Recensione Cinquanta Sfumature di Grigio

Anastasia Steele e Christian Grey arrivano sullo schermo, ma il risultato non convince

Recensione Cinquanta Sfumature di Grigio
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Nel 2011 la scrittrice E.L. James pubblica una trilogia di romanzi dalla discutibile consistenza, la cosiddetta ‘trilogia delle sfumature’. Il primo, 50 Sfumature di grigio, vende in tutto il mondo più di 100 milioni di copie ed i diritti vengono acquistati in più di 37 paesi, rompendo record editoriali e di fatto diventando un vero e proprio fenomeno mondiale. Così come per la saga di Twilight qualche anno fa (paragone non casuale dato che il romanzo nasce proprio come fan fiction della vampiresca trilogia) si sapeva che anche stavolta sarebbe passato poco tempo prima che Christian Grey ed Anastasia Steele passassero dalle pagine del libro alla pellicola del film: ci vogliono solo due anni prima che la scrittrice annunci il casting, e dal 2 settembre 2013 fino ad oggi di eventi intorno alla produzione del film ne sono accaduti parecchi, a partire dalla sostituzione del protagonista (da Charlie Hunnam a Jamie Dornan) fino alle riprese segrete e ad un montaggio blindato, che ha miracolosamente salvato la pellicola da leak e l’ha portata fino a noi, in anteprima al 65° Festival di Berlino.

dal libro alla pellicola, un adattamento non facile

Francamente, nessuno si aspettava dalla sceneggiatura di 50 Sfumature di Grigio un capolavoro di stile, e seppur scontato questo punto appare fondamentale alla luce di un giudizio da dare alla pellicola e non al testo letterario da cui è tratto: considerato quindi il povero materiale di partenza - per stile e contenuto ai limiti dell’imbarazzante - si può dare alla pellicola il merito di aver asciugato molto in fase di sceneggiatura, regalando al film un minimo di ritmo e di scorrevolezza che mancavano al libro. A questo va aggiunta una regia onesta, che non grida al capolavoro ma che non è nemmeno eccessivamente criticabile considerando la storia che tratta: le scene più intense e quelle all’interno della stanza rossa appaiono girate con cura, sebbene sia evidente un’inaspettata pudicizia probabilmente dovuta al rispetto del divieto ai minori di 14 anni. La Universal fa quindi quel che può, e con onestà porta a casa un prodotto che a livello tecnico sfiora comunque la sufficienza. Buona anche la colonna sonora, anche se con pezzi dei Rolling Stones, di Beyoncè e di Bruce Springsteen sarebbe stato davvero difficile fare male. Totalmente sottotono invece Danny Elfman, al quale sono affidate le atmosfere, che non riesce ad emergere e sfiora l'inutilità.

50 sfumature di inconsistenza

Lo sforzo di regia e sceneggiatura nel riuscire a portare a casa un lavoro onesto e qualitativamente accettabile si frantuma tuttavia in mille pezzi quando entrano in gioco gli attori: guardando Jamie Dornan scivolare di scena in scena con la stessa pietrificata espressione viene voglia di sperare che torni presto a fare solo il modello, dato che riesce a dare al suo Christian Grey lo stesso spessore di una copertina patinata mostrata per due ore di fila. Un po’ meglio Dakota Johnson, forse aiutata dal fatto che stando al libro la sua Anastasia Steele ha un reparto emotivo che conta due espressioni: una volta portata a casa la mimica facciale dedicata alla prestanza fisica e all’attrazione verso il suo bel Christian, non deve fare altro per tre quarti di film. Le scene più emotive sono tagliate rispetto al libro ed in generale vedono in Dakota Johnson la più credibile dei due, sebbene un vero confronto sia comunque inutile da effettuare, alla luce di una chimica decisamente assente per quasi tutto il film e che di certo non aiuta la credibilità intera del progetto.

Cinquanta Sfumature di Grigio Lasciando da parte il testo da cui è tratto e limitandosi a giudicare solo la pellicola, va riconosciuto a 50 Sfumature di grigio il pregio di aver migliorato il materiale di partenza, e di avere una messa in scena comunque sufficiente ed onesta verso il pubblico a cui si rivolge: Sam Taylor-Johnson confeziona una regia apprezzabile, ma questo non basta per confezionare un prodotto qualitativamente sufficiente. Non la aiutano gli attori, costantemente imbalsamati e fuori posto, né tantomeno la sceneggiatura: se il fusto di un albero non è resistente d’altronde, non ci si può aspettare che i suoi rami, per quanto possano nascere migliori, riescano a sopravvivere a lungo.

5

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