Speciale Nintendo, che ti succede?

Wii U non sfonda e Iwata ammette le difficoltà. Quale futuro per la Grande N?

Speciale Nintendo, che ti succede?
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Chiunque si definisca amante di videogiochi non può certo rallegrarsi pensando all’attuale situazione in cui versa Nintendo. Senza dare adito alle solite e infondate voci che vogliono l’azienda in procinto di chiudere i battenti o di darsi allo sviluppo di giochi per terzi, smartphone o tablet, il momento, videoludicamente parlando, è complesso per non dire tragico.
Una cosa è certa: non è la prima volta che Miyamoto e soci si trovano in brutte acque. Il Nintendo 64 se la vide grigia, ingaggiato com’era in una battaglia, quella con il neonato progetto PlayStation, persa in partenza. Peggio andò al suo successore: quel Game Cube, miracolo della tecnologia e del design, lodato dai possessori e sbeffeggiato da chi, dati di vendita alla mano, sosteneva la propria oculatezza per avergli preferito PS2 o Xbox.
Inciampi di poco conto, verrebbe da dire, guardando a cosa è accaduto solo una generazione di console dopo. Il Wii non ha solo venduto ben oltre ogni più rosea aspettativa: ha apportato un sensibile cambiamento all’industria, creato un nuovo mercato, introdotto generi videoludici fino a poco prima impensabili e regalato agli utenti più navigati perle dall’indiscutibile valore come Super Mario Galaxy e Donkey Kong Country Returns.
Wii U sembrava destinato a seguire le orme di chi lo aveva preceduto, ma il dubbio, a dire il vero, si era insinuato sin da subito: perché puntare nuovamente su un hardware relativamente poco performante, a ridosso di un cambio generazionale che avrebbe messo ancora più in risalto i limiti di una console che avrebbe potuto suscitare, in un grande pubblico per nulla fidelizzato e mosso dalle mode, reazioni diverse rispetto a quelle preventivate?
Si tratta semplicemente di bioritmi naturali? Per un Wii U che probabilmente “non ce la farà”, ci sarà un suo successore pronto a riportare Nintendo sulla cresta dell’onda? Potrebbe non essere così, questa volta.

Il quadro clinico

A ben vedere i guai per Nintendo sono iniziati sin dal debutto di Wii U. I primi dati vendita non hanno rispettato le previsioni, ma, si pensava, fosse fisiologico: servono killer application e quel genere di software (i successori spirituali di Wii Sport e Wii Fit per intenderci) in grado di veicolare l’attenzione del pubblico meno smaliziato.
A più di un anno di vita, possiamo concludere che non fosse quello il problema, né che la situazione cambierà nel prossimo futuro. Il trend sembra quello di una console destinata a vivacchiare, pronta a fare la voce grossa in concomitanza con l’uscita di qualche titolo first-party di un certo peso, ma profondamente incapace ad attrarre investimenti dalle terze parti, già concentratissime su PS4 e Xbox One.
Le prove che convalidano il quadro clinico appena descritto ci sono tutte. Gli incrementi più sensibili di Wii U venduti si sono registrati in Gran Bretagna (+685%) e USA (+200%) in seguito all’uscita di The Legend Of Zelda: The Wind Waker HD: primo vero titolo tripla A (per quanto si parli pur sempre un remake) dopo un periodo di magra.
Dall’altra parte, se è ancora da chiarire l’intricata questione che ruota attorno a Watch Dogs, sempre più terze parti cancellano progetti già annunciati. Uno dei casi più recenti e emblematici ce lo fornisce Warner Bros.: ha preferito rimborsare i (pochi) acquirenti del season pass di Batman Arkham Origins, piuttosto che procedere con lo sviluppo dei nuovi DLC della versione Wii U. La ritirata non sembra risparmiare neanche gli sviluppatori indipendenti. Solo un esempio, anche questo il più recente: Retro City Rampage non arriverà sull’ammiraglia di Nintendo.

In particolar modo impensierisce la reticenza degli indie: evidentemente spaventati da un e-Shop ancora immaturo per stare al passo con i diretti concorrenti e ulteriormente osteggiati da uno sviluppo su Wii U che da più parti (ma non da tutte) viene definito difficoltoso. Giochi che potrebbero trarre immensi benefici dall’utilizzo del GamePad, pensiamo a Terraria, Don’t Starve e il recente Broken Sword 5, difficilmente raggiungeranno la bianca console casalinga.
Il clima di agitazione, sebbene con dovute e ovvie differenze, coinvolge anche il 3DS.
Il paragone con il Wii U non esiste nemmeno da un certo punto di vista: 15 milioni di pezzi venduti nel solo Giappone per l’handheld, contro i 5,86 nel mondo dell’ammiraglia. Eppure qualcosa di sinistro si sta insinuando anche nelle trame che sorreggono da sempre il successo di Nintendo nel campo dei portatili. E’ interessante notare come le terze parti occidentali, al contrario di quelle nipponiche, non mostrino particolare interesse a sviluppare su 3DS. Inoltre PS Vita, molto lentamente e con insicurezza, si sta creando un’immagine ben precisa agli occhi di addetti ai lavori e videogiocatori: quella di console sempre più rivolta allo sviluppo indie. In questo senso gioca a favore il successo di PS3 e PS4, nonché il supporto di molti giochi delle funzionalità Cross-Buy e Cross-Save.
Lungi dal voler profetizzare un impossibile capovolgimento nella lotta 3DS-PS Vita o di un successo dell’handheld Nintendo destinato a scemare, ma anche su questo campo cominciano a intravedersi nubi minacciose all’orizzonte.

Quale futuro?

Se i tanti Nintendo Direct indetti negli ultimi mesi non sono stati sufficientemente chiari, il recente Corporate Management Policy Briefing ha definitivamente messo in luce le attuali debolezze strategiche della compagnia. Più che di fondi da investire, la dirigenza sembra a corto di idee, progetti e stimoli con cui tirarsi fuori dal pantano.
Il presidente Iwata fa mea culpa abbassandosi lo stipendio e annuncia le nuove strategie per l’immediato futuro, ma nei suoi intenti sembra mancare lo stesso coraggio e lungimiranza che lo portò, con orgoglio e faccia tosta, a presentare il famoso telecomando del Wii diversi E3 fa.
I punti principali del “piano” sono tre: rapporti con terze parti, sviluppo software che puntano a migliorare la “qualità della vita” (citiamo testualmente) e nuovi giochi.
Sul primo capitolo Nintendo continua imperterrita a propinarci la sua infinita sequela di frasi fatte che ormai conosciamo a memoria. Pur ammettendo la difficoltà nell’attrarre investitori, l’impegno in questa direzione è massimo. Certo è che se i risultati sono Zelda Masou (o Hyrule Warriors che dir si voglia), sorge più di un dubbio sulla reale comprensione del problema ai piani alti.
Senza nulla togliere a un gioco ancora tutto da scoprire (e che speriamo sia immediato e divertente), sarebbe ora si parlasse di nuove IP, nonché prodotti che propongano toni e tematiche diverse dalle solite tirate in ballo da Zelda, Fire Emblem e compagnia bella. Non basta poi guardare troppo lontano da casa: che fine ha fatto Eternal Darkness? Perché non rispolverare Disaster: Day Of Crisis?

Mistero più fitto sul secondo punto e sui fantomatici software ideati per migliorare la qualità della vita. Se qualcuno, giustamente, fa notare che Wii Fit e Brain Training esistono già, il dato più inquietante è la possibilità che questi nuovi giochi vengano proposti su una terza piattaforma che si affiancherebbe a 3DS e Wii U. Console ibrida? Un nuovo servizio di digital delivery? La domanda resta aperta, ma porta con sé un quesito ancor più grande che si unisce all’ultimo punto del “piano”: i giochi.
Dopo Donkey Kong Country Tropical Freeze bisognerà aspettare maggio per mettere le mani su Mario Kart 8, primo tra i nuovi titoli first-party che debutteranno su Wii U. Poi? Il vuoto più assoluto se non la (quasi) certezza che Super Smash Bros. e X usciranno prima della fine di quest’anno.
Il quesito di cui sopra dunque è: Nintendo ha forza sufficiente per supportare decorosamente tre piattaforme, quando sembra già in debito d’ossigeno per quanto riguarda lo sviluppo su Wii U?
Se ai tempi del Game Cube gli studi interni seppero sostenere praticamente da soli le richieste dell’audience, già su Wii c’erano mesi di vuoto totale per quanto riguardava le produzioni in-house.
In questo quadro ci sarebbe spazio per una terza piattaforma, senza che questa tolga spazio e risorse a Wii U e 3DS?
Non solo. A Kyoto sembra ormai evidente il freno tirato sul fronte tecnologico non sia solo una precisa scelta, ma una necessità dovuta a finanze più ristrette (per quanto ancora in positivo), che non permetterebbero di sviluppare hardware troppo complessi e costosi. Tuttavia, nonostante la realizzazione di console più modeste in termini prestazionali, i tempi e costi di sviluppo di un gioco sono comunque cresciuti rispetto all'epoca del Game Cube. Per quanto tempo Nintendo riuscirà a sviluppare un Super Mario o uno Zelda contando sulle proprie forze, e senza scendere a compromessi in termini qualitativi, facendoli uscire in tempi relativamente ristretti?

Nintendo Qualche giorno fa si sono diffusi alcuni rumor che vorrebbero la famiglia del compianto presidentissimo Hiroshi Yamauchi in procinto di vendere la propria quota di azioni. Si tratterebbe di un patrimonio di 9,5 milioni di azioni, quantificabili in un investimento pari a 1,1 miliardi di dollari, che finirebbero per essere acquisiti dall’altro grande socio azionario di Nintendo: la Banca di Kyoto. Attualmente si tratta di ipotesi, ma la domanda è legittima: come cambierebbe il modo di sviluppare videogiochi della Grande N se dovesse essere formalmente controllata da qualcuno più interessato ai profitti che alla qualità del level design? Iwata si è dimezzato lo stipendio in un grande gesto di solidarietà verso la sua azienda sofferente, ma sa bene che più che di soldi, avrebbe tanto bisogno di tempo. Deve agire velocemente e con grinta se non vuole che la sua presidenza venga ricordata come il punto più alto e più basso in assoluto toccato da Nintendo.