Speciale Shenmue: “ Viaggio nell'arte del nuovo millennio ”

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Speciale Shenmue: “ Viaggio nell'arte del nuovo millennio ”
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  • Per lunghi anni l'ho sognata. Per lunghi
    anni ho fantasticato su di un'opera capace d'immergermi in un mondo vivo e
    pulsante, tanto vasto quanto curato nei più minuscoli particolari. Capace
    d'immedesimarmi in un personaggio e invitarmi a vivere la sua storia, il suo
    viaggio, regalandomi al contempo assai grandi libertà e possibilità di respirare
    e godere di quel mondo. Un mondo pregno d'un realismo neppure mai ardito
    precedentemente. Per lunghi anni ho desiderato Shenmue. Col preciso intento di
    amalgamare genuinamente svariati generi videoludici, scendendo a rari
    compromessi, e di levare l'ancora da quella baia di meccaniche stantìe da cui
    nessun gioco aveva osato allontanarsi, Yu Suzuki, Leonardo da Vinci del mondo
    del divertimento elettronico, ha forgiato Shenmue. Il capolavoro maximo del
    geniale game designer di Sega è indiscutibilmente il prodotto ludico digitale
    costato più tempo, denaro e lavoro di sempre, nonché quello che incarna la più
    evoluta concezione di “videogame”. Ponendo il giocatore nei panni del giovane
    Ryo, e narrandone la ricerca dell'assassino del padre, Shenmue offre, infatti,
    un'avventura virtuale tanto densa di realismo da far apparire qualunque altro
    titolo molto più semplice “gioco”. E molto meno “esperienza”.

    Le strade di Yokosuka

    Nel 1999, AM
    R&D #2, il development team Sega responsabile di quello che in origine era stato
    battezzato Project Berkley, decide di rilasciare il primo capitolo avulsamente
    dal resto della saga. Shenmue Chapter I Yokosuka per Sega Dreamcast, salutato in
    terra natìa con moderato calore, sia da critica (34/40 su Famitsu Weekly) che da
    pubblico (appena 400.000 copie), raggiunge l'Occidente un anno dopo. A fronte
    di un'accoglienza commerciale anche qui deludente, sconvolge le redazioni e gli
    hardcore gamers d'America e d'Europa, abbagliati dal primo videogame che, a
    margine di anni tirannizzati dalla fossilizzazione e da innovazioni parziali,
    stentate, accennate, riesce a proporsi rivoluzionario a 360°. A corredo di una
    sceneggiatura degna d'un romanzo d'autore, un cilindro traboccante di sorprese
    pare quasi voler impedire al giocatore di assolvere l'esperienza. Troppo
    coriacea è la smania di sperperare fortune nelle sale-giochi, un pugno d'epici
    capolavori anni '80 accompagnati da altre stuzzicanti diavolerie, e coronati
    dall'invitante Sega Saturn montato sotto il TV di casa. E pressoché
    innumerevoli sono le ficcanti genialità che innaffiano d'atmosfera l'opera,
    sottili eppur irresistibili, come i peccati di gola a contorno d'un fumante
    piatto italiano. Sì, questo titolo trasuda autentico Giappone fin dalle
    profondità dei suoi bit. L'intensità e l'articolazione della trama, etereo
    propellente d'ogni produzione orientale degna di tal nome, si adoperano
    tenacemente per farla emergere quale spina dorsale dell'esperienza; tuttavia
    nella sua intricata semplicità essa non è venerabile, non è proprio scindibile
    dal sopraffino corteo di tocchi di classe. Shenmue propone la più consunta delle
    tematiche di fondo: la vendetta. Stereotipato embrione che Suzuki tramuta in una
    gemma d'inestimabile valore, annegandolo in un oceanico calice di filosofia di
    vita, tempestato di perle di saggezza e incensato da pulsante atmosfera
    nipponica.

    Fragranze ad Hong Kong

    L'impatto tecnoludico con cui il primo capitolo della saga AM2
    ridimensiona l'intero panorama dei videogiochi espande oltre i massimi sistemi
    la propria dirompenza in Shenmue II. Composto dal secondo, dal terzo e dal
    quarto capitolo dell'epopea, Shenmue II inizia a defluire dagli usurati
    scaffali di Akihabara nel Settembre 2001, riscuotendo un successo ancor più
    ingeneroso del prequel. Avvantaggiato, rispetto a quest'ultimo, da un processo
    di adattamento al mercato occidentale inibito del doppiaggio (sottotitoli in
    Inglese, parlato originale), giunge in Europa nell'arco di nemmeno tre mesi. In
    Nord America, invece, dovranno attendere un altro anno, con la conversione per
    Microsoft Xbox. La cesoiata occorsa tra successo di vendite ed opinione della
    critica è ancor più netta che in occasione di Chapter I. Senza tanti giri di
    parole, il prodotto si rivela commercialmente un autentico flop. E con simmetria
    euclidea, inanella estatiche recensioni. Le minuscole perplessità che il
    predecessore aveva sollevato presso gli esperti più tignosi, conseguenze della
    parziale disattesa di alcune promesse fatte ancor quando, nei piani di Sega,
    doveva essere accorpato agli altri tre capitoli, sono disintegrate. Lo sbarco al
    fiabesco porto di Aberdeen rilascia nel giocatore l'inequivocabile sensazione
    che finalmente siffatte promesse siano esaudite... Spalancando le porte di un
    sogno che Chapter I aveva appena schiuso. L'aria di casa respirata per i
    sobborghi della periferica Yokosuka, la familiarità e l'usualità delle persone
    incontrate, delle botteghe visitate, dei pub frequentati è dissolta all'istante
    nel contatto con la città. Non un paesello, signori, ma una vera metropoli ove
    strade, vicoli, negozi, ristoranti, bancarelle, alberghi, palazzi a non finire
    brulicano di cinesi in fermento. Mai smarrirsi fu così semplice. Né tanto
    suggestivo. Vagabondare ammirando la magistrale ricreazione del rione di Wan
    Chai, e della vita in esso veicolata, dapprima toglie dantescamente il fiato,
    quindi tuffa gli scombussolati sensi del giocatore in un'aurorale orgia di
    beatitudine digitale. La passione fluita nelle geniali arterie di Suzuki,
    durante gli anni spesi per partorire l'opera, si riflette in modo sfolgorante
    nella maniacalità espressa dai suoi programmatori. Levate lo sguardo verso le
    facciate degli edifici e vi ritroverete a contemplare la più sconfinata e
    artistica eterogeneità di textures a memoria di videogiocatore. Dilettatevi nel
    pedinare alcuni NPC a caso e scoprirete esterrefatti la naturalezza con cui le
    I.A. di Shenmue II escono di casa, bevono un tè al bar, si recano al lavoro,
    visitano il bazar di quartiere, aprono l'ombrello in caso di maltempo.
    Fermatevi presso le bancarelle e sarete invitati ad osservare, scegliere e
    acquistare souvenir od oggetti da collezione delle più svariate tipologie.
    Raggranellate qualche Dollaro hongkonghese spizzicando lavoretti qua e là, e poi
    scommetteteli al gioco, o puntateli su di un vostro combattimento clandestino,
    piuttosto che in una sfida a braccio di ferro. Oppure, più semplicemente,
    utilizzateli per pagare la camera d'albergo. Dall'appello non possono
    assentarsi le sale-giochi, piatto forte del prequel, chicca fra le molte nello
    sterminato Shenmue II. Il gameplay inventato da Yu Suzuki è quanto di più
    arioso, libero e interattivo possa variegare un'ossatura da Gioco di Ruolo
    nipponico, senza snaturarne le qualità portanti, come l'avvinghiante trama e la
    profonda caratterizzazione dei personaggi. A tergo della pomposa definizione
    “Full Reactive Eyes Entertainment” si cela un finissimo ricamo di Avventura
    Grafica, Picchiaduro, RPG Orientale ed Occidentale, tanto poliedrico quanto
    armonizzato nelle sue meccaniche. Un arcobaleno di virtuosismi ed un sapiente
    taglio cinematografico coronano codesto bendiddio, che in definitiva elude ogni
    dubbio in merito a chi, oggi, occupi il gradino più alto sul podio del game
    design. Monumentale.

    Eden
    di poesia

    Il terzo capitolo, ambientato a Kowloon, descrive
    lo scoppiettante capolinea delle ostilità con la mafia cinese. Una svolta
    importante nell'economia del gioco, perché proietta Ryo Hazuki nuovamente
    lontano dalle persone e dai luoghi conosciuti, ma a differenza del viaggio
    compiuto fra Giappone e Hong Kong lo trascina al di fuori della civiltà, tra i
    folti boschi della profonda Cina. Una svolta ancor più decisa è quella
    occorrente nella meccanica di gioco, detersa dalla lotta e dimensionata quasi
    del tutto alla conversazione con la ragazza che lo accompagna lungo il sentiero
    costituente il quarto capitolo. Il quale non si riduce soltanto al percorso che
    conduce nella vallata leggendaria ove il giovane drago giapponese coglierà
    l'ultima rivelazione del gioco, quella su cui sarà certamente edificata la
    prosecuzione della saga... Il sentiero attraversato in compagnia di Shenhua fa
    navigare Shenmue II alla volta di un limbo di pura arte. La delicata voce della
    giovane fenice cinese estirpa le inquietudini dell'animo. Sussurri di filosofia
    Zen abbracciano i preziosi insegnamenti colti da Ryo nell'arco dell'intero
    viaggio. Istanti d'accecante poesia involano ad emozioni che gravitano vicine
    al cuore. Un nirvanico senso di pace avvolge alcuni momenti, cospargendo
    l'estasi in cui è avviluppato il giocatore di significativi dubbi sulla reale
    identità della causa ultima dell'esperienza videoludica. L'intrattenimento
    lascia le redini a contemplazione e riflessione. La prima è la delizia che si
    concede il giocatore dal palato fino allorché si scopre al cospetto del più
    elevato livello d'espressione artistica mai fiorito nelle lande del
    divertissement digitale. La seconda si origina dagli insegnamenti con cui
    l'opera, facendo uso di Ryo quale tramite, investe l'entità di carne che lo
    controlla. Perseguendo il proprio desiderio di vendetta, Ryo viaggia, impara,
    assimila, cresce. E noi con lui. Il fruente dotato di una certa dimestichezza
    con la cultura estremoorientale ricaverà, nel corso del viaggio, innumerevoli
    perle di saggezza, ritrovandosi arricchito non di meno che al termine d'un
    grande romanzo d'autore. Ma anche l'ospite occidentale non correrà il rischio
    di attingere a vuoto nella cornucopia. Compriamo ed apprezziamo pregevoli
    esercizi di programmazione, i cui obiettivi precipui tendono alla magistrale
    simulazione delle più disparate attività umane, raccontando nel contempo altre
    piacenti storie. Tuttavia è nell'opera di Yu Suzuki che scorgeremo ciò che
    chiediamo ad un medium volenteroso di proporsi quale forma d'arte del nuovo
    millennio. Un'opera da cui ciascuno ha di che apprendere. Un'opera, un
    videogioco, che c'insegna quanto la destinazione di ognuno di noi sia
    importante. Ma che, soprattutto, il viaggio lo è ancora di più.

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