Resident Evil Code Veronica X: l'orrore ritorna su PlayStation 4

Resident Evil Code Veronica X arriva su PS4: andiamo alla (ri)scoperta di questo controverso episodio della serie Capcom.

Resident Evil Code Veronica X: l'orrore ritorna su PlayStation 4
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Disponibile per
  • PS2
  • NGC
  • PS4
  • Il preludio di Code Veronica, una breve sequenza di scene animate che illustrano il tentativo di fuga di Claire Redfield, è un segmento di micro-cinema dalla regia più che pregevole, e imita con successo gli stilemi dei lungometraggi d'azione di Hong Kong dei primi anni 90, soprattutto quelli di John Woo: ralenti che sfiorano la stasi; piani e movimenti di macchina che trasformano la donna e i suoi aguzzini in astrazioni vettoriali e cromatiche, senza perdere mai di vista la fisicità dei corpi; le azioni coreografate affinché ogni gesto sia intuibile dagli occhi di chi le osserva, mentre gli eventi illustrati assumono la grazia e la precisione di una danza, acquistando un significato che le trasfigura oltre il loro contesto narrativo.
    Tuttavia questo preludio è fuorviante, quasi ingannevole, seppure in maniera benigna e spettacolare, perché stabilisce una ritmica e un timbro da "action-movie" che, non appena il videogame comincerà davvero, saranno negati al giocatore. Code Veronica è infatti un "survival horror" dall'incedere lento e meditativo, anche durante i pochi momenti più convulsi: un classico nel suo genere. Meglio dunque che l'introduzione non-interattiva possieda questa qualità illusoria, perché si coglie proprio durante quegli istanti il presagio di ciò che sarà, nel bene e nel male, Resident Evil 6 con la sua squilibrata tendenza a una frenesia che non appartiene alla saga. Ma nello stesso tempo vi è, in quest'opera così originale e diversa, il linguaggio ancora germinale con il quale saranno raccontati i due meraviglianti lungometraggi in CG di Capcom, Degeneration e Damnation, gli unici Resident Evil cinematografici che riesco a prendere in considerazione quando penso alla storia filmica della saga.

    L'unico

    Code Veronica non è una summa di ciò che lo ha preceduto, poiché non prosegue idealmente il tracciato segnato dai primi tre episodi, una via percorsa in maniera magistrale da Shinji Mikami con il suo Rebirth per Game Cube, che va considerato l'apoteosi della serie, intesa nella sua classicità.
    Code Veronica, qui trattato nella sua incarnazione "X" post Dreamcast, ora disponibile sullo store di Playstation 4, è un caso unico nella storia di Biohazard poiché risulta l'episodio più melodrammatico, folle e grottesco. C'è una tensione narrativa inedita, stralunata, meno didascalica e scontata rispetto agli altri capitoli. L'unicità di Code Veronica è una questione di tono, quindi, o di umore, non di giocabilità, la quale resta pur sempre quella classica, malgrado rare eccezioni. Questa singolarità potrebbe anche essere dovuta alla storia dello sviluppo del videogame, affidato da Capcom al team esterno di Nextech, sebbene Mikami e soci abbiano mantenuto tutto il controllo possibile durante le diverse fasi dello sviluppo, oppure al fatto che sia stato concepito per la console di Sega, o alla sua non-numerazione che lo rende immediatamente indipendente.

    I suddetti sono motivi sì probabili, ma non li ritengo i più determinanti, poiché l'intento artistico dietro l'opera è evidente ancora oggi. Code Veronica è da intendere come un edificio sperimentale costruito per sorprendere il pubblico con una rivoluzione tecnica, estetica e narrativa.
    Un altro importante punto di forza di Code Veronica è la sua longevità: il suo svolgimento è tanto dilatato da raddoppiare il tempo che i suoi predecessori richiesero per essere completati. Non c'è tuttavia mai un sentore di noia, bensì l'estasi e l'orrore della scoperta, anche quando torniamo sui nostri passi durante un "backtracking" che non nega mai la sorpresa o l'invenzione di una sottile variazione. L'intreccio si arricchisce di nuove suggestioni e reminiscenze cinematografiche, rivelandosi infine la storia più affascinante e riuscita di tutto il franchise.

    Mostri

    Resident Evil: Code Veronica possiede un ecosistema mostruoso vario e repellente tra i più ispirati della serie Tornano gli zombie (sono davvero abominevoli quelli ignudi e da lungo sepolti, che strisciano verminosi fuori dalle tombe) e ci sono diverse creature già viste in passato, come i dobermann putrefatti, i corvi, un Tyrant, gli hunter e gli aracnidi, qui più vedove nere che tarantoloni.

    Tra le nuove aggiunte c'è un bestione quasi antropomorfo con un singolo braccio abnorme, pipistrelli vampiro, una salamandra mutata oscenamente e le grasse falene in grado di trapiantare uova nella carne, il nemico più fastidioso e disturbante che chi scrive abbia mai affrontato in un Resident Evil. Molti e ostici gli scontri con i boss, soprattutto quello tesissimo ed ansiogeno a bordo dell'aereo, contro il Tyrant. Questo combattimento possiede una sua elementare meccanicità: è sufficiente fare in modo che un cassone venga rilasciato dalla stiva dell'aereo affinché colpisca la creatura per precipitarla nel vuoto. Bisogna ripetere alcune volte quest'operazione, ma c'è un intervallo di tempo che deve trascorrere prima che sia di nuovo possibile liberare l'oggetto: e il Tyrant, in uno spazio così ridotto, spalancato su un abisso vertiginoso, è un nemico di estrema ferocia.

    Suggestioni Hitchcockiane

    Rockfort Island, dove Claire è incarcerata, è un'isola dall'aspra fisionomia naturale, con il clima perennemente tempestoso e le architetture che miscelano in maniera orrida e incantevole gli eccessi del barocco con la severità deprimente del gotico. Siamo al limite di un cattivo gusto stilistico che potrebbe ferire la sensibilità del pubblico, come il rasoio che graffia l'occhio in Le Chien Andalou di Buñuel: eppure questo confine non viene superato e ogni scenario possiede il suo carisma desolante e spaventoso. Un'ambientazione così suggestiva, e dall'estetica psicopatica, è l'estensione della personalità del malevolo e sadico "villain" di Code Veronica, ovvero Alfred Ashford, micidiale e schizofrenico nipote del cofondatore della Umbrella. Con Alfred -chissà che il suo nome non sia già un consapevole omaggio- la saga precipita in un territorio hitchcockiano, grazie alle analogie con Psyco, il capolavoro ispirato dal romanzo di Robert Bloch.

    Non si tratta tuttavia solo di superficie o semplice citazionismo: il fantasma cinematografico di Hitchcock che anima Code Veronica palpita di una sua vita ultraterrena nelle immagini numeriche del gioco, alimentando il sentore di follia malsana e omicida che pervade ogni panorama, diluendosi solo per trasformarsi in altri ectoplasmi della visione durante la seconda metà dell'avventura, quando questa muterà drasticamente il suo timbro e le sue atmosfere. La malattia omicida di Alfred e il suo rapporto morboso con la "defunta" gemella Alexia sono il punto di partenza per omaggiare il grande regista inglese attraverso le inquadrature con le quali il gioco è illustrato, questa volta con una grafica in 3D invece che pre-renderizzata, supportata da alcuni calcolatissimi movimenti di macchina. Hiroki Kato (director del videogame in questione che poi lavorò come designer per God Hand e Vanquish, ma che ora sembra avere optato per una carriera da fattore) e il suo team dimostrano di conoscere profondamente l'arte con cui Hitchcock orchestrò le sue sequenze, facendo riferimento non solo a Psyco ma agli altri lavori del regista: il valore simbolico e indicativo conferito agli oggetti di scena talvolta rappresentati in maniera innaturale o sproporzionata per amplificarne il significato e l'importanza; il panorama che rispecchia tormentati stati d'animo; l'utilizzo sfiancante e gratificante dei meccanismi per alimentare una suspense che continua a tormentarci, in sottofondo, anche durante i momenti più frenetici, ad esempio quando si controlla Chris. C'è inoltre qualcosa della "cattiveria" di Hitchcock nell'orripilante e patetica fine di Steve Burnside, il giovane compagno di disavventure di Claire. La stessa crudeltà con cui il regista "uccide" Janet Leigh mentre si fa la doccia dopo averci illuso che fosse la protagonista. Il desiderio frustrato di Steve verso Claire contribuisce ad accennare una delle storie d'amore più riuscite e tristi delle storia dei videogiochi. Mai come in Code Veronica il titolo occidentale della saga acquista un senso superiore, così compiuto: non ci può essere amore laddove abita il Male. E il confronto finale tra questa utopica coppia è un "La Bella e la Bestia" capovolto, doloroso e terrificante. Durante Code Veronica si ricorda un altro stellare autore di cinema, Sam Peckimpah, poiché la scena filmata durante la quale vediamo Alfred e Alexia torturare una libellula, dandola in pasto alle formiche, deriva da quei momenti delle opere del regista de Il Mucchio Selvaggio che mostrano nuda e spaventosa la crudeltà sadica e spensierata dei bambini.
    Come un crisantemo di vetro creato da un maestro vetraio e posto sulla presunta tomba del "survival horror", Resident Evil Code Veronica non appassisce mai, continuando a risplendere con la sua lugubre bellezza nel cimeteriale, immenso archivio dei videogiochi che sono scampati al nulla dell'obsolescenza.

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