Prima, nel 2008, lo abbiamo visto impegnato ad accudire un ristretto gruppo di anziane signore, in mezzo all'afa estiva del 15 Agosto, nell'acclamato Pranzo di Ferragosto, grazie al quale si aggiudicò, tra gli altri, il Premio Venezia Opera Prima "Luigi De Laurentiis" e il David di Donatello per il miglior regista esordiente e la migliore sceneggiatura.
Poi, tre anni dopo, è tornato davanti e dietro la macchina da presa tramite Gianni e le donne, incarnando un mite e paziente sessantenne in baby pensione che, al servizio della figlia e dell'impegnatissima moglie, portava avanti la sua monotona vita; fino al giorno in cui veniva a scoprire che tutti i suoi coetanei, ma anche i conoscenti più vecchi di lui, dietro la rispettabile facciata nascondevano storie con amanti.
Due simpatiche commedie cui Gianni Di Gregorio va ad aggiungere Buoni a nulla, nei confronti del quale osserva: "Sono sempre stato uno di quelli che, per quieto vivere o chissà, tende ad accettare le decisioni degli altri, a subire scuotendo la testa, a non riuscire a dire di no. Spesso ho pensato: potrò mai cambiare? Ho cercato con questo film di capire se davvero, impegnandosi, si possa cambiare questa natura e imporsi per reagire, adeguandosi a quei parametri contemporanei che ci vogliono rampanti e vincenti."
Gianni il ribelle
Infatti, ancora una volta sfruttando il nome proprio, lo troviamo nei panni del povero Gianni, il quale non solo viene a sapere che è costretto a dover lavorare ancora per tre anni prima di poter andare in pensione, ma si ritrova anche trasferito in un nuovo ufficio decisamente lontano dalla propria abitazione.
Ufficio in cui conosce Marco alias Marco Marzocca, buono, gentile, imbranato, indifeso e che, innamorato della giovane collega Cinzia, cui concede anima e corpo Valentina Lodovini e che non manca, ovviamente, di sfruttarlo ed illuderlo di continuo.
Perché, tra una pestilenziale, anziana vicina di casa che si presenta, in un certo senso, quale riferimento alla compianta Valeria De Franciscis vista nelle due precedenti pellicole ed un primo, immediatamente divertente incontro tra il protagonista e la sua nuova direttrice, ovvero Anna Bonaiuto, è impossibile non avvertire una forte influenza da quello che fu il grottesco universo professionale descritto nella popolare saga del ragionier Ugo Fantozzi.
Universo che, privato in questo caso degli eccessi demenziali, individua in Marco, appunto, la rappresentazione del vessato italiano d'inizio terzo millennio, spinto a ribellarsi da Gianni, il quale, a sua volta, subisce infinite angherie quotidiane cui si aggiungono le impossibili pretese della ex compagna.
Ma, con il produttore Angelo Barbagallo coinvolto in una breve apparizione ed un cast comprendente Marco Messeri e Gianfelice Imparato, quella che si lasciava intendere come una commedia dal retrogusto di denuncia sociale non sembra essere interessata a portare avanti fino in fondo l'argomento, bensì a limitarsi a regalare allo spettatore circa ottantasette minuti di gradevole e tutt'altro che volgare visione.
Con chiusura improvvisa, come da tradizione dell'attore regista, un pizzaiolo che, in maniera curiosa, espone nel proprio negozio le locandine de I rinnegati di Capitan Kid di Roberto Bianchi Montero e Wolfgang Schleif e Il figlio dello sceicco di Mario Costa e diverse esilaranti situazioni (citiamo solo la disavventura con il cagnolino Oscar e la sequenza della partita guardata in tv).
Una quasi onnipresente ma non invadente colonna sonora ritmata accompagna Buoni a nulla, terza fatica registica di Gianni Di Gregorio, che, autore di Pranzo di Ferragosto (2008) e Gianni e le donne (2011), ancora una volta ricopre anche il ruolo di protagonista. Con Marco Marzocca a fargli da efficace spalla, una divertente commedia ambientata nell’universo lavorativo degli uffici e volta a sfruttare il liberatorio sentimento di ribellione spesso covato e quasi mai esternato dal vessato abitante dello stivale tricolore d’inizio XXI secolo. Senza pretese, non solo si ride spesso e con garbo, ma, per fortuna, non ci si annoia affatto.