Speciale The Legend of Zelda - 25th Anniversary Symphony

Le emozioni di una serie, in musica

Speciale The Legend of Zelda - 25th Anniversary Symphony
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Venticinque anni è una bella età da festeggiare. Le inutili turbe adolescenziali sono ormai ampiamente superate, s’inizia ad aver chiaro cosa voler fare della propria vita, si è in grado di gestirsi da soli, approcciandosi ad una maturità che non è ancora pienamente raggiunta e che proprio per questo è ancora scevra dalle complicazioni tipiche della vita di tutti i giorni. A cavallo tra libertà, consapevolezza ed un pizzico di lieve incoscienza ed ingenuità, quindi, si riesce a porsi nei confronti della propria vita forse in una maniera tanto serena che difficilmente si riuscirà ad avere negli anni successivi. Celebrarsi non è dato, o è dato solo a quei pochi che in un numero così ridotto di anni sono riusciti a fare qualcosa di grandioso, figlio delle proprie capacità fisiche o intellettuali: però tirare una linea, sapendo cosa abbandonare e cosa portarsi dietro può essere la cosa giusta da fare, persino necessaria se si ha realmente intenzione di migliorare, evolvere.
Sapere cosa si è fatto è necessario per avere un’idea di cosa si può divenire, per ricordare da dove si viene, per sapere che per quanto si può cambiare la nostra natura è sempre la stessa: le radici hanno sorretto un intrico che per quanto ramificato ha una sola provenienza. Per i primi venticinque anni forse la vita è proprio questo: accumulare, accumulare, accumulare. Esperienze, incontri, amori, amicizie, formano tutti insieme un immenso bagaglio che prima ci sembra necessario e del quale poi avvertiamo l’eccessivo peso, persi tra mille indicazioni e nessuna direzione netta da seguire. Arriva quindi il momento in cui c’accorgiamo che “vivere è come scolpire: bisogna togliere per arrivare all’essenziale”, come dice Mauro Corona.
Tra le cose che val la pena di portarsi dietro ci sono senza ombra di dubbio le grandi passioni. L’amore si dice sia il più grande dei sentimenti, eppure non ce la sentiamo di dargli il primato; perché dipende da altri, perché spesso rende talmente ciechi da non capire se si sta commettendo il più grande degli errori, perché ad esso si sacrifica anche parte del proprio essere. Sono le passioni nutrite e fatte crescere nel tempo tramite il migliore dei nutrimenti, la libertà di scegliere, a rimanere impresse nell’animo; quelle che non urlano per uscire ed essere soddisfatte ma ti assecondando, ti seguono come un amico fidato e non sono mai invadenti, perché è nella tua natura usarle come mattoni di una casa che senza solide basi non può che crollare. La costanza, non estemporanei picchi, è quella che conta.
Quando sei piccolo ti può capitare di uscire per giocare, andare in un piccolo boschetto, trovarci persino una grotta; puoi farlo e rifarlo, fin quando non ti viene a noia; o puoi cogliere in quelle sensazioni un indizio, un segnale di qualcosa, che se riesci a carpire puoi utilizzare per costruire qualcosa di immensamente più grande. Non per diventare esploratore, magari, ma per raccontare storie nelle quali libertà e senso d’esplorazione vengono prima di tutto. Quella può essere la tua storia, così come può essere quella di qualunque altra anima che ugualmente vi aneli, che sappia con la propria immaginazione suggestionarsi oltre ciò che i sensi percepiscono. Luoghi, personaggi, sono gli ingredienti primari della nostra storia, che ha bisogno per forza di attori e di ambientazioni nelle quali farli interagire. Poi però ci si accorge che manca qualcosa, che doni sostanza e che aiuti a raccontare ciò che si vuole trasmettere. Parole, forse. Ma le parole sono uno strumento da calibrare al millimetro; possono essere troppe, o troppo poche, il lessico da utilizzare va ponderato, perché la nostra storia vogliamo sia accessibile a tutti. Ecco, l’illuminazione: la musica, quella è perfetta. Personaggi, luoghi, musica: ecco tutti gli ingredienti da porre nel calderone magico, per creare la pozione che trasforma i sogni d’infanzia in qualcosa di più; sono pochi, pochissimi, solo tre, ma bastano, e l’apporto di qualcuno vicino per sentire certamente può aiutare a farli funzionare al meglio.
Proviamole ad immaginare, alcune delle suggestioni rese possibili dalla magica pozione. Prendiamo per esempio un castello enorme, dalla pietra bianca, dall’ampio fossato e dai giardini rigogliosi, i suoi interni sono ricchi ma austeri allo stesso tempo. La maestosità dell’edificio esprime la regalità della famiglia che da esso domina sulle terre circostanti, che la musica può descrivere con toni solenni, fanfare e trombe. In questo castello può abitare una principessa, eterea e bella come poche, dolce come le note che la descrivono, solo tre ma che bastano pienamente a rendercela così com’è: l’emblema della purezza. E della Saggezza, latente. Poi c’è il cattivo, perché in ogni storia c’è un cattivo, minaccioso, che fa affidamento sulla Forza dei suoi poteri, ed anzi senza di lui nulla potrebbe esistere, perché è la giustificazione dell’azione. Ed è malefico, persino folle a tratti. Note cupe e lugubri risuonano tra le stanze della sua torre, un tenebroso organo spande dall’alto il terrore nell’aria, e si capisce che c’è in lui un potere che va ben oltre il suo aspetto. Arriverà certamente il momento di incontrarlo, ed allora saranno percussioni e piatti ad indicare che quello sì, è davvero il momento decisivo, con il loro incalzare.
Ma prima di arrivare innanzi a lui, sarà un enorme viaggio quello da intraprendere, per un eroe senza nome proprio perché eroi tutti vorremmo esserlo ed impersonarlo è così più facile. Lo immaginiamo partire da un’isola lontanissima, magari su di una barchetta sgangherata ma in realtà magica (le cose hanno sempre un aspetto nascosto nelle nostre storie), da un piccolo villaggio immerso nella foresta o persino da una piccola stazione e condurre un bizzarro trenino; in ogni caso, egli si ritroverà ad affrontare la maestosità di spazi sconfinati, in un grande elogio dell’avventura. La musica potrà quindi cambiare, ma sarà l’enormità degli spazi che andrà sottolineata, con note epiche e struggenti, che invitano ad andare sempre un passo oltre, spinti da una volontà che fiati e violini rendono al meglio, con le incursioni di cori solenni, ad indicare l’importanza del compito affidato all’eroe. Laghi, ponti sospesi su fiumi turbinosi, boschi misteriosi. Persino canyon riarsi dal sole, la cui descrizione in note è talmente coinvolgente e toccante da lasciare in lacrime, un colpo al cuore assestato con tutta la potenza di un’intera orchestra. Ma dalla potenza si può passare immediatamente alla dolcezza ed alla leggiadria di un’arpa, perfetta per descrivere la magia di un posto particolarmente misterioso, infuso di magia ed abitato da chissà quale stupenda fata. O alla tranquillità nella quale è immersa un pacifico villaggio alle pendici di un monte, sottolineata da passaggi lentie strumenti che più che suonare parlano sottovoce, con la musica che qua si fa sostanza nella ruralità della campagna.
La storia può proseguire in mille modi, approcciarsi a differenti situazioni, toccare un luogo piuttosto che un altro, ma prevederà sempre il passaggio attraverso mille perigli e nemici e l’aiuto di qualcuno, che magari diventerà molto importante per l’eroe. I primi, i pericoli: prima esseri inutili, semplici scagnozzi, da affrontare per arrivare ai loro boss, questi veramente enormi, pericolosi e maligni, che costringono a lotte dure e intense, come le note che li accompagnano, con qualche piacevole variazione rappresentata da suoni di chiara ispirazione medievale. Poi, i compagni: animali magnifici, magari un leale cavallo, da richiamare con poche dolci note; o un’oscura entità, a metà tra il bene e il male, la cui dualità è pienamente descritta da una melodia prima lugubre, poi enormemente malinconica, con i violini ad esaltarne la tristezza e quel pizzico di speranza che vi si ode, seppur per pochi attimi.
Tutto, però, alla fine si sa che dipenderà dal Coraggio del protagonista. Ed ecco quindi, che mentre lo immaginiamo solo contro tutti e tutto, risuona un tema maestoso, meraviglioso in ogni sua singola nota, nel quale esplode tutta la gamma di suoni che un’orchestra sa esprimere. E’ eroismo fatto musica, epica in note, summa perfetta di tutte le storie che possiamo immaginare, sintesi magnifica di ogni singolo aspetto fin qui descritto. C’è al suo interno una sostanza che nemmeno un fiume di parole potrebbe rendere al meglio, la musica da un aspetto diventa il tutto, travolge ogni schematismo come un fiume in piena che si gonfia di emozioni e di ricordi: dovessimo scegliere come narrare le nostre storie, basterebbe solo questa melodia.
Venticinque anni, e nella selezione di cose da portarsi dietro certe scelte paiono dolorose, altre perfettamente naturali, nemmeno da ponderare. Il bagaglio si fa più piccolo, ci son dentro meno oggetti, ma preziosissimi per la loro importanza. Si celebra il traguardo raggiunto, si mette da parte qualcosa e si mantiene quello che realmente vale di una storia che dura da un quarto di secolo, la nostra, che è anche quella di una magnifica serie, anch’essa allo stesso compleanno ed anch’essa impegnata a fare un pacchetto delle sue cose più preziose. L’ha fatto grazie ad una follettina vestita di bianco, figlia di un ometto dalla barba soffice come le nuvole; ad una splendida maga dai lunghi capelli biondi; ad una banda di nomadi intrattenitori, i cui strumenti hanno il potere di cambiare forma, con i violini che diventano spade e le percussioni macigni rotolanti. E l’ha fatto grazie soprattutto ad una compagnia di valorosi cavalieri dagli occhi a mandorla, il cui bardo dalla fama leggendaria si è seduto allo strumento ed ha suonato una struggente melodia e dopo, con le mani che gli tremavano per la timidezza, ha salutato coloro che lo avevano ascoltato, rapiti. In ognuno di loro, nessuno escluso, ha fatto capolino l’emozione e gli occhi si sono riempiti di rugiada.

The Legend of Zelda (film) Everyeye è stata a Londra per il concerto sinfonico dedicato ai venticinque anni di The Legend of Zelda. Avremmo potuto buttarvi giù la scaletta (l’abbiamo fatto in realtà, ma molto meno direttamente), descrivervi l’emozione e la stanchezza di un viaggio fatto apposta, farvi sorridere con le foto dei cosplayer presenti. Avremmo potuto, ma cosa vi sarebbe rimasto? Meglio lasciar parlare le emozioni, scrivere cosa rappresenti una serie che compie il nostro stesso compleanno e come noi traccia bilanci, si allevia di qualche fardello e porta avanti il suo meglio e le cose più care. Descrivervi il concerto non sarebbe mai stato come portarvi lì, è ovvio, e forse le nostre sarebbero state parole retoriche e vuote; speriamo allora che questa soluzione, questo racconto della nostra e della vostra vita vi abbia fatto sentire più vicini a noi ed alla serie che tanto amiamo.