Recensione Corri ragazzo corri

In occasione della Giornata della Memoria, arriva nei cinema italiani il film di Pepe Danquart sulle disavventure del giovane Yo

Recensione Corri ragazzo corri
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Su Everyeye abbiamo già parlato dell'importante rapporto che connette cinema e Shoah, contrassegnato da un delicato dibattito dai contorni indefiniti. Si sono delineati diversi approcci "etici" alla narrazione del tema ed ogni anno la ricorrenza del 27 gennaio è il banco di prova per nuovi film "della Memoria". Corri ragazzo corri è un film che arriva in Italia con un po' di ritardo: presentato a fine 2013, è stato distribuito in Polonia, Germania, Israele e Ungheria a inizio 2014. Dopodiché il percorso dell'atipico film di Pepe Danquart (regista noto soprattutto per la sua attività di documentarista) è proseguito lungo una serie di festival. Finalmente il lungometraggio ha ottenuto una distribuzione anche Italiana in concomitanza della Giornata della Memoria: sarà proiettato in alcuni cinema il 26 e 27 gennaio, in poche sale anche il 28. Di cosa tratta il film di Danquart e perché è atipico?

Una storia lunga mezzo secolo

Il film racconta la vera storia di Yoram Friedman, costretto a scappare lungo le foreste polacche in pieno nazismo per sfuggire alla deportazione. Per la maggior parte del film ignoriamo il suo vero nome: bambino di appena nove anni, costretto a una fuga continua dalle SS, gli viene detto di fingersi cristiano, di trovarsi un nuovo nome: si fa chiamare Jurek Staniak, cerca ospitalità presentandosi con una collana col crocifisso e si presenta con "Sia lodato Gesù Cristo". È un bambino sveglio, il giovane Jurek. Riesce a fuggire dal ghetto ebraico di Varsavia e a correre senza sosta per non cadere nelle mani della macchina stragista del nazismo. Il suo contatto con la natura lo imparenta a tratti con i bambini selvaggi di L'enfant sauvage e No one's child, ma il film nel suo complesso è una sorta di on-the-road, una topografia del terrore nel nordest dell'Europa continentale, in una Polonia traumatizzata e stuprata dall'invasore tedesco e dai crimini di una tragedia senza fine.

Friedman, ora, vive in Israele, ha 79 anni, ogni tanto si diverte a fare da allenatore ai ragazzini che giocano a calcio, proprio come lui che riusciva a giocare a palla anche durante le nevicate, da bambino, lontano da casa. Il racconto di quegli anni nomadi, a partire dalla sua esperienza, è stato redatto da Uri Orlev, importante scrittore ebraico sopravvissuto ai campi di concentramento, noto soprattutto per il racconto d'ispirazione autobiografica L'isola in Via degli uccelli. Corri ragazzo corri (Lauf Junge Lauf) è dunque il risultato di una serie di adattamenti: è il racconto di un'esperienza autobiografica attraverso le parole di un altro testimone dei campi, adattate quindi per il grande schermo da Heinrich Hadding e dallo stesso regista Danquart. Un lungo lavoro di mediazione e filtri, che ha portato alla realizzazione di un film poco noto ma atipico rispetto alla produzione "tradizionale".

L'altra visuale

Il film di Danquart ha la forza emotiva e catartica propria della tragedia storica ed umana che rievoca. Ma ancor di più, ha la capacità di mostrare qualcosa che non si vede spesso nei film della Shoah: la perdita dell'identità. Più il ragazzo corre fra i boschi, di famiglia in famiglia, più sembra trasformarsi e dimenticare le proprie origini. È il contesto a imporglielo, ma la sua brusca e inconsapevole conversione al cattolicesimo assume i reali contorni tragici del film. "Non voglio essere ebreo, se non lo fossi avrei ancora il mio braccio!" è una delle frasi del giovane Jurek. Danquart e Hadding hanno sapientemente sottolineato la contraddittoria strage e "faida" fra culture differenti, la strategia del terrore che divora l'essere umano e lo priva della propria memoria ed identità. In questo senso, il film è più efficace di molti altri prodotti degli ultimi anni. Da altri punti di vista, tuttavia, il film tradisce un'eccessiva pedagogia, una retorica quasi bacchettona. In altre parole, sembra ingessato, incapace di avvicinarsi effettivamente al suo piccolo protagonista, che percepiamo sempre distante da noi. Al netto di un racconto che fa riflettere, emozionare ed inorridire, la lontananza che percepiamo verso il giovane Jurek è quasi paradossale.

Corri ragazzo corri Il film sarà in sala solo per pochi giorni ed è una visione strettamente consigliata, perché il 27 gennaio è una ricorrenza che deve sempre essere onorata e tenuta viva nella memoria, a maggior ragione in tempi non facili come quelli che il quadrante europeo sta vivendo negli ultimi anni. La memoria va a stretto contatto con la libertà, e deve essere esercitata e tenuta in esercizio perché ci insegni i valori che contano.

6.5

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