multe superiori ai mille Dollari per gli esercenti e sanzioni anche per i minorenni che acquistassero i suddetti giochi. Per essere ancora più liberticida, la legge non prevedeva assolutamente nessuna affinità con il sistema di rating ESRB (l'equivalente d'oltreoceano del PEGI), per cui la California, di fatto, si arrogava un diritto di censura su qualsiasi prodotto ritenuto non adatto alla morale corrente. GTA per esempio, ma anche titoli come Heavy Rain o Halo hanno rischiato di finire sotto la scure dei politicanti di San Francisco.
L'ESA (l'associazione di categoria che riunisce tutti i gli operatori del settore videoludico americani) però aveva dato battaglia fin da subito, contestando la legittimità della norma, offrendo assistenza legale a tutti coloro ne avessero avuto bisogno e grazie a un ottimo team di avvocati, portando il caso a tutti i livelli di giudizio, fino alla Corte Suprema che non pronunciandosi sul merito della legge, si limita solo a valutarne la costituzionalità rispetto alla Carta Fondamentale degli Stati Uniti.
A questo punto è necessaria una piccola digressione giurisprudenziale sul funzionamento dei sistemi di Common Law (molto diversi da quelli impostati sul diritto romano, come il diritto Italiano, o quello Francese). In America - così come a Londra - non esiste un corpus vero e proprio di leggi, ma quasi tutte le cause sono risolte con la regola del "precedente", ovvero, quando un giudice prende una decisione questa automaticamente diventa vincolante per tutti i giudizi successivi. Più si sale di grado però, più è necessario regredire alle basi normative più pure, ed è qui che entra in gioco la Corte Suprema, un organo collegiale composto da nove membri che mantengono la carica a vita e sono scelti dal Presidente in carica. Il ruolo di questi Giudici è quello di valutare la legittimità di ogni atto dell'amministrazione (dal livello federale, fino all'ultimo city council) rispetto ai valori fondanti della costituzione del 1776. Tanto per fare qualche esempio, fu la corte suprema a sancire definitivamente l'abolizione della schiavitù, oppure la fine della segregazione razziale, così come l'impossibilità di perseguire i giornalisti che non svelano le loro fonti.
Al momento dell'impugnazione della legge "anti - videogames" californiana in pochissimi credevano che l'ESA sarebbe riuscita a vincere la sua battaglia: dopotutto i giudici supremi sono abbastanza vecchi (alcuni di loro sono stati nominati addirittura da Ronald Raegan nei primissimi anni '80) e in maggioranza repubblicani, per cui le sirene dei "valori" e dei "giochi satanici che corrompono i giovani" potevano essere molto difficili da scacciare.

E invece è accaduto l'impossibile.

Epic Win

Scalia e i suoi colleghi, a larghissima maggioranza (7 favorevoli contro solo 2 contrari) hanno detto che no, non si possono vietare i videogiochi senza violare il Primo Emendamento della Costituzione - quello che garantisce la libertà di espressione - perché (citiamo testualmente dalla motivazione della sentenza, pubblicata integralmente qui): "è chiaro che il caso non rientra nell'eccezione al Primo Emendamento praticata per le oscenità sessuali e, soprattutto, non si può riferire [a tale eccezione] quello che una particolare legge ritiene osceno; la legge sui videogiochi limita la libertà d'espressione garantita dal Primo Emendamento a tutti genitori e ai giovani che ritengono i videogiohi nulla più che un semplice passatempo". Uscendo dal burocratese del giudice, appare chiaro come la presa di posizione della Corte sia chiarissima: essere liberi di giocare a quello che si preferisce rappresenta una manifestazione della propria libertà individuale, per cui nessuno, soprattutto lo stato, può decidere cosa deve finire (o non finire) nelle mani dei cittadini.
E' interessante notare come la motivazione scritta da Scalia sia pressoché uguale a quella che, negli anni '50, la Corte usò per zittire a tutti quelli che volevano mettere la mordacchia a hollywood, sancendo in maniera indiretta l'equipollenza del Cinema a tutte le altre forme d'arte. Quello che è accaduto ieri l'altro è esattamente la stessa cosa: l'America ha riconosciuto il videogioco come media meritevole delle stesse tutele applicate alla musica, alla pittura e ai libri, sancendo un passo avanti storico per l'evoluzione culturale del nostro settore.
Le ricadute di questo giro di boa saranno molteplici ed alcune si stanno già vedendo; per prima cosa tutti gli stati (come New York, per esempio) che avevano in cantiere leggi simili si sono fermati, per paura che la Corte li blocchi di nuovo, mentre una nuova consapevolezza comincia a farsi strada anche fra la gente comune. Al di la del risvolto per gli appassionati, e naturalmente per il business, però, la sentenza segna in maniera fortissima uno dei capisaldi del modo di pensare americano, il nucleo vero che distingue il Grande Paese dall'Europa: la responsabilizzazione dell'individuo, ovvero l'unione del concetto di libertà individuale a quello di uguaglianza davanti ai diritti e ai doveri. Nel Vecchio continente ragioniamo con una mentalità diversa, la nostra idea di rapporto uomo/istituzioni si basa, sostanzialmente, sulla logica dello Stato Nazionale, noi singoli cittadini rinunciamo ad alcune delle nostre libertà personali e prendiamo sulle spalle alcuni doveri (come il pagare le tasse, o non parcheggiare in seconda fila) mentre in cambio lo Stato ci offre un sistema di ammortizzatori sociali per quando siamo in difficoltà, dalle pensioni, fino all'assistenza sanitaria. In America questo modello si ribalta completamente, lo Stato riserva a se solo il minimo spazio indispensabile, il resto è tutto nelle mani del singolo cittadino; continuando a leggere la sentenza di Scalia c'è un'altra frase che colpisce: "sono i genitori a dover vigilare su quello con cui giocano i figli, non può essere una responsabilità delegata, o che si lascia, allo Stato". Ovvero non può essere il legislatore a fare quello che dovrebbero fare un padre e una madre: educare i bambini.
In Europa un'impostazione del genere sarebbe, probabilmente, considerata troppo libertaria; ma non negli Stati Uniti. L'America continua a mostrarsi come un esempio di impegno civile prima ancora che culturale, e sono proprio le storie come questa che ci fanno capire perché tutte le più grandi innovazioni degli ultimi cento anni sono arrivate da quella sponda dell'Atlantico.
Questo quattro Luglio dovremo festeggiare tutti. Festeggiare per l'America, ma festeggiare anche per noi stessi. Finalmente nessuno potrà più dire che perdiamo tempo con dei "giochetti".