Anarchia La Notte del Giudizio: Recensione del film

Torna al cinema la violenta notte dello Sfogo in Anarchia La Notte del Giudizio, ora nelle sale italiane.

Anarchia La Notte del Giudizio: Recensione del film
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Il titolo italiano può tranquillamente richiamare alla memoria certi film di denuncia sociale nostrani degli anni Settanta quali Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) e La classe operaia va in paradiso (1971), entrambi diretti da Elio Petri.
In realtà, invece, ci troviamo dinanzi a The purge: Anarchy (come s'intitola in patria il lungometraggio), sequel del thriller a tinte horror La notte del giudizio (2013) di James DeMonaco che, prodotto dalla Platinum Dunes di Michael Bay, in una America devastata dalla crescente criminalità e dal sovraffollamento delle carceri vide Ethan Hawke nei panni di James Sandin, assediato insieme a moglie e figli all'interno del suo comprensorio blindato durante lo Sfogo: periodo annuale di dodici ore sancito dal governo, nello svolgimento del quale diventa legale qualsiasi attività delinquenziale, compreso l'omicidio.
Una notte in cui non è possibile chiamare la polizia e gli ospedali sono chiusi, in quanto la cittadinanza si autoregola senza il pericolo di essere punita per le sue azioni, che torna, appunto, ad essere protagonista anche di questo secondo capitolo, firmato dallo stesso DeMonaco e che, facendo a meno della presenza di Hawke, si priva tranquillamente di una star hollywoodiana di richiamo per tirare in ballo volti non troppo conosciuti al grande pubblico.

Il Grillo sparante

Infatti, se ad interpretare la coppia di giovani Shane e Liz, rimasti con l'automobile in panne, provvedono lo Zach Gilford de La stirpe del male (2014) e la Kiele Sanchez di 30 giorni di buio 2 (2010), sono la Carmen Ejogo recentemente vista in Alex Cross - La memoria del killer (2012) e Zoë"Prisoners"Soul a concedere anime e corpi alla cameriera Eva Sanchez ed a sua figlia Cali.
Un ristretto manipolo di personaggi tutt'altro che dediti alla diffusione della violenza e che, impegnati a lottare per la propria salvezza man mano che le strade si riempiono di pericolosi individui mascherati ed armati propensi a seminare terrore e morte, sembrano trovare supporto nel misterioso Leo alias Frank"Disconnect"Grillo, per il quale lo Sfogo non rappresenta l'occasione di sterminare poveri innocenti, ma il pretesto per poter chiudere una faccenda legata al suo oscuro passato.

Stelle e strisce... di sangue

Personaggi piuttosto interessanti, quindi, che, pur non essendolo, suggeriscono quasi l'idea di un vero e proprio nucleo familiare, oltre che la rappresentazione, in piccolo, di quello che è l'agglomerato sociale; in quanto, osservando attentamente, Eva e Cali sono l'allegorico riflesso della classe operaia, Shane e Liz il duo un po' più imborghesito del gruppetto e Leo la forza armata per la difesa, tendenzialmente appartenente ad un pensiero di destra.
Agglomerato sociale che combatte per non finire schiacciato da una America apparentemente perbene che, complice anche la presenza di disgustosi ricchi alla Hostel (2005), pronti addirittura a pagare per soddisfare il loro sadico desiderio di divertimento a suon di uccisioni, risulta in questo secondo capitolo ancora più ferocemente attaccata rispetto al precedente; dove era il succitato Sandin, venditore di sistemi di sicurezza per gente facoltosa e, di conseguenza, enorme speculatore e diffusore della Notte del giudizio, ad incarnarne l'apatia.

Cosa (ri)succede in città?

Precedente capitolo non eccelso ma tutt'altro che deludente che, tra l'altro, pur richiamando vagamente alla memoria gli home invasion proto-The strangers (2008) di Bryan Bertino e senza celare determinati (sotto)testi di stampo politico cari a George A. Romero, veniva lentamente costruito sul lungo e teso assedio casalingo, lasciando emergere anche echi del cinema di John Carpenter, soprattutto nel corso dell'ultima mezz'ora dedicata all'azione ed alla violenza.
Il Carpenter la cui influenza, in maniera evidente, è qui ancora più accentuata, complice in particolar modo la scelta di passare dalla situazione claustrofobica del primo film, quasi tutto girato in interni, al movimento sull'asfalto di una metropoli da apocalisse che non avrebbe sfigurato né nel suo 1997: Fuga da New York (1981), né ne I guerrieri della notte (1979) di Walter Hill, probabile ispiratore proprio della prima avventura di Jena Plissken/Kurt Russell.
Senza contare il fatto che, mentre fa la sua entrata in scena il Michael K. Williams di 12 anni schiavo (2013) nel ruolo di Carmelo, generale alla guida di un manipolo di rivoluzionari che ricorda non poco Malcolm X, il fatto che nessuno si fidi dell'altro trasporta in un certo senso nell'atmosfera che caratterizzò La cosa (1982).
Al servizio di oltre cento minuti di visione che, quindi, non solo rendono ancora più esplicito l'aspetto relativo alla critica sociale, ma puntano stavolta maggiormente alla spettacolarità, tra liquido rosso che schizza copioso, persone carbonizzate e, di conseguenza, aumento degli effetti speciali.
Anche se, sebbene ci si diverta, non ci si annoi affatto e si riesca nell'impresa di sprofondare contemporaneamente in intelligenti riflessioni, l'operazione rischia a tratti di scadere a lungo andare nella monotonia, complice l'assenza di una sequenza realmente stregante che sia in grado di fare la differenza.

Anarchia - La Notte del Giudizio Ai tempi dell’uscita nelle nostre sale cinematografiche, nell’estate del 2013, con la sua locandina raffigurante un tizio dal volto coperto da una inquietante maschera, La notte del giudizio di James DeMonaco spinse immediatamente a pensare che fosse uno slasher, mentre si rivelò un violento thriller d’ambientazione futuristica quasi del tutto ambientato all’interno dell’abitazione della famiglia protagonista, assediata da tutt’altro che pacifici individui. Per questo suo sequel, il regista fa a meno dell’interprete principale Ethan Hawke e sposta l’azione direttamente sulla strada, sfruttando una metropoli allo sbando dall’asfalto pronto a macchiarsi di sangue ed a riempirsi di cadaveri di innocenti appena uccisi. Quindi, aumenta il movimento e la spettacolarità sostituisce la claustrofobia, mentre l’spetto di critica sociale alla John Carpenter risulta ancora più accentuato... anche se, all’interno del divertimento generale, appare decisamente assente l’aspetto che riesca nell’impresa di rendere realmente memorabile il tutto.

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