Top 5: I videogiochi più brutti di sempre

In occasione dell'uscita di Night Trap: 25th Anniversary Edition, abbiamo preparato un elenco dei peggiori videogiochi mai realizzati.

Top 5: I videogiochi più brutti di sempre
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Partiamo con un assunto: non c'è limite al peggio. Non importa quanto un gioco vi faccia soffrire o si dimostri al di sotto di qualsiasi livello di decenza, sicuramente c'è stato, nella storia del nostro medium, qualcosa di ancor più deprimente, frustrante ed infimo. E se non c'è stato, ci sarà in futuro. Quindi è davvero impossibile raccogliere in un articolo i peggiori giochi che l'umanità abbia mai conosciuto: ecco che però, in occasione dell'uscita della remaster per il venticinquesimo anniversario di Night Trap (considerato da molti come una delle opere ludiche più brutte di sempre), ci è sembrato opportuno radunare cinque "mostruosità mitologiche", dei titoli fuoriusciti direttamente dai piani infernali per funestare i nostri placidi sonni. Ovviamente nella classifica non ci sarà Night Trap, che, nonostante sia caratterizzato da una performance degli attori che fa sembrare le recite delle elementari degli spettacoli degni di un Golden Globe, ha ricevuto fin troppe (immeritate) attenzioni. Quelli che troverete qui in basso non rappresentano per forza il non plus ultra della scelleratezza - ricordate il discorso di prima, no? -, ma sono la dimostrazione, chiara e lampante, che i videogiochi possono far male, malissimo, in barba a tutti quelli che per anni hanno difeso con forza la nostra passione. E se volete farmi e farvi ancora più male, potrete citare nei commenti tutti gli assenti di maggior rilievo. Vi avviso però: le responsabilità per eventuali conseguenze spiacevoli ve le prenderete tutte voi.

E.T. the Extra-Terrestrial (1982)

Probabilmente pensato e partorito durante una lunga sessione di espletamento dei bisogni corporali, E.T. the Extra-Terrestrial è una delle cose più infelici che siano capitate ad Atari e al genere umano tutto. Cavalcando l'onda del film di Steven Spielberg, Warner Communications, che controllava la società di Nolan Bushnell, strinse un accordo con la Universal per produrre un adattamento videoludico della pellicola cinematografica. Nonostante il gioco fosse stato vittima di uno sviluppo travagliato e frettoloso, Atari e Warner erano assolutamente certe del successo commerciale e produssero una quantità spropositata di cartucce.

Tuttavia, quando il titolo arrivò sul mercato, le carte vennero scoperte: E.T. era un cumulo di immondizia digitale, un prodotto così raffazzonato che già all'epoca venne eletto quasi all'unanimità come il peggior videogioco mai prodotto. Di certo le tremende avventure dell'alieno dal lungo collo furono uno dei fattori che contribuirono all'enorme crisi del 1983, e per questo, anche se sotto una luce pienamente negativa, sono di una certa rilevanza storica. Se volete recuperare una copia di E.T., a patto che capiate quale sia lo scopo del gioco (io, nonostante sia uscito da trentacinque anni, non l'ho ancora inteso), ne trovate alcune nella discarica di Alamogordo, in New Mexico, dove pare siano state seppellite insieme ad altri prodotti invenduti.

Tattoo Assassins (1994)

Stavolta ho barato, ve lo confesso. Tattoo Assassins, che è sicuramente un titolo degno di occupare questa simbolica top 5, non è mai stato rilasciato ufficialmente. Solo pochi sciagurati hanno avuto l'onere di testare una versione di prova distribuita su una manciata di arcade, nel 1994: inutile dire che nessuno ne è uscito bene. Il gioco di Data East era un picchiaduro che intendeva rispondere a Mortal Kombat, il cui sviluppo era guidato dallo sceneggiatore di Ritorno al Futuro, Bob Gale, che, tra l'altro, aveva inserito la possibilità di investire un avversario con una DeLorean.

I picchiatori, proprio come nei primi tre Mortal Kombat, erano degli attori reali digitalizzati, in questo caso in maniera alquanto maldestra. Ma non erano le animazioni da glaucoma o la totale assenza di un gameplay tecnico i punti più gretti di questa barbarica (ma geniale, in qualche modo) produzione: quello che ha condotto Tattoo Assassin nell'olimpo dedicato alle icone del trash è senza dubbio l'estrema quantità e la follia delle Fatality. Ce n'erano ben 2196 e tutte sembravano esser state concepite in preda al delirio alcolico di una notte brava. Dalle Nudalities, che esponevano le grazie dello sconfitto, fino alle trasformazioni in animali ed oggetti improbabili, passando, chiaramente, per gli immancabili peti infuocati.

Superman 64 (1999)

Che bella console il Nintendo 64, l'hardware che ha ospitato Ocarina of Time, Perfect Dark e... Superman 64. A dire il vero di giochi brutti sui supereroi ce ne sono a bizzeffe, a partire da Aquaman: Battle of Atlantis per Xbox e Gamecube, oppure i giochi di Batman prima dell'avvento salvifico di Rocksteady.

Nonostante ciò, l'avventura di Titus Software con protagonista l'Uomo d'Acciaio è situata in un baratro profondissimo dove vivono quelle produzioni che non avrebbero mai dovuto vedere la luce del sole. Purtroppo, invece, qualcuno nel lontano 1999 pensò che fosse una buona idea trasportare le vicende di Superman, notoriamente difficili da riprodurre in un videogioco (senza scadere nell'orripilante come in questo caso, perlomeno), e creare un titolo che meriterebbe una damnatio memoriae. Che poi, ci fosse un singolo elemento su cui si sarebbe potuto lavorare per rendere la produzione quantomeno decente: già l'idea alla base, cioè quella di creare un percorso di cerchi sospesi a mezz'aria in cui bisogna passare per raggiungere una destinazione, è qualcosa che un qualsiasi designer dotato di un briciolo di buonsenso avrebbe scartato a prescindere. Il risultato è stato così scadente che secondo alcune voci Superman 64 sarebbe stato utilizzato come strumento di tortura negli interrogatori più difficili. Le vittime sono tutte impazzite senza spifferare alcunché.

Big Rigs: Over the Road Racing (2003)

Stellar Stone è una di quelle società senza scrupoli in cui alberga il seme della crudeltà. Per molti dietro al suo nome si è nascosta una ben nota Agenzia, che stava esplorando nuovi metodi per condurre gli omicidi senza usufruire dei servigi di omaccioni pelati e con un codice a barre sulla nuca. Quale sia la vera storia in tutto ciò non importa, perché senza Stellar Stone non avremmo sua maestà Big Rigs: Over the Road Racing, un gioco semplicemente troppo brutto per essere vero. Il titolo ci metteva alla guida di un camion e ci chiedeva di gareggiare contro altri avversari che, per ironia della sorte, rimanevano completamente fermi. Ma questa è solo la punta dell'iceberg: la fisica, infatti, era non pervenuta, e ci era concesso scalare montagne, trapassare edifici e viaggiare nella vuotezza dei "territori" oltre la mappa di gioco.

Il tutto aveva un qualcosa di onirico, di mistico, tanto che tutta l'opera poteva esser vista in chiave allegorica: la risalita delle montagne stava a rappresentare un invito a superare gli ostacoli della vita, le distese infinite che era possibile raggiungere identificavano la vastità dell'esistenza dopo la morte, mentre l'inconsistenza degli oggetti nella mappa erano un'immagine usata per simboleggiare la caducità dei beni materiali, in contrapposizione con l'importanza delle doti dello spirito. Ed ecco che un gioco apparentemente da buttare, se visto sotto una luce diversa (il titolo Over the Road suggerisce di andare oltre le prime impressioni, di lasciare la strada per comprendere tutte le sfaccettature della produzione) acquista immediatamente un grandissimo valore simbolico.
Comunque scherzavo eh: Big Rigs fa schifo.

Godzilla (2015)

Tutti i giochi citati fino ad ora risalgono a diversi lustri fa, e parlarne fa un po' l'effetto di una storia dell'orrore raccontata intorno ad un fuoco crepitante. È arrivato il momento di spostarci in tempi più vicini a noi, perché (s)fortunatamente la passione nel dispensare dolore attraverso pixel e codice binario è di moda pure nel secondo decennio degli anni duemila. Nella nostra alquanto semplice ricerca non può sfuggire Godzilla, del 2015 (2014 per i fortunatissimi utenti nipponici), un titolo meschino, ma che può essere visto come un piccolo capolavoro del trash per gli amanti dei grossi Kaiju.

A loro è dedicato un profondo prontuario che narra la storia di ogni bestione: la genesi del mitico SpaceGodzilla, ogni sfaccettatura delle vicende di Mecha-King Ghidorah e ogni altro dettaglio folkloristico di sorta. Dopo una full immersion nella storia di questi strambi mostri, tocca però giocare: i grossi dinosauroni si muovono a fatica, come se fosse stato inserito un quintale di segatura nelle corse degli analogici. La banalità degli obiettivi, che non divergono molto dal "distruggi, assorbi l'energia dal generatore, distruggi, reitera per duecentoquarantaquattro volte", rende l'esperienza divertente come abbracciare una famiglia di cactus del deserto. Una prova per uomini duri che potrebbe valere il prezzo del biglietto solo per un singolo grande motivo: lo scontro con il leggendario Destoroyah, secondo molti il Kaiju più potente che abbia mai camminato sulla terraferma.