Recensione A Girl Walks Home Alone At Night

Vampirismo in bianco e nero, sotto la produzione esecutiva di Elijah Wood, per l'insolito horror iraniano firmato da Ana Lily Amirpour.

Recensione A Girl Walks Home Alone At Night
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In principio fu lo short A girl walks home alone at night, diretto nel 2011 dalla stessa Ana Lily Amirpour che, tre anni dopo, lo ha trasformato nel suo primo lungometraggio cinematografico, co-produzione tra Iran e Stati Uniti a sua volta divenuta una serie a fumetti.
La Ana Lily Amirpour che, pittrice, scultrice ed ex bassista e frontwoman di una band artrock, immerge in un avvolgente bianco e nero alla Jim Jarmusch la quasi ora e quaranta di visione ambientata nella desolata Bad City, città fantasma sulle cui strade imperversano tossicodipendenti, prostitute, magnaccia e il solitario vampiro Arash alias Arash Marandi, lavorante come giardiniere per una ricca tizia e figlio di un padre eroinomane.
D'altra parte, della filmografia del citato autore di Daunbailò e Ghost dog - Il codice del samurai, non fatica a tornare alla memoria il quasi contemporaneo Solo gli amanti sopravvivono, man mano che la vicenda raccontata arriva a trasformarsi in un dramma horror a tinte romantiche; complice l'entrata in scena di una introversa ragazza abituata a spostarsi in skateboard e che, con le fattezze della Sheila Vand vista nel Beverly Hills Cop televisivo, si rivela una vampira ed inizia una storia d'amore proprio insieme al giovane.

Solo i vampiri sopravvivono

Una storia d'amore, dunque, che, pur trascinando nel sentimento una vicenda di Signori della notte ghiotti di emoglobina, non sceglie, per fortuna, la strada dell'adolescenziale e soporifera tendenza proto-Harmony tracciata a terzo millennio avviato dalla misteriosamente gettonatissima saga Twilight.
Infatti, tra ambientazione da western urbano arricchita di omaggi a David Lynch ed Ennio Morricone e tempi di narrazione dilatati che non poco richiamano alla memoria quelli che caratterizzano le regie di Sergio Leone, la Amirpour non si tira affatto indietro quando si tratta di mettere in scena violenza e semina di vittime, in mezzo a dita staccate e spargimenti di liquido rosso.
Liquido rosso, in realtà, non tale, se consideriamo l'assenza del colore, elemento che contribuisce a rendere in un certo senso accostabile l'operazione anche a The addiction - Vampiri a New York di Abel Ferrara; titolo con il quale, tra l'altro, sembra condividere sia il senso di solitudine e di emarginazione sociale che l'aura di depravazione e disperazione che tempesta il tutto.
Anche se, in questo caso, è sul pedale del surrealismo onirico che si preme maggiormente, con la protagonista il cui look assume quasi il sapore di una moderna e più casta rivisitazione di quello sfoggiato da Lina Romay, nel lontano 1973, in quell'Erotikiller di Jesus Franco anche conosciuto come Un caldo corpo di femmina e Female vampire.
Surrealismo onirico ulteriormente accentuato dalla suggestiva presenza di un gatto e da situazioni che, unicamente accompagnate dalla musica, richiamano vagamente alla memoria la celluloide dei tempi del muto.
Mentre il lento incedere coinvolge in maniera efficace all'interno di un elaborato dagli affascinanti connotati tutt'altro che distanti da quelli che caratterizzarono oscuri e spesso poco celebrati prodotti di genere appartenenti al brutto, sporco e buono underground statunitense degli anni Ottanta.

A Girl Walks Home Alone At Night È Elijah Wood (proprio lui, il Frodo della trilogia jacksoniana Il Signore degli anelli) il produttore esecutivo del primo lungometraggio diretto da Ana Lily Amirpour, mix in bianco e nero di horror vampiresco, romanticismo e western urbano. Con lenti ma coinvolgenti ritmi di narrazione, un’operazione che individua il suo maggiore pregio nel look tutt’altro che distante da quello affascinante di determinati prodotti indipendenti sfornati dal sottobosco indipendente a basso costo degli Stati Uniti anni Ottanta.

6.5

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