The Evil Within: Il Macellaio, un nuovo racconto a tema horror

Un racconto horror scritto da Federico Ercole, ambientato nello spaventoso mondo di The Evil Within. Buona lettura.

The Evil Within: Il Macellaio, un nuovo racconto a tema horror
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Muffe marroni e vischiose colano sulle piastrelle che rivestono le pareti di una grande stanza quasi buia. Tra i tessuti spugnosi e le mucillaggini zampettano le blatte. Il pavimento parrebbe nero, ma gli avari raggi di una luce elettrica rivelano, prima di disperdersi nell'oscurità, il suo colore: rosso.
    Le piastrelle affogano in una larga pozzanghera di sangue, e tra quella palude scarlatta sorgono sconci isolotti. Cumuli degradati di intestini, un braccio rosicchiato, una testa scarnificata sulla quale, come erba morta, permane qualche ciuffo di capelli. C'è un intero arcipelago di membra e organi a sguazzare in quel lago ematico. Dal soffitto pendono cadaveri fissati a ganci arrugginiti, colanti come orrende stalattiti; a qualcuno è piaciuto tagliarli, asportando parti per conservarle golosamente, oppure solo per il gusto di offendere quelle miserabili spoglie e lasciarle alla fame dei ratti, che navigano insaziabili per quell'abominevole pozza di morte.
    D'improvviso i topi rizzano le orecchie, digrignano gli squallidi denti da roditore e, tutti insieme in un branco pestifero, fluiscono via verso le loro tane pulciose. Il signore del mattatoio sta giungendo ed è meglio fuggire al suono dei suoi passi pesanti.
    Il signore del mattatoio, Macellaio e carnefice dell'obitorio sotterraneo di quello che in un altro tempo e in un altro dove era l'ospedale psichiatrico Beacon, non ama i ratti ma li tollera perché fanno pulizia, li considera suoi servi. Tuttavia, come tutti gli schiavi, questi devono mostrare rispetto e allontanarsi riverenti all'apparire del padrone, se non vogliono estinguersi spiaccicati.
    Il Macellaio porta un fardello sulle sue larghe spalle. Si tratta del corpo di un uomo ancora vivo e privo di sensi. Senza sforzo, con inumana delicatezza, l'energumeno appende l'uomo a testa in giù, a dondolare lentamente prima di fermarsi, insieme agli altri corpi già sconciati, fetenti insaccati della dispensa di un sadico. Il Macellaio sa che l'uomo, grazie all'improvviso e potente afflusso di sangue alla testa, sta rinvenendo.

    Chiodi nel cervello

    Dopo il nulla, lento e inarrestabile come l'avanzare di una marea, giunge il malessere. Un disagio che altera ogni senso e ricopre i pensieri con una grigia melassa di dolore. Poi affiorano i ricordi, vaghe immagini sfocate e rosseggianti, istantanee di sangue che raffigurano un massacro e cadaveri dilaniati, scomposti, sparsi e riversi dappertutto.
    L'uomo non riesce ancora a ricordare altro se non quelle vaghe ombre di morte. E il suo nome: Sebastian, come il protagonista di The Evil Within 2. È difficile pensare, il dolore è troppo e ovunque, soprattutto in testa: chiodi che traforano il cranio e penetrano nel cervello, piantati da un pesante maglio. Spalanca gli occhi in un barlume di coscienza, acceso da un innato istinto alla conservazione.
    Si accorge di stare fissando il pavimento, il suo collo è piegato in maniera innaturale verso il basso. Un ratto razzola fra squallidi resti umani, afferra un pollice mozzo tra la melma e fugge via, scomparendo dal campo visivo concesso all'uomo da quella scomoda torsione.

    Sebastian alza faticosamente la testa e riconosce il suo corpo, intuisce le gambe fino ai piedi legati con una fune fissata ad un gancio.
    Sebastian non può e non deve, se vuole sopravvivere, consentire alla ragione di analizzare lucidamente gli eventi che lo hanno portato fino a lì. Non ora, almeno: dopo, se vivrà. Deve guardare e agire nel breve tempo concessogli prima di perdere di nuovo i sensi. O di essere fatto brandelli. Perché attorno a lui egli vede altri corpi nella stessa posizione pendula, ma sono tutti troppo macellati per essere ancora in vita. Quella scoperta porta alle narici dapprima insensibili dell'uomo il fetore micidiale della putrescenza, un odore così travolgente da causare un nausea che per un battito di ciglia rischia di tramortire di nuovo la coscienza. Ma Sebastian resiste, continua a guardarsi intorno, analizzando, riflettendo. Le sue mani sono libere, e le muove, fino a toccarsi il volto madido di sudore e lacrime.
    Ecco che tra uno di quei cadaveri si allunga una figura massiccia.

    L'uomo, se così si può definire tanta mostruosità, doveva essere già lì, parzialmente celato dal cadavere dondolante e senza testa, a fissare la sua preda prima di rivelarsi: è quasi un gigante e indossa una maschera di cuoio che nasconde i suoi occhi, ma non la sua bocca terribile, con le labbra sbrecciate dalle vermiglie fioriture degli herpes. Ha il petto nudo e incrostato di peluria e sostanze indefinibili, le braccia possenti anche se obese. Sebastian osserva la creatura -senza dubbio alcuno il macellaio di quel mattatoio per esseri umani- alzare la lama di un coltellaccio, facendogli ammirare il chiaro splendore dell'affilatura, così brillante malgrado la luce fioca.

    Tagli

    Il Macellaio ha fame. Con il suo coltello preferito si sfoga su un cadavere appeso vicino a Sebastian. Conficca la lama nel ventre del corpo e taglia, finché tutto il busto collassa dall'inguine in giù, in una pioggia sgraziata di budella. L'essere raccoglie il troncone, lo scuote e lo libera dagli intestini residui. Prima di inchinarsi a raccogliere il suo pasto si sbarazza del coltello che lo impaccerebbe, piantandolo nella coscia del cadavere dimezzato.
    Eccola, l'occasione di fuggire: il mostro se ne va reggendo il suo orrido trofeo e Sebastian si concentra sul coltellaccio dimenticato. Non si ferma a riflettere sulla troppo evidente idiozia della creatura, su una superficialità così esibita da sembrare quasi voluta. Sembra quasi che l'orco disumano abbia desiderato consapevolmente che egli potesse prendere la sua lama, ma l'ipotesi di una trappola è meglio che restare appesi, in balia della sua volontà. Così Sebastian, con uno sforzo immenso che gli causa crampi di dolore, inizia a flettersi finché non dondola.

    Prima in maniera impercettibile, poi sempre più veloce.
    Allungando le braccia Sebastian arriva quasi a toccare il corpo macellato, quello con il coltello. Ancora un giro e sfiora l'elsa. Un altro e l'afferra. La lama non fuoriesce dalla carne, per qualche istante l'uomo e i resti sono connessi suggerendo la forma di una macabra altalena. Poi la lama cede e Sebastian la regge con la mano destra, costringendo tutto il corpo a rannicchiarsi affinché questa riesca ad avvicinarsi ai piedi. Ce la fa, taglia con frenesia e basta l'accenno di un fendente per recidere la corda tesa.
    Sebastian cade nella fanghiglia di sangue e riverso recide il nodo che ancora gli impedisce le caviglie. È libero e armato, anche se solo di un coltello, inutile contro la mole sovraumana della creatura. La sua sola speranza di fuga è nascondersi, studiare l'ambiente in cerca di una scappatoia e fare in modo che quella cosa non si accorga di lui. Striscia silenzioso nel liquame che ricopre il pavimento, verso la luce. Deve provare a vivere. Ha una moglie. Una figlia. Forse. Quindi continua a strisciare, i panni lordi, e giunge nei pressi di una parete ammuffita, la segue fino al suo limite, laddove si apre su uno stretto corridoio. Sporgendosi, con il cuore impazzito nel petto, Sebastian vede una larga apertura dall'altro lato condurre ad un'altra stanza, da cui proviene una luce elettrica.
    Il carnefice è lì, di spalle, chino su un corpo martoriato a menare colpi di mannaia.

    La chiave

    Macellaio affetta il suo pasto con rabbia solo apparente. In verità è vigile, malevolo, consapevole. Sa che la sua ultima preda si è liberata, l'ha sentita cadere, strisciare. Sa che in quello stesso momento Sebastian lo sta guardando. Sa che ha notato la porta chiusa alla fine del corridoio. Così abbandona la scure e immerge le mani in una sordida tasca per estrarre un mazzo di chiavi. Le appende ad un gancio libero, invitanti. Poi lascia il tavolo da lavoro e penetra in uno stanzino che utilizza come magazzino per le sue lame più preziose. Attende, considerando quale tra le sue tante motoseghe avrebbe usato per uccidere.

    In cuor suo, Sebastian sa che si tratta di una trappola. Ma non c'è altro da fare: quel trabocchetto malevolo è anche l'unica speranza di salvezza. Così lascia il suo nascondiglio dietro la parete, alzandosi in piedi e accelerando fino a quella metallica promessa di libertà. Afferra le chiavi e dopo pochi affannati passi è di nuovo celato oltre lo stipite. Aspetta per lunghi, interminabili istanti. Nulla.
    Allora Sebastian corre per quanto possano permettergli le sue gambe afflitte, raggiunge la porta, armeggia con il mazzo. Ne prova una e un'altra ancora. Ecco quella giusta, la porta si spalanca.
    Un corridoio si apre davanti a lui.

    Sebastian varca la soglia, e all'improvviso la cacofonia di una sirena d'allarme rompe il silenzio micidiale, assordante, ululando la sua feroce minaccia.
    Confuso e atterrito dal fracasso improvviso Sebastian esita un solo istante: lo stesso attimo in cui un nuovo ronzio elettrico, di motore, si aggiunge al chiasso dell'allarme, risuonando improvvisamente alle spalle del fuggitivo.
    Non fa in tempo a voltarsi che un dolore micidiale gli artiglia la schiena.
    Il Macellaio osserva l'uomo riverso, con un lungo squarcio rosso aperto lungo le scapole mentre la motosega continua a urlare minacciosa. Lo vede procedere come un verme verso quella che, pochi istanti prima, gli era sembrata una via d'uscita, lasciando una pietosa scia di sangue sul pavimento. Il canto della motosega aumenta d'intensità, riempie quello spazio mortifero, rimbomba. La lama ritorna sulle carni di Sebastian, si infrange sulle ossa martoriate, le fa esplodere in un tripudio di schegge impazzite, spandendo il sangue e i detriti di carne fino al soffitto, come vermigli fuochi d'artificio.
    È finita. L'allarme cessa di suonare.A terra resta un corpo sfigurato, brandelli di carne che rimarranno a marcire. Dal quel moncone malconcio spuntano organi recisi. Lo sguardo del Macellaio, avido, si ferma sulla polpa lucida del fegato. Si nutrirà con quello.

    Checkpoint

    Sebastian non può sapere, nemmeno durante i brevi istanti della sua agonia, che a lui non è concessa la morte. Ci sono leggi astruse che regolano questa spaventosa realtà ed egli, suo malgrado, tornerà di nuovo in vita, miserabile burattino elettronico destinato all'orrore. C'è chi dice che l'inferno è ripetizione. Forse lo è, come il videogioco.

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