Videogiocare nel 2020: i 10 trend più importanti dei prossimi 5 anni

Come saranno i videogiochi nel 2020? Come si evolveranno le tecnologie? Quali cambiamenti ci saranno nel modo di giocare? Abbiamo provato ad individuare i 10 trend che cambieranno i videogiochi nei prossimi 5 anni.

Videogiocare nel 2020: i 10 trend più importanti dei prossimi 5 anni
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Chiudete gli occhi e immaginate voi stessi tra 5 anni. Pensate a dove sarete (in Italia, all'estero?), seduti ad una scrivania oppure ancora inchiodati ad un banco scolastico/universitario, quale persona avrete al vostro fianco (una moglie, una compagna, un compagno, uno due tre... figli)?
5 anni, ovvero 1826 giorni, sono un tempo relativamente infimo nella storia dell'Universo, ma nella vita di un uomo possono essere più che decisivi. E anche nella storia di un settore economico, che può nascere, maturare o estinguersi progressivamente.
Ad immaginare i videogiochi da qui a 5 anni ci hanno pensato alcuni game designer inglesi, ritrovatisi in quel di Brighton, località di villeggiatura a Sud di Londra dove hanno sede alcuni dei più importanti studi di sviluppo videoludici del Regno Unito (chiamali scemi!). Non si è trattato di un mero esercizio di stile. Nella nazione in cui il Ministro della Cultura definisce i videogame come un asset imprescindibile per lo sviluppo industriale e sopratutto culturale, i giochini interattivi vengono presi molto sul serio e danno lavoro ad un bel po' di persone.
Interrogarsi su quali saghe andranno per la maggiore nel 2020, chiedersi se la Realtà Virtuale sarà un flop o meno, se si compreranno ancora giochi da Gamestop oppure solamente attraverso gli store online, sono domande che impattano sui progetti di vita di chi sviluppa e si occupa del marketing attorno ai videogame.
Prendendo spunto da un valido articolo del Guardian, vi proponiamo i concetti emersi dagli interventi più significativi, ordinando in ordine d'importanza i 10 trend più significativi nei videogiochi dei prossimi 5 anni.

10) Socializziamo

Abbiamo incominciato ad avere amici virtuali (più simpatici di quelli reali: e quando ci annoiano possiamo tranquillamente bloccarli!) con Phantasy Star Online, World of Warcraft e Guild Wars. Poi sono arrivati Halo e Counterstrike, mentre più recentemente siamo stati invasi da Farmville e Minecraft. Nel 2020 a cosa giocheremo online? Prevarrà la cooperativa o gli scontri competitivi? Ci ritroveremo ancora a fare le 2 sui server di Destiny oppure taggheremo sempre più di frequente gli smartphone dei nostri amici elemosinando vite a Candy Crush? Ci sarà ancora la distinzione tra offline ed online, oppure ci ritroveremo immersi sempre più in videogiochi ibridi come The Crew dove si possono aprire e chiudere i server multiplayer?
Pensiamo infine a Minecraft: il survival game ci ha illuminato con ricostruzioni fedeli di mondi fantasy e metropoli asiatiche, ma su Youtube si trovano tanti video in cui due amici scavano peni giganti su monti Rushmore virtuali. Riusciremo mai a non sembrare degli idioti worldwide?

9) Genitori giocatori

Alison York è la direttrice delle ricerche di mercato per l'emittente Nickelodeon, notoriamente produttrice di cartoni animati per bambini. Ebbene contrariamente al luogo comune secondo il quale i genitori trattano la televisione ed i videogiochi come una baby sitter a buon mercato, il 75% dei genitori inglesi ammette di giocare ai videogiochi insieme ai propri figli, con i titoli Lego e con la Wii U (dove la co-op da divano domina).
Il coinvolgimento è reciproco: proprio come noi che da piccoli ci arrampicavamo sulle librerie di mamma o spulciavamo la discografia di papà, oggi i bambini inferiori ai 10 anni conoscono i videogiochi attraverso i DVD paterni (chissà se qualcuno si spinge indietro fino alle cartucce?) e sembrano fidarsi molto dei consigli degli adulti quando frignano per avere un nuovo videogioco. Qualcuno lo chiama "Effetto Pixar".
E' tramontata ormai l'epoca delle TV minuscole nelle camere dei bambini e con esse forse anche il loro isolazionismo: le famiglie ritornano a riunirsi in salotto di fronte ad LCD sempre più grandi e dalle immagini meglio definite. Ma non è tutt'oro quello che luccica: la famiglia finge di guardare la TV tutta insieme, ma nel frattempo fissa il proprio schermo personale, uno smartphone, un tablet, una console portatile o uno degli 8,4 "schermi" che possiede in media una famiglia britannica.
Il gioco è sempre più trasversale, i genitori portano in dote la meraviglia adolescenziale per i videogiochi, mentre i piccoli di oggi scavallano con disinvoltura tra i giocattoli nel pugno della loro mano e quelli animati sullo schermo. Lo hanno già capito Activision, Disney e Nintendo (con la marcia in più della nostalgia), lo stanno capendo Warner Bros e Lego...

8) Tutti i giocatori sono importanti... anche i più stronzi

Il cliente al centro, il cliente come valore indissolubile, il cliente da accontentare e riconoscere nella sua unicità. Anche gli sviluppatori di videogiochi si sono accorti che il cliente ha sempre ragione e talvolta non vuole essere stupito o sorpreso, ma vuole giocare esattamente alle stesse cose che giocava venti anni fa, e magari pensa che compiere azioni ripetitive non sia necessariamente un male. Le critiche fanno male: una mail particolarmente rabbiosa ed ingiustificata secondo alcuni va cestinata e colui che l'ha scritta non deve necessariamente essere trattato con i guanti perchè "ci ha dato dei soldi", sentenzia Rami Ismail di Vlambeer.
L'opposta visione privilegia le note positive: i complimenti sono "carburante" per le software house, ama pensare Randy Pitchford di Gearbox Software (Borderlands).
E' un dibattito che non riguarda solo i videogiochi, ma tutti mercati che si sono ritrovati a stretto contatto con gli utenti finali grazie ad Internet. Nel momento in cui il giocatore partecipa al processo di sviluppo con le proprie idee o i propri soldi, egli pretende di avere voce in capitolo sulle decisioni di design, sulle piattaforme di destinazione, sul modello di business. Fino a che punto le software house dovranno prestare ascolto ad ogni mano che si solleva presso il proprio pubblico? A nostro avviso continueremo a porci la stessa domanda anche nel 2020...

7) eSport o Sky Sport?

Nella nostra Italia Mediaset e Sky si sono fatti la guerra per i diritti tv della Champions League, mettendo sul piatto milioni per spartirsi la possibilità di mandare in onda (quasi) tutti i campionati di calcio del globo. Ma là fuori ci sono moltissimi altri sport che meriterebbero un passaggio sui nostri teleschermi (possibilmente in HD, cara RAI); e tra questi anche gli e-sport, competizioni internazionali e multimilionarie in termini di montepremi che anche su queste pagine abbiamo la possibilità di raccontare.
Twitch (con Amazon) da un lato e la Major League Gaming (con -da pochissimo- Activision) dall'altro stanno lavorando per stringere accordi e costruire network di broadcasting capaci di rivaleggiare col Superbowl per spettatori (e cachet degli spot pubblicitari). Perchè nel 2020 forse la finale mondiale di League of Legends attirerà tanta folla quanta il clasico Real Madrid-Barcelona...

6) Videogiochi fai-da-te... a grandezza naturale

Prepariamoci. Oggigiorno una stampante 3D costa sui 3000 euro e per sfruttarla a dovere occorre una buona dimestichezza con AutoCAD, ma tra 5 anni stampare in 3D sarà probabilmente economico, semplice e veloce come spruzzare un po' d'inchiostro su un foglio bianco. Amazon ha qualche idea nel cassetto, ma forse dovreste tenere d'occhio la startup Sandboxr, che già oggi consente agli sviluppatori di videogiochi di realizzare figure tridimensionali a partire dai modelli poligonali caricati sul loro sito. Per adesso si tratta solamente di merchandise, ma con il prezzo in calo dei chip NFC e la galoppante corsa dell'Internet of Things sembra facilissimo ipotizzare sin da ora videogiochi che integrano oggetti/personaggi stampati in 3D a ciò che accade sullo schermo. Il BB-8 della Sphero non è già un videogioco che dallo schermo del telefonino ha deciso di transitare per i corridoi di casa?
La buona notizia è che ora che gli strumenti per creare e connettere oggetti sono alla portata di tutti (o quasi), prendono vita le idee rimaste confinate nel cervelletto fino a pochi anni fa, quando erano fattibili solo con una produzione in scala industriale. I ragazzi di Monkey Potion da Taiwan propongono Project Legion, un gioco da tavolo alla Warhammer dove ogni pedina ha un chip NFC integrato che invia alla companion app in dotazione di ciascun giocatore mosse precedenti, statistiche e quant'altro. Hi-Rez studio vi fa già acquistare figurine 3D del loro videogioco Smite, ma vorrebbe che chiunque potesse andare su uno store online ed acquistare un Amiibo o uno Skylanders personalizzato nel colore, nell'abbigliamento e poi mostrarlo direttamente in-game. Per concludere il designer Alistar Aitcheson ha creato Codex Bash, un gioco per 4 persone chiamate a risolvere un rompicapo e poi correre per la stanza premendo nella giusta sequenza una serie di bottoni. Un gioco travestito da installazione artistica, che funziona grazie ad Arduino, il processore tutto italiano da 30 euro: il programma elabora sul computer il rompicapo e poi invia la soluzione ai chip NFC contenuti nei bottoni, collegati ad esso attraverso il modulo Wi-Fi. Una soluzione semplice, intuitiva ed efficace!

5) Gli indie si fanno grandi

E' finita l'era in cui gli sviluppatori indie sceglievano la pixel art o motori grafici altamente scalabili, perché altrimenti non sarebbero rientrati dei costi. Oggi l'Unreal Engine 4, il Cry Engine 3 e Unity sono a disposizione di tutti, così che già gli studenti possono sviluppare in proprio il loro Gears of War senza attendere di essere assunti in qualche grande software house.
Bastano poche persone per dare forma ad un idea coraggiosa e pochi passaggi per bussare alla porta di Microsoft, Sony e Nintendo, i quali si fanno la concorrenza anche sulle esclusive indie: è sufficiente un investimento contenuto per avere dalla propria parte un videogioco in più, coraggioso nel design ed in grado i solleticare qualche palato raffinato.
Nel 2016 Sony ed Hello Games, software house britannica divenuta celebre per Joe Danger, pubblicheranno No Man's Sky facendo galoppare tutti gli appassionati di fantascienza: un piccolo studio che si fa Prometeo della generazione procedurale di mondi e pianeti. Tra 5 anni il prossimo Uncharted uscirà dalla mente di una decina di neolaureati?

4) Guarda mamma sono in diretta!

Twitch è la MTV degli anni '10. Proprio mentre le trasmissioni dell'ex colosso music television si azzerano, il servizio di video-streming only-videogame fa registrare 120 milioni di spettatori ogni mese: praticamente come se 2 Italie si connettessero almeno una volta ogni 30 giorni per seguire una partita ad Heartstone o una live di Destiny in notturna powered by Everyeye.
E' un fenomeno ancora faticoso da comprendere: abbiamo sempre contrapposto i videogiochi e la loro interattività a medium passivi come il cinema, la musica, la televisione, e invece ci ritroviamo di questi tempi a trascorrere più ore guardando altri giocare piuttosto che impugnando noi stessi il gamepad.
Per gli adolescenti di oggi Twitch rimpiazza davvero il vuoto lasciato da MTV: dopo aver visto l'ennesimo stunt impossibile in GTA Online, si corre con gli amici dopo la scuola ad emularlo sul proprio PC. L'idiozia ancora una volta come forza trainante del mercato: se su Twitch e su Youtube non fioccassero gameplay di Goat Simulator, Gang Beast e Speed Runner, le vendite di questi giochi sarebbero molto più magre. 5 anni fa avreste mai speso dei soldi per vedere una capra gettarsi a kamikaze contro un distributore di benzina? Forse anche oggi la cosa ci appare non sense, ma se lo fa il nostro vicino di banco oppure Favij, che ha più o meno la stessa autorevolezza, chi siamo noi per sottrarci?

3) Sviluppo trasparente

In un mondo dove i downgrade sono all'ordine del giorno ed i publisher le escogitano tutte per nascondere bug e magagne di sviluppo dovute alla frenesia della lavorazione, ben venga un approccio etico al game developing, una assoluta trasparenza verso l'utente finale.
Ecco con Kickstarter e gli Early Access si sta andando incontro non solo ad uno sviluppo partecipato, dove gli utenti possono dare consigli e valutazioni agli sviluppatori sin dalle fasi di pre-produzione. Nel caso del crowdfunding è uno strumento assolutamente necessario, se non altro per avere un rendiconto costante di cosa viene fatto con i soldi donati, ma anche consentire agli utenti di offrire la propria visione di giocatori ed avanzare critiche costruttive sin dalla fase Alpha.
Bisogna prenderlo con lo spirito giusto visto che molti Kickstarter partono con le promesse più ambiziose, ma poi si arenano in ritardi e ridimensionamenti, mentre nel caso degli Early Access spesso si paga per giocare a qualcosa che è legnoso, va a scatti ed è pieno di bug.
Gioie e dolori per i giocatori, ma anche per gli stessi sviluppatori questa apertura è fonte di innumerevoli grattacapi: un esempio virtuoso è la software house Vlambeer, dove l'intero sviluppo è in streaming online e ci sono circa 12mila persona che ogni mese pagano per gettare uno sguardo nella stanza dei bottoni, chiedendo anche e sopratutto di essere ascoltati e presi in considerazione. Rispondere alle loro mail richiede una quantità di tempo notevole, ma una volta che il titolo sarà rilasciato i subscriber non saranno i migliori testimonial del videogioco, non lo sentiranno un po' come se fosse anche una loro creazione?

2) Kickstarter cambia pelle

Sinceramente, a inizio 2015 davamo per bollito il tema Kickstarter: tra ritardatari cronici, furbetti e vanagloriosi, inguaribili nostalgici e pochissimi giochi nuovi di pacca sembrava che nel giro di qualche mese il crowdfunding avrebbe cambiato pelle oppure si sarebbe estinto. Un nome su tutti? Godus ed il polverone sollevato dal mancato coinvolgimento di colui che aveva "terminato" Curiosity. Un caso che aveva sollecitato la Federal Trade Commission statunitense, la quale ha questionato sia sull'effettivo completamento dei lavori ma anche sulle modalità con cui sono stati spesi i soldi.
I due trionfali Kickstarter di Bloodstained, il successore spirituale di Castlevania, e Shenmue III hanno introdotto una nuova casistica all'intricato affresco: essi hanno battuto ogni record di raccolta fondi, sebbene fosse chiaro sin dal principio come il Kickstarter sarebbe servito solo per dimostrare un effettivo interesse da parte del pubblico, mentre un misterioso finanziatore (si dice Deep Silver per il primo, mentre per il secondo è Sony e forse Sega) aveva già dato l'ok per accollarsi i costi di sviluppo e distribuire il futuro videogioco.
Insomma è evidente che ora come ora il rapporto tra gli utenti e Kickstarter ha superato l'idillio della Luna di Miele e forse sta per entrare nella crisi del settimo anno: eppure a fronte di polemiche e casi non necessariamente positivi, le urla e le lacrime all'annuncio di Shenmue III lasciano intendere che continueremo a parlare e finanziare Kickstarter, anche tra 5 anni...

1) Realtà virtuale=Realtà commerciale

Nel 2016 la realtà virtuale diventerà decisamente reale, perché debutteranno ufficialmente Oculus Rift, HTC Vive e Playstation VR. Attorno si muovono altri grossi nomi, impegnati nell'hardware e nel software: Microsoft continua a mostrare nelle varie conferenze gli Hololens, presentandoli sia come device per il gaming che per l'uso professionale, Google ha appena trasformato il proprio visore in cartoncino in una divisione aziendale tout court (il successore di Cardboard soppianterà per ora i Google Glass?) ed Ubisoft ha presentato alcuni concept videoludici per la Realtà Virtuale.
Se c'è un posto dove una software house desidera essere nei prossimi 5 anni quella è sicuramente la realtà virtuale: l'ambizione è avere una fetta dei 5 miliardi di dollari che frutterà il mercato nel solo primo anno e conquistarsi la fedeltà dei 55 milioni di consumatori che faranno proprio uno dei molti visori sul mercato. La tecnologia è ancora acerba e per rispettare tutti i requisiti tecnologici servono computer alquanto potenti e dispositivi mobile ancora non presenti sul mercato.
Sarà solo l'inizio visto che ragionevolmente non tutti gli entusiasti hanno 700 euro da spendere in Oculus Rift, ma qualcosa ci dice che nel 2020 ci sarà un visore in ogni casa (120 miliardi è il valore stimato per quell'anno), per sentirsi al centro di paesaggi da sogno, sentirsi circondati da immagini e suoni di un film e pilotare in prima persona un caccia interstellare senza avere conati di vomito!