Tekken: Storia della famiglia Mishima

Prima di assistere alla conclusione della faida tra i Mishima in Tekken 7, abbiamo provato a ripassare la tragica e sanguinosa storia della famiglia.

Tekken: Storia della famiglia Mishima
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  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Tekken 7 ha il sapore di un addio. Non si tratta di un saluto al franchise (che di certo ritornerà sui nostri ring virtuali), bensì di un triste commiato ai volti storici della serie, a quei protagonisti che -negli anni - hanno rappresentato i pilastri portanti del background narrativo del picchiaduro a marchio Namco-Bandai. Non è un caso che questo settimo capitolo sia strato presentato come "la fine della saga dei Mishima": l'episodio nel quale tutti i nodi verranno al pettine, e in cui si concluderà, in modo potenzialmente decisivo, l'epica epopea famigliare di Heihachi, Kazuya e Jin. Per arrivare quanto più preparati possibile all'ultimo atto, abbiamo allora provato a ripassare tutta la (lunga) storia dei Mishima sin dal principio: una vicenda sanguigna e sanguinolenta, che - tra demoni, tradimenti e legami filiali - ha assunto ben presto i tratti di una vera e propria tragedia greca.

    Perché cadiamo, Kazuya?

    ...per imparare a rialzarci. È probabilmente il monito che deve aver pensato anche Heihachi Mishima mentre scagliava il figlio - di soli cinque anni - giù da un elevatissimo burrone. Questa pratica di spartana memoria, volta a forgiare guerrieri in grado di resistere alle più dure asperità, segna anche l'inizio di una rivalità che si protrarrà per decenni. L'animo oscuro di Heihachi - per quanto brutale ed inumano - nell'istante in cui ha abbandonato un giovanissimo Kazuya al suo destino, forse davvero reputava una simile barbarie come un atto di "pedagogia" alternativa, con l'obiettivo di creare un lottatore impavido ed invincibile. Non c'era, insomma, nelle intenzioni paterne, la volontà di estirpare la sua genia. Almeno, non all'inizio.

    Lo spasmodico desiderio di Heihachi di ottenere il potere indiscusso, del resto, non poteva essere ostacolato da nessuno, tantomeno dal sangue del suo sangue, ancora troppo debole ed inesperto. Se Kazuya fosse sopravvissuto alla prova mortale, allora, avrebbe meritato un posto alla destra di suo padre, sul trono del mondo cui l'uomo ambiva da anni. Ed è per questo, per eliminare tutti i possibili oppositori e per reclamare il dominio assoluto, che il magnate - a capo dell'impero finanziario noto come Mishima Zaibatsu - decise di indurre il primo Iron Fist Tournament. Chiunque fosse riuscito a farsi strada tra i migliori lottatori del pianeta e a sconfiggere Heihachi in persona avrebbe ottenuto fama, onore e ricchezza. Ma, come già anticipato, non era certo la filantropia a nutrire le gesta del capofamiglia: il Torneo del Pugno di Ferro rappresentava per lui il palcoscenico tramite il quale mostrare a tutti il suo enorme potere (sia economico sia combattivo), nonché il primo, grande passo per la conquista del globo terraqueo. Eppure, tra tutti gli innumerevoli avversari, Heihachi non aveva considerato il ritorno del suo primogenito. Diciassette anni dopo la rovinosa caduta dal dirupo, Kazuya Mishima, unico e legittimo erede dell'impero paterno, risorse dalle proprie ceneri: sul petto una profondissima cicatrice gli ricordava la severa punizione impartita dal genitore, mentre nel suo cuore s'annidava un'implacabile furia vendicativa che, ben presto, assunse le sembianze di una vera entità demoniaca - Devil - creatura dalla forza inimmaginabile, capace di ridare al reietto non solo l'energia sufficiente per risanare le ferite, ma anche l'abilità di vendicarsi dell'ingiuria subita. Durante la finale del primo, indimenticabile Torneo, lo stage si riempì del sangue dei Mishima: padre e figlio si affrontarono senza pietà alcuna in un feroce e letale duello, al termine del quale a spuntarla fu il rinnovato vigore di un Kazuya ormai completamente ottenebrato dal male. Seguendo l'antica legge dell'"occhio per occhio, dente per dente", il giovane rampollo gettò il corpo di Heihachi dalla cima di un baratro, sorridendo con fare sardonico per aver finalmente adempiuto la sua rivalsa.

    Con il "vecchio" fuori dai giochi, il controllo della Mishima Zaibatsu passò inevitabilmente nelle mani del diretto successore. Tuttavia, se possibile, il regno di Kazuya si rivelò persino più crudele di quello del padre. Forse era Devil, la creatura soprannaturale che oramai aveva preso possesso del suo spirito, a muovere, nell'ombra, le fila delle sue azioni. E pensare che, da piccolo, Kazuya possedeva un animo gentile, quasi candido ed altruista: una debolezza agli occhi del severo Heihachi, che prese l'infausta decisione di "temprarlo" con metodi estremi e decisamente poco ortodossi. Di quel fanciullo di buon cuore non rimase così più nulla. Il gene del diavolo aveva ormai preso il sopravvento e a Kazuya, in lotta con se stesso, non restava altro che indurre il secondo Iron Fist Tournament. Per un redivivo Heihachi, sopravvissuto (proprio come il figlio prima di lui) alla terribile vendetta, era l'occasione del riscatto. E di nuovo, sull'ultimo stage, i Mishima si trovarono l'uno dinanzi all'altro, pronti alla resa dei conti. Il tormento interiore di Kazuya, raffigurato ora da Devil (l'incarnazione del male) ora da Angel (immagine immacolata del suo lato umano), lo rese però un avversario più debole del previsto: di questa vulnerabilità seppe approfittare - prevedibilmente - lo stesso Heihachi che, con un malsano gusto per il contrappasso ed valore "simbolico" della punzione, lanciò il corpo inerme del suo discendente tra le fiamme di un vulcano in eruzione. Questa volta, Kazuya non riuscì più rialzarsi.

    Uomini e dèi

    C'è stato un tempo in cui il cuore di Kazuya era ancora innocente e puro. Parte di questa sua natura era rimasta nascosta timidamente tra le pieghe di una malvagità sorta come meccanismo di difesa contro gli strali della vita. Sottomesso e schivo rispetto a quello demoniaco, il lato più umano di Kazuya tornò a mostrarsi ad intervalli irregolari nell'abbraccio della dolce Jun Kazama, di cui divenne l'amante. Purtroppo, una fiamma che brucia col doppio dell'intensità brilla per minor tempo. Sebbene la liaison non durò molto lungo, fu comunque sufficiente perché la bella Jun partorisse un bimbo, Jin, il quale - disgraziatamente -ereditò la stessa, infausta maledizione del padre. Kazuya non conobbe il neonato prima di finire divorato dal fuoco del vulcano: pertanto, Jin crebbe felice, lontano dalle diatribe dei Mishima, tra le amorevoli cure della madre, di cui prese il cognome. Ma le colpe dei padri, si sa, ricadono sui figli.

    L'idillio del piccolo Kazama s'infranse nel momento in cui il dio della lotta Ogre - tornato a nuova vita con lo scopo di eliminare tutti i più grandi maestri d'arti marziali della terra - attaccò il villaggio di Yakushima, dove dimoravano sereni Jun e Jin, come una vera famiglia. Conscia del pericolo imminente, la madre avvertì il figlio di fuggire lontano, chiedendo asilo al nonno Heihachi. Il dolore per la morte dell'amata genitrice ed il senso di inadeguatezza per non essere riuscito a salvarla, risvegliarono in Jin il potere del gene del diavolo, che iniziò a manifestarsi sul suo corpo attraverso un vistoso marchio tatuato lungo avambraccio sinistro. Inconsapevole delle sue immense abilità, il giovane si rifugiò presso l'ormai anziano Heihachi, che decise di addestrare il nipote con lo scopo di usufruire del suo talento combattivo per imbrigliare la potenza di Ogre. Nel corso del terzo Iron Fist Tournament prese dunque il via la resa dei conti tra il possente dio e Jin, smanioso di vendicare l'assassinio di sua madre: dopo la sonora sconfitta del mostro, però, Heihachi, accompagnato dal suo Tekken Force (un avanzatissimo corpo speciale paramilitare), irruppe sul terreno dello scontro e sparò un colpo di pistola sul cranio del nipote. A questo punto, il seme del diavolo, ancora dormiente, si ridestò del tutto nel cuore di Jin, il quale assunse la sua maestosa forma demoniaca e, dopo aver scaraventato il nonno attraverso le vetrate del tempio, s'involò via verso l'oscurità. Tale padre, tale figlio.

    Il luogo in cui dimora il male

    Una volta introdotte le tre pedine principali della scacchiera dei Mishima, la storyline della saga diviene sempre più densa di eventi, che si susseguono con un ritmo molto più incisivo e ricco di plot twist. Uno di questi viene svelato poco prima dell'avvio del quarto Iron Fist Tournament: Kazuya è ancora vivo, resuscitato e protetto dalla G Corporation, azienda specializzata in biotecnologia ed intenta a studiare il gene demoniaco nel corpo del guerriero. Scoperta la verità, Heihachi assaltò senza indugio i laboratori con l'obiettivo di eliminare il figlio una volta per tutte. Ma Devil - finalmente sotto il (quasi) pieno controllo di Kazuya - riuscì a far piazza pulita degli invasori, anelando (nuova?) vendetta contro il padre nel corso dell'ennesimo Torneo del Pugno di Ferro.

    L'evento - come sempre indotto dal vecchio Heihachi - rappresentò l'occasione perfetta per una riunione famigliare. Sul ring del tempio di Hon-Maru le tre generazioni dei Mishima si fronteggiarono faccia a faccia per lo scontro decisivo. Anche Jin, infatti, dopo aver rinnegato lo stile marziale del progenitore, si ripresentò sulle scene per distruggere la Zaibatsu dalle fondamenta. Alla vista del figlio, posseduto dal gene del male, l'animo oscuro di Kazuya riprese il controllo: il legame di sangue che unisce i due protagonisti trova, infatti, il suo nutrimento nella forma demoniaca. Ad avere nuovamente la meglio sul nonno e sul padre fu ancora Jin: mentre stava per sferrare il colpo di grazia all'odiato Heihachi, però, lo spirito di Jun Kazama (chiaro emblema del candore angelicato in grado di purificare sia il cuore di Kazuya che quello del figlio) placò l'ira del demone, il quale, sussurrando il nome della madre alle orecchie di un attonito Heihachi, s'allontanò verso l'orizzonte. Poco tempo dopo la scomparsa di Jin, Kazuya e suo padre, ancora sopraffatti dalla precedente battaglia, vennero improvvisamente accerchiati da un manipolo di Jack-4 in procinto di detonare, al fine di vaporizzare i Mishima dalla faccia della terra. Per la prima volta nella storia della saga, Kazuya e Heihachi lottarono fianco a fianco, spalla a spalla, pugno a pugno, nel tentativo di uscire indenni dall'assalto. Ma l'unione durò il tempo di un sussulto: Kazuya - non appena l'occasione si fece ghiotta - acciuffò l'antico rivale e lo gettò tra gli arti meccanici dei robot, per poi dileguarsi in tutta fretta con il suo classico sorriso di compiacimento. L'esplosione deflagrò con prepotenza, travolgendo Heihachi e radendo al suolo il tempio di Hon-Maru.

    Quella che sembrava la fine della storia non era altro che l'inizio di una nuova battaglia. Heihachi, ovviamente, sopravvisse all'attentato e - insieme a Kazuya e Jin - prese parte al quinto Iron Fist Tournament, bandito da una misteriosa figura: Jinpachi Mishima, fondatore della Zaibatsu, rinchiuso cinquant'anni prima nei sotterranei di Hon-Maru dal figlio Heihachi, che ne usurpò l'impero finanziario. Risorto grazie ad un'essenza demoniaca che - d'improvviso - si impossessò di lui e lo rese immortale, Jinpachi riconquistò il trono della Zaibatsu e si apprestò ad affrontare la propria, infausta dinastia al Torneo del Pugno di Ferro. L'introduzione di un nuovo membro della famiglia Mishima smuove solo leggermente gli equilibri di potere su cui la serie si è sempre basata e lascia intendere che il gene demoniaco possa aver avuto origine proprio da Jinpachi. Un fraintendimento che, come sappiamo, verrà chiarito nel settimo capitolo. L'ultima singolar tenzone vide Jin - al solito - quale protagonista assoluto nel duello contro il temibile bisnonno. L'inesorabile sconfitta di Jinpachi per mano del suo ultimo discendente permise a Jin di ereditare la spropositata fortuna famigliare. E fu così che Kazama sedette al vertice della Zaibatsu. Invece di dare l'avvio ad un periodo di florida pace sotto la sua guida illuminata, Jin si dimostrò invece animato da istinti tirannici: guerre e disperazione si diffusero su scala globale, sicché l'influsso negativo scaturito dall'odio del genere umano permise allo spaventoso demone egizio Azazel di tornare in vita. Sulla scena comparve allora Lars Alexandersson, ulteriore membro della genia dei Mishima e figlio illegittimo di Heihachi. La sua vicenda si intrecciò quindi con quella della Zaibatsu e della G Corporation di Kazuya, diretto rivale del figlio Jin. Mai come durante il sesto Iron Fist Tournament, le singole storie dei protagonisti della saga si mescolano all'interno di un unico canovaccio, in cui il sangue dei Mishima si confonde, canonicamente, a quello degli altri componenti del roster. Lo spotlight del Torneo restò comunque puntato principalmente su Lars, in un viaggio alla scoperta delle sue origini e delle reali motivazioni che spinsero Jin a commettere indicibili brutalità.

    Azazel si tramutò nella simbolizzazione dei peccati degli uomini e - di riflesso - in quelli dei Mishima: ecco perché soltanto i possessori del gene del diavolo possedevano la capacità di eliminare il demone. L'incontro conclusivo si svolse tra Devil Jin ed il mostruoso Azazel: la foga della battaglia spinse ambedue i contendenti a precipitare in un burrone, decretando la definitiva scomparsa di entrambi. Per l'ennesima volta, insomma, un precipizio divenne la tomba di un Mishima: la rappresentazione della decadenza, della discesa verso gli abissi di uomini che hanno tentato, molto spesso, di volare troppo in alto. Esattamente come in ogni altro capitolo, la morte è solo presunta: anche Jin - in fin di vita - venne rinvenuto disteso tra le sabbie del deserto, con il marchio del diavolo ancora chiaramente in evidenzia sul suo braccio.

    La tigre ed il demonio

    Tutto è iniziato con Kazumi Mishima, incantevole, magnifica sposa di Heihachi, la prima ad entrare in contatto con il gene del diavolo, da lei trasmesso al figlio Kazuya e poi al nipote Jin. Morta in circostanze misteriose, che presumibilmente verranno svelate nel corso del settimo Iron Fist Tournament, Kazumi in combattimento è spesso affiancata dallo spirito di una tigre che, con ogni probabilità, ne simboleggia il temperamento. La sua bellezza è pari soltanto alla sua incredibile abilità marziale: è lei l'ultimo tramite che collega il sangue dei Mishima, il motivo per cui Kazuya sfiderà il padre in un apocalittico scontro finale, convinto sia stato lui ad uccidere la madre.

    Quale sia la verità, lo scopriremo a breve. Al momento sappiamo solo che Kazumi, prima di morire, si era posta l'obiettivo di frenare la smania di conquista del marito, senza successo. Spetterà ad Akuma - inspiegabilmente legato alla donna da un debito insoluto - esaudire il suo l'ultimo desiderio, estinguendo la sete di potere dei Mishima ed uccidendo sia Heihachi sia Kazuya, in modo tale da liberarli dal male che li affligge. Nonostante il suo intento sia comunque omicida, Kazumi sembra l'unico membro della famiglia le cui azioni sono mosse non dall'odio, bensì dall'amore. In uno dei primi trailer di presentazione del personaggio, non a caso, la stessa, calda voce di Kazumi non esita ad affermare, con cieca (o ingenua?) sicurezza: "Io amo Heihachi. E lui ama me".

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