Speciale PlayStation e la strategia dell'emozione

A Colonia, PlayStation torna a puntare su una gamma di emozioni ampia e varia

Speciale PlayStation e la strategia dell'emozione
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Quando è terminata la conferenza di Sony ho applaudito senza razionalizzare subito per cosa le mie mani stessero producendo quel suono di approvazione.
Forse per il colpo di scena finale e fantastico della presenza di Michel Ancel sul palco, che ha rivelato al mondo la sua meraviglia “selvaggia”.
Spero, egoisticamente, che Wild non sia solo pensato per il multiplayer online, ma che mi consentirà di vagare da solo per quelle terre elettroniche incontaminate. Inoltre se fosse solo un “MMO Survival Action” dove tutti possono diventare l’animale o l’uomo che vogliono ci troveremmo in un mondo popolato da masse di cacciatori di lupi o di orsi, dove nessuno vuole fare il cinghiale, la rana, il cerbiatto o il fringuello.
Oppure sto applaudendo per...

Tu chiamale, se vuoi...

Troppe immagini e troppi videogiochi.
Stento a ricordarmeli tutti, persino quelli che mi hanno sorpreso, mentre continuo ad applaudire, segno che comunque sono soddisfatto oltre che stordito da tutte quelle visioni.
Devo uscire dal teatro, scolarmi una delle “birrine” (le servono in bicchieri minuti qui a Colonia, così che ne devo ordinare in continuazione) a disposizione del pubblico e cercare di riflettere su ciò che ho visto e di rammentare le immagini attraverso un ralenti mnemonico.
Comprendo, alla terza “birrina”, che oltre il numero dei videogiochi presentati sui tre schermi dello Staatenhausam am Rheinpark, a causare questo tilt alla mia memoria è stata anche la varietà dei registri e dei toni, dei colori e dei suoni; varietà che si è tradotta in un panorama di emozioni diverse e contrastanti.
E’ sull’emozione che ha puntato Sony, non sullo spettacolo, sulla eco sentimentale che l’oceano di visioni ha provocato in chi le ammirava.
Emozioni che trascorrono dal ribrezzo alla tenerezza, dalla paura all’esaltazione, dal desiderio quasi fisico dell’anticipazione ludica alla meraviglia di un bambino che sta scartando un grosso pacco mentre le sue mani riconoscono sotto la superficie della carta la forma del giocattolo da tempo ambito.

Si è visto quasi subito un nuovo trailer di Bloodborne, di cui rivivo gli orrori mentre mi domando se ci sarà la magia o se questa verrà sostituita dalle potenzialità del fucile, caricabile probabilmente con differenti tipologie di proiettili da dosare con estrema cura. Oltre che ai balzi laterali il protagonista può anche eseguire la classica capriola per schivare, cosa che mi ha confortato. I mostri sono orripilanti e vari, licantropi e abomini tentacolati, spettrali appestati e morti viventi muffosi. Nel suo iperbolico orrore Bloodborne emoziona nella maniera di Demon’s Souls e Dark Souls, perché in tanta bruttezza si coglie il crisantemo appassito di una bellezza maledetta e decaduta, che mantiene il suo macabro fascino romantico e ossianico, come quella dei fiori secchi o putridi sottratti alle loro tombe e raccolti in un angolo remoto di un tetro cimitero, per essere infine bruciati e ridotti in cenere.
Poi vedo Rime, l’ avventura insulare sospesa tra reminiscenze di Windwaker e suggestioni di Ico. E’ passato un anno da quando, proprio alla Gamescom, ammirai le prime immagini del promettente, anche se a detta di tutti troppo imitativo, videogame di Tequila Works. Mi sembra che acquisti un valore estetico sempre più autonomo dai suoi punti di riferimento e la qualità acquatica dei suoi enigmatici scenari risulta ancora più meravigliosa e misteriosa.

Ho sempre amato Ninja Theory, da Hevenly Sword a Enslaved fino al sensuale e politico DmC, così ho riconosciuto subito il loro stile pittorico nel trailer di Hellblade, che ricorda, con una corrispondenza femminea, le atmosfere barbariche della loro esclusiva per Playstation 3 con la fiammante rossa doppiata dall’attrice Anna Torv, ma con tinte più fantasy, soprannaturali ed esotiche.
Poi c’è lo stupefacente, per me ancora incomprensibile ma possibilmente rivoluzionario, The Tomorrow Children di Q-Games, con le sue forme fanciullesche che sembrano composte di pongo plasmato da un artista geniale e che abbattono robot giganti, scavano tunnel, costruiscono e viaggiano al suono di gelidi ed epici cori russi.
Nel sublime caos delle immagini di Tomorrow Children si coglie il desiderio di inventare generi inediti, di creare nuovi punti di partenza per l’arte novella e in evoluzione del videogioco.
Compare sul palco il mastro Hideo Kojima che rende comica l’atmosfera di Metal Gear Solid V, dopo la tragedia enorme del trailer dell’E3, con una ridente, grottesca e sensuale dimostrazione su come si utilizzeranno le scatole di cartone nel suo prossimo videogioco.
Non c’è tempo per meditare su ciò che si è visto, sembra di ascoltare una variazione sul tema dell’emozione videoludica composta da un Beethoven impazzito, la cui struttura è stata modificata e rimescolata dall’Enigmista di Batman.
Poi viene il tempo del mistico realismo cartaceo (anche se la mia cronologia è alterata): ecco salire sul palco Crowle di Media Molecule per rivelare che uno dei miei giochi preferiti dell’anno scorso, il teorico romanzo esistenziale Tearaway, verrà adattato e ampliato a dismisura per Playstation 4. Avere visto quel mondo di clorofilla mostrato su uno schermo gigante, mentre panorami di carta dalla profondità immensa si aprivano davanti ai miei occhi sognanti è stata l’emozione più travolgente della conferenza. Tearaway, uscito per la purtroppo sfortunata e incompresa (sia da Sony che dal pubblico) console portatile, si merita un successo adeguato e i 10 milioni di Playstation 4 vendute lo possono garantire.

C’è stato molto horror, per dimostrare che questo genere, diventato al cinema un’occasione per fare abbuffare adolescenti di pop-corn invece che pensare o limonare al buio, si sta evolvendo soprattutto nei videogiochi: le atmosfere spettrali e vagamente lovecraftiane di The Vanishing of Ethan Carter; il ritorno per PS4 di Until Dawn che ci farà vivere l’ecatombe di sprovveduti ragazzi dispersi in montagna in un omaggio ai classici di Raimi e Hooper; un trailer dal “terrore interattivo” intitolato P.T. che scopro, con puro ludibrio di nerd, essere un teaser del nuovo Silent Hill che si intitolerà Silent Hills!
Ci stanno lavorando Hideo Kojima e Guillermo del Toro!
Una notizia epocale.
Speriamo si avveri e non resti un magnifico incubo.
Speriamo inoltre che il nome al plurale non significhi che sarà un’esperienza solo multiplayer.
Tra le nebbie di quella città alle porte dell’inferno voglio giocare da solo.