Realtà Virtuale: L'Anno Zero

Il 2016 è stato il primo anno in cui tutti i principali visori VR sono arrivati sul mercato: facciamo il punto della situazione sulla Realtà Virtuale.

Realtà Virtuale: L'Anno Zero
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Il primo anno passato insieme a tutti i principali visori per la realtà virtuale ci ha insegnato molte cose, come per esempio che questa tecnologia non è quel successo annunciato che volevano venderci, ma che sicuramente la rivoluzione c'è, si vede, e travolge ogni aspetto del nostro hobby preferito. Oculus ha spianato la strada, e gliene va riconosciuto tutto il merito; HTC e Valve invece ci hanno messo il coraggio, immettendo sul mercato un visore, il Vive, senza compromessi e dotato degli optional più avveniristici. Ma tra i due rivali, ancora una volta, è il terzo (un tempo incomodo e oggi prezioso come non mai) a ritrovarsi alla guida di questa nuova corsa virtuale, entrata finalmente nel vivo solo due mesi fa, quando Sony ha finalmente messo in commercio "l'atteso" PlayStation VR. Un debutto che ha cambiato immediatamente e radicalmente il comunque modesto mercato legato alla realtà virtuale, per un entrata a gamba tesa che ha permesso a Sony di accaparrarsi, in soli sessanta giorni, della fetta più consistente della torta. Secondo una ricerca della 01consulting, commissionata per fotografare l'andamento delle società più esposte nei confronti di questa tecnologia, risulta che il PlayStation VR vale già più del 30% dell'intero mercato legato alla realtà virtuale.
A seguire troviamo Facebook, ovvero Oculus e il suo Rift, con l'11%, infine Samsung con il 7% e HTC con il 6%. Il resto è in mano alle società che ci mettono il software come la Unity Tech, responsabile del popolare e omonimo motore grafico dietro molti giochi per la VR. Questo nuovo contesto non è però così negativo per i rivali che si sono ritrovati improvvisamente all'inseguimento, visto che l'elevate prospettive di vendita del PlayStation VR serviranno da essenziale volano anche per i loro affari, in una strana collaborazione a distanza che ricorda in parte ciò che avviene da (quasi) sempre tra console e Pc: con le prime in grado di attirare enormi investimenti, e i computer compatibili a perfezionare il tutto grazie a una duttilità comunque non alla portata dell'appassionato medio.
Per farla breve ed estremamente semplice: senza PlayStation VR i possessori di un Oculus e di un Vive non avrebbero avuto nessun Resident Evil 7 da aspettare, mentre senza Oculus e Vive, il PlayStation VR oggi non avrebbe che un terzo dei giochi. L'arrivo del PlayStation VR ha avuto anche un altro effetto positivo per i possessori di un visore per personal computer, ovvero l'aver convinto gli altri due contendenti a seppellire l'ascia di guerra con cui si preparavano a combattersi a colpi di esclusive.
Una guerra fratricida che avrebbe dato un duro colpo all'intero mercato della realtà virtuale frammentandolo nel momento peggiore, e che non possiamo ancora dire del tutto sventata. Tutte le parti in causa oggi sono costrette a collaborare, a muoversi con la consapevolezza che prima di battagliare è necessario avere un territorio da conquistare o da difendere, e questo territorio in questo momento va costruito insieme.

How to VR

In questi mesi abbiamo imparato molte cose importanti su questa nuova tecnologia: il primo passo è stato capirla, in seguito riconoscerla, infine prenderci finalmente la mano. Praticamente abbiamo vissuto come delle cavie sicuramente strapazzate, forse rintronate, colpite da forme più o meno gravi di labirintite 2.0. Ma gioco dopo gioco, il nostro allenamento è proseguito con sempre meno imprevisti, insegnandoci che forse è meglio iniziare gradualmente, anche se non si è mai sofferto di mal di mare, vertigini e affini. La VR lo richiede, e un avvio graduale è alla base del pioniere virtuale felice. Perseverando, e smettendo all'insorgere di un problema, è possibile in poche settimane prevalere su quasi tutte le forme di motion sickness, a meno che queste non siano provocate da un pessimo gioco.
Ma restano comunque tante le barriere da superare, in primis capire cosa mette davvero sul piatto la realtà virtuale: spesso l'avventore casuale scambia la VR per una sorta di super cinema 3D, ma gli appassionati sanno bene (benissimo!) che c'è molto di più, come quella sensazione di presenza che ti strappa dalla realtà reale e t'imprigiona consenziente in un altroquando che spesso è anche un altro mondo, e che toglie il fiato, specialmente se come tanti altri appassionati una roba del genere te la sogni da quando eri bambino. Un altro grosso ostacolo è capire come provarla questa VR, visto che non sempre l'esperienza da centro commerciale è organizzata in modo da essere universale e piacevole.
La stessa Sony si ostina a far provare il suo visore con giochi come VR Luge (la discesa sdraiati sulla tavola con le ruote, in mezzo al traffico... ) che oltre a essere effettivamente brutto da vedere e da giocare, è forse il meno appropriato in assoluto per convincere chi non lo è già. Ancora peggio fa chi in queste postazioni ci piazza Driveclub VR, con il rischio concreto di rintronare per un paio d'ore lo sfortunato di turno, quando basterebbe mettere la discesa negli oceani, che come VR Luge è inclusa nel disco di PlayStation VR Worlds, per minimizzare i danni e massimizzare lo stupore.

Del resto, come già detto, stiamo tutti imparando qualcosa di nuovo dalla realtà virtuale: dobbiamo imparare noi a trovare nuove parole per descrivere queste innovative tipologie di prodotti, voi che dovrete costruire una nuova confidenza ludica, e devono imparare qualcosa anche i veri addetti ai lavori. Gli sviluppatori in realtà sono chiamati al compito più difficile: costruire un nuovo alfabeto con il quale stravolgere le fondamenta del game design, gettate nel '900 e mai ripensate davvero. Il cambiamento di prospettiva portato dalla realtà virtuale è talmente profondo da mettere a durissima prova anche i reparti marketing, visto che la realtà virtuale, come i suoi giochi del resto, non è per niente fotogenica.
È praticamente impossibile, per esempio, guardare la copertina del TIME dedicata a Mr.Oculus Rift, ovvero Palmer Luckey, senza provare un forte senso di imbarazzo. Ma del resto come fai a rendere cool una persona con un visore spiaccicato sul viso? E non va meglio ai giochi, che per apparire su uno schermo normale spesso sono costretti a deformarsi, perdendo comunque tutto il magnetico carisma che possedevano quando ne eri all'interno. Perché effettivamente uno screenshot di un gioco normale, messo a tutto schermo, è praticamente indistinguibile dal vero gioco messo in pausa, mentre i giochi per la realtà virtuale, una volta immortalati, perdono automaticamente la maggior parte della loro forza.

Quarta Prospettiva

La realtà virtuale è rivoluzione, e come tutte le rivoluzioni non è detto che finisca bene, ma la scossa che sta dando al nostro modo di intendere il videogioco è unica nel suo genere, al punto da spaventare molti dei videogiocatori mal disposti a concedere libertà in cambio di immersività. Questo accade perché la VR ti fa dubitare anche delle cose che davi per scontato, del tipo: ma siamo sicuri che in un contesto virtuale il viaggio tra il "punto a" e il "punto b" sia così fondamentale? Alcuni giochi già disponibili, tra cui l'eccezionale Batman Arkham VR, per gli spostamenti utilizzano infatti un sistema di teletrasporto, e lo fanno per rendere l'esperienza il più amichevole e inclusiva possibile, consci che non è il momento degli strappi, ma dei benvenuto. Una scelta che ha comunque premiato, visto che Arkham VR è ancora oggi una delle cose più sorprendenti da provare con un visore VR. Il gioco Rocksteady è il perfetto riassunto della nostra teoria: un'esperienza in grado di dimostrare che solo cambiando totalmente approccio, assecondando la carica eversiva della tecnologia in questione, che la realtà virtuale può risplendere davvero, dimostrando potenza e potenzialità. Al netto delle minime capacità di movimento, una durata decisamente ridotta e la completa assenza di sequenze d'azione in senso stretto, le emozioni che provoca Batman Arkham VR sono uniche e concentrate, riflessi di futuro che sconquassano e stravolgono le prospettive. Dalla parte opposta troviamo poi giochi come Robinson The Journey, che è tutto ciò che poteva sognare l'appassionato tipo, ossia il fantomatico "gioco vero" (come se esistessero "giochi finti"), che però filtrato dalla realtà virtuale appare sorprendentemente fuori luogo, intrigante eppure così piatto, sorprendente eppure monotono.

Giocare a Skyrim in VR sarebbe un sogno (e su Pc in qualche modo si può fare), ma nella realtà virtuale l'ordinario perderà sempre (sicuramente nei prossimi cinque anni, poi si vedrà...) contro lo straordinario (ma con alcune importanti eccezioni).
E se non ci credete date un'occhiata all'ultimo gioco Ubisoft, quel Werewolves Within che qui su Everyeye (ma non siamo gli unici) abbiamo premiato con un voto che ha sorpreso per primi proprio noi. Werewolves Within è un semplice gioco di società dove si passa il tempo seduti intorno a un tavolo o a un fuoco parlando, ed è intenso come un Call of Duty dove al posto delle armi si sparano le parole... ok, non è proprio così, ma in fondo è davvero così. Ciò che davvero importa è che Werewolves Within è il gioco che ci sta rubando più tempo tra tutti quelli usciti fino a oggi, ed è anche quello che ci ha visto fare le prime vere sessioni fiume, oltre le tre ore di gioco senza mai battere ciglio. Inoltre, e anche questo è importantissimo da sottolineare, Werewolves Within distrugge ogni scetticismo dopo i primi cinque minuti di gioco, riuscendo anche a provare una volta per tutte che la realtà virtuale, malgrado l'aspetto, ha delle potenzialità sociali immense, permettendo ai giocatori di inserire nel gioco un'importante fetta della loro personalità, rendendo vivo e umano ciò che prima era irrimediabilmente freddo e impersonale. Questo cambio di paradigma inevitabilmente sgonfia anche il ruolo dei Tripla A, che comunque non potrebbero mai permettersi di essere esclusiva VR senza condannarsi automaticamente a morte, visto la ridotta base installata, visto anche l'obbligo di fare ciò che un Tripla A oggi raramente ha il coraggio e la possibilità di azzardare: rivoluzionare il proprio gameplay. E così si finisce ad aspettare più Star Trek Bridge Crew piuttosto che tanti altri "colpi sicuri".

Long Playing

La domanda che tutti amano fare è questa: "ma dopo un po' di tempo, l'effetto "wow" non si affievolisce?". Certo che si affievolisce, e l'effetto maschera da sub si fa anche più opprimente, e anche gli altri limiti, le imperfezioni, vengono lentamente a galla, ma questo non basta a lasciare il visore acquistato a caro prezzo in balia della polvere, tragica anticamera del dimenticatoio. L'uso si stabilizza nel tempo, rivelando che la VR non è qui per sostituirsi ai nostri cari vecchi videogiochi, ma per affiancarli. La realtà virtuale diventa così un passaggio verso emozioni più concrete, per sessioni di gioco extralusso che non sempre è possibile permettersi. Il resto delle magagne continua fortunatamente a sparire dopo pochi minuti di "immersione", perché quando sei nel cockpit di un carroarmato di Battlezone ti godi la moquette profumata del mezzo, quando sei su un carrello di Rush of Blood non puoi che serrare i denti e affinare i sensi pensando agli orrori che ti circondano nascosti nell'oscurità, quando sei tra le stelle di Eve non puoi che dubitare della robustezza della tua astronave e pregare che il tuo ultimo colpa raggiunga il nemico prima che il suo ultimo colpo raggiunga te.

E continuando ad esplorare nuovi giochi si scoprono continuamente nuovi modi di utilizzare la realtà virtuale, perché non è come cambiare disco alla console, no: con un visore per la VR sul volto è più come aprire nuove porte, per trovare nuove vie di fuga, o rifugi momentanei nei quali rilassarsi "lontano" da tutti e da tutto. Da tenere sempre bene a mente, nel caso si voglia fare il salto nella VR in tempi brevi, che quello che stiamo vivendo è a tutti gli effetti un nuovo anno zero per i videogiochi, con tutte le conseguenze del caso. Anche se può essere dura è sempre meglio aspettare; anche se può sembrare stupido, è bellissimo anche saltarci dentro senza pensare.