Recensione Appaloosa

Ad Appaloosa la legge di cui vivi è la legge di cui muori

Recensione Appaloosa
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Ritorno alle origini

Due uomini, una missione comune: riportare la legge ad Appaloosa. E' con questo semplice incipit, tratto per altro da un racconto di Robert B. Parker, che Ed Harris, qui in veste di regista e co-protagonista, ci ricongiunge con le atmosfere del western classico, da troppo tempo sommerse dal business hollywodiano. Negli ultimi anni, se si esclude l'ottimo Terra di confine di Kevin Costner, datato 2003, e il bellissimo film televisivo Broken Trail di Walter Hill, giunto da noi direttamente in dvd, il genere ha subito un declino non indifferente, e nemmeno le recenti uscite di Quel treno per Yuma (discreto remake dell'originale) e L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, interessante ma atipico, sono riuscite a risollevarlo. Ecco ora che ci prova Harris, alla sua seconda regia dopo il convincente esordio di Pollock. Per la sua ultima opera, presentata al Festival del Cinema di Roma, ha deciso di affidarsi a un cast di prim'ordine, che vede al suo fianco Viggo Mortensen, Renèe Zellweger e Jeremy Irons.

You'll never leave my heart

Virgil Cole (Ed Harris) e Everett Hitch (Viggo Mortensen), amici di vecchia data, sono due cowboy che si portano dietro la fama di giustizieri. Viaggiano infatti di paese in paese e cercano di riportare l'ordine facendosi assumere come tutori della legge. Sulla loro strada si trova ora la cittadina di Appaloosa, orfana dello sceriffo, ucciso recentemente dallo spietato Randall Bragg (Jeremy Irons), un potente ranchero con alle sue dipendenze una nutrita banda di fuorilegge, che spadroneggia ovunque, stuprando, derubando e uccidendo chiunque gli capiti a tiro. Nel frattempo, in città giunge la pianista Allison French (Renèe Zellweger), per la quale il mite Virgil, da sempre insensibile alle emozioni del cuore, si lascia attrarre. La presenza della donna finirà però per creare contrasti con Everett, ma non romperà la loro solida amicizia, unico appiglio per loro e per tutta la popolazione di Appaloosa affinchè la giustizia torni a regnare.

Ain't Nothin' like a Friend

Pare d'esser tornati indietro di quasi cinquant'anni. Ed Harris rende più di un semplice omaggio al western classico, lo rende moderno senza snaturarlo e lo fa con una maestria e una sobrietà degne dei maestri del genere. Le atmosfere dei grandi classici, da Un dollaro d'onore a El Dorado, riportano alla mente il marchio di Howard Hawks, sia per la struttura della storia che per la caratterizzazione dei personaggi. Un'amicizia virile, che riesce a travalicare ogni ostacolo e diventa il fattore dominante dell'intera vicenda. Due uomini pronti a lottare per una causa, perchè come dice il personaggio di Virgil "sparare è l'unica cosa in cui siamo bravi, cos'altro potremmo fare?" , e che si mettono al servizio della giustizia, quella più primitiva e violenta, ma anche necessaria per sopravvivere in una realtà così brutale. Tutti i canovacci della frontiera sono presenti: dalla cittadina di Appaloosa, talmente rappresentativa da apparire come un malinconico rimando al passato, fino alla presenza degli indiani e al breve soggiorno messicano. Un miscuglio mai affrettato, ma, anzi, giocato coi giusti tempi: difficile, ad esempio, rimanere indifferenti alla splendida sequenza sul treno, prevedibile, ma di grande impatto visivo. E' gustoso osservare il diverso approccio dei due protagonisti: se Virgil non mostra nessuna emozione, se non qualche dolce sorriso verso l'amata Allison, Everett si rivela un personaggio invece più umano e meno scontroso. Entrambi però, al momento dell'azione, si rivelano due pistoleri infallibili, senza esitazioni o cedimenti. Grande merito alle interpretazioni di Harris e Mortensen, che propongono una delle migliori coppie degli ultimi anni, e la loro "fratellanza" ricorda non poco quelle narrate dal John Woo dei tempi d'oro. Peraltro il regista/attore si è anche cimentato in una canzone della magnifica colonna sonora, firmata da Jeff Beal, e se lo stile vocale ricorda non poco quello di Leonard Cohen, mostrando inaspettate doti anche in sede canora, la musica riporta alla mente il Johnny Cash più country e malinconico.Sublime anche Jeremy Irons nei panni del perfido e astuto antagonista, così come la disinibita figura tratteggiata con piccoli tocchi da una brava Zellweger. Merita una citazione anche Lance Henriksen (Alien, la serie tv Millennium), interprete di un fuorilegge d'onore. La lentezza volutamente impressa è in grado di immergere ancor più in quell'ambiente polveroso, dove i deserti si alternano a folte colline boscose, dove la vita vale meno di un dollaro, e dove l'onore è l'unico valore a cui un uomo possa aggrapparsi per continuare a vivere. La fotografia, splendida, è firmata da Dean Samler (esperto del genere, Balla coi lupi, Young Guns, Alamo) e offre scorci di una natura sublime quanto crudele, dove un semplice puntino nero in lontanza può rivelarsi un potenziale pericolo. Appaloosa è un'avventura, un epico ritorno al western più diretto, senza introspezioni psicologiche o motivazioni sociali, ma carico di un'umanità legata al coraggio, o forse al mero orgoglio, di uomini che non vogliono smettere di lottare per ciò in cui credono.

Appaloosa Un grande ritorno. Quello del western classico, tra sconfinate praterie e aridi deserti, tra uomini d'onore e spietati fuorilegge. Ed Harris compie una rivisitazione fedele al passato, e senza concedere troppo spazio allo spettacolo moderno (a differenza di Mangold con il remake di Quel treno per Yuma) firma un'opera sobria e intensa. Una storia in apparenza semplice, intrisa però di sfumature che caratterizzano soprattutto il forte legame d'amicizia tra i due protagonisti. Appaloosa è più che un omaggio al genere, e se è difficile vederne una nuova Alba, poche volte si è osservato un così bel Tramonto.

8

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